Sono uno degli strumenti più potenti e versatili per esprimere emozioni, idee e messaggi in maniera sintetica, ma allo stesso tempo ricca di significato. Nate come semplici icone, le emoji sono diventate un vero e proprio linguaggio visivo, capace di trascendere le barriere culturali e linguistiche, favorendo una comunicazione più immediata e universale. Non a caso sono state la parola dell’anno nel 2015 e nel 2019, un’opera d’arte esposta al MoMA, protagoniste di un film (di scarso successo) e celebrate dal 2014 con una giornata mondiale. Ma queste buffe faccine, che da telefoni a smartphone si sono diffusi in tutto il Web, si sono imposte anche come un nuovo strumento di comunicazione di massa rapido e diretto, nonché come un’opportunità per il marketing digitale e per la costruzione di messaggi mediatici più efficaci – e anche Google ne consente l’uso nelle SERP, sia nei titoli che addirittura negli URL.
Che cosa sono le emoji
Le emoji sono piccole immagini o icone utilizzate in vari ambiti online per esprimere un’emozione, un’idea o un concetto in messaggi digitali.
Sono essenzialmente piccoli simboli colorati, logogrammi, ideogrammi o faccine che possiamo inserire nel testo dei messaggi elettronici, nelle pagine web, nei testi delle applicazioni di messaggistica istantanea e anche nei testi dei post sulle piattaforme social.
Attualmente se ne contano circa 4000 varianti, disponibili in una vastissima gamma di opzioni che vanno dai volti sorridenti ai cuori, dai cibi alle bandiere, e abbracciano vari generi, tra cui espressioni facciali, oggetti comuni, luoghi, tipi di tempo atmosferico e animali.
Ogni emoji racchiude in sé un potenziale espressivo che supera le sole parole, riuscendo a condensare emozioni complesse o sottintesi difficili da spiegare senza l’uso di un’intera frase. Le utilizziamo per dare tono ai nostri messaggi, per chiarire il nostro stato d’animo, e persino per comunicare qualcosa di così universale da non avere bisogno di testo allegato: secondo recenti statistiche, circa ogni giorno su Whatsapp o Facebook messenger viene inviato un miliardo di emoji senza testo aggiuntivo.
È quindi riduttivo pensare a loro come semplici icone: le emoji hanno infatti un “senso” che va oltre la loro rappresentazione visiva e possono influenzare il modo in cui percepiamo e interpretiamo la comunicazione virtuale. La loro funzione principale è infatti quella di integrare le sfumature emotive che spesso mancano nelle conversazioni digitate a distanza.
Il significato delle emoji non si limita al singolo simbolo, ma si arricchisce e si modula in base al contesto, alla combinazione e all’intenzione di chi ne fa uso. Sono proprio queste caratteristiche che rendono le emoji non solo uno strumento di comunicazione di massa, ma anche un’opportunità per il marketing digitale e per la costruzione di messaggi mediatici più efficaci. Capire come e perché le persone impiegano le emoji è diventato un aspetto centrale non solo per i sociologi e i linguisti, ma anche per chi opera nel campo della comunicazione e del branding: la vera forza delle emoji risiede nella loro capacità di sintetizzare e veicolare una grande mole di dati emotivi in uno spazio estremamente ridotto.
Eppure, non tutte le emoji sono utilizzate o capite nello stesso modo, il che rende essenziale esplorarne le origini e il percorso di evoluzione che le ha portate a questo livello di sofisticazione e diffusione globale.
Che cosa significa emoji
Partiamo proprio dalle basi.
Il termine “emoji” deriva dalle parole giapponesi “e” (immagine) e “moji” (carattere) e l’assonanza con le parole inglesi “emotion” (emozione) ed “emoticon” è puramente casuale. In senso più stretto, con questa parola ci riferiamo solo ai disegnini rappresentati come caratteri codificati, ma a volte si applica per estensione anche agli stickers animati usati nella messaggistica istantanea.
Piccola curiosità grammaticale: emoji dovrebbe essere usato al maschile o al femminile? L’Accademia della Crusca ha scelto il genere maschile, mentre l’Enciclopedia Treccani non impone una scelta specifica. Tuttavia, una rapida ricerca su Google rivela che gli utenti del web tendono a preferire il genere femminile, con risultati che superano di gran lunga l’uso al maschile, e quindi noi abbracciamo la maggioranza.
La storia delle emoji
L’origine delle faccine è ancora piuttosto controversa: secondo la teoria attualmente più accreditata, la creazione delle emoji risale alla fine degli anni Novanta in Giappone. Con ogni probabilità, l’invenzione del primo set di emoji si deve alla compagnia SoftBank, che nel 1997 lancia sul mercato nipponico un telefono in grado di supportare 90 distinti simboli pittografici.
È invece certo il contributo di Shigetaka Kurita, il designer giapponese che, nel 1999, concepì un sistema di simboli grafici per accompagnare le comunicazioni testuali degli utenti sui primi telefoni cellulari giapponesi. Su commissione di Docomo – l’operatore di telefonia mobile predominante in Giappone – Kurita realizzò un celeberrimo set di 176 emoji, di dimensione 12 pixel per lato, ispirato alla cultura manga, ai caratteri cinesi e ai segnali stradali, che venne implementato nel sistema giapponese i-mode, una sorta di piattaforma web che collegava i telefoni cellulari a Internet. Questo insieme di icone semplici rappresentava il tentativo di colmare il divario tra la parola scritta e l’assenza totale di espressioni o tonalità vocali nei messaggi digitali, per consentire alle persone di trasmettere emozioni e concetti che il solo testo non poteva esprimere con la stessa immediatezza.
L’iniziativa di Kurita nasceva da una risposta ai limiti che il testo scritto poneva nella comunicazione. L’espressione facciale, il tono della voce, i gesti — tutti elementi che conferiscono profondità alla comunicazione umana— erano assenti nei messaggi digitali. Le prime emoji progettate da Kurita erano volutamente semplici: cuori, espressioni facciali elementari, nuvole. Tuttavia, nonostante questa semplicità, il loro impatto fu immediato. Gli utenti si resero conto di quanto fosse più facile e intuitivo comunicare utilizzando questi simboli, e la loro adozione crebbe rapidamente.
È proprio questa griglia di simboli che nel 2016 divenne un’opera esposta al MoMA, il Museo di arte contemporanea di New York, in un’esibizione temporanea dedicata alle nuove forme di arte e comunicazione. “Se ci pensi, non possiamo vivere senza emoji oggi”, disse Paola Antonelli, senior curator of architecture and design al MoMA presentando l’opera: in meno di venti anni, la rivoluzione delle faccine era completata!
Il passo successivo che ha consentito alle emoji di diventare un fenomeno globale è stato l’intervento del Consorzio Unicode, che nel 2010 decise di includere ufficialmente le emoji nel proprio standard di codifica. Questa integrazione ha permesso una rappresentazione uniforme delle emoji su più piattaforme e dispositivi, rompendo le barriere geografiche e tecniche e consentendo alla stessa emoji di apparire in modo coerente indipendentemente dal dispositivo utilizzato.
L’inclusione nel sistema Unicode ha segnato il passaggio delle emoji da una cultura specifica, quella giapponese, a un fenomeno mondiale. Non solo consentiva la comunicazione senza soluzione di continuità tra utenti di diversa estrazione culturale, ma facilitava anche lo sviluppo di nuove emoji che potessero rappresentare le diversità culturali e le nuove esigenze sociali. Da simboli grafici semplici e bidimensionali, siamo passati a un catalogo che oggi comprende migliaia di emoji, permettendo una rappresentazione sempre più inclusiva e variegata della realtà umana.
La globalizzazione delle emoji è emblematica della maniera in cui i linguaggi visivi evolvono su scala mondiale. In pochissimo tempo, da semplici icone per messaggi di testo, le emoji sono diventate parte di una comunicazione fatta di immagini che semplifica e arricchisce il modo in cui ci esprimiamo quotidianamente online, contribuendo a costruire un nuovo linguaggio universale contemporaneo.
