PBN: cos’è un Private Blog Network e a cosa serve

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È stata per anni una delle “armi segrete” per la conquista della visibilità organica, una tattica per sfruttare un’apparente lacuna degli algoritmi dei motori di ricerca. Parliamo di PBN, ovvero di una rete di siti web che all’apparenza sono unici, separati e indipendenti, ma che in realtà si rivelano tutti gestiti e controllati da una singola persona. Agli albori della SEO, creare un PBN o pubblicare su queste reti era un sistema infallibile per conquistare rapidamente un elevato numero di backlink, ma nel tempo Google ha elevato la soglia di attenzione e ora questa strategia rientra tra quelle ritenute di black hat SEO in quanto evidentemente manipolatorie. Insomma, in questa pagina daremo una definizione chiara e concisa di cosa sia un Private Blog Network (PBN) e perché è un argomento di grande interesse per chi si occupa di digital marketing e SEO.

Che cos’è un PBN

PBN è acronimo di Private Blog Network e indica una rete di blog o siti web creati allo scopo di migliorare l’autorità di un sito principale attraverso la costruzione strategica di link. Questi collegamenti mirano a trasferire il valore di link juice dal network al sito principale o a un sito terzo, migliorandone così la posizione nei risultati di ricerca.

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Il cuore di un PBN è costituito da una rete di siti web multisfaccettati, apparentemente indipendenti l’uno dall’altro, ma che condividono un invisibile filo conduttore: tutti sono controllati da un singolo individuo o gruppo. Ogni sito all’interno di questa rete funge da piattaforma per generare backlink verso un sito principale, migliorando così il suo posizionamento nei motori di ricerca.

Private Blog Network: definizione e significato

Il nome di questa struttura ne chiarisce natura e caratteristiche.

Si chiama “Private” perché questi network di siti sono, appunto, privati: in genere, sono gestiti e controllati da un singolo individuo o un gruppo ristretto di persone, per mantenere il controllo completo sulla distribuzione dei link e sugli elementi SEO, e spesso i proprietari nascondono la propria identità per non far capire ai motori di ricerca che i siti sono collegati tra loro.

Blog Network” indica che la rete è composta principalmente da blog o siti web che simulano l’aspetto di blog indipendenti.

E così, PBN diventa la soluzione rapida per aumentare artificialmente il numero di backlink verso un sito.

Agli albori della SEO, questa tecnica era tanto semplice quanto vantaggiosa: chi voleva rafforzare la visibilità di un sito nei risultati di ricerca poteva creare un PBN oppure contattare il proprietario di una rete esistente per acquistare dei backlink dalla rete. Solitamente, il processo andava a buon fine, perché – almeno fino al 2012, ma forse anche dopo – i backlink hanno effettivamente funzionato come voti di fiducia per indicare direttamente ai motori di ricerca l’autorevolezza e rilevanza di un dominio, senza badare troppo al sottile. Poi, l’introduzione di Google Penguin e le successive evoluzioni algoritmiche hanno rivoluzionato il sistema, portando anche al declino (solo apparente?) dei PBN in ottica SEO.

Com’è fatto un PBN: struttura e caratteristiche dei Private Blog Netwrok

Un Private Blog Network è organizzato attorno a una serie di componenti chiave che collaborano per creare un sistema efficace, almeno per le intenzioni dei proprietari e di chi ne usufruisce.

La struttura di base ruota intorno alla creazione di più siti web, ciascuno dei quali svolge un ruolo specifico nel supporto del sito principale; questi siti, distribuiti su diversi domini, sono progettati per apparire come entità indipendenti con contenuti di valore e autorevolezza. Questa struttura ingannevole è orchestrata con precisione, ma lascia tracce che gli algoritmi dei motori di ricerca possono individuare.

Una delle principali tecniche che caratterizzano un PBN è l’uso di domini scaduti con un profilo di backlink già consolidato, scelti proprio per sfruttare l’autorevolezza e il link juice accumulato negli anni, il che dovrebbe potenzialmente conferire un vantaggio immediato al sito principale. La selezione dei domini non è casuale: si analizzano attentamente elementi come l’autorità del dominio, la quantità e qualità dei backlink esistenti e la coerenza tematica rispetto al sito principale, in modo da costruire una base solida di supporto al sito che si desidera promuovere.

