Inclusività e accessibilità : dal webinar consigli per siti SEO-friendly
Riusciamo davvero a comunicare con tutti? Questa domanda, semplice quanto urgente, diventa fondamentale quando parliamo di contenuti digitali. Nel webinar SEOZoom Academy, Alice Orrù ha messo a fuoco un tema forse ancora sottovalutato, quello della scrittura inclusiva, che non si riduce all’uso di simboli o formule neutre, ma punta a eliminare barriere e creare testi accessibili per ogni persona. È una scelta che non riguarda solo il rispetto, ma l’efficacia: contenuti inclusivi migliorano l’esperienza utente e ottimizzano la SEO. La sfida, quindi, non è solo tecnica, ma soprattutto culturale: ripensare il nostro approccio alle parole significa ripensare il nostro modo di costruire il web.
Che cos’è la scrittura inclusiva e cosa significa
La scrittura inclusiva è un approccio comunicativo che elimina ogni forma di discriminazione linguistica, rappresentando tutte le persone in modo chiaro, rispettoso e accessibile. Non si limita all’uso di soluzioni neutre come la schwa o all’attenzione alle questioni di genere, ma si estende ad aspetti come l’eliminazione di stereotipi, il rispetto delle diversità culturali e la creazione di testi comprensibili per ogni contesto.
È quindi un approccio che mette al centro le persone, tutte le persone, e riconosce la diversità come valore. Come ci ha spiegato Alice Orrù, ogni parola può rappresentare un ponte o un ostacolo: adottare una scrittura inclusiva significa abbattere queste barriere e parlare davvero a tutti.
Le parole non sono mai neutre e, come ci diceva già anche un’altra speaker d’eccezione come Vera Gheno, il modo in cui comunichiamo online ha il potere di costruire o distruggere la reputazione di un brand, perché ogni parola e ogni frase hanno il potenziale di includere o escludere, di accogliere o marginalizzare. Dobbiamo pertanto fare scelte accorte, consapevoli di quanto ogni variante può influire profondamente su chi può fruire dei contenuti e su come questi vengono percepiti.
La scrittura inclusiva va oltre la questione di genere
Spesso si pensa che la scrittura inclusiva si limiti all’uso di terminologie neutre o all’attenzione per le questioni di genere. Ma questo approccio – benché importante – rappresenta solo una parte del quadro complessivo. Alice Orrù ha messo in evidenza come le parole che scegliamo hanno il potere di plasmare il pensiero, di rafforzare stereotipi oppure di abbatterli. Scrivere in modo inclusivo significa quindi costruire messaggi che parlino a un pubblico ampio e diversificato, senza pregiudizi, stereotipi o discriminazioni, abbracciano ogni dimensione dell’identità umana.
Inclusività vuol dire considerare quindi abilità, età, provenienza culturale e molto altro, e la nostra speaker ci ha mostrato come la chiarezza e la rappresentatività siano i pilastri di una comunicazione che davvero accoglie tutti. La scrittura inclusiva è uno strumento di rappresentazione e democrazia, un ponte che permette a più persone di accedere ai contenuti e sentirsi comprese.
Perché inclusività vuol dire anche accessibilità
Ma l’inclusività non può prescindere dall’accessibilità: non è sufficiente scegliere le parole giuste se i nostri contenuti risultano difficili da leggere, comprendere o navigare. Come spiegato nel corso del webinar, il linguaggio inclusivo non è completo senza una cura particolare per l’accessibilità. Quando costruiamo un contenuto, dobbiamo pensare a chi vive condizioni diverse dalla nostra: persone con disabilità, chi usa tecnologie assistive come screen reader o chi ha competenze linguistiche limitate.
Un testo scritto con semplicità e attenzione strutturale garantisce che il messaggio arrivi chiaramente a tutti – permettendo una fruizione equa e democratica dei contenuti. Questo significa adottare soluzioni come paragrafi brevi e chiari, intestazioni ben strutturate, descrizioni alternative per immagini e tone of voice adeguati. Ogni accorgimento rende il nostro sito più aperto e accogliente, migliorando anche la fiducia di chi ci legge.