L’evoluzione delle emoji: dal testo alla grafica avanzata
L’evoluzione delle emoji è un esempio affascinante di come la tecnologia possa trasformare un semplice elemento di comunicazione in un sofisticato strumento di espressione. Se ci soffermiamo a osservare le prime versioni delle emoji create da Shigetaka Kurita alla fine degli anni ’90, notiamo come fossero caratterizzate da una semplicità disarmante: piccole grafiche monocromatiche, composte da pixel e limitate nello spazio, che si presentavano come successioni di simboli bidimensionali, quasi stilizzate. Queste prime emoji, pensate per i cellulari giapponesi, avevano un ruolo prevalentemente accessorio: la loro funzione consisteva nell’immaginare un mondo dove testo e simbolo potessero convivere per arricchire la comunicazione, ma senza ancora l’ambizione di sostituire lo scritto.
Con il passare degli anni e con l’introduzione delle emoji all’interno del sistema Unicode nel 2010, l’evoluzione è stata a dir poco spettacolare. Da semplici espressioni facciali e simboli basilari, si è passati a un repertorio vastissimo che include non solo una rappresentazione dettagliata del volto umano nelle sue varie emozioni, ma anche oggetti, concetti astratti, eventi, cibo, animali, bandiere nazionali e persino combinazioni personalizzabili come il tono della pelle o il colore dei capelli. L’aumento della risoluzione degli schermi dei dispositivi e la potenza di calcolo più avanzata hanno reso possibile la transizione dal semplice pixel art a icone dettagliate, con sfumature di colore e tridimensionalità. Questo ha consentito alle emoji di divenire uno strumento di comunicazione visualmente accattivante e di alta qualità grafica.
Un altro aspetto determinante dell’evoluzione delle emoji è il loro potenziale di rappresentare diversità e inclusività. Negli ultimi anni, è diventato sempre più evidente il ruolo delle emoji come messaggeri di valori culturali e simboli di identità personale. Il Consorzio Unicode, in risposta a crescenti richieste da parte del pubblico, ha iniziato a implementare emoji che rappresentano una gamma sempre più ampia di persone, con attenzione alla diversificazione etnica, alle identità di genere e alla rappresentazione di disabilità. Questo sviluppo ha trasformato le emoji da semplice ornamento a potente strumento di rappresentazione sociale, mostrando come le emoji possano evolversi per rispondere alle necessità di una società sempre più complessa e multiculturale.
Parallelamente, la tecnologia ha continuato a spingersi verso nuovi orizzonti, prendendo spunto dalle emoji per creare nuove forme di comunicazione visiva. Da qui, l’introduzione delle emoji animate e degli sticker, molto comuni nelle app di messaggistica come WhatsApp e Telegram, che combinano il meglio delle emoji con un tocco di movimento e personalizzazione. L’evoluzione delle emoji non accenna a fermarsi: l’arrivo della realtà aumentata e delle tecnologie VR apre ulteriori possibilità di sviluppo, trasformando queste icone in vere e proprie rappresentazioni tridimensionali che possono persino essere integrate nel mondo reale attraverso l’uso di dispositivi come smart glasses.
Le differenze tra emoji ed emoticon
Sempre a proposito di storia, prima dell’avvento delle emoji avevamo le emoticon (e forse ancor prima i geroglifici), quelle sequenze di caratteri di punteggiatura che ci permettevano di esprimere emozioni – come :-), X-) e :O – e soprattutto di risparmiare spazio nei costosi messaggi di testo.
Con l’evoluzione della messaggistica, si è resa necessaria una rivoluzione anche nell’alfabeto della comunicazione virtuale, e anche questi simboli hanno subito una trasformazione, diventando sempre più affascinanti e accattivanti.
Il confine tra “emoji” ed “emoticon” è spesso sfumato nella percezione comune, ma una comprensione chiara delle differenze tra i due termini è essenziale per chiunque voglia utilizzare questi strumenti in maniera corretta ed efficace, specialmente in ambito digitale e di marketing.
Di base, in effetti, le emoji sono molto simili alle emoticon, ma hanno evidenti differenze evolutive: innanzitutto, sono vere immagini grafiche e non semplici approssimazioni tipografiche create utilizzando stringhe di caratteri testuali (soprattutto simboli punteggiatura standard) come appunto le emoticon, che sin dagli anni ’80 sono stati usati per suggerire le principali espressioni facciali umane nel corso delle conversazioni online e non solo. Le emoticon in effetti sono proprio “figlie” degli anni ’80, epoca pre-Internet, quando le opzioni grafiche erano limitate e i caratteri testuali rappresentavano l’unico modo per trasmettere emotività nel testo.
Le evoluzioni successive hanno invece portato alle emoji, che aggiungono più profondità e realismo alle emoticon che le hanno precedute.
Una distinzione cruciale riguarda il contesto d’uso. Sebbene sia le emoticon che le emoji servano a infondere nei messaggi una componente emozionale o semantica aggiuntiva, il loro scopo e applicabilità differiscono notevolmente. Le emoticon sono prevalentemente utilizzate in contesti informali o vintage, capaci di evocare un certo fascino nostalgico sui social media o nelle chat. Le emoji, invece, sono onnipresenti e polivalenti, tanto che è difficile immaginare una piattaforma digitale, un’app di messaggistica o un social network che le escluda dal proprio repertorio di comunicazione. Inoltre, con il loro linguaggio visivo esteso, le emoji hanno acquisito un’importanza e una popolarità globale che va al di là della cultura pop, influenzando anche la comunicazione aziendale e il digital marketing.
Dal punto di vista tecnologico, va notato che, mentre le emoticon sono create e visualizzate semplicemente utilizzando i caratteri disponibili su qualsiasi tastiera, le emoji richiedono un supporto specifico da parte del sistema operativo o della piattaforma utilizzata. Questo supporto è standardizzato e mantenuto dal Consorzio Unicode, che assicura che una data emoji venga visualizzata uniformemente su tutti i dispositivi e software. L’emoticon, invece, sarà sempre soggetta a limitazioni tipografiche, e potrebbe apparire in maniera differente, o risultare incomprensibile, se visualizzata su sistemi con caratteri non supportati.
Per questo, non è eccessivo dire che le emoji sono molto più di un semplice linguaggio digitale o di una forma di comunicazione non verbale: nel corso degli anni hanno influenzato la moda, l’arte, il cinema e persino l’erotismo (e infatti alcuni di questi simboli hanno un doppio senso neppure troppo latente, almeno nell’utilizzo quotidiano), diventando quasi dei mini-avatar che esprimono i nostri stati d’animo e semplificano le nostre comunicazioni.
Oggi sembra quasi impossibile comunicare senza inserire una o più di queste icone, e si è sviluppato persino un certo galateo della comunicazione con le emoji. Inoltre, l’introduzione di nuove icone è al centro di numerosi dibattiti, riguardanti temi come l’inclusività e le diverse espressioni di genere, la disabilità, l’uso delle armi e persino questioni geopolitiche legate all’introduzione di alcune emoji.
Insomma: non sono solo simboli, ma una parte fondamentale del nostro modo di comunicare, di esprimerci e di rappresentare alcuni valori, e come ogni linguaggio hanno diverse sfumature, diversi usi e diversi livelli di serietà, a seconda di come le utilizziamo. Ecco perché è importante conoscerle, per scoprirne le applicazioni a livello di digital marketing.
I numeri delle emoji: statistiche, curiosità e fatti rilevanti
Le emoji hanno costantemente guadagnato l’accettazione in tutto il mondo, tanto da essere utilizzate nei messaggi di testo quotidiani, ma anche in contesti professionali e nelle campagne di coinvolgimento dei clienti.
Ci sono alcuni facts che, al di là della loro intrinseca curiosità, ci possono far comprendere quanto siano rilevanti questi simboli oggi.
- Il 92% della popolazione mondiale online utilizza le emoji, stando alle statistiche diffuse da Unicode, lo standard IT globale per testi ed emoji.
- Esistono attualmente oltre 3600 emoji e il numero è costantemente in crescita, distinto anche per canale di comunicazione, da Apple a Google, da Facebook a Twitter e Whatsapp.
- Negli ultimi anni i simboli sono diventati sempre più estesi e inclusivi (anche per evitare ogni forma di discriminazione, di manipolazione e di uso fuorviante).
- Oltre il 90% delle persone che comunicano per via digitale usano almeno un’emoji.