Ciascun sito all’interno del PBN è ospitato su piattaforme diverse, con l’obiettivo di disperdere i footprint digitali che potrebbero rivelarne l’appartenenza a una stessa rete. Questo processo include l’utilizzo di hosting diversi e indirizzi IP variegati per evitare che i motori di ricerca rilevino un’anomalia. Inoltre, le registrazioni dei domini sono spesso effettuate tramite servizi di privacy che nascondono l’identità del proprietario, ulteriormente complicando la tracciabilità.

Una volta acquisiti, i domini vengono configurati con nuovi contenuti, spesso rilevanti per il campo di interesse del sito principale, per mantenere la coerenza tematica e incrementare l’efficacia dei link. Solitamente, i contenuti pubblicati sui siti della rete sono studiati per sembrare naturali e potenzialmente utili agli utenti (anche se di frequentemente sono generati in maniera automatizzata e piuttosto standardizzata). Nella migliore delle ipotesi, ogni sito pubblica articoli originali, recensioni e post di blog regolari, prodotti da copy freelance o agenzie specializzate nella creazione di contenuti, con l’obiettivo di rendere i siti credibili e gestiti in modo autentico.

L’interazione tra le diverse componenti del PBN avviene attraverso un’accurata pianificazione dei link interni ed esterni. I link diretti al sito principale vengono inseriti in modo organico all’interno dei contenuti, rendendoli meno rilevabili come parte di una strategia manipolativa, ad esempio attraverso anchor text variegati per evitare schemi riconoscibili.

È comunque importante sapere che, nonostante le strategie di mascheramento, i PBN possono lasciare tracce online che i motori di ricerca sono in grado di individuare. La diversificazione degli hosting, la qualità dei contenuti e la naturalezza dei backlink possono ridurre il rischio di penalizzazioni, ma non lo eliminano del tutto.

Come si crea e gestisce un PBN

La creazione e gestione di un Private Blog Network richiede una serie di competenze specifiche e un’attenta pianificazione strategica.

Il primo passo consiste nell’identificazione e acquisizione di domini scaduti con un buon profilo di link, selezionando i domini in base a vari criteri, tra cui l’autorità, il numero di backlink di qualità e la rilevanza tematica rispetto al sito principale.

Dopo l’acquisizione dei domini, il secondo step è la ricostruzione e ottimizzazione dei siti. Questo include la configurazione dell’hosting, l’installazione di un CMS come WordPress e la creazione di pagine con contenuti rilevanti. Scegliere un CMS gratuito per creare questa rete di blog è sicuramente più semplice rispetto al lavoro sui domini dropped, ma bisogna avere consapevolezza che agli inizi questi blog avranno poco trust e peso su Google.

I contenuti devono essere originali e di alta qualità, in modo da mantenere la credibilità del sito e migliorare il suo posizionamento nei motori di ricerca. Inoltre, l’aspetto visivo e la user experience devono essere curati per evitare di destare sospetti. Attenzione, ad esempio, a usare sempre lo stesso tema o template, perché sarebbe preferibile scegliere soluzioni diversificate per evitare che risulti un pattern.

La gestione di un PBN implica monitorare costantemente la performance dei siti, aggiornare i contenuti e mantenere una regolare attività di pubblicazione. È essenziale evitare schemi di link prevedibili: la creazione di un mix di link interni ed esterni aiuta a mantenere l’aspetto naturale del network. Un’altra tecnica adottata è la rotazione dei temi e delle categorie dei contenuti, per far sembrare ogni sito un’entità indipendente e autonoma.

Sistemi di tracking e analisi sono indispensabili per valutare l’efficacia delle strategie di link building implementate. Strumenti come Google Analytics, Ahrefs e SEOZoom possono essere utilizzati per monitorare l’andamento del posizionamento delle parole chiave e l’acquisizione di traffico organico. Questi dati sono cruciali per apportare modifiche tempestive e migliorare costantemente le performance della rete.

La sicurezza è un altro fattore critico nella gestione di un PBN. Utilizzare registrazioni di domini anonime e diversificare le risorse di hosting riduce il rischio di penalizzazioni. Tuttavia, nessuna misura è infallibile, e un controllo regolare di eventuali disconnessioni o azioni manuali è essenziale per garantire la sostenibilità del network a lungo termine.

