Meta Ads: dal webinar i consigli per campagne pubblicitarie efficaci

Fare pubblicità su Meta oggi significa molto più che impostare budget e lasciare che l’algoritmo faccia il proprio lavoro. E se ci blocchiamo su strategie pubblicitarie che sembrano non funzionare, forse il problema non è la piattaforma, ma il nostro approccio. Questa è una delle lezioni principali che ci ha lasciato il webinar di SEOZoom Academy in cui abbiamo ospitato Enrico Marchetto, che ci ha spiegato perché evolversi come advertiser su Meta Ads è ormai un passaggio obbligato. Dalla distinzione tra obiettivi commerciali e algoritmici allo spostamento dell’attenzione verso le creatività, ogni elemento richiede un nuovo livello di consapevolezza e strategia. In questo approfondimento, ripercorriamo insieme gli spunti più significativi che ci sono giunti dal webinar, per cogliere non solo l’evoluzione delle piattaforme Meta, ma anche il nostro ruolo come attori consapevoli e strategici nell’advertising digitale.

Meta Ads oggi: perché è fondamentale evolversi

Meta Ads è il sistema pubblicitario delle piattaforme Meta, che include Facebook, Instagram e altri servizi del gruppo, e consente alle aziende di creare campagne mirate per raggiungere i propri obiettivi di marketing. Grazie a strumenti avanzati, come targeting basato sugli interessi e retargeting, Meta Ads ha trasformato il modo di fare pubblicità online, spingendo i brand a costruire strategie sempre più sofisticate per raggiungere e catturare l’attenzione degli utenti.

È il momento dell’evoluzione!
Rivedi il webinar con Enrico Marchetto, approfondisci concetti chiave del marketing avanzato per Meta Ads e impara a migliorare le tue campagne pubblicitarie
Webinar

Negli ultimi anni, però, le regole del gioco sono cambiate profondamente e oggi la piattaforma richiede un approccio molto più complesso e raffinato, dove creatività, segnali algoritmici e strategie mirate al brand building giocano un ruolo cruciale, spingendo sempre più alla comprensione del comportamento degli utenti e delle loro interazioni con i contenuti pubblicitari.

Più che una semplice evoluzione tecnologica, quella che viviamo è una rivoluzione concettuale: la chiave del successo non è solo nell’algoritmo, né nella piattaforma, ma nella capacità degli advertiser di adattarsi, crescere ed evolvere, proprio come ci suggerisce la metafora dei Pokémon scelta da Marchetto per chiarire il messaggio.

In questo contesto, affidarsi a metodi di lavoro datati non è sufficiente. Gli inserzionisti devono adattarsi, spostando il proprio focus dal semplice targeting alla creazione di un ecosistema strategico basato sui dati, in cui la creatività non è accessoria, ma il fulcro attorno a cui ruotano tutte le decisioni. In altre parole, non basta più investire in pubblicità: bisogna imparare a leggere l’ecosistema per ottimizzare ogni singolo step, mantenendo un focus lucido sia sui segnali dell’algoritmo che sulle necessità del pubblico.

Dalla performance al brand building: tre fasi nell’evoluzione di Meta

Fino a pochi anni fa, Meta era sinonimo di performance marketing. Il paradigma pubblicitario era orientato a misurazioni dirette e tangibili: la conversione attraverso il retargeting, il monitoraggio delle azioni sul sito e la creazione di campagne basate esclusivamente su metriche come clic o acquisti diretti. Questa prima fase ha reso Meta il leader del marketing a risposta immediata, permettendo ai brand di raggiungere obiettivi concreti con una precisione mai vista.

Con il tempo, la piattaforma ha subito un’evoluzione sostanziale ed è entrata in una seconda fase: quella del brand building e della generazione di valore. È qui che le campagne pubblicitarie hanno superato il concetto di semplice performance, integrando strategie di lungo termine capaci di costruire consapevolezza e fiducia nel marchio.

Oggi ci troviamo nel mezzo di questa terza rivoluzione: il marketing su Meta combina i principi della performance e della brand awareness, spingendo gli inserzionisti a gestire obiettivi interconnessi, che raccolgono risultati immediati senza trascurare la costruzione di relazioni a lungo termine con l’audience. Questa trasformazione richiede un vero e proprio cambio di mentalità, in cui il breve termine non è più il solo parametro di valutazione di una campagna, ma diventa parte di un ecosistema più ricco e complesso.

