SearchGPT: cos’è e come cambia la SEO

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La notizia era nell’aria, e ne parlava ad esempio il nostro Ivano nel suo “SEO for AI” delineando la SEO del futuro, ma ciò nonostante ha avuto un’eco fortissima, provocando un mix di interesse, speranze e preoccupazioni. OpenAI ha infine annunciato la nascita del primo motore di ricerca interamente basato sull’intelligenza artificiale: si chiama SearchGPT e al momento è solo un prototipo disponibile in accesso limitato a un campione di utenti. Il nuovo sistema può recuperare dati e informazioni in tempo reale e sfrutta i propri modelli di linguaggio per l’intelligenza artificiale nel tentativo di sfidare il monopolio di Google nella ricerca, che da decenni sembrava inscalfibile. OpenAI cerca di offrire un’alternativa puntando su un approccio differente, che inevitabilmente impatterà anche sulla SEO di domani!

Che cos’è SearchGPT

SearchGPT è un motore di ricerca sperimentale basato sull’intelligenza artificiale, sviluppato da OpenAI, che combina i modelli di AI più avanzati con l’accesso in tempo reale alle informazioni disponibili sul web.

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Basato sui modelli di intelligenza artificiale avanzati di OpenAI, come GPT-3.5 e GPT-4o, il sistema è progettato per offrire risposte rapide e accurate e punta a rivoluzionare il modo in cui interagiamo con le informazioni online. Ha infatti l’obiettivo di offrire risposte veloci, precise e altamente pertinenti alle query degli utenti, andando oltre il funzionamento di un semplice motore di ricerca tradizionale per tentare di rendere la ricerca online una esperienza più conversazionale e intuitiva.

Come funziona SearchGPT: il motore di ricerca alimentato dall’AI

Il nuovo motore di ricerca è per ora un prototipo limitato a un gruppo selezionato di 10.000 utenti e editori per raccogliere feedback preziosi, come chiarito dall’annuncio ufficiale comparso a fine luglio sul sito di OpenAI.

Nelle immagini diffuse in anteprima possiamo comunque intuire l’aspetto e il funzionamento di SearchGPT, che richiama in modo abbastanza simile l’interfaccia di GPT-4o, nota come “modalità di navigazione”.

L’utente atterra sulla pagina dove trova una casella di ricerca che chiede: “Cosa stai cercando?”. Dopo aver inserito la query, SearchGPT fornirà una risposta che include link a fonti pertinenti all’interno delle risposte testuali, con ulteriori risultati che verranno mostrati in una barra laterale.

È qui che c’è la grande differenza rispetto ai classici motori di ricerca: dopo l’apparizione del risultato di risposta, l’utente può fare domande di follow-up o cliccare sulla barra laterale per aprire altri link rilevanti, in modo da approfondire e perfezionare la sua ricerca. C’è anche una funzione chiamata “risposte visive”, ma al momento non sono giunte informazioni su come funzioni esattamente.

Alcune ricerche tengono conto della posizione dell’utente: in un documento di supporto, OpenAI scrive che SearchGPT “raccoglie e condivide” informazioni generali sulla posizione con fornitori di ricerca di terze parti per migliorare la precisione dei risultati (ad esempio, mostrare un elenco di ristoranti nelle vicinanze o le previsioni del tempo). SearchGPT permette anche agli utenti di condividere informazioni più precise sulla posizione tramite un’opzione nelle impostazioni.

Le caratteristiche distintive e innovative di SearchGPT

A differenza dei motori di ricerca convenzionali, che restituiscono un lungo elenco di link web spesso poco pertinenti, SearchGPT si distingue pertanto per la sua capacità di fornire risposte organiche e ben organizzate. Utilizzando algoritmi di deep learning e accesso in tempo reale alle informazioni del web, SearchGPT è infatti in grado di comprendere il contesto delle query degli utenti, offrendo risposte che vanno oltre la semplice lista di risultati.

Per esempio, se si cerca “i migliori ristoranti di Roma”, SearchGPT non solo fornirà una serie di opzioni, ma offrirà anche descrizioni dettagliate, recensioni e altre informazioni rilevanti, il tutto supportato da link diretti alle fonti.

