I professionisti più esperti (e con qualche anno di attività in più sulle spalle) ricorderanno bene il PageRank sculpting, la tecnica che serviva a scolpire la quota di PageRank distribuita dai link di una pagina ai fini di rafforzare le destinazioni più utili. Ormai, e da oltre 10 anni, questo sistema non ha più quel valore ma è ancora possibile sfruttare in modo proficuo alcuni dei suoi principi, per ottimizzare la link equity e dare forza alle nostre pagine migliori.
Che cos’è il PageRank sculpting
Facciamo prima un piccolo passo indietro nella storia della SEO e spostiamoci in un punto qualsiasi tra il 2005 e il 2009: il rel=nofollow è stato da poco inventato da Google e si sta diffondendo una tattica che sfocia nella black hat SEO, che consiste in pratica nel convogliare tutta la link juice in un solo link tra quelli presenti in pagina, così da rafforzare al massimo l’URL di destinazione.
Questo era il PageRank sculpting originale: in pratica, ammesso che una pagina potesse passare una quota di link equity pari a 100, anziché suddividere questo totale in 4 link in uscita si concentrava tutta in un unico link follow, mettendo gli altri in nofollow. Un metodo quindi utile per “scolpire” il PR e indirizzarlo verso risorse utili, segnalando come nofollow link a pagine meno valide o a siti terzi.
Proprio nel 2009, però, Google mise un freno a questa strategia borderline e modificò la formula originale del PageRank: anziché essere redistribuito equamente per tutti i link follow in uscita di una pagina web, da lì in poi l’equity sarebbe rimasta invariata a prescindere dalla tipologia di attributo. In altri termini, ripensando all’esempio precedente e sempre con estrema semplificazione, il solo link follow della pagina avrebbe comunque passato solo un quarto di PR, mentre gli altri 3 nofollow avrebbero continuato a non passarne, come nella loro natura.
Per dirla in maniera quasi matematica, “in una pagina con N link, di cui K link nofollow, ogni link do-follow, interno o esterno, trasferisce 1/N del page rank della pagina, mentre i link no-follow non trasferiscono nulla (0). In conclusione, la parte di page rank bloccata dall’attributo nofollow si perde nel nulla”.
Fare PageRank sculpting oggi
Assodate queste informazioni, non bisogna però pensare che il PageRank e il PageRank Sculpting siano ormai solo vecchie memorie di un tempo – e anche qualche Googler ha più o meno ammesso che il sistema PR sia ancora in funzione, seppur non più pubblico. Anzi, secondo Manick Bhan, CTO di LinkGraph, è ancora possibile sfruttare la tecnica della scultura per dare forza alle pagine rilevanti del sito, e in un articolo pubblicato da Search Engine Watch spiega la sua teoria e offre indicazioni interessanti da testare.
Ricordando che gli algoritmi PageRank-driven link sono le metriche di autorità originali di Google, per l’autore restano “ancora la base fondamentale per la valutazione dell’autorità per pagina e per dominio” e “Google utilizza i suoi algoritmi PageRank per separare il segnale dal rumore nel suo enorme indice di 30 trilioni di pagine e fornire risultati di ricerca di alta qualità”.
Perché è ancora utile e attuale il PR sculpting
Prima del 2009, “Google offriva la piena trasparenza sui calcoli del PageRank per qualsiasi pagina su Internet direttamente dal proprio database”, e così “i SEO sapevano quali pagine avevano più PageRank e facevano tutto il possibile per capitalizzarlo”.
Oggi, anche se non esiste più una finestra sulle metriche del PageRank, questo valore “viene ancora distribuito sui nostri siti, quindi pensare a dove lo stiamo inviando è molto importante”, sostiene sempre Manick Bhan, che dice di notare spesso “siti Web di grandi dimensioni con più landing page che hanno come target troppe parole chiave competitive: il 95% delle loro pagine non riceve traffico, ma il loro PageRank viene esteso a tutte”.