La centralità dell’algoritmo: gestire obiettivi e apprendimento

Pensare a Meta Ads senza considerare la centralità dell’algoritmo sarebbe riduttivo. Con l’impostazione attuale, l’efficacia di una campagna pubblicitaria dipende dalla capacità dell’algoritmo di Meta di apprendere dalle informazioni ricevute, ottimizzando in tempo reale la distribuzione degli annunci e massimizzando le opportunità di conversione.

Per raggiungere questo risultato, è essenziale distinguere due tipi di obiettivi fondamentali: quelli algoritmici e quelli commerciali. Gli obiettivi algoritmici – come fornire al sistema dati chiari e segnali ottimali – aiutano la macchina a “imparare” come distribuire gli annunci al pubblico più pertinenti. Al contrario, gli obiettivi commerciali – vendite, lead o engagement – rappresentano il risultato finale che l’inserzionista si aspetta dalle proprie campagne.

La chiave sta nel bilanciare queste due dimensioni senza cadere nell’errore comune di concentrarsi esclusivamente sui risultati immediati. Marchetto lo ha descritto come un processo evolutivo: gli inserzionisti devono accettare che l’algoritmo non comprende l’obiettivo “fare soldi” e che il primo passo è garantire dati precisi e segnali di alta qualità. Solo così l’algoritmo potrà crescere, offrendo risultati progressivamente più efficaci e, soprattutto, incrementali nel tempo.

L’evoluzione dell’advertiser su Meta Ads

Imparare a usare la piattaforma è solo il primo passo per avere successo su Meta Ads: occorre crescere, adattarsi e affinare continuamente le proprie capacità, come ci ha ben spiegato Enrico Marchetto nel suo webinar.

Torna utile a questo punto la metafora delle evoluzioni di un Pokémon: proprio come nei celebri videogiochi, anche l’advertiser attraversa fasi ben distinte, dalla forma base fino a livelli di maturità più avanzati, con strategie che combinano analisi dei dati e creatività mirata.

Questa forma di progresso non è lineare, ma richiede impegno e capacità di apprendimento. La crescita di un advertiser consiste nell’abbandonare metodi semplicistici per abbracciare un approccio sempre più strategico, in grado di comprendere il contesto del pubblico e ottimizzare le campagne.

  1. La forma base: il marketer alle prime armi

La prima fase rappresenta un punto di partenza comune per molti advertiser: campagne pubblicitarie costruite sulla semplicità e sulla speranza di vedere risultati immediati. In questa “forma base”, il marketer si affida spesso a strumenti generici senza sfruttare appieno il potenziale delle funzionalità avanzate di Meta Ads. Gli obiettivi sono minimi – talvolta ridotti all’aumento del traffico web – e raramente si compie un’analisi accurata del pubblico. Questo approccio, sebbene sufficiente per iniziare, risulta presto obsoleto. Nel panorama odierno, dove la competizione è serrata e la qualità dei contenuti è cruciale, limitarsi a una gestione elementare delle campagne rischia di penalizzare gravemente i risultati. La forma base, infatti, non tiene conto né dei trigger point, che catturano l’attenzione dell’utente, né dei segnali necessari per allenare l’algoritmo. Un marketer fermo a questo stadio difficilmente può distinguersi in un contesto di advertising sempre più sofisticato.

  1. La prima evoluzione: strategie più mirate e lead generation

Con il tempo e l’esperienza, arriva il momento della prima evoluzione. Il marketer comincia a comprendere l’importanza di definire obiettivi più specifici e di testare diverse strategie per raggiungerli. La lead generation, ad esempio, diventa uno dei punti cardine della strategia: non si punta più solo ad attirare clic generici, ma si lavora per acquisire contatti qualificati, costruendo un pubblico potenzialmente interessato al prodotto o servizio offerto.

Non è solo questione di obiettivi, però: il marketer inizia anche a distinguere tra vari placement (dove vengono mostrati gli annunci) e a sperimentare con creatività e formati differenti. Questa fase rappresenta un grande passo avanti rispetto alla semplicità iniziale, ma non è esente da limiti. Senza un’analisi più approfondita dei dati raccolti, il rischio di disperdere risorse o di non sfruttare appieno le potenzialità della piattaforma rimane alto.