Un linguaggio consapevole e accessibile fa parte dell’architettura dell’informazione: i testi devono essere scritti in modo chiaro, semplici da leggere e senza barriere, utilizzando accorgimenti visivi e tecnici come alt text per le immagini, descrizioni e una corretta formattazione che rispetti chi potrebbe avere limitazioni di accesso o comprensione.
Questo lavoro non solo facilita la comprensione, ma trasmette inclusività e rispetto, rafforzando il legame con il pubblico anche nei momenti di crisi. Il tono di voce e la scelta delle parole, se utilizzati correttamente, possono fare la differenza tra connessioni genuine e distanze incolmabili.
Inclusività, accessibilità e SEO: quando le parole costruiscono opportunità
Quando creiamo contenuti digitali, dobbiamo chiederci se il nostro messaggio è davvero accessibile a chiunque. L’accessibilità sta diventando qualcosa in più di un mero aspetto tecnico o una scelta opzionale, imponendosi come un principio fondamentale per rendere il web un luogo più inclusivo e democratico. Tutti devono poter navigare, comprendere e interagire senza barriere, indipendentemente da abilità fisiche, cognitive o tecnologiche. Durante il nostro webinar con Alice Orrù questo è stato sottolineato come uno degli aspetti cruciali per costruire contenuti efficaci, non solo per chi li fruisce direttamente, ma anche per migliorare il posizionamento SEO.
Accessibilità e responsabilità digitale
L’accessibilità rappresenta una responsabilità sociale e digitale: non è un “di più” da considerare, ma una parte integrante dello sviluppo dei contenuti e del design web. Garantire che un sito sia accessibile significa permettere a ogni persona, indipendentemente dalle sue caratteristiche o condizioni, di accedere al messaggio con facilità. Questo si traduce in scelte responsabili come creare layout semplici, scrivere testi chiari e adottare soluzioni che migliorino l’esperienza per tutti.
Un sito accessibile non agevola solo i lettori, ma si allinea anche con le pratiche SEO più efficaci. Google e altri motori di ricerca premiano i contenuti progettati per essere scansionati in modo intuitivo dai crawler, che – proprio come le persone – preferiscono pagine ben strutturate e ricche di descrizioni significative. Accessibilità e SEO, quindi, non sono mondi separati, ma due facce della stessa medaglia: impegnarsi per la prima porta a evidenti benefici anche sulla visibilità del sito.
Le best practice per un contenuto realmente accessibile
Migliorare l’accessibilità dei nostri contenuti richiede un approccio metodico e consapevole. Alice Orrù ci ha fornito indicazioni preziose su alcune pratiche fondamentali per far sì che i nostri siti risultino più aperti e fruibili:
- Usare heading strutturati: una gerarchia chiara delle intestazioni aiuta non solo gli utenti ma anche gli screen reader a interpretare i contenuti in modo corretto.
- Aggiungere ALT text alle immagini: ogni immagine deve essere descritta in modo significativo per garantire che chi utilizza tecnologie assistive possa comunque comprenderne il contesto e il valore.
- Semplificare il linguaggio: la chiarezza va ben oltre una questione stilistica; rappresenta una leva per rendere i messaggi comprensibili anche a chi non ha familiarità con il nostro settore o con termini specialistici.
- Rivedere regolarmente i contenuti: dedicare del tempo alla revisione di ogni pagina consente di individuare eventuali ostacoli o barriere che possono essere rimossi o semplificati.
L’esperta ha sottolineato come ognuno di questi accorgimenti non migliora solo l’esperienza dell’utente, ma rafforza la fiducia in chi ci legge e contribuisce in modo significativo al successo del nostro progetto digitale. È un investimento che genera valore su molteplici fronti e ci permette di raggiungere un pubblico più ampio, rispettando davvero il principio di inclusività.