- Il World Emoji Day, o “giornata mondiale delle emoji”, è un evento non ufficiale che celebra le emoji e si svolge ogni anno il 17 luglio. La prima edizione del World Emoji Day si è svolta nel 2014, su iniziativa di Jeremy Burge, il fondatore di Emojipedia (il sito web che vuole essere l’enciclopedia delle emojii, che raccoglie tutti i simboli e consente di consultare il significato e l’uso comune di tutti i caratteri emoji nello standard Unicode), e la data è stata scelta perché è quella che appare effettivamente sull’emoji Calendario sui sistemi Apple.
- Nel 2015 Oxford Dictionaries ha eletto l’emoji “Face with tears of joy” (Faccina con le lacrime di gioia) come parola dell’anno, riconoscendone l’impatto sulla cultura popolare. Il presidente di Oxford Dictionaries, Caspar Grathwohl, ha affermato che “le scritture alfabetiche tradizionali hanno lottato per soddisfare le esigenze rapide e visivamente focalizzate della comunicazione del XXI secolo; non sorprende che una scrittura pittografica come emoji sia intervenuta per colmare queste lacune: è flessibile, immediata e infonde splendidamente il tono”.
- Nel 2019, la Fundación del Español Urgente ha eletto “emoji” come parola della lingua spagnola perché è “innegabile l’impatto di questa non-parola sulla nostra comunicazione con gli altri, che porta agilità e concisione alla forma scritta, permettendo di aggiungere alle conversioni sfumature gestuali e intenzionali che altrimenti andrebbero perse”. Inoltre, questi simboli grafici sono “forse la cosa più vicina a un linguaggio universale che l’umanità abbia mai creato”, conclude la motivazione della fondazione.
- Nel luglio 2013 (anno in cui è stata fondata Emojipedia, che raccoglie tutte le informazioni sul tema), solo circa 4 su ogni 100 tweet contenevano almeno un emoji (4,25%), che allora erano appena 720. In questi 10 anni, questo numero è cresciuto esponenzialmente: i dati raccolti durante marzo 2023 indicavano che quasi 27 su ogni 100 tweet (26,7%) contenevano almeno uno dei 3.664 caratteri emoji attuali.
- Nel 2017 è uscito nelle sale cinematografiche del mondo il film Emoji (in italiano “Emoji – Accendi le tue emozioni”), un lungometraggio di animazione che non ha cattivi risultati al botteghino, ma che incassa voti pessimi dalla critica: solo a titolo esemplificativo, citiamo i quattro Razzie Awards vinti nello stesso anno e la classifica di Hollywood Reporter sui film più brutti della decade 2010-2019, in cui Emoji sale fino al quarto posto assoluto.
- L’uso globale delle emoji su Twitter è aumentato di circa il 724% tra l’inizio del 2013 e il 2023. Più in particolare, ogni mese tra luglio 2022 e marzo 2023 ha fatto registrare un nuovo record di utilizzo delle emoji su Twitter.
- Proprio “Face with Tears of Joy” è l’emoji più popolare in tutto il mondo sin dal 2013. L’unica emoji ad aver mai superato la Faccina con le lacrime di gioia su Twitter, è la “Faccina che piange a dirotto”.
- L’emoji “OK con le mani” era una volta l’emoji gestuale più popolare su Twitter, ma ora è superata da “Mani giunte” e “Pollice in su”.
- A proposito di social: secondo alcune statistiche, su Facebook si usano ogni giorno oltre 700 milioni di simboletti grafici nei post e sulla chat Messenger sono inviate ogni giorno oltre 900 milioni di emoji senza altro testo. Su Twitter si scambiano ogni giorno circa 250 milioni di emoji, un ritmo di 3,2 miliardi l’anno, e su Whatsapp i numeri sono ancora più clamorosi.
- Emoji ed Email Marketing. Secondo un report di Experian, l’uso delle emoji nelle linee di oggetto delle email può aumentare l’apertura delle email del 56% – a dimostrazione di come le emoji possano essere efficaci nel catturare l’attenzione e stimolare l’interazione.
- Emoji e Branding. Secondo un sondaggio di Appboy, l’86% degli utenti di Internet ha dichiarato di amare le emoji. Questo suggerisce che l’uso delle emoji può aiutare i brand a creare un legame emotivo con il loro pubblico.
- Emoji e Social Media. Secondo un report di Quintly, i post su Facebook che includono emoji hanno un tasso di interazione del 15,4% più alto rispetto a quelli senza.
- Secondo uno studio di WordStream, l’utilizzo di un’emoji in un Tweet può aumentare l’engagement del 25% rispetto ai messaggi senza emoji; l’uso di un’emoji nei post di Facebook può invece aumentare le condivisioni del 33% e le interazioni con il tuo post del 57%.
- Emoji e Generazioni. Secondo un sondaggio di Adobe, il 93% della Generazione Z e il 90% dei Millennial ritengono che le emoji esprimano meglio i loro sentimenti rispetto alle parole. Altri sondaggi rivelano che il 68% dei millennial confessa di sentirsi maggiormente a proprio agio “nell’esprimere le emozioni usando immagini come gli emoji” anziché testo.
Quante emoji esistono? Un repertorio in continua evoluzione
Come detto e dimostrato, il repertorio delle emoji è un panorama in costante evoluzione, plasmato sia dall’innovazione tecnologica che dalle esigenze sociali e culturali in continua mutazione. Allo stato attuale, il numero di emoji disponibili è impressionante: parliamo di migliaia di icone diverse che spaziano da semplici faccette sorridenti a complesse rappresentazioni di oggetti, luoghi, attività e simboli culturali. Questa ampia varietà è il risultato di un raffinato processo di selezione e standardizzazione, orchestrato dal Consorzio Unicode, che è l’ente globale incaricato di gestire e aggiornare il catalogo delle emoji.
Il Consorzio Unicode pubblica regolarmente nuovi aggiornamenti che includono nuove emoji, con una particolare attenzione all’inclusività e alla rappresentatività globale. Il più recente aggiornamento, Unicode 16.0, porta il numero totale delle emoji disponibili a circa 4000, un repertorio che include tutto, dalle espressioni facciali più comuni a simboli di identità culturali, come le skin tone per la rappresentazione etnica. Le nuove emoji vengono proposte e adottate tramite un processo che prevede la presentazione di petizioni e studi di fattibilità che devono essere approvati dai membri del Consorzio, i quali includono grandi aziende tecnologiche come Apple, Google e Microsoft.
La decisione di introdurre nuove emoji si basa su vari fattori, compresi la domanda del pubblico, le nuove tendenze culturali e la necessità di colmare lacune nel repertorio esistente. Ad esempio, l’inclusione di emoji che rappresentano le bandiere di diversi paesi, o l’introduzione di emoji che raffigurano oggetti e pratiche culturali specifiche, riflette la crescente globalizzazione e la necessità di rispecchiare di maniera aggiornata la diversità culturale mondiale. Recentemente, ad esempio, sono stati introdotti simboli che rappresentano persone non binarie, disabilità e oggetti relativi a festività specifiche, creando così un ventaglio di emoji che rappresenta un’ampia gamma di esperienze umane.
Un aspetto affascinante di questo repertorio in continua evoluzione è l’importanza della comunità digitale nel determinare quali nuove emoji siano necessarie. Organizzazioni non-profit e gruppi di advocacy presentano spesso proposte per nuove emoji che rappresentano diverse identità culturali, orientamenti sessuali o *abilità, assicurando che il linguaggio visivo offerto dalle emoji evolva di pari passo con le società che lo utilizzano. Ad esempio, l’introduzione di emoji per rappresentare attività come lo yoga o la camminata con bastone non è solo il frutto di una decisione estetica, ma risponde a precise richieste da parte della società.
Oltre all’introduzione di nuove emoji, Unicode si occupa anche di modificare e aggiornare emoji esistenti per mantenere coerente e aggiornata la rappresentazione grafica sulle diverse piattaforme. Questo processo di revisione diviene particolarmente complesso, considerato che ogni piattaforma — da WhatsApp a Twitter, da Apple a Google — implementa e rappresenta le emoji con il proprio stile grafico, pur mantenendo un’armonia di intenti e significati. La standardizzazione diventa così un delicato equilibrio tra aggiornamento e coerenza globale.
Cosa significano le emoji: la psicologia dietro i simboli
Immagine, carattere e scrittura: il termine emoji nasce dalla fusione dei kanji giapponesi per identificare questi tre elementi, che descrivono quindi il senso e la funzione di queste faccine, una forma di “scrittura per immagine“.