In definitiva, la creazione e gestione di un Private Blog Network è un’attività complessa che richiede un approccio strategico, tecnico e altamente mirato. Chi decide di intraprendere questa strada deve essere consapevole dei rischi e delle responsabilità, e chi non è esperto dovrebbe evitare di lanciarsi all’azzardo.

PBN: opportunità e rischi del blog network marketing

Il concetto di PBN interessa profondamente chi si occupa di digital marketing perché tocca uno degli aspetti più cruciali del posizionamento online, i backlink.

Nel mondo idealizzato dei motori di ricerca, ogni backlink dovrebbe rappresentare un voto di fiducia, un attestato di qualità da parte di un sito esterno; pertanto, ricevere link da una serie di siti affidabili e di qualità può contribuire a migliorare significativamente le performance SEO. Praticamente da subito, però, si è diffusa la pratica del creare artificialmente questi “voti” attraverso varie tecniche che rappresentano una forma di manipolazione dell’algoritmo di ranking, tra cui appunto la creazione di un network di blog controllati.

I Private Blog Network sono stati per anni un’arma potente nelle mani dei professionisti SEO esperti: tra i principali vantaggi c’è appunto la capacità di costruire rapidamente un profilo backlink altamente autorevole e personalizzato. Poiché i PBN consentono di controllare interamente i siti che compongono la rete, si ha la libertà di decidere come e dove posizionare i link verso il sito principale, ottimizzando così l’anchor text, il contesto dei link e la frequenza con cui questi vengono inseriti.

Un altro vantaggio rilevante è la possibilità di ottenere risultati più rapidamente rispetto alle tecniche di link building organica. La creazione di contenuti attrattivi può richiedere mesi o persino anni per ottenere backlink naturalmente, mentre un PBN, se ben strutturato, permette di vedere i primi risultati nel giro di poche settimane. Questo può essere particolarmente utile in settori altamente competitivi, dove la velocità di esecuzione può fare la differenza tra il successo e l’insuccesso.

Utilizzare un SEO network come un PBN consente anche di risparmiare sui costi di link building tradizionale, che spesso include outreach, collaborazioni e altre risorse. Invece di dover pagare per guest post o altre forme di pubblicità affiliata, un PBN autonomo offre un metodo interno e controllabile di acquisizione di link.

Inoltre, avere un blog network consente di sperimentare e testare in modo sicuro diverse strategie SEO. Si può, per esempio, valutare l’efficacia di particolari keyword o il comportamento dei motori di ricerca in risposta a specifiche configurazioni di link. Tutto ciò fornisce dati preziosi che possono migliorare le strategie SEO complessive.

La popolarità delle PBN deriva dal loro potenziale nel generare risultati rapidi e tangibili: costruire un SEO network tramite PBN può sembrare una scorciatoia allettante, ma bisogna prestare attenzione alle sue implicazioni.

Nonostante le possibili precauzioni, infatti, l’uso di un PBN comporta rischi elevati. L’abilità nel gestire questi network complessi è fondamentale per minimizzare il rischio di penalizzazioni, anche se i motori di ricerca, con i loro algoritmi sempre più sofisticati, continuano a migliorare la capacità di individuare e punire queste pratiche manipolative. Google, in particolare, ha dimostrato di avere zero tolleranza per i tentativi di alterare artificialmente i ranking, con penalizzazioni che possono variare dalla semplice declassazione fino alla rimozione completa dall’indice, causando danni devastanti per qualsiasi sito web.

Ancora peggio, si mette anche a rischio la credibilità e la sostenibilità a lungo termine delle proprie strategie di marketing e del proprio brand.

Per questi motivi, chi opera nel digital marketing deve capire non solo come funzionano le PBN, ma anche perché è crucialmente importante valutare con attenzione se adottare o meno questa pratica. La comprensione dei meccanismi e delle implicazioni delle PBN non è semplicemente questione di tecnica: è una questione di strategia. Decidere di utilizzare un network blog come il PBN deve essere una scelta ponderata, basata su una valutazione attenta dei rischi e delle opportunità.

I rischi associati all’uso dei PBN

Grandi vantaggi potenziali, ma soprattutto rischi considerevoli e piuttosto concreti. Possiamo ridurre a questo la lezione che arriva dall’utilizzo di PBN e di tecniche di building PBN in questo momento.