Un altro aspetto distintivo di SearchGPT è la sua capacità di seguire il filo della conversazione. Gli utenti possono porre domande di follow-up senza dover ripetere il contesto iniziale, rendendo la ricerca simile a una conversazione con un assistente personale. Questo livello di interazione è reso possibile grazie alla combinazione di modelli linguistici avanzati e accesso dinamico ai dati in tempo reale. Tale approccio facilita l’approfondimento e la chiarezza delle informazioni, risparmiando tempo e riducendo il bisogno di formulare più tentativi con parole chiave differenti.

Un diverso approccio con editori e siti

Un’altra caratteristica distintiva è l’approccio di OpenAI nella collaborazione con editori e creatori di contenuti. Secondo quanto comunicato, SearchGPT è stato sviluppato in stretta collaborazione con diverse testate giornalistiche e piattaforme di contenuti, assicurando che le informazioni evidenziate siano di alta qualità e affidabili. Gli editori hanno anche la possibilità di gestire come i loro contenuti appaiano nei risultati di ricerca, offrendo un controllo e una trasparenza maggiori rispetto a molti altri motori di ricerca.

OpenAI sembra quindi aver tratto insegnamento dagli errori di Google (o quanto meno dalle ataviche polemiche riguardo il rapporto tra editori e la compagnia di Mountain View) e ha preso una strada marcatamente diversa. Il post sul blog sottolinea che SearchGPT è stato sviluppato in collaborazione con vari partner di notizie, che includono organizzazioni come i proprietari di The Wall Street Journal, The Associated Press e Vox Media, la società madre di The Verge, che hanno fornito feedback preziosi e che continueranno a essere ascoltati per nuovi input.

OpenAI sta inoltre “lanciando un modo per gli editori di gestire come appaiono in SearchGPT, offrendo loro più opzioni”: aspetto importante, SearchGPT riguarda la ricerca e non è collegato all’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale generativa di OpenAI. I siti possono apparire nei risultati di ricerca anche se scelgono di non partecipare all’addestramento dell’IA generativa, chiariscono dalla compagnia.

Allo stesso modo, quindi, l’azienda ha evitato di incappare nelle problematiche in cui è invece rimasto invischiato il rivale Perplexity – accusato nel mese di giugno 2024 da Forbes per aver utilizzato nei suoi riassunti AI pezzi di contenuto senza autorizzazione né citazione e, successivamente, da Wired per il mancato rispetto delle istruzioni contenute nei file robots.txt dei siti scansionati. Ecco perché SearchGPT viene presentato come un deployment più responsabile e misurato, e viene sottolineato che ci saranno “citazioni e collegamenti in modo prominente” ai publisher nelle ricerche con “attribuzione chiara, in linea e nominativa”, anche per consentire agli utenti di sapere da dove proviene l’informazione e possano rapidamente accedere a più risultati in una barra laterale con link alle fonti.

Come ha detto Nicholas Thompson, CEO di The Atlantic, “la ricerca AI diventerà uno dei modi chiave in cui le persone navigano su Internet, ed è cruciale, in questi primi giorni, che la tecnologia sia costruita in modo da valorizzare, rispettare e proteggere il giornalismo e gli editori”.

Le parole di OpenAI: un nuovo modo di cercare online

L’articolo condiviso sul sito ufficiale ci permette anche di comprendere il modo in cui OpenAI sta promuovendo SearchGPT, definito “un prototipo di nuove funzioni di ricerca, che utilizza la potenza dei nostri modelli di intelligenza artificiale per fornire risposte rapide con fonti chiare e rilevanti”.

SearchGPT è progettato per dare una risposta: se oggi ottenere risposte pertinenti sul web può richiedere molto impegno, e spesso è necessario eseguire tentativi multipli per ottenere risultati rilevanti, migliorando le capacità conversazionali dei modelli AI con informazioni in tempo reale dal web “trovare ciò che cerchi può essere più veloce e facile”, dice ancora l’azienda.

Inoltre, l’utente potrà fare domande di follow-up, così come in una conversazione con una persona, con il contesto condiviso che si costruisce con ogni query.

In futuro, dice ancora l’articolo, OpenAI prevede di integrare le parti “migliori” delle nuove funzionalità di ricerca direttamente in ChatGPT.

