Le sfide e le strategie per e-Commerce: cosa dicono gli esperti

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Il ruolo dei dati e le difficoltà di raccoglierli e analizzarli; la complessità di gestione della local SEO, soprattutto nella ricerca delle keyword; le innovazioni tecnologiche per emergere in un panorama dove ci sono sempre più competitor; ma anche le sfide legate alla gestione di un blog aziendale con annesso piano editoriale, senza andare a compromettere traffico e visibilità del sito principale. Questi sono solo alcuni dei temi emersi da alcune interviste speciali che abbiamo realizzato nel corso del NetComm Forum 2024 a Milano, con il nostro Ivano Di Biasi che è stato intervistatore d’eccezione per tre grandi esperti digitali italiani – Giorgio Taverniti, Luca Bove e Matteo Zambon – e poi a sua volta intervistato da Samuele Camatari. Ecco tutto ciò che abbiamo imparato da queste interviste doppie incentrate sulle strategie per e-Commerce!

L’evoluzione tecnologica degli e-Commerce: una leva per distinguersi

“Il settore e-Commerce è il nuovo porno”, esordisce provocatoriamente Giorgio Taverniti, uno dei massimi esperti di SEO e Digital Marketing in Italia, Co-Founder e COO Area Network di Search On Media Group, prima di spiegare bene il suo ragionamento.

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“Nei primi anni 2000 chi lavorava professionalmente ai siti web guardava con curiosità e interesse ai siti porno perché erano tecnologicamente avanti e avevano un’attenzione pazzesca alla velocità di caricamento. Ad esempio, YouTube ci ha messo 5 anni per replicare il player html5 che era già stato usato sui siti porno: quei siti ce l’avevano, Google no!”, ricorda Giorgio.

Al giorno d’oggi, invece, il settore dove l’innovazione tecnologia è più forte ed evidente è quello dell’e-Commerce, che sta facendo quindi da acceleratore per tutto il web. Ad esempio, “creare un nuovo e-commerce diventa molto difficile se non hai sistema come PIM, il catalogo centralizzato, il SaaS. Stiamo andando nella direzione di centralizzare le informazioni, che è la base della liquidità: se non lo fai, non puoi migliorarle là dove ce l’hai cristallizzate, e quindi non puoi fare niente con l’e-Commerce per abbracciare quella che oggi è l’Internet liquida“, sintetizza Giorgio, che invita ad andare “nella direzione di raccogliere i dati ed elaborarli per migliorare le strategie“.

Le sfide per gli e-commerce: la gestione della stagionalità

Incalzato da Ivano, Giorgio ha messo anche in luce alcune delle principali criticità peculiari dei siti e-Commerce, che hanno “tutta una serie di caratteristiche diverse dai siti classici, come per esempio la questione della stagionalità, che deve essere molto più granulare”.

A seconda della tipologia di settore di attività, infatti, un e-commerce può sperimentare addirittura una “stagionalità basata sul prodotto” e quindi devono studiare strategie specifiche per la singola pagina prodotto. Ad esempio, dice, molti e-commerce hanno cataloghi periodici (che cambiano su base semestrale o quadrimestrale, se non ancora inferiore) e devono quindi gestire dinamicamente la “presenza” delle pagine online – “La pagina c’è, la pagina non serve più e va messa in 404 o 301, poi torna online al momento opportuno; questa cosa viene cercata in inverno, questa cosa viene cercata in estate…”.

Blog per e-Commerce, come evitare errori e problemi

Un altro fronte elemento critico per gli e-Commerce riguarda la creazione di un blog che marcia in parallelo rispetto al negozio digitale, che si collega alla più ampia tematica della volontà (necessità) di intercettare le ricerche di tipo informational, che oggi rappresentano circa il 70% di tutte le ricerche su Google.