Il marketer in questa fase è sicuramente più consapevole, ma manca ancora di quella capacità analitica avanzata che distingue le campagne ordinarie da quelle eccezionali. Per completare il percorso evolutivo, è necessario imparare a governare i dati e a trasformarli in insight utili per creare strategie più raffinate.

  1. L’ultima evoluzione: creatività analitica e strategie di retargeting

La fase finale dell’evoluzione porta l’advertiser a uno stadio altamente professionale, dove ogni decisione è supportata da un approccio analitico e orientato ai dati. Qui, non ci si limita più a testare creatività diverse, ma si costruiscono annunci pensati per dialogare con gli specifici comportamenti degli utenti. La personalizzazione diventa il cuore pulsante delle campagne, adattando il messaggio pubblicitario al contesto quotidiano e alle abitudini del target.

In questa fase, il retargeting assume un ruolo cruciale: non si tratta semplicemente di “riprovarci” con utenti non convertiti, ma di farlo con strategie altamente personalizzate e contestualizzate. L’advertiser maturo non si limita a “copiare” tattiche che sembrano funzionare, ma sa come interpretare i dati per creare trigger point efficaci e massimizzare ogni interazione lungo il funnel.

Come sottolineato da Marchetto, il vero valore in questa fase risiede nella capacità di costruire un ecosistema di campagne che lavorano in sinergia per raggiungere obiettivi multipli: dalla generazione di valore tramite il prospecting, all’ottimizzazione delle conversioni attraverso strategie di retargeting avanzate, fino alla misurazione precisa delle performance con modelli di attribuzione adeguati. Solo così è possibile ottenere un marketing incrementale, che genera risultati concreti e sostenibili nel tempo.

L’importanza della creatività: uno shift strategico

Meta Ads ha quindi portato avanti una rivoluzione che ha cambiato radicalmente l’approccio alla pubblicità digitale. Se in passato il fulcro delle campagne era rappresentato dalla targettizzazione e dalla segmentazione del pubblico, oggi il vero baricentro si è spostato verso le creatività. Questo cambio di prospettiva suggerisce che, per avere successo su Meta, le campagne devono puntare su contenuti in grado di catturare l’attenzione, stimolare l’interazione e adattarsi a diversi obiettivi.

Nel suo webinar, Marchetto ha spiegato come le creative siano passate da elemento di supporto a vero e proprio fulcro delle strategie pubblicitarie su Meta. L’efficacia di una creatività non si misura più soltanto dalla sua immediatezza visiva, ma anche dalla capacità di dialogare con algoritmi e pubblico, generando risultati su vari livelli: dal prospecting al retargeting , fino alla conversione finale. In una parola, oggi è la creatività a “guidare il gioco”. Ma come si struttura una creatività che funzioni realmente? Il primo passo è comprendere il concetto chiave di trigger point.

Che cos’è un trigger point?

Un trigger point è l’elemento cruciale che trasforma una creatività nella leva in grado di catturare l’attenzione dell’utente e portarlo a compiere l’azione desiderata, che sia cliccare su un annuncio, interagire con un contenuto o completare un acquisto. Per dirla con semplicità, il trigger point rappresenta l’aggancio emotivo o razionale che ci spinge a passare dal semplice “guardare” al “fare”.

Marchetto lo descrive come una sorta di scintilla narrativa che, se identificata correttamente, può diventare il perno dell’intera strategia pubblicitaria. Potrebbe essere un’immagine particolarmente evocativa, un messaggio che colpisce un’esigenza latente del target o perfino il modo in cui un prodotto è posizionato nel contesto visivo e testuale dell’annuncio. Il tecnicismo degli strumenti pubblicitari diventa a questo punto secondario: senza un trigger point efficace, ogni campagna rischia di passare inosservata.

Non è un caso che il trigger sia centrale anche per l’apprendimento dell’algoritmo di Meta. Algoritmo e pubblico rispondono in modo simile: ciò che funziona per catturare l’attenzione umana aiuta anche la piattaforma a distribuire l’annuncio in modo più efficiente. Testare diverse ipotesi di trigger point all’interno delle creatività non è quindi solo un’opzione, ma una necessità per ogni advertiser che voglia affinare la propria strategia.

