La cosiddetta cookie apocalypse ritarderà di oltre un anno: Google ha infatti annunciato un nuovo cronoprogramma verso l’addio definitivo all’utilizzo dei cookie di terze parti nei suoi sistemi, spostando la data dal febbraio 2022 a un periodo compreso tra la metà e la fine del 2023. Al colosso di Mountain View serve quindi più tempo per studiare le soluzioni alternative ai tracker cross-website, considerando anche le difficoltà riscontrate con la tecnologia FLoC, e per mettere a punto definitivamente le iniziative della Privacy Sandbox.
L’annuncio di Google: rimandato il blocco dei cookie di terze parti
“È necessario più tempo in tutto l’ecosistema per eliminare il supporto per i cookie di terze parti”: scrive così Vinay Goel, Privacy Engineering Director di Chrome, nell’articolo in cui spiega le ultime novità della compagnia in merito alla questione.
Nonostante ci siano stati “notevoli progressi” nell’iniziativa Privacy Sandbox, Google ha deciso di “continuare a lavorare con la comunità web per creare approcci più privati alle aree chiave, inclusa la misurazione degli annunci, la fornitura di annunci e contenuti pertinenti e il rilevamento delle frodi”.
Allo stato attuale, “Chrome e altri hanno offerto più di 30 proposte e quattro di queste proposte sono disponibili in prove di origine”: per Chrome, in particolare, l’obiettivo di Google è fornire “le tecnologie chiave implementate entro la fine del 2022, affinché la comunità degli sviluppatori inizi ad adottarle”.
Pertanto – fatto salvo “il nostro impegno con la Competition and Markets Authority (CMA) del Regno Unito e in linea con gli impegni che abbiamo offerto” – il nuovo obiettivo temporale fissato da Goel è di eliminare gradualmente i cookie di terze parti su Chrome “per un periodo di tre mesi, a partire dalla metà del 2023 e fino alla fine del 2023”.
Serve più tempo per la Privacy Sandbox
Una parola chiave del discorso del Privacy Engineering Director è “responsabilità”, quanto mai necessaria vista la delicatezza del tema, che riguarda direttamente la privacy sul web e coinvolge gli utenti, che sempre più chiedono maggiore trasparenza e maggiore controllo su come vengono utilizzati i loro dati.
Per questo Google ha pensato all’iniziativa Privacy Sandbox, che mira a creare “tecnologie web che proteggano la privacy delle persone online e offrano alle aziende e agli sviluppatori gli strumenti per costruire fiorenti attività digitali per mantenere il web aperto e accessibile a tutti, ora e in futuro”.
In particolare, Privacy Sandbox è un pacchetto di standard e tecnologie per il tracciamento pubblicitario che hanno un duplice scopo: mettere a disposizione di editori (nel testo originale publisher, ovvero i siti che ospitano annunci, nda) e inserzionisti strumenti efficaci per continuare a monetizzare i dati (elemento decisivo per mantenere il Web aperto e accessibile), e allo stesso tempo tutelare la privacy delle persone online, aggirando e scoraggiando soluzioni di tracciamento più alternative e invasive come il fingerprinting.
Ma questo obiettivo si può raggiungere solo con un percorso di collaborazione condiviso da tutta la comunità web, che dovrebbe “riunirsi per sviluppare una serie di standard aperti per migliorare fondamentalmente la privacy sul web”.
Collaborazione con la comunità web e con le autorità nazionali di regolamentazione
Un lavoro ambizioso e complesso, che necessita di “ritmi responsabili”: per questo motivo, Google ha deciso di spostare di quasi due anni la precedente scadenza auto-imposta per l’addio ai cookie (febbraio 2022), portando la deadline alla fine del 2023.
La nuova tempistica consentirà a Google di “portare avanti la discussione pubblica sulle giuste soluzioni e il continuo confronto con le autorità di regolamentazione”, e dovrebbe assicurare a editori e industria pubblicitaria il giusto tempo per migrare i propri servizi, un elemento “importante per evitare di compromettere i modelli di business di molti editori web, che supportano contenuti liberamente disponibili”.
Allo stesso tempo, sostiene Vinay Goel, “fornendo una tecnologia che preserva la privacy, noi come industria possiamo aiutare a garantire che i cookie non vengano sostituiti con forme alternative di tracciamento individuale e scoraggiare l’aumento di approcci segreti, come le impronte digitali”.
Come funziona il processo pubblico di sviluppo delle proposte
L’articolo si sofferma a descrivere anche il processo di sviluppo standard che segue ogni proposta sul tema privacy – coerente “con il modo in cui vengono sviluppate altre API aperte e tecnologie Web” – e che si articola in un percorso pubblico suddiviso in più fasi, con ampie discussioni e periodi di test. Nello specifico:
- Discussione
Le tecnologie e i loro prototipi sono discussi in forum come GitHub o gruppi W3C.
- Test
Le tecnologie sono testate rigorosamente in Chrome attraverso numerose “prove sull’origine, che consentono trasparenza e feedback”. Ad esempio, racconta Goel, “abbiamo ricevuto un feedback sostanziale dalla comunità web durante la prova di origine per la prima versione di FLoC; abbiamo in programma di concludere questa prova di origine nelle prossime settimane e di incorporare input, prima di passare a ulteriori test sull’ecosistema”.