Le emoji sono simboli pittografici (pictographs), in genere in forma fumettosa, usati all’interno di conversazioni testuali per esprimere idee, sentimenti, stati d’animo e personalità. Rappresentano infatti volti, condizioni climatiche, veicoli, strumenti, edifici, piatti o bevande, alimenti, piante e animali, e poi ancora attività, emozioni e così via.
Le emoji rappresentano molto più di semplici immagini colorate che arricchiscono i nostri messaggi digitali; esse ricoprono un ruolo psicologico profondo nella comunicazione, poiché evocano risposte emotive nel destinatario. A livello psicologico, il significato delle emoji è radicato nella loro capacità di aggiungere un livello di espressività che il testo, da solo, difficilmente riuscirebbe a trasmettere. Quando utilizziamo le emoji, stiamo, in effetti, sfruttando un linguaggio para-verbale: un tipo di linguaggio che, pur non essendo verbale, serve a contestualizzare e amplificare il messaggio.
Questa potente caratteristica delle emoji deriva in gran parte dalla nostra naturale inclinazione a interpretare facciali e simboli visivi come indicatori di sentimenti e emozioni. Non sorprende, quindi, che molte delle emoji più utilizzate siano rappresentazioni stilizzate di espressioni facciali umane: queste piccole icone riescono a catturare, con sorprendente efficacia, sentimenti comuni come la gioia, la frustrazione, l’ansia o l’affetto. Esattamente come reagiremmo emotivamente a una vera faccia sorridente, triste o arrabbiata, le emoji attivano risposte simili nel cervello, rendendo il messaggio percepito come più personale e autentico.
Ma le emoji non si limitano a riprodurre le emozioni; esse possono anche modulare il tono di una conversazione. Ad esempio, la scelta di includere una emoji “?” alla fine di una frase può denotare un certo imbarazzo o autocoscienza, rendendo chiaro un sottotesto che altrimenti potrebbe andare perso nella trasmissione pura e semplice delle parole scritte. In questo contesto, le emoji giocano un ruolo essenziale nel mitigare la possibilità di incomprensioni, offrendo indizi visivi su come il messaggio dovrebbe essere interpretato.
La psicologia dietro l’uso delle emoji è ulteriormente complicata dal fatto che, pur avendo significati generalmente riconosciuti, queste icone possono essere influenzate da fattori culturali, personali e persino contestuali. Ad esempio, l’emoji “?”, con un sorriso quasi sornione e il sopracciglio sollevato, può essere interpretata in vari modi: può suggerire un tono ironico, malizioso o persino ambiguo, a seconda del contesto della conversazione. Di conseguenza, la scelta delle emoji richiede una sensibilità non solo linguistica ma anche interpersonale, poiché un’emoji errata può alterare completamente il significato del messaggio.
Come sottolineato anche dalla responsabile del MoMa, in questi venti e più anni questi simboli hanno superato i confini giapponesi e si sono diffusi in tutto il Web e ben oltre. Nati come elemento per infrangere le “barriere di comunicazione e di educazione che paralizzavano i giapponesi”, secondo le parole di Shigetaka Kurita, nel tempo le emoji sono diventate una forma di comunicazione perfetta per la rapidità della Rete e delle conversioni istantanee via Whatsapp e simili. E non è un caso che se ne sia accorto anche Google che, come vedremo, ha dovuto adattarsi e adattare le sue SERP a questo nuovo linguaggio.
Se infatti le emoji sono più comunemente utilizzate nelle piattaforme di social media e nelle applicazioni di messaggistica, il loro uso si sta espandendo anche ad altri canali digitali, come ad esempio l’email marketing, e sono ormai frequenti anche nei titoli dei blog e persino nei metadati del sito web per attirare l’attenzione e coinvolgere il pubblico.
Quali sono le emoji più usate e cosa significano
Ogni emoji ha un significato unico e specifico, che può variare in base al contesto e alla cultura, come detto, anche se in generale sono piuttosto comprensibili e universali, utili per aggiungere un livello di emozione e personalità ai messaggi digitali.
Ad esempio, il volto sorridente con gli occhi a cuore è spesso usato per esprimere amore o ammirazione, mentre la faccina con le lacrime di gioia è usata per indicare risate o divertimento. Queste sono le 20 emoji più note e usate nel mondo online, con piccola descrizione del significato.
- Face with Tears of Joy (Faccina con le lacrime di gioia). ? Questa emoji rappresenta un viso che piange di gioia. È spesso usata per esprimere risate o divertimento estremo in risposta a qualcosa di particolarmente divertente. È frequentemente utilizzata per reazioni a battute, video divertenti o conversazioni ironiche: nel 2015, questa emoji è stata addirittura dichiarata la “Parola dell’anno” da Oxford Dictionaries, enfatizzando il suo profondo impatto sulla comunicazione contemporanea.
- Smiling Face with Heart-Eyes (Faccina sorridente con occhi a forma di cuore). ? Questa emoji mostra un viso sorridente con cuori al posto degli occhi, usata per esprimere amore, ammirazione o entusiasmo per qualcosa o qualcuno.
- Rolling on the Floor Laughing (Rotolando sul pavimento dal ridere). ? Questa emoji rappresenta un viso che ride così tanto da rotolare per terra. È usata per indicare un livello di divertimento ancora più alto rispetto alla “Faccina con le lacrime di gioia”.
- Red Heart (Cuore rosso). ❤️ Questa emoji rappresenta un cuore rosso classico. È usata per esprimere amore, affetto o altre emozioni positive. Il cuore rosso è forse la più basilare e universale espressione d’amore e affetto nei messaggi digitali, un simbolo universale che va oltre le parole, che è in grado di condensare sentimenti intensi in una singola immagine. Si utilizza sia in contesti romantici che di amicizia e ha il vantaggio di adattarsi in modo versatile quasi a ogni tipo di comunicazione affettuosa.
- Face Blowing a Kiss (Faccina che manda un bacio). ? Questa emoji mostra un viso che manda un bacio con un cuore. È usata per esprimere affetto o flirt.
- OK Hand (Mano OK). ? Questa emoji mostra una mano che forma un cerchio con pollice e indice, simbolo universale per “OK”. È usata per indicare approvazione o accettazione.
- Loudly Crying Face (Faccina che piange a dirotto). ? Questa emoji rappresenta un viso che piange apertamente. È usata per esprimere tristezza, dolore o disperazione.
- Unamused Face (Faccina non divertita). ? Questa emoji mostra un viso con un’espressione di noia o leggero disappunto. È usata per esprimere insoddisfazione o mancanza di interesse.
- Smiling Face with Smiling Eyes (Faccina sorridente con occhi sorridenti).? Questa emoji rappresenta un viso sorridente con occhi che sorridono. È usata per esprimere felicità, soddisfazione o amicizia.
- Weary Face (Faccina stanca). ? Questa emoji mostra un viso con le sopracciglia aggrottate e la bocca aperta, come se fosse esausto. È usata per esprimere stanchezza, esasperazione o stress.
- Beaming Face with Smiling Eyes (Faccina raggiante con occhi sorridenti). ? Questa emoji mostra un viso molto felice con occhi che sorridono. È usata per esprimere gioia, entusiasmo o soddisfazione.
- Smirking Face (Faccina con sorrisetto). ? Questa emoji rappresenta un viso con un sorrisetto malizioso o soddisfatto. È spesso usata per esprimere ironia, sarcasmo o un senso di superiorità. Quest’emoji è spesso utilizzata in contesti dove si vuole suggerire ironia o sottintesi. Tuttavia, il suo uso improprio può facilmente generare ambiguità o confusione: per questo motivo, è una delle emoji che richiede maggior attenzione nella sua applicazione.
- Folded Hands (Mani giunte). ? Questa emoji mostra due mani giunte. Può essere interpretata come un gesto di preghiera, ma è spesso usata per esprimere gratitudine, o per dire “per favore” o “grazie”, anche se a volte può causare fraintendimenti ed essere usata (o compresa) come segno di “scambio del 5”.
- Sparkles (Scintille). ✨ Questa emoji mostra tre stelle piccole e luminose. È usata per esprimere eccitazione, magia o per indicare qualcosa di nuovo o pulito.
- Fire (Fuoco). ? Questa emoji rappresenta una fiamma. È spesso usata per esprimere che qualcosa è “caldo” o “in fiamme”, nel senso di essere eccitante o eccezionale.