Il problema frequente è l’autosabotaggio inconsapevole in cui incappa un e-Commerce quando inizia ad aggiungere il blog senza strategia e senza capacità di creare un piano editoriale ragionato, dividendo le keyword research per intenti. In concreto, infatti, succede che i contenuti del blog non coprono solo gli intenti informazionali, ma anche quelli transazionali e in pratica finiscono per fare concorrenza al sito principale. “Molte volte, quando c’è questa cannibalizzazione e quindi i contenuti sono simili tra sito e blog, vince il blog, che si posiziona meglio su Google perché ha contenuti più freschi, più aggiornati e un’altra serie di caratteristiche premiate dagli algoritmi”, sottolinea Taverniti.

Questo tema è stato affrontato anche da Ivano stesso, sollecitato da Samuele Camatari, founder della web agency Jusan Network e di Ecommerceguru, che gli ha chiesto espressamente “come prendere un blog e renderlo efficace sul serio all’interno di un e-commerce”.

Per Ivano, il primo nodo è non fare le cose solo perché “è una moda” o per copiare la strategia di un competitor, che probabilmente ha fatto una scelta ponderata. Bisogna cioè fermarsi un attimo a pensare ai motivi per cui può aver senso aggiungere una sezione informativa con un blog in un e-Commerce, seguendo l’user journey degli utenti. “Nel percorso di consapevolezza di chi vuole acquistare un prodotto o un servizio nasce un’idea: la persona si va a informare su un prodotto, va a fare un confronto con altri prodotti, prova a capire le caratteristiche. Siamo in una fase intermedia dove il cliente prova a capire, ha intenzioni che non sono ancora di tipo informational ma commerciali: sta maturando la convinzione all’acquisto ma non è ancora pronto, sta cercando di capire se è adatto per lui, va a vedere se è meglio questo prodotto o un altro, si forma un idea”. In questo quadro così complicato – e non a caso Google parla di messy middle per definire il processo d’acquisto – “il blog può aiutare ed essere di supporto, ma si deve fermare qui, coprire solo gli intenti di tipo informativo e, al massimo, spingere l’utente ad acquistare il prodotto, magari con un riferimento alla parte commerciale, ma poi togliersi di mezzo e non entrare in un campo non suo”.

Anzi, “in realtà la fase intermedia commerciale non va neanche fatta sul proprio blog, ma andrebbe fatta sui blog degli altri: bisogna lavorare per fare in modo che altri siti parlino bene del nostro prodotto e vadano a linkare l’e-Commerce, ad esempio in una fase di comparazione tra prodotti simili”. Quindi, secondo Ivano Di Biasi il blog di un e-Commerce “dovrebbe fermarsi ai puri contenuti di tipo informational, a cui deve fare seguito un piano di produzione di contenuti commerciali su altri siti e blog, anche a pagamento, in contesti che rimandino strategicamente alle pagine transazionali del nostro sito”.

Insomma: serve “un piano editoriale specifico per il blog e un piano editoriale per l’e-commerce, facendo attenzione che chi si occupa del blog non vada a rompere le scatole a chi si occupa dell’e-Commerce”, dice in modo colorito Ivano.

La costruzione di un piano editoriale per e-Commerce

Un supporto arriva (ovviamente!) da SEOZoom, che ad esempio offre la possibilità di segmentare e filtrare tutte le keyword anche per tipologia di intento, oltre che per volume, in modo da incrociare i dati e non andare a buttar via le strategie perché “quel carinissimo blog ti frega tutto il traffico che serve alle pagine commerciali”.

In concreto, lo strumento di riferimento è sicuramente la piattaforma di Gestione Piano Editoriale che, come ha ricordato Ivano, nasce con uno scopo ben preciso: “Semplificare le dinamiche che ostacolano un’agenzia dal fare bene il proprio lavoro, prendendo troppo tempo con quelle rotture di scatole quotidiane senza riuscire ad andare diretti al punto”.