Le prime curiosità su SearchGPT

Questo nuovo prodotto è stato oggetto di voci per mesi, con alcuni siti che ne anticipavano lo sviluppo già febbraio 2024 e Bloomberg che aveva dato maggiori dettagli a maggio, mese in cui alcune fonti parlavano anche del tentativo di OpenAI di rubare aggressivamente dipendenti di Google per un team di ricerca.

OpenAI sta lentamente portando ChatGPT più in contatto con il web in tempo reale: quando è stato rilasciato GPT-3.5, il modello AI era già obsoleto di mesi, e nel settembre 2023 OpenAI ha rilasciato un modo per ChatGPT di navigare su Internet, chiamato Browse with Bing, che sembra molto più rudimentale rispetto a SearchGPT.

I rapidi progressi di OpenAI hanno conquistato milioni di utenti per ChatGPT, ma i costi dell’azienda stanno aumentando. The Information ha riportato questa settimana che i costi di addestramento e inferenza dell’AI di OpenAI potrebbero raggiungere i 7 miliardi di dollari quest’anno, con milioni di utenti nella versione gratuita di ChatGPT che aumentano ulteriormente i costi di calcolo. SearchGPT sarà gratuito durante il suo lancio iniziale e, dato che la funzione al momento non ha pubblicità, è chiaro che l’azienda dovrà trovare presto un modo per monetizzare, e forse l’inserimento di annunci SEA nel motore di ricerca potrebbe essere una soluzione.

A proposito di curiosità, per il momento la presentazione di SearchGPT non è stata esente da bug, come capitato poi alla famigerata demo di Bard di Google. Come notato dagli osservatori americani, infatti, in dei suoi video dimostrativi SearchGPT ha risposto a una query su [festival musicali a Boone, North Carolina, in agosto], mostrando un elenco di festival che, secondo quanto affermato, si terranno appunto Boone nel mese richiesto. Il primo nome citato è An Appalachian Summer Festival, che secondo lo strumento si svolge dal 29 luglio al 16 agosto di quest’anno, ma che in realtà è iniziato il 29 giugno e si è chiuso il 27 luglio con un concerto finale.

Altra piccola chicca: al momento, cercando su Google [searchgpt] appare tra i primi risultati il sito https://searchgpt.net/index.html, che non è di proprietà di OpenAI. Si tratta di un sito che promuove un’estensione per browser Chrome e Bing basata sulla AI, promettendo di integrare ChatGPT in Google (senza particolari informazioni sugli sviluppatori, sull’azienda o altri riferimenti ufficiali). Invece, digitando https://searchgpt.com/ è attivo un redirect che punta alla pagina di accesso a ChatGPT (e per la precisione a https://chatgpt.com/auth/login).

Motori di ricerca a confronto: SearchGPT vs Google

Con queste premesse, SearchGPT si pone ambiziosamente come alternativa a Google e ad altri motori di ricerca storici, portando una ventata di innovazione nel settore della ricerca online.

La promessa di un’interazione più fluida e naturale, unita alla precisione e alla rilevanza delle risposte, segna un potenziale punto di svolta su come gli utenti cercano e interagiscono con le informazioni web.

Le differenze tra SearchGPT e Google si manifestano principalmente nell’approccio alla ricerca e nella presentazione dei risultati. Google, da anni dominatore incontrastato del settore, si basa su algoritmi complessi per indicizzare e classificare miliardi di pagine web, restituendo agli utenti una lista di link ordinata per rilevanza. Questa metodologia, tuttavia, implica spesso la necessità di navigare tra molti risultati per trovare informazioni precise e pertinenti. Al contrario, SearchGPT riduce significativamente questa complessità offrendo risposte dirette e concise, supportate da fonti verificate.

Per meglio dire: invece di restituire una lista semplice di link, SearchGPT cerca di organizzarli e darvi un senso. In uno degli esempi forniti da OpenAI, il motore di ricerca riassume i suoi risultati sui festival musicali e poi presenta brevi descrizioni degli eventi, seguite da un link di attribuzione.