- Smiling Face with Hearts (Faccina sorridente con cuori). ? Questa emoji mostra un viso sorridente circondato da cuori. È usata per esprimere amore, affetto o estrema felicità. ? viene utilizzata frequentemente per comunicare sensazioni di tenerezza e vicinanza affettiva, sia in relazioni romantiche sia amicali o familiari. La sua popolarità è dovuta alla sua capacità di trasmettere calore e comfort in una maniera semplice ed immediata.
- Face with Rolling Eyes (Faccina con occhi al cielo). ? Questa emoji rappresenta un viso con gli occhi rivolti verso l’alto. È usata per esprimere noia, sarcasmo o frustrazione.
- Person Facepalming (Persona con mano sulla faccia). ? Questa emoji mostra una persona che si copre il viso con la mano. È usata per esprimere imbarazzo, disappunto o esasperazione.
- Person Shrugging (Persona con spalle alzate). ? Questa emoji rappresenta una persona che alza le spalle. È usata per esprimere incertezza, ignoranza o indifferenza.
- Grinning Face with Sweat (Faccina sorridente con sudore). ? Questa emoji mostra un viso sorridente con una goccia di sudore. È usata per esprimere sollievo, imbarazzo o per indicare che si sta lavorando duramente. Utilizzata frequentemente nelle chat e nei social media, “?” può smorzare toni seri con un tocco innocente di leggerezza, rendendo il messaggio più accessibile e riducendo il rischio di essere fraintesi.
- See-No-Evil Monkey (Scimmia che non vede il male). ? Raffigura una delle tre famose “scimmie sagge” giapponesi, conosciute anche come “Mizaru” (insieme alla scimmia che non sente e a quella che non parla); fa riferimento al proverbio “non vedere il male”, che significa evitare di guardare comportamenti o azioni immorali o cattive. Nell’uso quotidiano, questa emoji viene spesso utilizzata per esprimere imbarazzo, vergogna o un senso di “non voglio vedere” in risposta a una situazione imbarazzante o a un messaggio che l’utente preferirebbe ignorare. Può anche essere usata per indicare che qualcuno sta chiudendo volontariamente gli occhi su una certa situazione.
- Thinking Face (Faccia Pensierosa).? L’emoji rappresenta una persona con un’espressione pensierosa, con un pugno portato alla bocca in un gesto classico di riflessione; viene spesso utilizzata per indicare pensiero, riflessione o profonda considerazione, ma anche per esprimere incertezza e curiosità, o per indicare che si sta pensando a qualcosa o si sta prendendo una decisione.
Da “?” a “?”: cosa aggiunge la possibilità di inserire emoji nei messaggi mediatici
L’introduzione delle emoji nella comunicazione testuale ha significativamente ampliato le possibilità espressive nei messaggi mediatici, trasformando una semplice sequenza di parole in una narrazione visiva complessa. Integrando uno o più emoji in un messaggio, stiamo aggiungendo un subtesto emotivo che rende i nostri scritti non solo più chiari, ma anche più autentici e personali. Questo fenomeno è particolarmente evidente con l’uso di emoji come la “faccina che piange dal ridere” (?) o la “faccina con una lacrima” (?), che esprimono un’emotività che altrimenti richiederebbe spiegazioni verbali estese.
Ad esempio, nel contesto dei social media, un commento che recita “Wow, davvero?” e finisce con una emoji “?”, assume un tono totalmente diverso a seconda del pubblico: potrebbe essere percepito come sarcastico, malizioso o persino ironico. Questa particolare emoji non serve solo a far emergere un sottotesto; essa “costringe” l’interlocutore a sintonizzarsi sulla nostra stessa frequenza emotiva, aumentando la comprensibilità del messaggio. In altre parole, arricchisce le parole con una intonazione visiva che altrimenti sarebbe difficile da captare.
Le emoji funzionano quindi come un modificatore del tono, riescono ad attenuare critiche, enfatizzare l’entusiasmo o stemperare situazioni conflittuali. Sono uno strumento di modulazione che permette al messaggio di adattarsi al contesto e di comunicare le intenzioni emotive in maniera più armonica. Questo è particolarmente rilevante nel telelavoro o nelle trattative online, dove la mancanza di comunicazione non verbale potrebbe altrimenti lasciare spazio a potenziali fraintendimenti.
In un altro esempio, l’uso di emoji come “☺️”, spesso usata alla fine di una frase, può smussare potenziali spigoli di un commento che potrebbe essere percepito come troppo diretto o persino freddo. Aggiungendo questa emoji, possiamo trasmettere un sottile senso di gentilezza o di rilassatezza, rendendo il tutto più amichevole e gradevole.
Ma oltre alla facilitazione della comunicazione emotiva, le emoji contribuiscono anche a un altro fenomeno noto come compressione semantica. Si tratta della capacità di condensare molto significato in pochissimo spazio, una carica informativa resa possibile grazie alla semplicità insita nell’icona. Una singola immagine come “?” è in grado di esprimere l’intero concetto di una celebrazione festosa senza necessitare di altre parole.
Le possibili criticità: ambiguità e incomprensioni culturali
Attenzione, però: pur essendo uno strumento di comunicazione estremamente popolare, le emoji possono presentare alcune criticità e ambiguità, e vari studi e ricerche scientifiche hanno evidenziato sono spesso soggette a fraintendimenti, legati sia all’interpretazione culturale o contestuale del simbolo, sia alla diversa visualizzazione dell’emoji a seconda del dispositivo o del sistema operativo utilizzato.
Un primo aspetto critico riguarda l’interpretazione culturale o contestuale dell’emoji: quando scegliamo un’immagine, abbiamo in mente un certo significato, ma lo stesso simbolo potrebbe non evocare gli stessi pensieri nel destinatario. Ad esempio, negli anni passati in Cina è stato sviluppato un sistema per utilizzare le emoji in modo sovversivo, in cui una faccina sorridente può essere inviata per trasmettere un atteggiamento di disprezzo o di derisione.
Un secondo problema riguardano la tecnologia e il branding: quando scegliamo un’emoji da un elenco, questa viene codificata in modo non grafico durante la trasmissione. Se mittente e destinatario non utilizzano lo stesso software o sistema operativo, la stessa emoji potrebbe essere visualizzata in modo diverso sul dispositivo del destinatario, e piccole modifiche all’aspetto possono alterare completamente il significato percepito.
Infine, uno studio condotto dal German Studies Institute della Ruhr-Universität Bochum ha scoperto che, sebbene la maggior parte delle persone possa facilmente comprendere un’emoji quando questa sostituisce direttamente una parola, le persone impiegano circa il 50% in più di tempo per comprendere l’emoji. Questo suggerisce che, nonostante la loro popolarità, le emoji possono rendere la comunicazione più complessa e soggetta a fraintendimenti.
Significato delle emoticon e emoji più ambigue: “?”, “?” e altre faccine problematiche
Insomma, l’utilizzo delle faccine non è privo di insidie. Alcune di esse, in particolare, possono risultare estremamente ambigue e indurre a fraintendimenti, specialmente quando interpretate in contesti culturali diversi. Le emoji “?” e “?” ne sono esempi emblematici: la loro apparente semplicità racchiude sfumature emotive che possono variare notevolmente a seconda del contesto in cui sono utilizzate.
L’emoji “?” è forse una delle più ambigue e controverse del panorama digitale. Il sorriso obliquo e l’occhio socchiuso suggeriscono un’aria di sicurezza e compiacimento che può facilmente essere interpretata in vari modi. In molti casi, “?” viene utilizzato per esprimere ironia, un atteggiamento sornione o persino un velato senso di flirt. Tuttavia, ciò che in un contesto può sembrare civetteria o complicità, in altri potrebbe essere percepito come sarcastico, condiscendente o addirittura provocatorio. L’ambiguità nasce dal fatto che l’emoji offre un ventaglio di interpretazioni non verbali difficili da contestualizzare soprattutto quando l’interazione sottostante rimane confinata al testo. Consigliamo di utilizzare “?” con cautela, specialmente in contesti lavorativi o in relazioni professionali dove il rischio di fraintendimento è alto.