Infatti, il piano editoriale di SEOZoom automatizza gran parte del lavoro: “Fai una keyword research, scegli le parole chiave che ti servono e ti viene automaticamente filtrata la keyword research. Lo strumento ti segnala le parole chiave che non necessitano di un articolo differente perché vanno bene tutte nello  stesso articolo: le metti nel piano editoriale, assegni il contenuto a un copywriter e da quel momento in poi puoi monitorare sia il lavoro del copywriter che il rendimento dell’URL e della categoria del tuo articolo”, aggiunge ancora. “Puoi quindi fare un piano editoriale sapendo quale settore del tuo blog o e-commerce sta andando meglio, quale copywriter ti sta dando risultati migliori e così puoi prendere delle decisioni informate, perché monitorare tutti questi dati e insight ti permette di gestire tutti gli aspetti delle strategie”.

Elemento non secondario, poi, SEOZoom ha anche integrato strumenti di Intelligenza Artificiale per scrivere testi, pensati per chi “vuole un contenuto di qualità e ha un’idea di marketing dietro alla creazione di un contenuto” e non pensa ai contenuti come “riempitivo da buttare su un sito senza alcuna importanza”. Per questo motivo, “abbiamo fatto una cosa molto molto smart: siamo gli unici a utilizzare l’intelligenza artificiale per generare i testi ma come diciamo noi, sulla base dei dati“. In concreto, lanciando AI Writer SEOZoom analizza tutti i competitor, crea un modello, analizza le keyword e quindi “sa esattamente come dovrebbe essere scritto quell’articolo”, e poi dopo chiede all’intelligenza artificiale di scriverlo “ma esattamente in questo modo, ottimizzato SEO“. Insomma, “non prendiamo spazzatura e la buttiamo nei siti web, ma creiamo un contenuto che abbia senso dal punto di vista stilistico – perché puoi impostare stile e tono di voce – e anche dal punto di vista dell’ottimizzazione SEO grazie all’utilizzo dei nostri dati”.

L’importanza dei dati per gli e-Commerce

A proposito di dati e strategie, prezioso è il contributo che arriva da Matteo Zambon, probabilmente il più noto e capace esperto di digital analytics in Italia (nonché Unico Beta Tester italiano di Google Tag Manager e Alpha Tester di GA4), che ha spiegato in maniera semplice in cosa consiste il lavoro di digital analyst.

“Attraverso i dati degli utenti, che sono un po’ come impronte lasciate all’interno del sito web in tutti i movimenti che fanno, riusciamo a ottimizzare le campagne di advertising, o semplicemente fare delle analisi su quali sono le ottimizzazioni da fare per aumentare le conversioni – possono essere di acquisto, lead generation e così via”.

Il primo step – e la prima complessità – sta nel portare dati corretti e sani: “Ragionare su dati non coerenti non ha assolutamente senso, anzi fai cose peggiori perché basi le tue decisioni su premesse non sicure”, ci dice. Di base, il lavoro di analisi riguarda sia “la gestione del tracciamento di questi dati, quindi portarli a un contesto che sia pulito, sia nel supporto anche sulla parte analitica, anche se ormai con le realtà con cui ci interfacciamo hanno sempre più team interni all’azienda in cui sono presenti dei data scientist, figure che conoscono in maniera approfondita il proprio business e che noi andiamo ad affiancare”.

Può apparire incomprensibile a chi non conosce queste dinamiche, ma un risultato eccellente è ad esempio “il fatto di arrivare a un 99,7% dei dati tracciati delle transazioni di un ecommerce in Google Analytics, dove di solito il drop è mostruoso, attraverso varie tecniche e con dati anonimizzati”.

Ben più chiari sono i riscontri in termini di fatturato negli e-commerce: anche se non è possibile stabilire cifre e medie generali perché bisogna sempre contestualizzare – “Posso dire di aver raddoppiato il fatturato, ma magari è passato da 2 a 4 euro”, scherza Zambon – lavorare con i dati aiuta la gestione delle campagne e può contribuire a raggiungere risultati a doppia cifra, fino a incrementi del 200-300%.