Il legame tra scrittura inclusiva e ottimizzazione SEO
Parlare di scrittura inclusiva vuol dire anche parlare di SEO. Anche se apparentemente distanti, queste due pratiche dialogano in profondità e condividono un obiettivo comune: creare contenuti che siano fruibili, chiari e capaci di soddisfare le esigenze di un pubblico diversificato. Alice Orrù ha messo in evidenza come un testo inclusivo non sia un gesto puramente etico o estetico, ma un vero e proprio strumento strategico per migliorare l’esperienza utente e scalare le classifiche dei motori di ricerca. Se quando scriviamo pensando a tutti, i risultati arrivano.
Testi chiari e inclusivi migliorano esperienza utente e ranking SEO
Un linguaggio accessibile e rispettoso non è soltanto un vantaggio per chi legge, ma è anche la chiave per ottimizzare le performance del nostro sito web. Alice ha sottolineato come contenuti ben strutturati e inclusivi incentivino una lettura più approfondita, riducano il bounce rate e aumentino il tempo di permanenza sul sito – metriche cruciali perché gli algoritmi di Google le tengono in considerazione come segnali della qualità e rilevanza dei contenuti.
La combinazione di semplicità, chiarezza e rispetto aiuta non solo le persone, ma anche i crawler dei motori di ricerca, che analizzano con più facilità contenuti ben organizzati e privi di ambiguità. Scrivere testi inclusivi significa quindi migliorare la comunicazione, favorendo un percorso fluido per chi naviga, e allo stesso tempo un’interpretazione efficace da parte dei sistemi di indicizzazione. Questa doppia sinergia – accessibilità per l’utente e ottimizzazione per i motori di ricerca – si traduce in un miglioramento diretto del ranking.
Accessibilità e SEO: visibilità per tutti
Come detto, poi, investire nell’accessibilità sta diventando sempre più un vantaggio competitivo nel panorama digitale. La scrittura inclusiva e accessibile consente di rendere i contenuti fruibili da gruppi eterogenei di utenti, includendo chi si serve di screen reader, chi cerca testi chiari a livello linguistico o chi interagisce in contesti tecnologici particolari. Google, come ci ha ricordato Alice Orrù, premia in maniera diretta i siti che riescono a garantire un’esperienza positiva e fluida a tutti i visitatori.
Un testo accessibile non discrimina, ma allarga il pubblico potenziale, creando un circolo virtuoso in cui l’impegno per un linguaggio inclusivo si riflette in una maggiore visibilità online. L’algoritmo di Google considera questo un punto di forza, perché privilegia contenuti semplici da navigare, ben strutturati e creati con cura. In questo modo, non stiamo solo favorendo l’inclusione, ma anche massimizzando l’impatto del nostro progetto digitale, raggiungendo più persone e costruendo una fiducia reale con il nostro pubblico.
Errori comuni da evitare nella scrittura inclusiva
Approcciare la scrittura inclusiva con leggerezza rischia di trasformare un’intenzione positiva in una pratica inefficace o, peggio, controproducente. Durante il nostro webinar, Alice Orrù ha condiviso come spesso i tentativi di adottare un linguaggio inclusivo si limitino a interventi superficiali, che mancano di una reale sensibilità verso le esigenze del pubblico. Scrivere in modo inclusivo richiede infatti consapevolezza, strategia e il coraggio di mettere in discussione vecchie abitudini comunicative.
Uno degli errori più frequenti è l’adozione di strategie di inclusività che si fermano alla superficie, senza affrontare in modo strutturale il problema. Alcuni brand si limitano a inserire simboli come l’asterisco o la schwa, pensando che basti per dimostrare sensibilità verso la diversità, ma dimenticano che l’inclusività è molto più di una questione stilistica. L’esperta ha sottolineato come questa superficialità non tenga conto dei bias inconsci che influenzano molti aspetti della nostra comunicazione.