L’emoji “?”, invece, rappresenta un sorriso nervoso o imbarazzato, accompagnato da una goccia di sudore sulla fronte. Quest’emoji viene spesso usata in situazioni in cui si vuole esprimere un lieve disagio o un senso di sollievo dopo un momento di tensione. Tuttavia, l’emoji “?” può trasmettere un messaggio contraddittorio: mentre il sorriso suggerisce conforto, la goccia di sudore potrebbe essere confusa con un segnale di ansia o preoccupazione. Anche in questo caso, l’ambiguità può facilmente confondere l’interlocutore, specialmente se non ha familiarità con il contesto o con l’intenzione sottostante. Ad esempio, un “grazie ?” potrebbe essere interpretato in modo errato come sarcasmo o atteggiamento passivo-aggressivo, piuttosto che come un’espressione genuina di gratitudine. Il consiglio è di usare “?” in contesti leggeri e informali, dove è già chiaro che l’emozione dominante è positiva o liberatoria.
Altre emoji che possono risultare ambigue includono le espressioni di faccina sonnacchiosa “?” o pensierosa “?”. “?” può essere utilizzata per indicare noia o stanchezza, ma a seconda del contesto può anche esprimere mancato interesse o addirittura disprezzo—un rischio particolarmente rilevante durante discussioni che richiedono attenzione attiva. D’altra parte, “?” comunemente usata per indicare riflessione o incertezza, può essere vista come segno di dubbio o sfiducia, con potenziali implicazioni negative se il destinatario non percepisce l’intenzione originaria. Anche in questo caso, la scelta del contesto è cruciale per evitare malintesi.
È essenziale ricordare che la cultura gioca un ruolo enorme nella percezione delle emoji: ciò che potrebbe sembrare scherzoso in una cultura potrebbe apparire inappropriato o addirittura offensivo in un’altra. Un’esatta comprensione del contesto e del pubblico è fondamentale per evitare che una emoji ambigua distorca il messaggio inteso. Di conseguenza, è sempre consigliabile un uso prudente e consapevole di queste emoji, per assicurarsi che il messaggio trasmesso sia interpretato correttamente dal destinatario.
L’uso delle emoji nella comunicazione digitale e nei social media
Amate o odiate, di sicuro utilizzate e impossibili da non notare: anche da quanto scritto si comprende che le emoji non sono un semplice fenomeno di costume né una moda passeggera, ma praticamente una forma di comunicazione più diretta e veloce, adatta alla tempestività dei nuovi media e alla sempre più sfuggente attenzione dei lettori.
Nell’odierno digital marketing, dove il semplice utilizzo delle parole non è più sufficiente per catturare e mantenere l’attenzione del pubblico, sempre più frammentata, le emoji sono emerse come strumenti sorprendenti ed efficaci per migliorare l’engagement e potenziare la comunicazione visiva all’interno delle campagne di marketing. Grazie alla loro capacità di coniugare immediatezza visiva ed emozione, le emoji sono diventate vere e proprie leve per amplificare l’appeal dei contenuti e stabilire una connessione più intensa con il pubblico target.
L’uso astuto delle emoji all’interno di una strategia di digital marketing non solo dona un tono più umano e accessibile alla comunicazione, ma è anche in grado di aumentare le metriche d’interazione in maniera significativa. Un’esemplificazione di questo concetto può essere osservata in campagne celebri come quella di Domino’s Pizza, che nel 2015 ha lanciato una campagna innovativa su Twitter: i clienti potevano ordinare una pizza semplicemente twittando l’emoji della pizza “?”. Questa mossa non solo ha migliorato il tasso di interazione, ma ha anche consentito di automatizzare un processo andando incontro alle abitudini del pubblico e rendendo l’esperienza più coinvolgente e user-friendly. Tale approccio ha consolidato l’uso delle emoji come strumento non solo per esprimere emozioni, ma per attivare direttamente azioni di marketing.
Un altro esempio illuminante è dato dalla campagna di Coca-Cola con l’hashtag #ShareaCoke, che ha visto l’integrazione delle emoji all’interno del proprio branding social. In questo caso, le emoji, insieme all’hashtag, hanno offerto un appeal visivo immediato e facilmente riconoscibile, diventando una sorta di firma digitale del marchio. Le emoji, in questo contesto, hanno potenziato la riconoscibilità del brand sul web e nei social media, offrendo agli utenti un modo rapido e simpatico per interagire con il marchio, aumentando notevolmente il tasso di condivisione.
Le emoji funzionano particolarmente bene nel marketing digitale per diverse ragioni. Innanzitutto, sono intrinsecamente multimediali e multilingue: un’emoji può comunicare un’idea o un’emozione in modo immediato e diretto, indipendentemente dalla lingua di chi la interpreta. Questo le rende particolarmente efficaci nelle campagne globali, dove un messaggio universale è cruciale per l’efficacia dell’interazione. Inoltre, l’uso delle emoji può aiutare ad abbattere le barriere emotive tra brand e consumatori, creando un legame più rilassato e personale che è in linea con le aspettative della generazione millennial o Gen Z, notoriamente sensibile alle interazioni autentiche e informali.
Un ulteriore vantaggio dell’utilizzo delle emoji nel marketing risiede nella loro capacità di ottimizzare lo spazio in contesti dove il carattere e la lunghezza del testo sono fondamentali, come nei titoli o nei post su Twitter, dove l’economia dei caratteri è particolarmente rilevante. Includendo un’emoji strategicamente nello stile del brand, è possibile comunicare una serie di messaggi complessi in soli pochi pixel.
Perciò, nella costruzione di una campagna di marketing orientata all’engagement, è cruciale considerare l’utilizzo delle emoji non solo come un semplice elemento decorativo, ma come parte integrante di una strategia comunicativa che comprenda tutti i canali digitali. Il successo di campagne passate testimonia come l’uso oculato e contestuale delle emoji possa tradursi in un incremento della brand loyalty e un miglioramento complessivo delle performance della comunicazione aziendale.
Come usare le emoji nei messaggi di marketing
L’uso delle emoji nei messaggi di marketing è una pratica diffusa e può essere estremamente efficace per migliorare l’engagement e rendere i contenuti più accattivanti e relazionabili per il pubblico. Le emoji possono servire per aggiungere un tocco di personalità ai post sui social media, enfatizzare le call to action o persino per semplificare il messaggio e renderlo più facile da comprendere in un contesto di comunicazione rapida. Un uso sapiente delle emoji può aiutare a stabilire un legame emotivo tra il brand e i consumatori, comunicando valori o stati d’animo che le parole da sole non potrebbero esprimere con la stessa efficacia.
Tuttavia, è essenziale utilizzare emoji che siano appropriate al tono e stile del brand, e che siano comprensibili e accettabili per il pubblico target. Ad esempio, l’uso di emoji come il cuore rosso “❤️” su Instagram potrebbe essere ottimale per esprimere affetto o apprezzamento, mentre emoji come l’icona di un carrello della spesa “?” possono rendere una call to action legata all’acquisto più evidente e invitante. Si tratta quindi di bilanciare creatività e strategia, integrando le emoji in una più ampia narrazione visiva che risuoni con il pubblico e raggiunga gli obiettivi di marketing.
Visual appeal e UX: l’impatto delle emoji sui siti web
Nel contesto del web design e dell’esperienza utente, l’uso delle emoji non è una mera questione estetica, ma un vero e proprio strumento di ottimizzazione dell’interazione visiva. In un mondo digitale dove la velocità di comprensione e la chiarezza del messaggio sono fattori determinanti per il successo di un sito web o di un’app, le emoji emergono come un componente essenziale per migliorare l’engagement e facilitare la UX.
Il visual appeal è uno degli aspetti più importanti per trattenere un utente su una pagina web. Le emoji, con il loro carattere immediatamente riconoscibile e il loro tono visivo piacevole, migliorano l’estetica complessiva della pagina, contribuendo a creare un’esperienza che è non solo funzionale, ma anche visivamente stimolante. Trovare l’equilibrio perfetto tra utilizzo appropriato e sovraccarico visivo è, tuttavia, fondamentale: l’inserimento strategico di emoji può trasformare una pagina arida e testuale in uno spazio più dinamico e interattivo, mentre un uso eccessivo potrebbe avere l’effetto contrario.
Un elemento di grande rilevanza è la capacità delle emoji di guidare l’attenzione dell’utente, indirizzandolo verso specifiche azioni call-to-action, o enfatizzando messaggi particolarmente importanti. Per esempio, l’uso di emoji come frecce (“➡️”) o stelle (“⭐”) all’interno di una call-to-action può migliorare la comprensione immediata del messaggio e incentivare l’interazione dell’utente con elementi critici della pagina, come i pulsanti di iscrizione o di acquisto. Questo aspetto diventa ancora più cruciale nel mobile design, dove lo spazio è limitato e le informazioni devono essere trasmesse in modo condensato e diretto.