- Pronto per l’adozione – Ready for adoption
Completato il processo di sviluppo, le tecnologie di successo sono pronte per essere utilizzate su larga scala. Saranno quindi lanciate in Chrome e pronte per l’uso diffuso sul Web.
Cookie su Chrome, il nuovo cronoprogramma di Google
Quando sarà concluso questo processo di sviluppo pubblico, e in rispetto all’impegno della compagnia con il CMA, il nuovo piano di Google per Chrome è “eliminare gradualmente il supporto per i cookie di terze parti in due fasi”:
- Fase 1, che inizia alla fine del 2022
Dopo aver completato i test e lanciato le API in Chrome, Google annuncerà l’inizio della fase 1, durante la quale “gli editori e l’industria pubblicitaria avranno tempo per migrare i loro servizi”. Nelle previsioni dell’azienda, questa fase dovrebbe durare nove mesi e “controlleremo attentamente l’adozione e i feedback prima di passare alla fase 2”.
- Fase 2, a partire dalla metà del 2023
Chrome eliminerà gradualmente il supporto per i cookie di terze parti per un periodo di tre mesi che terminerà alla fine del 2023, stando alle previsioni di Vinay Goel.
Il programma più dettagliato sarà pubblicato e aggiornato regolarmente su privacysandbox.com, così da “fornire maggiore chiarezza e garantire che sviluppatori ed editori possano pianificare i loro programmi di test e migrazione”.
L’impegno di Google in difesa della privacy
Oltre ai progressi nello sviluppo di alternative ai cookie di terze parti, Google continua a promuovere un altro obiettivo chiave di Privacy Sandbox per “combattere il tracciamento nascosto come l’impronta digitale del dispositivo”. Ad esempio, racconta l’articolo, di recente l’azienda ha pubblicato “un aggiornamento sui nostri piani per la riduzione delle stringhe dell’user agent, un progetto che mira a ridurre la possibilità di utilizzare questi dati per rilevare le impronte digitali e tracciare gli utenti sul web”.
Secondo Vinay Goel la “Privacy Sandbox fornirà le migliori protezioni della privacy per tutti”, e assicurando che l’ecosistema possa supportare “le attività senza tenere traccia delle persone sul Web, possiamo garantire a tutti che continui l’accesso gratuito ai contenuti”.
Data l’importanza di questa mission, ribadisce il Privacy Engineering Director di Chrome, “dobbiamo prendere tempo per valutare le nuove tecnologie, raccogliere feedback e reiterare per assicurarci che soddisfino i nostri obiettivi sia per la privacy che per le prestazioni, e dare a tutti gli sviluppatori il tempo di seguire il percorso migliore per la privacy”.
Cosa significa l’annuncio di Google (e i possibili motivi del ritardo)
Molti inserzionisti si sono preoccupati per gli effetti dell’implementazione delle iniziative sulla privacy di Google e, soprattutto, per il blocco dei cookie di terze parti per le loro metriche e i loro clienti.
La nuova timeline significa “che c’è l’opportunità che le preoccupazioni dei search marketer siano ascoltate da Google e che c’è più tempo per prepararsi ai principali cambiamenti, inclusa la ricerca di soluzioni tecnologiche che si adattino quando i cookie saranno ritirati, come una strategia dei dati first-party o l’estrazione dati da altre fonti”, nota Carolyn Lyden.
Ma ci possono essere anche altre ragioni più “pratiche” dietro questo ritardo, perché negli ultimi mesi Google aveva ricevuto molte critiche per le sue iniziative in vista dell’era post-cookie, in particolare per il meccanismo dei FLoC (cluster anonimizzati di utenti con caratteristiche affini), che hanno sollevato un polverone di polemiche.
Ad esempio, ad aprile WordPress aveva proposto di bloccare di default questo sistema di targeting – un potenziale effetto devastante per il progetto di Google, considerando che oltre il 40% dei siti al mondo usa WordPress come CMS – e solo poche settimane fa gli esperti di Digiday avevano riscontrato un codice software per bloccare i FLoC presente nei siti dell’ecosistema Amazon (oltre al marketplace, anche WholeFoods.com, Zappos.com e Woot.com).
Inoltre, non meno problematiche sono state le considerazioni di tipo normativo, perché il tracciamento di FLoC non sarebbe in linea con le direttive del GDPR europeo (e difatti non ci sono Stati comunitari coinvolti nella fase iniziale di test), e simili preoccupazioni si sono levate anche in altre parti del mondo. Sempre in Europa, poi, Google sta vivendo altre grane, come la nuova indagine antitrust della Commissione UE su potenziali pratiche anticoncorrenziali sul fronte pubblicitario.
Proprio le pressioni dei governi, quindi, sembrano poter spinto Google a estendere le tempistiche inizialmente previste per mettere fine all’era dei cookie di terze parti, che tanta ansia sta provocando nell’industria della pubblicità digitale.