Conversione: cos’è, come si misura e perché conta nel marketing

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In qualsiasi strategia di marketing, una conversione è la trasformazione di un visitatore o un contatto in un utente che compie un’azione specifica, coerente con gli obiettivi del business. In base all’attività e alla tipologia di sito, una conversione può essere il completamento di un acquisto, l’iscrizione alla newsletter, il download di una risorsa o il contatto per richiesta informazioni. È quindi un concetto che fa riferimento ad azioni concrete e misurabili, grazie alle quali possiamo determinare concretamente il successo o il fallimento delle nostre campagne: l’analisi delle conversioni e del flusso che ha consentito tali azioni può infatti aiutarci a raggiungere gli obiettivi di marketing e a migliorare l’efficacia degli sforzi futuri. Andiamo quindi ad approfondire cosa sono le conversioni, ma soprattutto come misurarle accuratamente e implementare strategie per ottimizzarle, per massimizzare sia i risultati delle campagne di acquisizione sia quelli di fidelizzazione.

Cos’è una conversione nel marketing

Quando parliamo di conversioni nel marketing ci riferiamo a un’azione specifica che un utente compie dopo aver interagito con una nostra attività, online o offline.

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Dare una definizione unica o standard di ciò che si intende per “conversione” non è possibile, perché dipende strettamente dagli obiettivi della nostra campagna o del nostro sito web. Ad esempio, un e-commerce punta generalmente a conversioni legate alla vendita di prodotti, ma una conversione può anche essere una compilazione di un modulo, una sottoscrizione a una newsletter o semplicemente il clic su un annuncio.

La caratteristica fondamentale della conversione è che si tratta di un’azione misurabile e quantificabile; in questo modo, possiamo monitorare concretamente il comportamento degli utenti per valutare se la nostra strategia stia funzionando come desiderato. Non è sufficiente che un potenziale cliente visiti il nostro sito: ciò che fa davvero la differenza per il business è che l’utente compia quell’azione per cui lo abbiamo attirato, portandolo a effettuare il passo successivo all’interno del nostro funnel.

In pratica, il concetto di “conversion marketing” ruota attorno a queste dinamiche: non ogni interazione si traduce direttamente in vendite o conversioni finali, ma l’intero processo di ottimizzazione deve essere orientato a far sì che l’utente compia una o più azioni che portino valore al nostro business.

Cosa significa conversione nel web e nel digital marketing

Nel contesto del web e del digital marketing, conversione è specificamente lo step finale del processo con cui un utente compie un’azione predefinita sul sito, sull’app o sulla piattaforma digitale, che porta a un risultato desiderato per l’azienda e trasforma (converte, appunto) l’utente in cliente o lead.

Il tipo di conversione varia in base alla natura del sito, e ne sono esempi come detto l’acquisto di un prodotto, l’iscrizione a un servizio, la registrazione come utente o anche solo la visualizzazione di una determinata pagina o di una landing page.

Il termine “conversione” viene utilizzato perché si riferisce appunto al percorso con una persona passa dall’essere un semplice visitatore a diventare un cliente o un potenziale cliente, realizzando l’obiettivo desiderato da un’azienda e convertendo il suo interesse in un’azione concreta.

Tramite l’analisi delle conversioni è possibile capire quali campagne stanno generando più risultati e quali azioni gli utenti compiono più spesso, e in questo modo è possibile ottenere le informazioni necessarie per raggiungere gli obiettivi di marketing e migliorare l’efficacia delle campagne future.

Il Conversion Rate (tasso di conversione) è la percentuale di persone che hanno effettuato quest’azione, mentre si chiama CRO o Conversion Rate Optimization l’insieme delle strategie di ottimizzazione del tasso di conversione che possono aiutarci a ottenere più conversioni e far crescere il business.

Quali sono le conversioni: tipologie ed esempi

Non basta generare traffico verso un sito web o aumentare le visualizzazioni di una pagina: il successo di una strategia si raggiunge quando indirizziamo davvero le persone verso azioni concrete che possano generare valore per il nostro business.

Ma, come detto, non tutte le conversioni operano allo stesso livello, e possono assumere molte forme diverse, variando in base agli obiettivi di marketing specifici del sito, della piattaforma o della app su cui avviene.

