Siti e-Commerce, i consigli per le Merchant listing experiences di Google
Google Search supporta numerose e differenze esperienze di acquisto nei risultati di ricerca, genericamente racchiuse nell’espressione Merchant listing experiences, e ci sono varie strade per ottimizzare le pagine dei prodotti di un sito e-Commerce per rendere idonee ad attivare tali esperienze, grazie in particolare all’utilizzo e alla trasmissione a Google di dati ricchi. Si parla di questo nel nuovo episodio di Ecommerce Essentials, la serie su YouTube in cui Alan Kent offre consigli specifici dedicati a chi gestisce un sito business online e cerca di raggiungere la massima visibilità organica.
Che cos’è la Google Merchant listing experience
La possibilità di far apparire i propri prodotti in più posti, in modo più completo e (spesso) gratuito: la Google Merchant listing experience è essenzialmente questo, una varietà di esperienze di shopping a disposizione dei siti e-Commerce che vogliono incrementare la propria visibilità online.
Per usare le parole del Developer Advocate Alan Kent, le merchant listing experiences includono:
- Snippet di prodotto, che aggiungono dettagli come valutazioni a stelle, prezzo e disponibilità ai risultati di ricerca.
- Prodotti popolari, una funzionalità che mostra una serie di prodotti simili che potrebbero interessare l’acquirente.
- Shopping knowledge panel, riquadri sugli acquisti che mostrano informazioni più approfondite su un prodotto ed elenca più venditori.
- Ricerca per immagini, che può annotare le immagini dei prodotti disponibili in vendita.
Per poter attivare queste esperienze, Google richiede ai siti dati di prodotto dettagliati e arricchiti.
Come attivare le esperienze di shopping su Google
Nell’ultimo episodio della serie Ecommerce Essentials, Alan Kent condivide suggerimenti per ottimizzare le informazioni sui prodotti e ottenere l’idoneità per tali esperienze. In particolare, dice l’esperto, affinché le pagine web dei prodotti siano idonee per queste esperienze Google “ha bisogno di dati di prodotto completi”.
Pertanto, la prima decisione da prendere è se fornire i dati di prodotti tramite dati strutturati su pagine web, tramite il feed di Google Merchant Center o entrambi: come sappiamo, la soluzione preferita da Google per la comunicazione dei dati prodotto è proprio l’ultima, usando quindi entrambi i metodi a disposizione.
Secondo il Developer Advocate, attualmente i dati strutturati supportano meno funzionalità rispetto a un feed di Google Merchant Center, ma “il divario si sta colmando perché nuove capacità vengono aggiunte nel tempo”, e per stare al passo con possibili direzioni future possiamo periodicamente dare un’occhiata al sito schema.org per verificare il più ampio set di dati strutturati per i siti e-Commerce (anche perché i di Schema.org sono utilizzati anche da altri motori di ricerca rispetto a Google).
Determinare il modo migliore per fornire i dati di prodotto
Per iniziare (soprattutto per chi ha meno competenze) potremmo decidere di partire con i dati strutturati sulle pagine web, quindi aggiungere un feed automatico di Google Merchant Center, che crea un feed dal contenuto della pagina web, e poi prendere confidenza fino a fornire personalmente un feed di dati prodotto diretto e di alta qualità.
Possiamo verificare la presenza di dati strutturati esistenti sulle pagine prodotto del sito utilizzando la visualizzazione del codice sorgente nel browser, cercando dati strutturati con “@type: Product“; dobbiamo invece chiedere al team tecnico supporto per determinare se disponiamo di un feed di Google Merchant Center, perché non può essere rilevato dal contenuto della pagina web. Se usiamo una piattaforma, dobbiamo far riferimento alla documentazione specifica per capire se abbiamo il controllo su dati strutturati incorporati nelle pagine web e se esiste un supporto integrato per i feed di Google Merchant Center; in alternativa, Kent consiglia di controllare l’estensione marketplace della piattaforma per verificare se sono presenti estensioni di terze parti pertinenti, scegliendo così il percorso che diventa per noi più pratico.
Infine, se stiamo sviluppando personalmente il sito e non ci appoggiamo a piattaforme precostituite, possiamo consultare la documentazione tecnica di Google per trovare il metodo migliore per aggiungere dati strutturati di prodotto alle pagine web e, allo stesso tempo, creare il feed di Google Merchant Center.
Verificare i dati strutturati di prodotto
Il secondo passaggio riguarda la verifica della correttezza dei dati strutturati che abbiamo aggiunto: Kent ci spiega che Google Search Console include uno specifico rapporto Merchant Listings, che mostra i problemi riscontrati nei dati strutturati di prodotto pertinenti per le merchant listing experiences.