Ad esempio, utilizzare un linguaggio che ignora pregiudizi legati al genere, all’età o alla disabilità non è sufficiente: praticare scrittura inclusiva significa analizzare a fondo il proprio pubblico per capire le sue aspettative, esigenze e potenziali barriere. Un approccio frammentario o improvvisato non solo rischia di alienare alcune fasce di utenti, ma può far percepire l’inclusività come forzata o, peggio, insincera. La vera sfida, come ci ha insegnato Alice, è sviluppare una strategia comunicativa olistica, capace di integrare forma e sostanza.
Linguaggio complicato o poco scorrevole: la chiarezza prima di tutto
Un altro errore comune è ritenere che la scrittura inclusiva complichi il messaggio o lo renda meno leggibile. Questo preconcetto, come ci ha spiegato la speaker, rischia di frenare l’adozione di pratiche inclusive o di spingere verso soluzioni che appesantiscono il testo anziché renderlo più accessibile. È vero che trovare alternative al maschile sovraesteso o declinare il genere in modo rispettoso richiede un esercizio stilistico, ma questo non deve tradursi in messaggi confusi o inadatti al contesto.
Alice ci ha dato esempi concreti di come mantenere chiarezza e leggibilità senza sacrificare l’inclusività. Ad esempio, evitare lo sdoppiamento sistematico (come “cittadini e cittadine”) in favore di formule più semplici e dirette, come “persone” o “chi vive in città”, rende il testo più scorrevole. Un altro accorgimento utile è quello di esercitarsi con le perifrasi: espressioni sintetiche come “Ti diamo il benvenuto!” o “Grazie per la tua attenzione” offrono valide alternative ai classici saluti declinati per genere.
L’intelligenza artificiale come alleata della scrittura inclusiva
Un potenziale supporto in questo lavoro, che non è necessariamente difficile ma è sicuramente complesso, può arrivare dai sistemi di intelligenza artificiale generativa, che possono velocizzare le pratiche di scrittura inclusiva. Grazie alla capacità di analizzare enormi quantità di testo in tempi ridotti, gli strumenti basati su AI possono ad esempio rilevare bias inconsapevoli, suggerire modifiche per rendere i contenuti più accessibili e migliorare la coerenza dei messaggi. Tuttavia, come ci ha ricordato Alice Orrù durante il webinar SEOZoom Academy, l’adozione dell’intelligenza artificiale deve essere sempre accompagnata da una supervisione umana attenta, perché l’inclusività non può essere automatizzata del tutto.
AI e consapevolezza nei processi di scrittura
Gli strumenti di intelligenza artificiale rappresentano una valida risorsa per identificare linguaggi potenzialmente discriminatori o identificare aree di miglioramento, soprattutto in contesti complessi. Ad esempio, i tool integrati in SEOZoom sono in grado di rilevare bias nel linguaggio, segnalare l’uso di termini problematici e offrire suggerimenti per ottimizzare la chiarezza e l’accessibilità del contenuto.
La scrittura inclusiva richiede un livello di empatia e comprensione culturale che al momento le macchine non possono pienamente replicare. Gli algoritmi possono tracciare pattern e rilevare anomalie linguistiche, ma serve la sensibilità umana per contestualizzare e interpretare i suggerimenti, facendo le scelte giuste in base al pubblico e alla situazione. L’equilibrio tra AI e supervisione umana è quindi essenziale: mentre l’intelligenza artificiale può abbattere i tempi di revisione e incrementare l’efficienza, il lavoro umano garantisce che i risultati siano calibrati con attenzione, evitando false neutralità o semplificazioni sbagliate.
Come promuovere un approccio inclusivo nel nostro team
L’inclusività non può essere un punto di arrivo, ma deve rappresentare un impegno continuo per tutta l’organizzazione. Per costruire una cultura aziendale che integri i principi di inclusione e accessibilità, è indispensabile investire nella formazione dei team e nel loro coinvolgimento attivo. Alice Orrù ha sottolineato come creare consapevolezza interna e linee guida condivise sia un passo decisivo per garantire che ogni parola, ogni messaggio riflettano i valori inclusivi dell’azienda.