Gli errori degli e-Commerce
Un esempio a suo dire evidente del valore ancora attuale del PageRank lo si nota nei siti e-Commerce, che spesso hanno “una pagina di prodotto per ogni SKU nel loro catalogo, con il risultato che un PageRank eccessivo viene inviato a un inventario di basso valore, esaurito o improbabile che sia classificato su Google”.
Anche i siti di e-Commerce “che creano dinamicamente nuove pagine da un template per ogni città o stato spesso si classificano solo per parole chiave con un volume di ricerca basso”: di solito, questi “tipi di pagine non hanno abbastanza contenuti unici da consentire a Google di vederli come preziosi, quindi destinarvi link equity significa solo perdere completamente prezioso PageRank”.
E così anche “nuovi siti di e-Commerce con migliaia di SKU di prodotto” rischiano di non funzionare “perché hanno distribuito la loro autorità di sito su troppe pagine e non hanno abbastanza PageRank per le pagine che contano”. Al contrario, “grandi siti di successo (come Amazon, che ha oltre 300 milioni di landing page) inseriscono i loro segmenti di prodotto più importanti nel menu di navigazione, in modo da indirizzare il PageRank del dominio dove vogliono per i loro fini SEO”.
Usare i link interni per fare PageRank sculpting
La leva per spostare il PageRank della pagina in un modo che abbia effettivamente un impatto sono i link interni che permettono di distribuire la link equity da una pagina all’altra del sito.
Nello specifico, Manick Bhan ha studiato e testato tre strategie di linking interna per distribuire il PageRank in modo efficace e ottenere “risultati straordinari per i siti Web di grandi dimensioni”.
- Recuperare il PageRank perso reindirizzando pagine interne danneggiate
Una pagina in 404 “non può essere classificata nei risultati di ricerca e non trasferisce il PageRank ad altre pagine”: pertanto, uno dei primi modi per ottenere più juice dai proprio link è reindirizzare tutti i collegamenti interni non funzionanti alle pagine di maggior valore.
È quasi inevitabile: “Man mano che costruiamo i nostri siti Web nel tempo, la struttura del sito cambia e anche i permalink URL possono cambiare”, e ciò vale soprattutto “per i siti Web meno recenti con molta cronologia e per i siti Web più grandi con molte pagine Web”.
I link che puntano al sito sono statici, quindi è molto frequente che i backlink più vecchi puntino a pagine interrotte; allo stesso modo, può capitare che i vecchi link interni nei blog post o in altre aree di contenuto del sito puntino a pagine che ormai non esistono più. I crawler di Google vedono tutto questo e lo considerano un segnale di scarsa qualità on site.
Controllare lo stato dei link
C’è però la possibilità di rivendicare e riappropriarsi di quel PageRank, facendo dei redirect dalla pagina 404 verso la landing page appropriata. Bisogna però valutare se il contenuto delle pagine reindirizzate è attinente a quello della vecchia pagina, perché puntare tutti i 404 verso la home page “non è una grande idea”, e quindi è importante cercare le pagine che abbiano senso.
Inoltre, l’autore ricorda che “l’algoritmo PageRank ha un fattore di smorzamento: ogni volta che il PageRank si trasferisce da una pagina all’altra, subisce una perdita del 15%, inclusi i reindirizzamenti. Per i link interni, non c’è motivo di perdere il 15% del tuo PageRank interno; per i link esterni, un redirect 301 ti consente di acquisire l’85% della link equity, che è molto meglio che ottenere lo 0% con un 404”.
E per trovare i backlink non funzionanti e le pagine 404 ci sono vari strumenti, dalla Google Search Console all’analisi dei server logfiles, fino (aggiungiamo) a tool come il nostro SEO Spider.
È buona prassi eseguire questo controllo regolarmente, soprattutto per i siti dinamici con molti contenuti, per essere sicuri che tutti i link interni puntino a pagine di destinazione valide senza reindirizzamenti 301 o pagine interrotte 404: questo “è un segnale per Google che c’è un webmaster che si occupa del sito e che il sito è di alta qualità”.