Dal prospecting al retargeting: applicare un’unica creatività a obiettivi differenti

Uno degli aspetti più interessanti e strategici nell’approccio creativo su Meta Ads è la versatilità di una singola creatività. Quando una creatività dimostra di funzionare – ovvero riesce a farsi notare, stimola interesse e genera interazione – non è necessario “abbandonarla” con la conclusione di una specifica campagna. Al contrario, quella stessa creatività può essere riadattata per obiettivi completamente diversi, sfruttando al massimo il suo potenziale lungo tutto il funnel pubblicitario.

Marchetto ha sottolineato come una creatività, se progettata su solide basi, possa facilmente spostarsi dal prospecting al retargeting, passando dalla brand awareness alla fase conclusiva della conversione. Per esempio, un annuncio che ha attirato lead freddi nella fase di prospecting può essere riutilizzato per riconnettersi a quegli stessi lead attraverso il retargeting, enfatizzando magari un messaggio personalizzato che spinga l’utente verso l’acquisto.

Lo stesso vale per gli obiettivi: la stessa creatività che mira a rafforzare il brand può essere declinata in modo strategico per aumentare le conversioni (ad esempio, introducendo call-to-action più mirate) o per stimolare il riacquisto, intercettando il pubblico in momenti diversi del ciclo di vita del cliente.

Questo approccio ciclico e integrato presenta diversi vantaggi. In primo luogo, consente di ottimizzare risorse e budget, riducendo la necessità di progettare nuove creatività da zero per ogni obiettivo. Inoltre, questo spostamento continuo tra funzioni diverse garantisce coerenza visiva e narrativa, un fattore essenziale per consolidare il legame emotivo tra utente e brand. Infine, la possibilità di adattare una creatività performante a più fasi del funnel non solo migliora i risultati, ma costituisce uno dei pilastri del processo di apprendimento algoritmico.

In sostanza, una creatività valida è un vero e proprio asset: capace di trasformarsi e di “parlare” al pubblico giusto, nel momento giusto e con il messaggio più adatto. Sta al marketer moderno riconoscere il suo valore e sfruttarlo nei più svariati contesti pubblicitari.

La frequenza: un’arma spesso sottovalutata

Quando si parla di campagne pubblicitarie su Meta Ads, spesso l’attenzione si concentra su parametri come clic, conversioni o impression, dimenticando un elemento altrettanto cruciale: la frequenza. Questo indicatore – che misura quante volte un utente vede un determinato annuncio – può fare la differenza tra una campagna che resta impressa e una che passa inosservata.

Una frequenza ben bilanciata non solo aumenta la probabilità che il pubblico ricordi un brand, ma può anche influire sulle decisioni di acquisto, e giocare con la frequenza può rivelarsi particolarmente strategico nel prospecting, dove una maggiore visibilità rafforza la brand awareness. Ma attenzione: un errato utilizzo della frequenza rischia di sprecare risorse e provocare “ad fatigue”, ovvero l’affaticamento del pubblico. Per questo motivo, il segreto è trovare un equilibrio che massimizzi l’efficacia senza disperdere il budget.

Frequenza e brand awareness: rimanere visibili nei feed

Nell’ecosistema di Meta Ads, rimanere presenti nel feed degli utenti è una sfida costante. La frequenza gioca un ruolo determinante proprio su questo fronte, influendo direttamente sulla capacità di un brand di essere ricordato. Quando un annuncio appare più volte davanti agli occhi di una persona, aumenta significativamente il livello di brand awareness: un concetto chiave, soprattutto nella fase di prospecting, dove l’obiettivo è guadagnare attenzione in un pubblico completamente nuovo.

Questa dinamica diventa ancora più rilevante in contesti di budget limitato. Invece di distribuire risorse su una copertura troppo ampia, Marchetto consiglia di concentrarsi su un pubblico più ristretto, ma esposto al messaggio con maggiore frequenza. Questo approccio consente di costruire una relazione graduale e di rendere il brand familiare, un elemento essenziale per spingere l’utente a fare il passo verso un’interazione o una conversione.

Aumentare la frequenza non significa, però, bombardare il pubblico con lo stesso annuncio. È fondamentale lavorare sulla varietà delle creatività, adattando il messaggio e il formato per mantenere alto l’interesse e ridurre il rischio di affaticamento. Più alta è la qualità dell’interazione con l’annuncio, più il brand guadagna posizioni nella mente del pubblico. Per questo motivo, il giusto bilanciamento tra frequenza e creatività performante rappresenta la chiave per campagne di successo.