Promuovere una scrittura inclusiva all’interno del team richiede tempo, esercizio e una strategia ben definita. La formazione continua rappresenta il primo passo: non basta limitarsi a parlare di inclusività a livello superficiale, ma si devono fornire gli strumenti pratici per comprendere il linguaggio discriminatorio e superare bias inconsci. Creare momenti di confronto, come workshop tematici o analisi di casi studio, permette ai team di familiarizzare con esempi concreti e imparare a riconoscere errori comuni.
Un’altra strategia suggerita è la creazione di linee guida interne per la scrittura inclusiva e accessibile. Questi documenti non solo aiutano a standardizzare la comunicazione, ma offrono anche un riferimento pratico per affrontare situazioni complesse. Accanto alle linee guida, è utile raccogliere e condividere esempi virtuosi, sia interni che esterni, che dimostrino come un linguaggio inclusivo possa migliorare l’esperienza utente e rafforzare il branding.
Infine, il coinvolgimento attivo dei team è fondamentale: l’inclusività non è un esercizio teorico, ma un lavoro collettivo e progressivo. Ascoltare i suggerimenti dei membri del team, incoraggiare il feedback e rivisitare costantemente le pratiche adottate permette di evolvere e adattarsi. L’obiettivo non è raggiungere una “perfezione” immediata, ma costruire un processo continuo di miglioramento, che porti a una comunicazione autentica, rispettosa e rappresentativa.
Scrivere per includere: la nostra intervista ad Alice Orrù
Inclusività, accessibilità e una maggiore sensibilità verso il proprio pubblico: sono questi i temi che hanno reso il webinar con Alice Orrù un momento di profonda riflessione per chi lavora con le parole sul web. Specialista di scrittura inclusiva e accessibile, Alice unisce competenze di copywriting, traduzione tecnica e formazione per aiutare brand e professionisti a comunicare in modo chiaro, empatico e rispettoso; questa sua esperienza, maturata tra progetti in ambito tech e consulenze dedicate, la rende una voce di riferimento sui temi dell’accessibilità digitale e del linguaggio inclusivo.
Per questo, non ci siamo fermati agli spunti del webinar e abbiamo avuto il privilegio di intervistare Alice Orrù per esplorare ancora più a fondo i principi e le pratiche che possono rendere i nostri siti più “aperti” e i nostri contenuti davvero universali. Dagli errori più comuni a cui prestare attenzione, fino all’importanza di considerare l’accessibilità come leva strategica, l’intervista offre spunti pratici e stimolanti per chiunque desideri fare la differenza con le proprie parole.
- Cos’è per te la scrittura inclusiva e perché va oltre l’uso di termini neutri o simboli come la schwa?
Per me la scrittura inclusiva è uno strumento di democrazia, un modo per rendere l’informazione accessibile. Un’informazione accessibile permette alle persone di esercitare i propri diritti e farli valere quando vengono trascurati, fare scelte informate, avere accesso a tutti gli strumenti della vita democratica. Per questo la scrittura inclusiva non può limitarsi a considerare l’uso di termini neutri o di simboli come la schwa: chi la riduce a questo sta mancando completamente il punto.
La scrittura inclusiva è un approccio olistico alle parole che mira a creare testi accessibili e accoglienti per il maggior numero possibile di persone, qualsiasi sia il loro genere, la loro età, le loro condizioni fisiche e mentali, la loro provenienza geografica o la lingua nativa. Include scelte linguistiche che evitano stereotipi, considerano le diverse capacità cognitive, visive o di lettura, e tengono conto di come il linguaggio può influenzare l’esperienza di ogni individuo.
Tutte le piattaforme digitali o i testi che ostacolano la navigazione o la fruizione da parte delle persone sono un ostacolo alla democratizzazione e all’esercizio dei propri diritti. Questo è ancora più vero quando si parla di relazioni della cittadinanza con i siti web o i test prodotti dalla pubblica amministrazione o dal sistema sanitario.