Strategie di local SEO per la visibilità degli e-Commerce

C’è poi un fattore che non può proprio essere trascurato da chi possiede o gestisce un e-Commerce, ovvero la local SEO, che assume un peso fondamentale per alcune realtà – intuitivamente, per gli e-Commerce non “puri”, che quindi hanno anche una sede fisica e cercano di attirare persone anche al negozio fisico.

È Luca Bove – che Ivano non esita a definire il più grande esperto di local search in Italia – a fornire alcuni consigli mirati e spunti per chi vuole (o meglio, deve) lavorare alla local SEO, che in alcuni casi è l’unico modo per avere visibilità – in particolare, quando ci sono big player grossissimi nel settore, avere un brand e una forza sul territorio riesce a essere un valore aggiunto per farsi trovare e preferire. Ci sono poi delle attività intrinsecamente locali – ottici e gommisti, ad esempio – e in generale i due mondi online e offline devono parlarsi.

Tutto ciò è impensabile e quasi impossibile senza due pilastri:

  • Scheda Google business profile (l’ex Google My Business, che ormai ha cambiato tanti nomi), debitamente ottimizzata.
  • Pagina “store locator” sul sito, dove spieghiamo senza i vincoli di Google chi siamo, cosa facciamo eccetera.

Scendendo in maggiori dettagli, Bove ricorda che ci sono due tipi di posizionamento locale:

  • Ricerche che in letteratura si chiamano “vicino a me dopo” (near me later), che solitamente riguardano gli alberghi e sono del hotel + nome località.
  • Keyword implicite che sottintendonovicino a me“, che l’esperto chiama “clues”, tracce da seguire, che dipendono dalla posizione geografica dell’utente. Non è facile monitorarle e hanno volume di ricerca molto basso: si va a intuito o si lavora attraverso Search Console.

Per quanto riguarda le azioni pratiche da eseguire, possiamo iniziare dal fare un’analisi dei competitor e del panorama competitivo locale, focalizzata anche sulle recensioni online: osservare quanti feedback hanno ricevuto i concorrenti, analizzare il tipo di recensioni, sia positive che negative, e anche il contenuto evidenziato dagli utenti offre una visione su quali aspetti migliorare o enfatizzare del nostro servizio o prodotto e permette di identificare i punti di forza e debolezza percepiti dai clienti, indirizzando di conseguenza le strategie di marketing e servizio al cliente per colmare le lacune.

Importante è anche la link building, che oggi è componente critica per rafforzare l’EEAT e soprattutto l’Autorevolezza percepita del sito web. La creazione di pagine di localizzazione specifiche (Location Pages) è essenziale per comunicare a Google e agli utenti la presenza locale: ogni location page dovrebbe includere informazioni dettagliate come indirizzo, numero di telefono, orari di apertura e una mappa integrata, senza dimenticare l’inserimento di specifiche parole chiave locali nel contenuto, nei tag title e meta description. Infine, l’ultimo consiglio è creare contenuti specifici per il mercato locale, utili per far comprendere “chi siamo e cosa facciamo” a Google attraverso il sito e, in maniera più diretta, attraverso l’implementazione di markup schema.org, che fornisce dati strutturati a Google.

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E Luca Bove ci dà anche un’informazione curiosa e forse poco nota, invitandoci a prestare attenzione all’insegna del negozio fisico e alla corrispondenza col nome della Scheda Google Business Profile. Può sembrare un elemento secondario, ma in realtà “la Google Car fotografa tutto al suo passaggio, compresa l’insegna, e automaticamente, con la sua AI, legge quello che c’è scritto e lo mappa con le coordinate geografiche”. Quindi, se il negozio fisico non ha un’insegna che corrisponde al suo nome su Google rischia di vedersi penalizzare e, addirittura, in alcuni casi “hanno sospeso la scheda”.

In definitiva, la local SEO è complessa e interessante: “Per alcuni settori è fondamentale, come ad esempio in ambito medico, turistico o della ristorazione; consente di produrre tantissimi lead e va curata insieme alle altre tattiche di visibilità, perché non sempre è facile distinguere ciò che è SEO locale da ciò che è SEO in senso generale”, conclude Bove.

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