Un aspetto fondamentale che distingue SearchGPT è la sua capacità di sostenere conversazioni contestuali. Quando gli utenti interagiscono con Google, una nuova query significa generalmente un nuovo inizio, come nel fenomeno del pogo sticking che spesso porta alla ridefinizione della ricerca. Invece, SearchGPT è in grado di ricordare il contesto delle domande precedenti, consentendo un dialogo continuo e più naturale. Questo riduce la necessità di ripetere o riformulare continuamente le query per ottenere risposte pertinenti, migliorando l’efficienza e la fluidità della ricerca.

SearchGPT incorpora anche un elemento di personalizzazione basato sull’intelligenza artificiale che interpreta le intenzioni dell’utente in modo accurato. Con l’accesso in tempo reale alle informazioni, SearchGPT è in grado di fornire risposte aggiornate e contestualizzate, un’area in cui Google ha storicamente dimostrato delle lacune, soprattutto su argomenti che evolvono rapidamente. Inoltre, le risposte fornite da SearchGPT sono corredate da attribuzioni chiare, con link diretti alle fonti, offrendo trasparenza e facilità di verifica, aspetto che a volte può risultare meno evidente nei risultati di ricerca di Google.

Sul fronte della collaborazione con gli editori, SearchGPT adotta un approccio proattivo per assicurarsi che le informazioni fornite siano di alta qualità e rispettose del lavoro degli autori. OpenAI ha collaborato strettamente con vari editori e creatori di contenuti per garantire che i loro lavori siano rappresentati accuratamente e benefici della visibilità generata dalle ricerche. Gli editori hanno la possibilità di gestire come i loro contenuti appaiono nei risultati di ricerca, decidendo se desiderano partecipare all’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale o optare semplicemente per la visibilità organica.

Google, pur avendo fatto passi avanti nell’integrazione di informazioni da fonti editoriali attraverso funzioni come gli snippet in primo piano, non offre lo stesso livello di controllo diretto agli editori. Questo porta talvolta a conflitti tra la visibilità dei contenuti originali e l’uso che ne fanno gli strumenti di ricerca Google, con l’accusa che Google talvolta cannibalizza il traffico destinato ai siti web degli editori.

Il problema di Google: lo status quo e la monetizzazione

Insomma, mantenendo queste premesse siamo di fronte davvero a qualcosa che potrebbe diventare una minaccia significativa per Google – che sta tentando di integrare funzionalità di AI nel suo motore di ricerca, temendo che gli utenti si spostino su prodotti concorrenti.

Tuttavia, come spiegato anche da Ivano in una recente intervista, il colosso di Mountain View è bloccato in una posizione delicata: da un lato, possiede una tecnologia AI avanzata,e dall’altro è vincolato a un modello di business che dipende fortemente dalle pubblicità e dai contenuti generati dai publisher. Questo modello, basato sugli annunci pubblicitari (ads) e sulle SERP tradizionali, verrebbe sconvolto se l’AI dovesse essere integrata pienamente nelle sue funzioni di ricerca.

Per questo, ha inizialmente sperimentato l’integrazione dell’AI nelle sue SERP con la Search Generative Experience (SGE), poi chiamata AI Overviews, ma questa tecnologia, per quanto avanzata, non è stata completamente implementata. Il motivo è che farlo andrebbe a compromettere il suo core business: se Google iniziasse a fornire risposte complete direttamente tramite l’intelligenza artificiale, ridurrebbe drasticamente il bisogno di cliccare sui link sponsorizzati o visitare i siti web dei publisher, eliminando di fatto la fonte principale dei suoi introiti pubblicitari.

Quindi, la sfida per Google – da cui dipende anche il suo stesso futuro come motore di ricerca – sta nel trovare un modello di business che integri efficacemente l’AI senza sacrificare le entrate pubblicitarie. Se Google riuscirà in questa impresa, potrà continuare a dominare il panorama della ricerca online. Se invece non troverà una soluzione adeguata, potrebbe lasciare spazio a nuovi attori che non sono vincolati dagli stessi problemi economici e strutturali. Questi nuovi player, grazie alle loro tecnologie AI, potrebbero diventare i motori di ricerca del futuro, ridefinendo completamente le dinamiche del settore.

Google e SearchGPT: la spiegazione di Giuseppe Liguori

A fornirci maggiori dettagli è intervenuto anche il nostro Giuseppe Liguori, CTO e co-founder di SEOZoom, che ha spiegato in modo chiaro e pertinente come funzionano i motori di ricerca attuali e quali possono essere le potenziali rivoluzioni che SearchGPT può apportare.