- Per i brand online e per chi ha un sito web: quali sono i principi fondamentali per approcciare la scrittura inclusiva in modo globale?
I principi fondamentali sono:
- Chiarezza: il messaggio deve essere comprensibile da chiunque si muova in un determinato contesto. I testi del sito di una pubblica amministrazione devono essere chiari per chiunque, è una questione di democrazia. I testi di un sito web di investimenti in criptomoneta dovranno essere chiari per il suo pubblico di riferimento.
- Consapevolezza: evitare stereotipi e termini stigmatizzanti, favorendo invece il linguaggio che non discrimina. Per farlo però bisogna avere l’umiltà e la consapevolezza di riconoscere quali sono le parole e le espressioni potenzialmente discriminanti e fare delle scelte.
- Accessibilità: garantire che il contenuto sia fruibile dal maggior numero possibile di persone, considerando anche la possibile presenza di condizioni fisiche o cognitive che potrebbero ostacolare la fruizione. Questo si ottiene per esempio con testi ben strutturati, con il linguaggio chiaro, con i testi alternativi per le immagini, ecc.
- Ascolto: informarsi, leggere, parlare, procurarsi i contenuti di persone dai vissuti diversi dai nostri serve a tenere in considerazione i diversi contesti culturali e di background del nostro pubblico. Ci permette di creare testi che parlano a un’ampia varietà di persone.
- Come si può bilanciare l’uso di un linguaggio inclusivo senza rischiare di complicare troppo il messaggio o rendere il testo meno scorrevole? Oppure anche questi sono pre-concetti?
Pensare che la scrittura inclusiva debba essere per forza complessa o poco scorrevole è un preconcetto, sì. Uno dei pilastri della scrittura inclusiva è proprio la chiarezza, l’impiego di un linguaggio chiaro (quello che in inglese si chiama plain language). Scegliere parole chiare e trasparenti, evitare le inutili complicazioni, i termini gergali o i tecnicismi sono già dei primi passi importanti per scrivere dei testi ampi, accessibili. Spesso le persone hanno dubbi sulla complicazione del messaggio quando pensano alle questioni di genere. Come si fa a scrivere semplice e allo stesso tempo evitare la consuetudine grammaticale del maschile sovraesteso e dare spazio a espressioni più neutre o che evidenzino anche la presenza del femminile o delle identità non binarie? Di metodi ce ne sono tanti.
Uno dei più comuni, lo sdoppiamento (es. “buongiorno a tutte e a tutti”), può in effetti appesantire la sintassi della frase. Io consiglio sempre di esercitarsi con le parafrasi e con la sintesi. Un bel “buongiorno!” risolve la questione, mentre per le parafrasi ci vuole un po’ di esercizio, anche se una volta preso il ritmo le cose si fanno molto più facili.
Evitare il maschile sovraesteso è possibile anche senza introdurre schwa o altre soluzioni meno accessibili: Scrivi e lascia vivere, il manuale di scrittura inclusiva che ho scritto insieme a Valentina Di Michele e Andrea Fiacchi, per esempio, non contiene nemmeno un maschile sovraesteso, eppure – parola di chi lo ha letto – si legge in modo molto scorrevole (e in più contiene tantissimi suggerimenti pratici per scrivere in modo ampio rispetto alle questioni di genere!).
- In SEOZoom abbiamo un Assistente AI che – tra le varie cose – aiuterà a capire se nel testo ci sono bias discriminatori. Pensi che l’AI in questo possa aiutare a sensibilizzare sul tema?