Il più grande rischio è certamente quello delle penalizzazioni da parte di Google. L’algoritmo di Google è progettato per identificare e punire le pratiche manipolative, e l’uso di PBN rientra sicuramente in questa categoria. Come accennato, una scoperta da parte di Google può comportare la perdita di ranking, deindexing dei siti nella rete e, nei casi più gravi, penalizzazioni manuali che possono compromettere l’intero progetto web.

Un altro rischio riguarda la sostenibilità a lungo termine della strategia SEO basata su PBN. Poiché i motori di ricerca aggiornano costantemente i loro algoritmi per rilevare e neutralizzare le pratiche di manipolazione, ciò che oggi funziona potrebbe diventare obsoleto e pericoloso domani. Questo rende l’investimento in PBN instabile e soggetto a variazioni repentine.

I costi di mantenimento e gestione di un PBN non sono poi da trascurare. Avere diversi domini, ciascuno con hosting separato, privacy WHOIS e contenuti regolari può diventare rapidamente molto oneroso, anche prevedendo di affidarsi completamente alle tecnologie più recenti e, ad esempio, scrivere testi con l’AI tout court. Inoltre, i PBN richiedono una manutenzione costante per rimanere invisibili e non destare sospetti, il che implica un impegno di tempo e risorse che non tutti possono permettersi.

Le origini del PBN: quando nascono e come si sono evoluti i Private Blog Network

Abbiamo ripetuto più volte dei riferimenti temporali relativi all’uso di PBN. In effetti, le radici dei Private Blog Network affondano nei primi anni 2000, un periodo in cui il web stava vivendo un’esplosione di attività legata al contenuto e alla SEO, e poi ha progressivamente perso forza a causa della contro-risposta dei motori di ricerca.

L’idea di creare un network di blog è nata come risposta all’esigenza di migliorare la visibilità online in un contesto in cui gli algoritmi di Google iniziavano a dare sempre più importanza ai backlink come segnali di autorevolezza e pertinenza. I primi esperimenti con i PBN furono condotti da esperti di SEO che avevano individuato una lacuna nel sistema: la possibilità di manipolare artificialmente il ranking di un sito attraverso una rete controllata di siti secondari.

Il pioniere di questa tecnica non è facilmente identificabile, dato che molti professionisti iniziarono indipendentemente a esplorare soluzioni simili. Tuttavia, i primi ad adottare questa strategia lo fecero con obiettivi ben precisi: scalare rapidamente i risultati dei motori di ricerca, generare traffico e aumentare le conversioni senza dover necessariamente attendere i lunghi tempi associati alle tecniche di SEO organica. Era il Far West della SEO, e la mancanza di regolamentazioni specifiche rendeva questo approccio particolarmente efficace, almeno per un certo periodo.

All’inizio, la costruzione di un PBN era relativamente semplice: si acquistavano domini scaduti con buona autorità, si creavano o si ripristinavano i contenuti e si iniziava a generare link verso il sito principale. Questi primi PBN erano spesso rudimentali, con una manutenzione minima e un focus esclusivo sulla generazione di link. Tuttavia, con il passare del tempo, Google ha affinato i suoi algoritmi, introducendo aggiornamenti che rendevano sempre più difficile manipolare i risultati di ricerca attraverso tecniche non etiche.

Un punto di svolta significativo fu l’introduzione dell’aggiornamento Google Penguin nel 2012, che mirava a penalizzare i siti coinvolti in pratiche di link building manipolative. Questo aggiornamento portò a una prima ondata di penalizzazioni per chi utilizzava PBN in modo spregiudicato. La risposta del mercato fu un’evoluzione delle tecniche di costruzione dei PBN: i professionisti iniziarono a creare reti più sofisticate, con contenuti di qualità, design accattivanti e strategie di link building più nette.

Un altro evento chiave nella storia dei PBN fu il giro di vite di Google del 2014, quando molti network furono scoperti e penalizzati: nonostante i rischi aumentati, alcuni continuarono a perfezionare le loro tecniche, utilizzando misure più sofisticate per nascondere le tracce di un PBN, come l’uso di hosting diversi e la registrazione privata dei domini.

Oggi, i PBN rappresentano ancora una tattica discussa e discutibile, ma in alcuni casi utilizzata nel mondo della SEO. La loro evoluzione ha reso queste reti più complesse e difficili da gestire, richiedendo competenze tecniche avanzate e una comprensione profonda degli algoritmi di ranking, oltre che un livello di allerta sempre elevato.