- Concentrare il PageRank del dominio sulle pagine che contano davvero
Google “utilizza la struttura di internal linking del tuo sito web per calcolare la quantità di PageRank su ogni pagina: molti siti hanno la maggior parte del proprio PageRank sulla home page, che poi passa il link juice al resto del sito”. Di questo modo, “le pagine più vicine alla home page, come quelle collegate con un menu di navigazione e un footer, o le pagine frequentemente linkate internamente, avranno sempre più PageRank”, sintetizza l’autore.
Usando Google Analytics è possibile identificare quali pagine del sito rimuovere o spostare in posizioni di minore evidenza e, soprattutto, controllare quali landing page non ricevono traffico organico. In breve, si può costruire un elenco delle pagine “a cui desideri sottrarre il PageRank, nonché le pagine di destinazione con le maggiori opportunità sul tuo sito verso le quali desideri spingere più PageRank”, e lavorare quindi per modellare e scolpire il PR.
Le tecniche per fare Page Rank sculpting
Manick Bhan elenca poi cinque strategie per concentrare il PageRank nella maniera desiderata.
- Usare header e footer, che “servono come una sorta di boa per il PageRank nel tuo dominio”, dentro a cui è possibile “linkare le pagine più importanti per concentrarvi il PageRank”.
- Rimuovere le pagine con il rendimento peggiore. Per rendere i link interni più efficaci “non bisogna inserire in header e footer pagine che non ottengono traffico o non si classificano bene”, che andrebbero “annidate più in profondità nel tuo sito, unite o rimosse del tutto”.
- Creare pagine di categoria, che sono “un ottimo modo per creare silos di PageRank che puoi concentrare su pagine selezionate”, assegnando una priorità “agli elementi su queste pagine e linkando alle pagine che contano di più nella parte superiore della pagina”.
- Utilizzare il comando site: “per verificare l’ordine in cui le pagine vengono visualizzate e quindi quali pagine Google considera più importanti per Page Rank”.
- Usare i contenuti del blog, che consentono di linkare le pagine “di alto valore in un modo contestualmente pertinente”, aiutando “a rafforzare la pertinenza, la profondità e l’autorevolezza dell’argomento per le tue pagine più importanti”.
- Fare test A/B del PageRank sculpting
Quando si tenta un pesante spostamento del PageRank “è importante adottare un approccio iterativo alle modifiche ai link interni”, usando “un sistema di controllo della versione (come Git) o snapshot del sito per fare deploy e crawl in un ambiente di staging”, per vedere quanto PageRank si ottiene sulle pagine che contano in quello che è una sorta di test A/B.
Conclusa questa fase, si fa deploy della nuova versione live e si monitora il posizionamento delle parole chiave per le pagine interessate nel corso di una o due settimane: se “hai scelto le pagine giuste da sfoltire e promuovere, dovresti vedere un bel rialzo nel posizionamento delle parole chiave dove conta; in caso contrario, puoi facilmente eseguire il rollback”.
Sfruttare il PageRank sculpting per migliorare i rendimenti
Nelle sue conclusioni, Manick Bhan sostiene che “il PageRank sculpting funziona meglio se fatto su un sito con landing page di alta qualità, con una buona interfaccia utente ed efficaci livelli di user experience e dati Core Web Vitals”.
Come tutte le strategie SEO, infatti, serve un lavoro di insieme: “Se le tue pagine principali non sono di alta qualità o hanno un’interfaccia utente/UX scadente, nessuno spostamento del PageRank le porterà alla prima pagina”, evidenzia l’autore.
Nel complesso, “i siti Web più grandi corrono un rischio maggiore di distribuire una link equity troppo sottile semplicemente a causa delle loro dimensioni”, ma “per coloro che hanno pagine di qualità, scolpire PageRank è una strategia ideale per aiutare Google a riconoscere le pagine che contano di più”.