Come gestire la frequenza senza sprecare risorse

Se da un lato una frequenza alta aiuta a consolidare la visibilità di un brand, dall’altro è fondamentale evitare due errori. Il primo è disperdere il budget inseguendo una copertura eccessiva a scapito della ripetizione, il secondo è saturare il pubblico con lo stesso annuncio, rischiando di infastidire gli utenti. Come trovare il giusto equilibrio?

Marchetto offre una soluzione semplice ma efficace: abbassare la copertura per aumentare la frequenza. Quando i fondi sono limitati, è più vantaggioso raggiungere un numero selezionato di utenti diverse volte, piuttosto che tentare di coinvolgere una audience ampia con interazioni sporadiche. Ridurre la copertura consente di concentrare gli sforzi su chi ha più probabilità di convertire, mantenendo un alto livello di ingaggio e ottimizzando l’investimento pubblicitario.

Emerge così un principio fondamentale per la gestione della frequenza: monitorare costantemente i dati. Gli strumenti di piattaforme analitiche integrabili con Meta possono aiutare a osservare l’andamento della frequenza e a capire quando un annuncio inizia a perdere efficacia. Questo tipo di analisi permette di intervenire in tempo, ad esempio aggiornando la creatività o ridefinendo il pubblico target.

Infine, è essenziale ricordare che frequenza alta non equivale a iper-esposizione. La differenza la fanno i dettagli: cambiare un elemento visivo, testare un nuovo copy o diversificare i formati dell’annuncio può trasformare una comunicazione ripetitiva in una successione efficace di stimoli per l’utente. Così, ogni campagna diventa uno strumento di rafforzamento della relazione tra il brand e i suoi potenziali clienti, senza mai risultare invasiva.

L’importanza del target: capire le persone, non solo gli utenti

C’è di più: anche parlare genericamente di target non è più sufficiente. La tecnicità dei dati e la precisione degli strumenti non bastano a creare campagne pubblicitarie realmente efficaci, se non si va oltre la superficie e si analizzano le persone nel loro contesto quotidiano. E per comprendere il comportamento degli utenti non basta studiare dati demografici o specifiche metriche, ma è necessario calare ogni strategia pubblicitaria in una realtà più ampia, quella fatta di spazio e tempo.

Capire quali sfide affronta il nostro pubblico, come si muove nella vita di tutti i giorni e quali sono i problemi specifici che può incontrare ci permette di costruire campagne personalizzate e mirate, che non solo attirano l’attenzione ma interagiscono con bisogni reali. Questo cambio di prospettiva, che sposta il focus dalla persona come “utente” al suo vissuto quotidiano, è sempre più indispensabile per un marketing moderno e rilevante.

Non solo dati demografici: analisi spazio-temporale

Uno degli esempi più interessanti emersi dal webinar riguarda l’uso dell’analisi spazio-temporale per costruire strategie efficaci. Marchetto ha raccontato di una campagna ideata per Alpitour durante una situazione di blocco: le questure italiane, sovraccariche di richieste, impiegavano fino a 8 mesi per rilasciare un passaporto. Un disagio che avrebbe potuto compromettere la programmazione di migliaia di viaggi. La soluzione non è stata solo una questione di creatività, ma il frutto di una riflessione strategica sul contesto spazio-temporale del target.

Partendo dalla difficoltà oggettiva dei viaggiatori, la campagna ha promosso destinazioni raggiungibili senza passaporto, come le Antille Francesi o l’Egitto (in caso di pacchetti con tour operator). Questo piccolo ma decisivo dettaglio ha trasformato una situazione apparentemente penalizzante in una grande opportunità per distinguersi. In un periodo in cui la possibilità di viaggiare era limitata, l’intervento strategico non si è limitato a proporre vacanze, ma ha risolto un problema pratico del pubblico target, aumentando così l’efficacia e l’appeal dell’intera campagna.