Attualmente, i motori di ricerca come Google lavorano così:

Tutto inizia dagli spider, sistemi che scansionano il web, trovano le pagine web e le inseriscono all’interno di un indice; su questo indice, vengono applicati vari calcoli, conosciuti come fattori di ranking, che determinano quali risultati compariranno quando un utente digita una query sulla barra di ricerca. Il solo l’algoritmo stabilito da Google tiene conto di migliaia di fattori, legati spesso a logiche di business, e questi fattori sono soggetti a cambiamenti frequenti – update algoritmici specifici e broad core update più generici. Questo continuo aggiornamento rende complicata la vita dei professionisti SEO, costringendoli a restare costantemente aggiornati per evitare di essere penalizzati.

È in questo scenario che si inserisce il nuovo approccio applicabile da SearchGPT. Invece di utilizzare un algoritmo deterministico, SearchGPT potrebbe sfruttare un proprio spider proprietario per scansionare il web e inserire le informazioni in un cosiddetto database vettoriale. Come descrive Giuseppe, questo database è una rappresentazione geometrica delle informazioni, dove i testi vengono trasformati in vettori numerici che popolano uno spazio geometrico, una sorta di grafico con migliaia di dimensioni. Quando un utente formula una query, il motore di ricerca estrae i pezzi di testo geometricamente e semanticamente vicini alla domanda, offrendo risposte basate sulla pertinenza e sulla somiglianza semantica piuttosto che su regole predefinite.

Non c’è quindi un algoritmo deterministico dove è il motore stesso a definire le regole (e poi cambiarle): è tutto basato sulla pertinenza e sull’affinità tra la domanda che abbiamo fatto e i contenuti che stanno in questo gigantesco grafico a punti.

Differenze tra SearchGPT e i motori di ricerca AI già esistenti

Ma il nuovo motore di OpenAI non si differenzia solo dai classici search engine, ma anche dai prototipi più avanzati che si basano già sull’intelligenza artificiale, come AI Overview di Google, Perplexity e Bing.

Sotto la superficie, infatti, questi concorrenti utilizzano ancora meccanismi di ricerca tradizionali e algoritmi proprietari, limitandosi spesso a riassumere i primi dieci risultati dei motori di ricerca convenzionali – Giuseppe li definisce dei meta-motori che si appoggiano ad API esterne. Contrariamente, SearchGPT si potrebbe e dovrebbe posizionare come una soluzione che risponde direttamente alle domande degli utenti, selezionando i contenuti più adatti in base alla richiesta scritta. Questo approccio permette di evitare l’intermediazione dei classici risultati di ricerca, focalizzandosi esclusivamente sulla pertinenza, e fornisce davvero un servizio agli utenti.

Se ci pensiamo, infatti, dice ancora Giuseppe, le persone “vogliono risposte alle loro esigenze, non vogliono navigare il web perché si scocciano e hanno poco tempo”.

Da parte sua, Google avrebbe la capacità di di adottare un modello di ricerca basato su AI come quello di SearchGPT, ma come già accennato dovrebbe rinunciare o mettere a repentaglio il suo modello di business attuale (e ben remunerativo), che si basa su pubblicità, banner e risultati sponsorizzati. Alphabet – la società madre di Google – ha tutto da perdere, mentre OpenAI sta entrando ora nel mercato e ha più spazio per rischiare e adottare innovazioni radicali senza le stesse preoccupazioni legate alla monetizzazione immediata.

Quanto manca alla diffusione generale di questo motore di ricerca?

Liguori però sottolinea anche altri aspetti cruciali che determineranno il successo o il fallimento del progetto SearchGPT.

Innanzitutto, c’è l’immediato problema che interessa i creatori di contenuti e la loro (eventuale) remunerazione: se l’utente avrà già da subito la risposta alla sua domanda, senza necessità di esplorare altre pagine web, quale sarà l’incentivo per convincere i creatori di contenuti a scrivere nuovi contenuti e a produrre nuovi materiali?