PBN e Google: qual è la posizione ufficiale

È quindi il momento di approfondire qual è la posizione ufficiale di Google riguardo ai PBN. In realtà, la questione è molto chiara e inequivocabile: i Private Blog Network sono un’aperta violazione delle linee guida del motore di ricerca e, come tali, vengono penalizzati severamente.

Sebbene non esista una sezione dedicata esclusivamente ai PBN nelle documentazioni ufficiali di Google, diversi punti le condannano implicitamente.

In particolare, Google considera i PBN come schemi di link artificiali, creati con l’unico scopo di manipolare i ranking. Le linee guida affermano esplicitamente che qualsiasi tentativo di manipolare i link per migliorare il posizionamento è considerato una violazione.

Inoltre, i PBN sono spesso composti da siti web di bassa qualità, con contenuti duplicati o privi di valore per gli utenti. Google penalizza i siti che non offrono un’esperienza utente positiva e che sembrano esistere solo per manipolare i motori di ricerca.

Ancora, il fatto che i creatori di PBN cerchino di nascondere la loro identità e la connessione tra i diversi siti della rete viene interpretata come mancanza di trasparenza e diventa un segnale di attività sospette.

In sintesi, Google vede i PBN come un tentativo di aggirare le sue linee guida e di manipolare i risultati di ricerca in modo artificiale. Le penalizzazioni per l’utilizzo di PBN possono essere molto severe, portando alla perdita di posizionamento, alla rimozione del sito dall’indice di Google o addirittura al ban definitivo.

È importante ricordare che Google investe costantemente in algoritmi sempre più sofisticati per identificare e penalizzare le pratiche di Black Hat SEO. Quindi, anche se un PBN potrebbe sembrare efficace nel breve periodo, è molto probabile che venga scoperto e penalizzato, con conseguenze negative a lungo termine per il sito web.

A proposito di evoluzione, ad esempio, possiamo far riferimento al March 2024 Spam Update, che ha introdotto due nuove policy antispam di Google che sembrano richiamare direttamente alle caratteristiche dei PBN. Parliamo di Uso illecito di contenuti su larga scala e, soprattutto, di uso illecito di dominio scaduto, che sono come descritto due modalità di costruzione di un PBN. Ciò significa che ora queste pratiche, fin qui comunque note, sono apertamente considerate spam da parte di Google.

PBN e link building: considerazioni e strategie etiche

In definitiva, l’uso di PBN nella SEO moderna rimane una tattica controversa: da un lato potrebbe offrire vantaggi rilevanti in termini di velocità e controllo, ma nella pratica le implicazioni negative e i potenziali rischi possono superare i benefici, rendendola una pratica che richiede estrema cautela e consapevolezza.

Il problema di fondo è la complessità di trovare tecniche di link building sostenibili, che oggi è quanto mai cruciale per costruire una presenza online solida e duratura.

Rientrano in questa categoria tutte quelle strategie che possono richiedere più tempo e sforzi, ma offrono una strada più sicura e riconosciuta per costruire una solida presenza online e garantire la crescita organica a lungo termine. Il tutto ricordando che la scelta della tecnica di link building deve basarsi su una valutazione attenta delle esigenze specifiche, delle risorse disponibili e degli obiettivi a lungo termine del progetto web.

Un’alternativa più sicura e riconosciuta ai Private Blog Network è il link outreach, che consiste nel contattare direttamente i webmaster o i proprietari di siti web rilevanti per chiedere un link al proprio contenuto. Questa tecnica ha il vantaggio di costruire relazioni autentiche e creare collegamenti genuini e di alta qualità, che sono meno inclini a penalizzazioni da parte dei motori di ricerca. D’altra parte, però, instaurare queste connessioni e creare contenuti adatti richiede una notevole quantità di tempo, pazienza e sforzi, e non sempre garantisce risultati immediati.

Un’altra tecnica che può risultare efficace è la sostituzione di link rotti, nota anche come broken link building: comporta l’identificazione di collegamenti interrotti su siti web autorevoli e la proposta di sostituirli con link che puntano al proprio contenuto rilevante. La chiave per convincere il webmaster o proprietario del sito sta nel servizio utile offerto – l’individuazione di link rotti, che richiede un’analisi costante e specifica – in cambio appunto di un prezioso link di ritorno. Questa strategia offre un ottimo equilibrio tra efficacia e sicurezza, ma può essere lenta e necessita come detto di competenze tecniche e di pazienza per analizzare e ritrovare i link rotti su siti terzi.