Questo esempio ci insegna che l’integrazione di dati spazio-temporali – capire dove si trova l’audience, quali sono le difficoltà legate al momento specifico e come queste influenzano le sue decisioni – non solo arricchisce il profilo del target, ma diventa un vantaggio competitivo. È questo tipo di sensibilità che permette di trasformare una campagna pubblicitaria da semplice promozione a una vera risposta alle esigenze reali delle persone.

Audience Persona avanzate: i consigli da mettere in pratica

La costruzione di Audience Persona o buyer persona non è una novità per chi lavora nel marketing ma, come suggerito da Marchetto, per raggiungere risultati davvero efficaci oggi è necessario fare un passo oltre i tradizionali dati demografici e adottare un approccio più sfaccettato. In altre parole, non basta sapere quanti anni ha il nostro pubblico o quali sono i suoi interessi generici: il segreto sta nell’analizzare il suo ecosistema quotidiano .

Questo significa approfondire, per esempio:

  • I suoi cappelli di consumo, ovvero le modalità con cui una persona assume determinate abitudini o preferenze in base al contesto (professionale, personale, sociale).
  • Il contesto spaziale, che include i luoghi fisici frequentati dagli utenti e come questi influenzano il loro comportamento.
  • Il fattore temporale, ovvero il momento specifico in cui l’audience potrebbe essere più recettiva a determinati messaggi pubblicitari.

Prendiamo come punto di riflessione gli strumenti disponibili per creare audience personas avanzate. Ad esempio, il CRM di un’azienda, se integrato con piattaforme come le Meta Ads, può offrire insight personalizzati sulle abitudini d’acquisto, le interazioni precedenti con il brand e il ciclo di vita del cliente. Ma non si tratta solo di dati statistici: la chiave è umanizzare questi profili, trasformandoli in vere e proprie rappresentazioni del pubblico di riferimento.

Per rendere tutto ancora più concreto, Marchetto cita Massimo Giacchino, autore di due fondamentali testi sull’analisi delle audience, spiegando l’importanza di utilizzare approcci metodici ed empirici per profilare il target. Solo attraverso un’attenzione dettagliata alla costruzione delle persona, e con un focus sulla loro connessione con situazioni di vita reale, possiamo creare contenuti che siano rilevanti, personalizzati e memorabili per il pubblico di riferimento.

Ottimizzare il percorso: gestire retargeting e attribuzioni

Anche in questa fase di trasformazione il retargeting rimane uno strumento strategico fondamentale per massimizzare il valore del traffico generato da campagne di prospecting e upper funnel. Tuttavia, il modo in cui questo strumento viene utilizzato è cambiato sostanzialmente negli ultimi anni, spingendo gli inserzionisti a ridefinire le proprie modalità operative. Oggi non si tratta più soltanto di “riprovarci” con gli utenti che non hanno completato un’azione, ma di farlo con creatività personalizzate e un approccio altamente strategico.

Parallelamente, il tema delle attribuzioni riveste un’importanza sempre più cruciale. Comprendere e adottare modelli di attribuzione corretti significa non solo monitorare l’efficacia delle campagne, ma garantire che i dati raccolti siano realmente utili per migliorare le future strategie pubblicitarie. Una gestione superficiale delle attribuzioni può infatti portare a decisioni poco informate e a una percezione distorta della performance delle campagne.

Attribuzioni più severe: il peso del 7 days click

Uno degli aspetti più critici nell’ottimizzare le performance delle campagne su Meta Ads riguarda la definizione delle finestre di attribuzione, ovvero il tempo entro cui un’azione, come un clic o una conversione, viene attribuita a una specifica campagna pubblicitaria. Se si adottano finestra di attribuzione eccessivamente permissive, come il tradizionale modello 1-day view+7-day click, il rischio è quello di affidare all’advertising meriti che, nella realtà, potrebbero non essere incrementali.

Marchetto ha evidenziato come una finestra di attribuzione più rigorosa, come 7-day click, possa aiutare a migliorare la qualità dei dati raccolti. A differenza di un modello che attribuisce la conversione anche solo sulla base di una semplice visualizzazione dell’annuncio (1-day view), infatti, il modello 7-day click richiede necessariamente che ci sia stata un’interazione attiva – un clic – all’interno del periodo di tempo assegnato.

