È passato poco più di un mese da quando Google ha avviato il Site Diversity Change, un aggiornamento dell’algoritmo teso a premiare la diversità delle SERP e a penalizzare, per così dire, la presenza di risultati multipli in posizioni TOP provenienti dallo stesso sito. Quali sono stati gli effetti concreti sulle pagine dei risultati del motore di ricerca? Vediamo insieme cosa è cambiato.
Pochi effetti sulle SERP
In realtà, secondo le analisi effettuate da esperti SEO statunitensi, come i team di Moz o di Searchmetrics, e confermate anche dalle nostre indagini sulle SERP italiane, finora il Google Diversity Change ha avuto una portata molto ristretta ed effetti poco visibili. Inoltre, c’è un altro aspetto da considerare: l’aggiornamento della diversità si è praticamente sovrapposto al June 2019 Core Update, l’update generale dell’algoritmo del motore di ricerca, che a sua volta ha portato variazioni nelle SERP.
Che cos’è il Diversity Change di Google
Ricordiamo brevemente cosa significa il site diversity change annunciato da Google: un intervento per limitare il numero di volte in cui un dominio può apparire in una singola SERP. L’intento finale della compagnia sarebbe non mostrare in SERP più di due URL dello stesso dominio.
L’impatto del Diversity Change sulle SERP
Nel mese trascorso, l’effetto più rilevante di questo aggiornamento si nota sulle pagine di risultati di ricerca dove compaiono 3 Url dello stesso sito: fino a maggio 2019, secondo Searchmetrics, la probabilità di trovare tre risultati dello stesso dominio nella pagina di ricerca di Google era del 6,7 per cento, mentre a fine giugno si è dimezzata passando al 3,5 per cento. Praticamente azzerata, inoltre, la possibilità di trovare più di tre Url di un singolo dominio in Top10 su Google, scesa dall’1,8 a quote vicino allo 0 per cento.
I risultati doppi in SERP sono più frequenti, ridotti tripli e quadrupli
Curiosamente, però, l’analisi sulle SERP americane ha rivelato un’altra tendenza: la frequenza di un dominio presente in SERP con due risultati è addirittura aumentata dopo l’aggiornamento, passando dal 43,6 all’attuale 44,2 per cento.
Le tipologie di query più interessate dal Diversity Change
Lo studio ha messo in evidenza quanto conti la tipologia di query e di intenti di ricerca dell’utente: ad esempio, tra le più colpite dal Diversity Change ci sono le ricerche transactional, dove Google sta cercando di offrire risultati più vari agli utenti e, dunque, maggiori opportunità di posizionamento in Top 10 anche per siti minori rispetto ai colossi stile Amazon.
Anche le query navigational hanno avuto qualche conseguenza di diversificazione, ma in Italia questo impatto è ancora relativo, come mostrano gli screen qui forniti, frutto di un’analisi eseguita con gli strumenti di SEOZoom.
L’analisi del site diversity change in Italia
Abbiamo preso in esame tre diverse query navigational, che rivelano ancora un netto predominio di risultati provenienti dallo stesso sito (ovviamente il privilegiato è il dominio ufficiale del brand): per “Alpitour last minute” il monopolio è quasi completo (8 risultati su 10, nessun cambiamento effettivo nell’ultimo mese), più variegate invece le SERP per “orologi Rolex” (dove il sito della compagnia svizzera è presente con 4 Url) e per “scarpe Adidas” (anche in questo caso, 4 posizioni su 10 sono per il sito ufficiale del marchio delle 3 strisce).
Cosa significa tutto questo? Che al momento (e chissà per quanto ancora) non si sono visti gli effetti rivoluzionari promessi e il Site Diversity Change di Google ha ancora molta strada da fare per riuscire a portare davvero varietà nelle SERP.