Una delle tecniche più popolari e sostenibili resta il guest blogging, che pure offre un duplice beneficio: collaborare con altri blog o siti web per pubblicare articoli che includano un link al proprio sito non solo permette di ottenere link di ritorno, ma amplia anche l’audience raggiunta, migliorando la visibilità del brand. Il principale svantaggio è che richiede notevole produzione di contenuti e la necessità di instaurare collaborazioni, che non sempre portano a risultati tangibili.

Le strategie di contenuti virali e di content syndication sono molto efficaci per ottenere backlink naturali, ma richiedono una notevole creatività e una comprensione approfondita delle tendenze del mercato per essere realmente efficaci. La creazione di contenuti che risuonino con il pubblico e che siano condivisibili può essere impegnativa e richiede costante monitoraggio e adattamento.

L’obiettivo di base dovrebbe essere sempre rendere il proprio sito una risorsa preziosa e credibile nel settore: questo non solo genera link naturali, ma crea anche una base solida per il branding e la fidelizzazione degli utenti.

Come controllare se i link provengono da PBN

Non necessariamente un link in uscita da un sito appartenente a un PBN è considerato spam o a rischio, ma se vogliamo mantenere una SEO pulita e priva di rischi è comunque opportuno imparare a verificare se il nostro sito riceve link da un Private Blog Network.

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Evita i link sospetti: gli strumenti di SEOZoom ti aiutano a controllare tutti i link in ingresso

In nostro supporto arrivano gli strumenti di analisi backlink, che in generale permettono di avere una panoramica completa dei link in ingresso sul sito, con dettagli su provenienza, autorità e struttura degli anchor text.

In particolare, l’area backlink dei Progetti di SEOZoom offre varie funzioni per analizzare i link che riceviamo, così da individuare rapidamente link sospetti e approfondire la loro provenienza. Già nella dashboard introduttiva della sezione, ad esempio, il nostro software indica immediatamente il numero di link che provengono da “Domini con lo stesso IP”, seguito da quello di link che sono a “Rischio Subnet“.

“Domini con lo stesso IP” mostra il conteggio degli IP su cui risiedono più di un dominio che ospita link verso il sito in esame: questo dato è cruciale, perché la presenza di più domini che linkano al nostro sito e che si trovano sullo stesso server (ovvero, condividono lo stesso indirizzo IP) può essere considerata sospetta da Google, segnale di un tentativo di manipolazione mediante un PBN. Cliccando sulla voce “Approfondisci”, SEOZoom fornisce un elenco dettagliato di questi domini potenzialmente a rischio, permettendoci di esaminare e valutare la situazione più da vicino.

Schermata di analisi backlink

In modo simile, il box “Rischio Subnet” indica il numero di subnet, ossia gruppi di indirizzi IP con una radice comune, nei quali sono presenti link verso il sito a progetto. Anche questa condizione può risultare sospetta agli occhi di Google, perché suggerisce che tutti i siti linkanti potrebbero appartenere a un unico proprietario o gestore che utilizza lo stesso hosting provider. La presenza di più domini all’interno della stessa subnet che puntano verso il nostro sito può alzare il livello di allerta, poiché potrebbe indicare l’uso di una rete di blog interconnessi per manipolare il ranking.

Se notiamo potenziali link provenienti da PBN, il primo passo è mantenere la calma e controllare i rendimenti del sito: se i link sono datati e le performance non hanno avuto cali, è probabile che Google abbia semplicemente deciso di ignorare l’equity trasmessa. Come ulteriore garanzia, se effettivamente i siti linkanti sembrano essere parte di una rete di blog con contenuti di bassa qualità e un pattern di link sospetto – e se ovviamente si tratta di backlink ottenuti in modo non intenzionale – il primo passo è contattare il webmaster dei siti in questione e richiedere la rimozione dei link. Se ciò non fosse possibile, possiamo considerare l’opzione del disavow con il Google Disavow Tool, che potrebbe aiutarci a mantenere l’integrità del profilo di backlink e a minimizzare il rischio di penalizzazioni.

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