La questione è duplice: i nuovi contenuti servono non solo per popolare il web di informazioni aggiornate e pertinenti, ma anche per continuare l’addestramento delle stesse Intelligenze Artificiali. E quindi, sarà necessario sviluppare nuovi meccanismi di remunerazione per incentivare la produzione di contenuti di qualità, evitando che il web diventi un deserto informativo dominato solo dall’intelligenza artificiale, dove ci saranno solo delle AI a parlare tra di loro ripetendo (e fornendo come risposta) solo vecchie informazioni.

C’è poi da considerare il fattore temporale: quanto servirà alle persone per iniziare ad adottare questo nuovo sistema conversazionale per ricercare le cose? La velocità con cui un sistema come SearchGPT si diffonde dipenderà in realtà dagli accordi e le integrazioni che OpenAI riuscirà a realizzare: se, ad esempio, venisse integrato con Siri sui dispositivi Apple, la massa di utenti si abituerà rapidamente a questa nuova modalità di ricerca, riducendo l’uso di Google.

Ma c’è anche una questione che riguarda la qualità delle risposte che SearchGPT offre, strettamente legata alle fonti di dati utilizzate per l’addestramento del modello: gli utenti useranno e apprezzano il nuovo sistema se (e solo se) si rivela effettivamente migliore di Google. Al di là dell’errore commesso nella presentazione – tutt’altro che banale! – bisogna poi verificare se le fonti contengono errori, informazioni obsolete o bias algoritmici di natura discriminatoria, che rischiano di essere perpetrate anche dal modello generativo. Questa problematica si amplifica ulteriormente nei contesti dove l’accuratezza delle informazioni è di vitale importanza, come nei settori medico o legale e in generale nei settori YMYL.

Alla luce di queste considerazioni, quindi, e contrariamente a ciò che stanno scrivendo molte persone online, per Giuseppe Liguori “la SEO non è morta né è destinata a morire“: fino a che esiste un motore alle spalle ci sarà sempre bisogno di competere e ottimizzare le pagine per cercare di fare qualcosa di meglio dei competitor per essere scelti come risultato.

Con un sistema basato su database vettoriali, i professionisti della SEO dovranno sviluppare nuove strategie per creare contenuti che rispondano precisamente alle domande degli utenti, come ipotizzato e descritto dal citato “SEO for AI” di Ivano di Biasi.

La SEO non è morta (e nemmeno Google)!

“Quanto manca al momento in cui sostituirà anche Google per le ricerche?”, si chiedeva proprio Ivano in apertura del suo nuovo libro, e la risposta sembra essere “sempre meno!”.

Eppure, lo stesso Ivano ci tiene a rassicurare tutti sul futuro della SEO, che sarà rivoluzionata sicuramente dall’introduzione dell’intelligenza artificiale, ma di certo non è destinata a scomparire – soprattutto, non nel breve periodo.

Basta partire da una considerazione fattuale: al momento, Google ha oltre 3,5 miliardi di utenti nel mondo, mentre ChatGPT si ferma a circa 300mila. Pensare che tutti abbandonino improvvisamente e immediatamente Google per passare a SeaerchGPT è folle e poco lungimirante – motivo per cui dobbiamo anche continuare a fare la SEO tradizionale, nel frattempo!

SearchGPT ed eventuali AI search engine sono comunque motori di ricerca sperimentali, che necessitano di essere testati e affinati, e anche di modelli di business completamente nuovi da stabilire. OpenAI ha già indicato che prevede di monetizzare i contenuti e permettere pubblicità all’interno del suo motore di ricerca, ma c’è una grande differenza tra creare un nuovo competitor per Google e riuscire a scalzarlo dal trono.

E poi, anche Ivano ritiene che la SEO continuerà ad esistere e a evolversi perché la competizione per la visibilità online è un fenomeno intramontabile. Finché ci saranno aziende e creatori di contenuti che vogliono emergere e competere, ci sarà sempre bisogno di strategie per ottimizzare la visibilità nei motori di ricerca. Indipendentemente dal nome o dalle specifiche tecniche, una strategia di ottimizzazione sarà sempre richiesta per garantire che i contenuti raggiungano il pubblico desiderato.

Anzi, queste notizie dovrebbero offrici una nota di ottimismo e non di negatività: finalmente qualcosa sta cambiando nel monopolio della ricerca! Anche se all’inizio l’impatto potrebbe essere limitato, c’è ora un nuovo competitor che potrebbe iniziare a sottrarre traffico a Google, che come abbiamo visto è tutt’altro che infallibile o perfetto – e negli ultimi tempi è quasi statico, posizionando sempre gli stessi siti ai primi posti.