Ma l’influenza delle emoji si estende oltre la sola visualizzazione: esse contribuiscono ad arricchire la UX nel contesto delle microinterazioni—quelle piccole animazioni o cambiamenti visivi che avvengono quando un utente interagisce con un elemento della pagina. Un classico esempio può essere il “like” con emoji su piattaforme social: una piccola animazione che non solo conferma l’azione dell’utente, ma offre una gratificazione immediata e condiziona positivamente il modo in cui l’utente percepisce il sito o l’app stessa. Questa combinazione di interattività e gratificazione visiva enfatizza l’aspetto ludico della visita e contribuisce a un’esperienza utente più soddisfacente e memorabile.
Nel web design, un altro fattore cruciale da considerare è la coerenza visiva e la continuità del messaggio. Se utilizzate correttamente, le emoji possono risultare un elemento coesivo che intreccia i vari aspetti di un sito. Ad esempio, un sito che promuove la sostenibilità ambientale potrebbe includere emoji come “?” o “?” per sottolineare temi ecologici, costruendo una narrazione visuale che supporta il messaggio del brand e rinforza l’identità aziendale.
Le emoji e l’internet culturale: un binomio inscindibile
Le emoji non sono semplicemente un’aggiunta alla comunicazione digitale: hanno infatti contribuito in maniera sostanziale alla costruzione di una cultura propria di Internet, creando uno slang visivo che permette agli utenti di esprimersi in modo rapido, efficace e, soprattutto, universalmente comprensibile. Questo coinvolgimento delle emoji nella cultura digitale è radicato profondamente nelle dinamiche partecipative e collaborative che caratterizzano la Rete, trasformandole da semplici icone decorative in veri e propri fenomeni culturali.
La natura multisensoriale delle emoji — che combinano il linguaggio visivo con espressioni emotive istantanee — si allinea perfettamente con la comunicazione digitale moderna, caratterizzata dalla necessità di trasmettere informazioni rapidamente e su più livelli. Le emoji colmano il gap lasciato dalla mancanza di toni vocali, espressioni facciali e gesti nella comunicazione testuale online, rendendo possibile una forma di espressione che si avvicina molto di più alla nostra comunicazione naturale. Questo le ha fatte diventare parte integrante della cultura partecipativa che definisce le interazioni online.
L’adozione massiva delle emoji ha contribuito alla creazione di uno slang visivo globale: un’interfaccia comune che consente anche a persone di diversa estrazione culturale o che parlano lingue differenti di capirsi all’istante. Per molti versi, le emoji fungono da lingua franca digitale, in grado di abbattere le barriere linguistiche e promuovere una cultura condivisa su scala globale. L’importanza delle emoji in questo contesto non può essere sottovalutata; esse incarnano una forma di espressione universale che trascende le differenze linguistiche e offre un terreno comune in un panorama comunicativo sempre più frammentato.
Il ruolo delle emoji all’interno dei meme e dei trend social è un illustrativo esempio del loro potenziale culturale. I meme, in particolare, traggono notevole beneficio dall’uso delle emoji: una semplice emoji può sostituire intere frasi o concetti, rendendo il meme più diretto, immediato e, quindi, più virale. Le emoji agiscono come catalizzatori che infondono nei meme un significato stratificato e riconoscibile, facilitando la loro condivisione e comprensione senza la necessità di parole. Questa caratteristica ha fatto delle emoji un elemento essenziale della comunicazione digitale e ha favorito la loro ascesa come parte integrante della cultura di Internet.
Ma la penetrazione delle emoji nella cultura di Internet non si limita ai meme. Prendiamo come esempio l’uso delle emoji all’interno delle conversazioni su Twitter o nelle didascalie su Instagram. In questi contesti, le emoji permettono di espandere il messaggio semantico senza aggiungere ulteriori parole, una capacità indispensabile in contesti dove lo spazio è limitato, come nel caso dei tweet di 280 caratteri. Allo stesso tempo, consentono di elaborare concetti ironici o di creare un’atmosfera di familiarità, stipulando un rapporto più personale e coinvolgente tra l’autore del tweet e i followers.
L’ascesa delle emoji è anche accompagnata da un’evoluzione dinamica, con nuove icone che vengono costantemente aggiunte al repertorio globale. Questo sviluppo rispecchia e adatta le emoji alle mutevoli esigenze sociali, culturali e politiche, rendendole non solo specchio della società contemporanea, ma anche uno strumento con cui influenzare e plasmare la stessa cultura di Internet. Ogni nuova emoji che entra nello standard di Unicode rappresenta una risposta diretta alle istanze sociali, una testimonianza del desiderio di garantire che la cultura digitale rimanga inclusiva e dinamica.
Emoji, SEO e Google: tutte le informazioni per usarle al meglio
Abbiamo scritto prima che anche Google ha in qualche modo accettato la diffusione delle emoji e ha adeguato le sue piattaforme ad accogliere questi simboli, che vengono quindi mostrati sia nelle SERP organiche che negli spazi promozionali di Google Ads – dove alcuni annunci contengono le emoji direttamente nell’URL di riferimento, che appare così più allettante e invogliante per gli utenti rispetto al classico link piatto.
Nello specifico, gli algoritmi di Google sono capaci di comprendere gli emoji nei contenuti o nei metadati (ad esempio nei tag del titolo o nelle meta descrizioni) e di mostrarli nei risultati di ricerca come parte dello snippet organico.
Ne consegue, com’è facile intuire, che possiamo usare le emoji “pertinenti, utili e divertenti” in campi come title SEO o meta description, se le analisi di targeting rivelano che questi simboletti grafici siano adeguati al contesto e possano favorire il clic degli utenti, incidendo quindi sul click-through rate, o anche come metodo per differenziarsi dai competitor e attrarre più sguardi curiosi.
Non dobbiamo pensare a soluzioni miracolose, sia chiaro, perché è evidente che le emoji non svolgano alcun ruolo importante nella SEO: ad ogni modo, possono (a volte) migliorare la visibilità della pagina o migliorarne la pertinenza per determinate query di ricerca, anche se il loro impatto è soprattutto in termini di coinvolgimento.
Il rapporto tra Google ed emoji: come il motore di ricerca interpreta e considera le emoji nel contesto della SEO
Google ha compreso l’importanza di queste piccole icone non solo come strumenti di comunicazione, ma anche come indicatori del comportamento degli utenti e dei loro intenti di ricerca. Sebbene in passato Google trattasse le emoji con una certa cautela, relegandole spesso a una semplice visualizzazione nei risultati di ricerca senza attribuire loro particolari significati, oggi le emoji giocano un ruolo sempre più importante nella SERP e nella strutturazione delle pagine web.
In termini di indicizzazione, Google interpreta le emoji come caratteri speciali, assegnando loro un codice Unicode specifico. Ciò significa che un’emoji viene gestita in modo simile a un testo, sebbene con alcune differenze: mentre Google è in grado di riconoscere e indicizzare le emoji, il loro effettivo contributo al posizionamento SEO dipende dal contesto in cui vengono utilizzate. Ad esempio, se le emoji sono inserite in un meta-title o in un meta-description, Google potrebbe decidere di mostrarle nella SERP se le ritiene rilevanti rispetto alla query di ricerca dell’utente. L’uso appropriato di emoji nei titoli o delle descrizioni può dunque migliorare il click-through rate (CTR) attirando l’attenzione visiva degli utenti su un risultato di ricerca specifico.
Tuttavia, è fondamentale notare che Google non tratta le emoji come parole chiave: non è possibile ottimizzare una pagina web unicamente attorno a un’emoji così come si farebbe con una keyword testuale. Le emoji non vengono considerate nella stessa maniera delle parole quando si tratta di ranking, tuttavia, il loro utilizzo strategico può incrementare la visibilità e l’attrattività del risultato, soprattutto in settori o nicchie altamente competitivi dove ogni dettaglio conta.