La correzione dei problemi evidenziati con i dati strutturati dipende dalla modalità di implementazione che abbiamo scelto; ad ogni modo, dopo aver apportato una correzione possiamo utilizzare lo strumento Controllo URL in Search Console per verificare se tutti abbiamo affrontato e risolto tutte le criticità.
Capire le opzioni di prezzo di Google
Impostare la visualizzazione dei prezzi dei prodotti può essere complesso, dice il video: la forma più semplice di indicazione dei prezzi è un singolo importo specificato con la sua valuta, ma ci sono molte forme più avanzate di prezzatura, come sconti quantità o offerte speciali per i clienti VIP.
Google supporta una gamma crescente di opzioni, ma ciò nonostante il nostro sito potrebbe utilizzare una forma di pricing non supportata (ancora) da Search.
In questi casi, il primo step è rivedere le opzioni di prezzo utilizzate sul sito Web e compararle con i modelli di pricing supportati da Google, elencati sull’apposita documentazione; a questo proposito, Kent suggerisce di visionare periodicamente tale documentazione perché è in costante aggiornamento.
Ora che sappiamo quale formato usiamo sul sito e quali sono quelli che Google supporta, potremmo semplificare i dati sui prezzi che forniamo; ad esempio, segnaliamo a Google il prezzo di una quantità pari a 1 anche se offriamo sconti per gli acquisti di quantità superiori, per evitare che gli acquirenti si arrabbino se un prezzo mostrato nei risultati della Ricerca Google diventa più alto dopo l’arrivo sul tuo sito, una cattiva pratica che erode la fiducia del cliente (come si vede dalla faccina sconfortata e delusa di Googlebot nell’immagine).
Fornire i dati di spedizione
Le informazioni sulla spedizione e le spese di spedizione sono altri elementi popolari nei risultati di ricerca, e gli acquirenti sono soprattutto interessati alla spedizione gratuita.
E se i pricing possono essere complicati, afferma Kent, la spedizione può esserlo ancora di più.
I costi di spedizione possono essere influenzati da molti fattori, come il corriere utilizzato, il peso totale dell’ordine e le dimensioni, la distanza e altro ancora.
Per vedere se le inserzioni sono state annotate correttamente con le spese di spedizione, possiamo utilizzare il comando avanzato site: facendo una query interna del sito per controllare i prodotti e i risultati di ricerca. Inoltre, possiamo verificare la presenza di errori nei dati strutturati di spedizione tramite il Merchant Listing Report in Search Console, oppure usare la Google Merchant Center console se inviamo in questo modo i dettagli di spedizione.
Come per il pricing, potrebbe essere necessario semplificare anche le informazioni di spedizione fornite per renderle corrispondenti a quelle supportate da Google, consultando la documentazione online per le funzionalità attuali e tenendo d’occhio gli aggiornamenti per l’inserimento di ulteriori funzionalità.
In caso di dubbio, il suggerimento è di andare sul sicuro e impostare una sopravvalutazione dei costi spedizione, per evitare di sorprendere negativamente i clienti al checkout con addebiti superiori a quanto previsto e mostrato in SERP.
Usare identificatori di prodotto efficaci
Per garantire l’idoneità a molte esperienze merchant listing dobbiamo fornire identificatori di prodotto, come un numero GTIN, un numero MPN o un nome di brand e prodotto, e “più informazioni forniamo, meglio è”, sintetizza Kent.
Tra le best practices suggerite da Google per migliorare le informazioni sui prodotti, però, c’è di evitare il ricorso a uno SKU – Stock Keeping Unit – che non è ritenuto un identificatore accettabile perché non è coerente tra i commercianti.
Ad esempio, il pannello Shopping Knowledge mostra più venditori di un prodotto simile: questa corrispondenza è più affidabile se nelle pagine dei nostri prodotti è presente un identificatore di prodotto efficace.
Per verificare se usiamo GTIN o identificatori di prodotto simili, possiamo ispezionare i markup dei dati strutturati, controllare il rapporto Merchant Center in Google Search Console per accertarci che non ci siano avvisi o messaggi di errore relativi agli identificatori del prodotto e infine, se utilizzato, analizzare il feed di Google Merchant Center.
Per risolvere eventuali problemi, basta aggiungere un form supportato dell’identificatore del prodotto, consapevoli che la modalità di aggiunta di un identificatore dipende dalla piattaforma specifica o implementazione impostata per il nostro sito.