Adottare un modello come il 7-day click permette di:

  • Garantire metriche più affidabili: riducendo le ambiguità, si ottengono dati che riflettono azioni realmente generate dall’annuncio.
  • Incrementare la precisione delle strategie: comprendendo il reale impatto delle campagne, è possibile investire risorse in modo più efficace.
  • Evitare false attribuzioni: eliminando casi in cui una conversione attribuita a Meta Ads sarebbe avvenuta comunque, anche senza l’intervento pubblicitario.

Tutto ciò si lega al concetto di incrementalità, cioè la capacità di una campagna di generare risultati aggiuntivi rispetto a ciò che sarebbe comunque accaduto in assenza di azioni pubblicitarie. Ad esempio, una vendita effettuata da un cliente già fidelizzato ma attribuita all’annuncio senza che quest’ultimo abbia realmente incentivato l’acquisto non solo altera le metriche, ma rischia di indirizzare gli investimenti verso azioni poco performanti.

Naturalmente, optare per attribuzioni più rigide non è esente da sfide. Gli inserzionisti devono essere pronti ad affrontare una possibile riduzione nei numeri complessivi di conversioni attribuite. Ma, come sottolineato da Marchetto, questo apparente calo quantitativo è compensato da un enorme salto qualitativo, dal momento che ogni conversione registrata riflette un risultato autenticamente guidato dagli sforzi pubblicitari.

Ottimizzare le campagne su Meta Ads: l’intervista a Enrico Marchetto

Dai trigger point all’importanza della creatività, fino alla gestione di frequenze e attribuzioni, il webinar “Meta Ads: gli stadi di evoluzione di un advertiser” ha fornito spunti essenziali per migliorare il nostro approccio strategico e costruire campagne capaci di massimizzare l’efficacia e il valore incrementale. Non poteva essere diversamente pensando all’esperienza del nostro speaker Enrico Marchetto, che ci ha guidato in questa riflessione profonda sull’evoluzione delle strategie pubblicitarie su Meta Ads.

Nato a Ponte di Piave, ma residente e attivo a Trieste da oltre 25 anni, Marchetto è il co-fondatore dell’agenzia Noiza, specializzata in performance marketing su Meta. La sua esperienza spazia dalla gestione di clienti di alto profilo come Veralab, Alpitour, Legami e Lago.it, fino al ruolo di docente all’Università di Udine dal 2017. Autore di tre libri, tra cui l’acclamato “Confessioni di un Marketer”, Marchetto ha saputo trasformare il proprio percorso professionale in un racconto che intreccia autobiografia e riflessioni sul marketing moderno, e questa combinazione di esperienza sul campo e visione strategica ne fa una delle figure più autorevoli nel mondo dell’advertising su Meta.

La lezione di Marchetto sulle Meta Ads

Per andare ancora più in profondità sui suggerimenti per adattarsi ai cambiamenti imposti dalla piattaforma ed evolverci da inserzionisti “di livello base” a veri e propri strateghi, capaci di interpretare i dati e creare valore incrementale, abbiamo rivolto al nostro speaker alcune domande specifiche, che ci permettono di comprendere meglio approcci, strategie e metodi per ottimizzare le nostre campagne pubblicitarie.

  • Come possiamo identificare il giusto equilibrio tra gli obiettivi commerciali dell’imprenditore e le esigenze di apprendimento dell’algoritmo?

Senza fare grandi citazioni, ma il termine giusto ha origini socratiche: si chiama “maiuetica”. L’arte di estrarre la verità.

Quando l’imprenditore ti dice “vui far schei”, tu devi estrarre la verità di quella frase e adattarla a un obiettivo algoritmico. Meglio una campagna di vendita su Meta, o meglio una campagna di Lead Generation spostando la conversione nell’email marketing? Io non credo tanto in questo ruolo “educativo” del marketer verso il cliente. Se c’è meglio ed è tutto più facile.

L’imprenditore e il CMO fanno il loro mestiere, noi interpretiamo i desiderata e li negoziamo con l’intelligenza artificiale.

  • Qual è il miglior approccio per testare creatività, formati e placement senza disperdere risorse e tempo?

Credo le risposte a questa domanda sia proprio: disperdere risorse e tempo. Nel senso che il 90% del tempo di un marketer dovrebbe essere dedicato esattamente a questo: a testare creatività, angle, trigger point e valutarne l’efficacia.