Come sarà la SEO del futuro

Anziché piangersi addosso, è il momento di rimboccarci le maniche e accettare la sfida, continuando a innovare e a studiare le migliori strategie per restare rilevanti sia su Google sia sui nuovi motori di ricerca alimentati dall’intelligenza artificiale.

Serve la creazione di un framework di SEO per AI, come anticipato nel libro di Ivano, che rappresenta un passo cruciale per garantire la visibilità dei contenuti in un futuro sempre più tecnologicamente avanzato.

La sua intuizione di prevedere una SEO specifica per l’intelligenza artificiale non è casuale, ma un passo naturale evolutivo per chi, come SEOZoom, lavora da anni nel campo della ricerca: questa nuova era richiede una comprensione profonda della funzione dell’AI nella ricerca, e SEOZoom si è impegnato a prevedere e adattarsi a queste esigenze future attraverso una ricerca costante e innovazioni nel campo della SEO.

Ad esempio, nel libro Ivano ha eseguito dei test ed esperimenti pratici installando un motore di ricerca in locale e manipolando i risultati per capire come posizionare determinate pagine rispetto ad altre, dimostrando che è possibile influenzare i risultati in un contesto di AI. Tuttavia, questo è solo l’inizio: i prossimo futuri motori di ricerca basati sull’AI richiederanno nuove strategie e tecniche di ottimizzazione, e la SEO dovrà adattarsi a questa nuova realtà.

Come cambia la SEO con l’AI

Per Ivano, una delle principali differenze riguarderà l’importanza della struttura tecnica dei siti web, che ridurrà significativamente. In questo nuovo contesto, i contenuti diventeranno realmente il fulcro della SEO: i motori di ricerca basati su AI attribuiranno maggiore peso al copywriting e all’organizzazione interna dei contenuti. Gli algoritmi di AI saranno in grado di comprendere le relazioni tra i vari documenti e di inserirli in uno spazio vettoriale complesso.

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Il libro di Ivano Di Biasi prevede la SEO del futuro

In questo spazio vettoriale, i testi si trasformano in vettori numerici che popolano un grafico multidimensionale: quando un utente fa una domanda al motore di ricerca, l’AI esamina questo spazio vettoriale per trovare i contenuti più pertinenti. È come se si utilizzasse una penna per pescare informazioni in un foglio virtuale: avere più contenuti approfonditi su un argomento specifico aumenta la probabilità che le risposte siano esattamente quelle ricercate. Questo approccio rende essenziale la produzione di contenuti ricchi e dettagliati, poiché occupare maggior spazio vettoriale significa avere più opportunità di essere selezionati dagli algoritmi AI.

La competizione e la necessità di inventare strategie per ottenere visibilità continueranno a spingere l’innovazione nel settore: con l’AI che diventa sempre più centrale, i professionisti SEO dovranno adattarsi e sfruttare le nuove tecnologie per creare contenuti di alta qualità e ottimizzati per il nuovo ecosistema di ricerca.

Degli strumenti di supporto ci sono già: ad esempio, il Question Explorer di SEOZoom ridefinisce l’approccio alla keyword research, spostando l’attenzione dalle parole chiave tradizionali alle domande reali degli utenti. Questo permette di creare contenuti mirati che rispondono direttamente alle esigenze degli utenti, migliorando così le probabilità di posizionamento – già ora, e in modo ancora più intenso con SearchGPT e affini.

L’uso di questo strumento, degli altri tool di SEOZoom e dei prossimi che saranno sviluppati non solo ci permette di rimanere competitivi oggi, ma ci preparano anche a ottimizzare i nostri contenuti affinché vengano selezionati come risposte pertinenti dalle intelligenze artificiali, garantendo un elevato livello di ottimizzazione nella SEO del futuro.

In definitiva, dobbiamo cercare di restare aggiornati e curiosi – per usare una frase tanto iconica quanto scontata, “stay hungry, stay foolish” – per continuare a produrre contenuti e renderli rilevanti nel panorama in continua evoluzione della SEO.

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