Google consente anche l’inserimento delle emoji nei testi delle pagine web e nelle intestazioni, inclusi gli h1, h2 ed altri tag strutturali. Il loro utilizzo può essere particolarmente utile per migliorare la User Experience e mantenere l’interesse dell’utente, poiché le emoji facilitano la lettura del contenuto e rendono più immediato l’impatto visivo. Tuttavia, è essenziale non abusare delle emoji in maniera eccessiva o ridondante, poiché Google potrebbe percepire un utilizzo eccessivo come spam o mancanza di professionalità, con possibili ripercussioni negative sul posizionamento del sito.
Per quanto riguarda la SERP, le emoji tendono a essere mostrate solo se davvero pertinenti. Ad esempio, se un utente inserisce un’emoji specifica all’interno della query di ricerca, come un cuoricino (“❤️”) o una faccina sorridente (“?”), Google tende a favorire i risultati che contengono quella determinata emoji nei meta-tag o nei testi del sito, poiché interpreta correttamente l’intento dell’utente legato all’utilizzo di quell’icone.
Inoltre, nell’ex Google My Business e nelle recensioni, le emoji possono essere usate per migliorare la visibilità del proprio business: grazie al loro impatto immediato a livello visuale, possono segnalare l’atmosfera di un locale o il tipo di esperienza che un cliente può aspettarsi.
Le emoji non sono solo decorazioni digitali, ma strumenti che, se utilizzati con cura e coerenza, possono migliorare l’efficacia comunicativa e incrementare le probabilità di interazione positiva con i risultati di ricerca. Tuttavia, è sempre consigliabile mantenere un uso bilanciato e non invasivo, assicurandosi che l’implementazione delle emoji non comprometta la leggibilità e la qualità generale del contenuto.
Tornando al rapporto “conflittuale” tra motore di ricerca e faccine, come ricostruisce questo articolo, Google ha spesso cambiato opinione e modo di gestire le emoji tra i risultati di ricerca, in una sorta di rapporto di amore-odio con questi simboli grafici che ha generato anche confusione nei marketer. Solo per ripercorrere i momenti principali di questa storia:
- 2013. Google consente la visualizzazione di emoji nei link del sito, negli annunci a pagamento o persino in alcuni risultati di ricerca organici, soprattutto da mobile.
- 2015. Le emoji iniziano a scomparire dalle SERP, considerate una “perdita di tempo” e una distrazione.
- 2017. Google torna a mostrare di nuovo nelle SERP le emoji, che possono essere utilizzate per i risultati di ricerca organici o in vari snippet di ricerca per dispositivi mobili e desktop (purché pertinenti e utili per gli utenti di Google).
- 2020. Google migliora i suoi sistemi di ranking e indicizzazione che permettono al motore di ricerca di comprendere il vero significato dietro alle singole emoji o altri caratteri speciali.
Le emoji servono alla SEO?
E quindi, preso atto di come Google considera questi simboli, ha senso inserirli nei metadati delle nostre pagine? Che tipo di supporto possono offrire le emoji alla SEO?
In realtà, e come già accennato, non dobbiamo certo pensare che si sia un legame diretto, perché gli emoji non influiranno direttamente sul posizionamento del sito in alcun modo. Tuttavia, ci sono alcuni aspetti SEO più generali che le emoji possono influenzare, positivamente o negativamente:
- Pertinenza della pagina. Dal 2016 gli utenti possono fare ricerche su Google inserendo le emoji nella query: ciò genera SERP molto diverse rispetto a quelle testuali, che possiamo intercettare usando appunto questi simboli nei metadati e nel contenuto della pagina (nelle immagini un confronto tra la query “ricetta pizza” scritta testualmente e con emoji).
- Visibilità dello snippet organico. Usare emoji nei metadati potrebbe aiutare le nostre pagine a distinguersi dal resto dei risultati di ricerca organici classificati nella Ricerca Google. Oltre che in titolo e descrizione, l’emoji potrebbe essere anche inserita nell’URL, ma non tutti i browser potrebbero riuscire a “leggerla” correttamente. È importante sapere, comunque, Google potrebbe semplicemente ignorare le emoji che usiamo o addirittura troncare parti importanti degli snippet, modificandoli nella maniera che ritiene più opportuna.
- CTR nella Ricerca Google. Gli emoji nei metadati possono migliorare o danneggiare il CTR complessivo del posizionamento delle pagine web nella Ricerca Google, a seconda dei contesti, della capacità di utilizzare questo alfabeto e della percezione del pubblico. In altre parole, gli emoji non sono una bacchetta magica che aumenterà automaticamente le prestazioni del sito web.
- UX sulla pagina. Se posizionate e usate strategicamente, le emoji possono rendere quasi tutti i contenuti visivamente più accattivanti e coinvolgenti senza farli sembrare meno professionali.
Come usare le emoji nei contenuti: le best practices e i consigli
In linea di massima, le emoji possono aiutare a rendere il brand più riconoscibile, aggiungere contesto ai messaggi e attirare le emozioni del pubblico a un livello più profondo.
Da questo punto di vista, l’inserimento di emoji nei messaggi social o nei contenuti può aggiungere un ulteriore livello di personalità e relatività per il brand: può cioè umanizzare il marchio e aiutarlo a entrare in relazione più diretta con il pubblico, parlando la loro lingua attraverso le emoji che usano quotidianamente nei messaggi di testo, nelle chat e nei post personali sui social.
Strettamente legato a questo punto c’è l’aspetto dell’engagement: di fondo, le persone usano le emoji perché sono rapide, divertenti e coinvolgenti, e se le usiamo correttamente possiamo entrare più direttamente in sintonia con i lettori grazie al loro aspetto amichevole e informale.
Aggiungere le emoji nei copy di marketing o nei contenuti può anche aggiungere ulteriore contesto ai messaggi: allo stesso modo in cui un punto esclamativo può cambiare il tono comunicato dal messaggio, l’aggiunta di un’emoji può trasmettere emozioni che non possiamo fare solo attraverso il testo.
A fare la differenza è l’utilizzo consapevole di questo strumento. In effetti, gli esperti consigliano di iniziare a valutare attentamente l’opportunità di aggiungere emoji alla strategia di marketing, per capire se è in linea con il tono del brand e con il sentimento del pubblico. Per questo, è opportuno analizzare i dati demografici del target per capire se, come e quando inserire questi simboli, nonché per scoprire quali tipi di emoji sono potenzialmente più adatti al pubblico di destinazione. Il nostro obiettivo è essere sicuri che il messaggio potenziato dalle emoji corrisponda a ciò che il nostro pubblico apprezza e condivide, sui social o su altri mezzi.
Inoltre, è fondamentale fare attente ricerche per scoprire i significati delle diverse emoji prima di usarle, perché l’ultima cosa che desideriamo è pubblicizzare scoprire che l’emoji che scelta ha un significato completamente diverso su Internet o viene fraintesa a causa di problemi di visualizzazione su dispositivi diversi.
Altro aspetto rilevante, anche se le emoji ci possono apparire un ottimo modo per umanizzare il marchio e per intercettare meglio gli utenti, esagerare o usare emoji che non piacciono al pubblico può determinare il fallimento della strategia e può derivare da una ricerca non adeguata.
Dal punto di vista pratico, questi sono invece alcuni consigli per usare correttamente le emoji anche nei contenuti del sito:
- Fare ricerche prima di implementarle. Diamo un’occhiata ai concorrenti nella SERP, vediamo come si stanno muovendo e che tipo di risultati ottengono e iniziamo a testare l’utilizzo di emoji pertinenti, monitorando le prestazioni dei contenuti così ottimizzati.
- Usare le emoji per enfatizzare titoli, descrizioni e post social.
- Usare le emoji per caratterizzare gli elenchi e renderli più accattivanti e condivisibili.
- Usare le emoji per suddividere grandi sezioni. Se l’articolo appare come una serie di grandi blocchi di testo, le emoji possono rendere i contenuti più digeribili, leggibili e leggeri.
- Usare le emoji con parsimonia. Un uso eccessivo di emoji può far sembrare i contenuti spam e fuorvianti, o quanto meno “infantili”: serve equilibrio, perché il nostro obiettivo è è attirare l’attenzione di qualcuno abbastanza a lungo da portarlo a leggere l’intero contenuto e, potenzialmente, compiere la conversione prevista dalla pagina.
- Scegliere emoji pertinenti e coerenti. Le emoji che usiamo devono essere pertinenti ai contenuti e alla brand identity, per non lanciare messaggi sbagliati e fuorvianti.