Il resto lo fa l’algoritmo 😉

Non c’è un cliente per cui non abbia in asset una campagna Advantage+ che è una campagna in cui il tuo compito è duplice: ottimizzare un budget e testare le creative. La macchina ti ha liberato una quantità enorme di tempo, usiamolo per test e analisi continue.

  • Potresti approfondire con un esempio come analizzare il target e il suo ecosistema per creare campagne realmente personalizzate ed efficaci?

In Italia, Massimo Giacchino ha segnato il terreno con due libri fondamentali dedicati all’analisi delle Audience Personas. E delego alla lettura di questi testi il senso primario.

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Impara a unire creatività e dati per ottimizzare la performance delle campagne su Meta Ads

Quello che aggiungo di mio, e lo scrivo chiaramente tra le pagine del mio libro, è l’esigenza di non limitarci ad analizzare il cliente, i cappelli che indossa nella sua attitudine al consumo, o la sua capacità di spesa. Ma analizzare anche il suo contesto spazio-tempo.

Faccio un esempio per chiarire tutto: due anni fa le questure erano completamente bloccate e non rilasciavano passaporti se non prima di 8 mesi. Se hai un cliente come Alpitour questo è un problema gravissimo. Perché saltano migliaia di viaggi programmati.

Analisi delle spazio-tempo: “Ok facciamo una campagna dedicata a tutte le destinazioni che puoi raggiungere senza passaporto nel mondo”. Per andare nelle Antille Francesi serve il passaporto? No perché sono francesi, appunto. Per andare in Egitto? No, perché se ci vai con un tour operator, basta un semplice documento identitario.

L’intera campagna dell’estate 2023 fu un successo enorme in tal senso.

Basata due grandi pilastri: lo studio di un attivatore (l’interpretazione del disagio di un possibile cliente) calato nella sua dimensione spazio-temporale.

  • Come possiamo ottimizzare le campagne di retargeting per sfruttare al massimo il traffico generato da strategie upper funnel?

Il retargeting è una materia molto discussa.

Esistono due tipi di retargeting: uno concettuale, l’idea di andare comunque a ristimolare le persone. E uno operativo: cioè andare a costruire proprio una intera campagna di ristimolazione.

Preso dal suo punto di vista concettuale ormai non ce ne dobbiamo più granché preoccupare perché la macchina è in grado, già in una campagna di upper funnel, di stabilire una quota corretta di retargeting andando a ristimolare i pubblici più profittevoli.

Da un punto di vista operativo invece è molto più ridotto rispetto a qualche anno fa.

Quindi meno azioni di retargeting, ma più puntuale, personalizzate e strategiche.

  • Come influisce la scelta di attribuzioni più severe (es. 1dv+7dc) sulla performance complessiva di una campagna e quando è consigliabile adottarle?

L’attribuzione di default di Meta è proprio 1dv+7dc.

Il problema grosso è un problema di incrementalità: quando Meta si attribuisce una conversione 1dv, significa che sta semplicemente dicendo “ah qualcuno ha visto la mia inserzione, poi ha comprato e allora il merito di quella vendita è tutto mio”.

Il problema grosso è che nella maggior parte dei casi quella vendita non è incrementale: ci sarebbe stata lo stesso, anche senza il nostro intervento in advertising.

In molti casi preferiamo della attribuzioni più strong con “7 days click” in cui, perlomeno, mi assicuro che la vendita ci sia stata dopo un click e un atterraggio da una mia inserzione.

Così da aumentare l’incrementalità della mia strategia.

  • Quali sono le principali novità che ti aspetti nel mondo dell’advertising nel 2025? 

Credo nulla di granché diverso rispetto al 2024 che è stato di per sé l’anno della rivoluzione. Anche nel 2025 i pilastri saranno: produrre e ascoltare segnali, attenzione spasmodica al machine learning, incrementalità.

Segnali: dare alla macchina più segnali possibile. Dai Marketing Mix Models (anche devo palesare, dopo svariati test, che non ho trovato ancora tutta questa grande soddisfazione), dal CRM e dalle creatività. Machine Learning: assicurarsi che la macchina stia imparando cose corrette.

Incrementalità: far di tutto per scoprire nuove sacche di consumo e non pasturare sempre sugli stessi pubblici, illudendoci che di star facendo un ottimo lavoro quando in realtà quel pubblico avrebbe acquistato lo stesso anche senza le tue campagne.

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