Spero di sì! Esistono già diversi strumenti di scrittura assistita alimentati tramite Large language models (LLMs) che si rivelano buoni alleati per rilevare bias o termini potenzialmente discriminatori. L’elemento imprescindibile però è che queste tecnologie siano addestrate su un’ampia varietà di casi e contesti. Ho già provato alcuni di questi strumenti e la sensazione che ho avuto è che applichino roboticamente determinate regole. Possono essere utili per segnalarci l’uso di un maschile sovraesteso sostituibile, per esempio, o l’uso di espressioni discriminatorie verso le persone di età alta o bassa.
Ne ho provati alcuni molto utili per rilevare le espressioni abiliste, quelle cioè discriminatorie verso determinate disabilità: pensiamo a quante espressioni del nostro linguaggio quotidiano perpetuano lo stigma che ancora grava su certe condizioni di salute mentale (usiamo con nonchalance e spesso con scherno termini come “pazzia”, depressione, bipolarità, ecc.).
Mi piace rimanere vigile sul tema, e sono convinta che vedremo un progressivo miglioramento nel supporto che queste tecnologie possono dare alla scrittura inclusiva. Però non possiamo nemmeno delegare completamente il compito all’intelligenza artificiale: la sensibilità umana resta fondamentale per interpretare i risultati e apportare cambiamenti consapevoli.
- In che modo una scrittura accessibile può migliorare le performance SEO di un sito web?
Inizio con un promemoria importante: accessibilità, inclusività e SEO non sono in contrasto, anzi! Un contenuto chiaro, ben strutturato, che usa un linguaggio accessibile e che tiene conto della diversità del pubblico spesso è un beneficio anche a livello SEO. Una scrittura accessibile migliora l’esperienza utente, riduce il tasso di rimbalzo e aumenta il tempo trascorso sul sito. Inoltre, un sito accessibile è più facile da navigare e i contenuti vengono indicizzati meglio dai motori di ricerca.
- Questi sono tutti fattori che Google può prendere in considerazione per il ranking.
C’è una frase che Rian Rietveld, sviluppatrice WordPress e grandissima esperta di accessibilità web, ripete spesso durante le sue conferenze: Google è cieco e sordo, quindi i contenuti che sviluppiamo e progettiamo tenendo a mente l’accessibilità sono più facili da comprendere anche per lui. Ergo, li apprezzerà molto!
- Qual è il tuo processo di revisione di un testo per renderlo più inclusivo e accessibile?
Dipende molto dal tipo di progetto, ma in generale il mio processo di revisione di un testo prevede:
- Rileggo per assicurarmi che la sintassi sia semplice e chiara. In caso taglio e rifinisco le frasi, semplifico le subordinate, elimino avverbi inutili.
- Controllo che le parole che ho scelto siano chiare per il mio pubblico di riferimento, non gergali, e che non abbiano connotazioni discriminanti.
- Verifico l’accessibilità del testo dal punto di vista più tecnico: per esempio controllo l’uso semantico degli heading di pagina e che tutte le immagini abbiano un testo alternativo significativo.
- Se sto scrivendo un testo in inglese, uso strumenti di revisione assistita come Grammarly o Hemingway.
- A volte faccio un test di lettura con uno screen reader, tipo il VoiceOver del Mac.
- Come si può educare il proprio team o i propri clienti sull’importanza della scrittura inclusiva e accessibile?
Il primo passo è la formazione: far capire perché la scrittura inclusiva e accessibile è importante e quali benefici comporta. Credo molto nell’educazione “goccia a goccia”. La scrittura inclusiva e accessibile non si impara dall’oggi al domani, ha bisogno di tempo, esercizio. I valori umani che ne costituiscono le fondamenta vanno compresi, prima di imbracciare la tastiera e cercare soluzioni rapide che ci diano un fantomatico “bollino di inclusività”. Una tecnica, se lavoriamo in team, è conservare esempi concreti di testi inclusivi che incontriamo sul web o nel nostro lavoro quotidiano, e mostrare come un testo accessibile migliori effettivamente l’esperienza di lettura. Può anche essere utile scrivere delle linee guida interne, dove alla teoria si affiancano gli esempi pratici, e incoraggiare un feedback continuo.