A livello generale, per semplificare e comprendere meglio il percorso del cliente e ottimizzare l’esperienza utente per massimizzare i risultati distinguiamo due categorie principali: conversioni macro e conversioni micro, entrambe essenziali per ottimizzare il percorso dell’utente all’interno del sito o della piattaforma.

In tale ottica, le macro-conversioni sono gli obiettivi principali del sito o della applicazione mobile, i risultati finali che desideriamo che i nostri utenti raggiungano. Ad esempio, se gestiamo un negozio online, una macro-conversione potrebbe essere l’acquisto di un prodotto; se gestiamo un blog, una macro-conversione potrebbe essere l’iscrizione alla newsletter.

Al contrario, si chiamano micro-conversioni le azioni più piccole che gli utenti compiono lungo il percorso verso una macro-conversione, che possono includere operazioni come visualizzare una determinata pagina, cliccare su un link, aggiungere un prodotto al carrello, o passare un certo tempo sul sito.

Le micro-conversioni sono importanti perché forniscono informazioni preziose sul comportamento degli utenti: ad esempio, se notiamo che molti utenti aggiungono prodotti al carrello ma poi non completano l’acquisto, potrebbe esserci un problema con il processo di checkout. Analizzando e ottimizzando le micro-conversioni possiamo riuscire a migliorare l’esperienza utente e aumentare la probabilità di macro-conversioni.

La distinzione tra macro-conversioni e micro-conversioni

Andando più a fondo in questa analisi, possiamo considerare le conversioni macro come l’essenza stessa degli obiettivi strategici di un’azienda. Rappresentano il traguardo finale più ambito, quello per cui costruiamo funnel, prepariamo campagne pubblicitarie e ottimizziamo i nostri contenuti. Quando un utente compie una conversione macro, stiamo parlando di un’azione che incide direttamente nel bilancio aziendale o che contribuisce in modo significativo alla crescita del business. La natura specifica della macro-conversione varia in base alla tipologia dell’attività, ma alcune delle più comuni includono:

  • Vendite di prodotti o servizi: per gli e-commerce, la vendita di un prodotto rappresenta l’obiettivo principale e il traguardo di ciascuna campagna.
  • Iscrizione a un servizio o abbonamento: nel caso di piattaforme SaaS o media in abbonamento, l’iscrizione o sottoscrizione è il risultato desiderato di una lunga serie di interazioni.
  • Compilazione di un form per lead generation: le aziende B2B che puntano ad acquisire lead qualificati utilizzano i form come strumento per generare contatti. Una conversione macro, in questo caso, potrebbe essere il completamento di una richiesta di preventivo o di una demo.
  • Prenotazione di appuntamenti: per professionisti o aziende che operano nel settore dei servizi, la prenotazione tramite il sito costituisce una conversione di grande valore.

Ogni conversione macro è un segnale distintivo del raggiungimento di un traguardo aziendale, implicando che l’utente ha riconosciuto il valore dell’offerta ed è disposto a impegnarsi (economicamente o con dati personali) per fruirne.

Sebbene le conversioni macro siano il nostro principale obiettivo, il loro raggiungimento spesso dipende dalla capacità di spingere l’utente a compiere un insieme di passaggi intermedi. Ecco dove entrano in gioco le conversioni micro, che non portano a un ritorno economico immediato, ma sono fondamentali per costruire il percorso che guiderà l’utente verso una conversione macro. Ogni micro-conversione non è altro che una tappa lungo il customer journey, ovvero quel viaggio che l’utente intraprende prima di voler spendere tempo o denaro su un nostro prodotto o servizio.

Tra gli esempi di conversioni micro abbiamo:

  • Aggiungere un prodotto al carrello: gli utenti non sempre si decidono ad acquistare immediatamente. L’aggiunta al carrello è un segnale positivo che indica un livello d’interesse che potrebbe tradursi in un acquisto futuro.
  • Iniziare una procedura di registrazione senza completarla: gli utenti non sempre arrivano alla fine della fase di iscrizione, ma il semplice avvio del processo mostra un’iniziale intenzione di conversione.
  • Iscrizione a una newsletter: anche se una newsletter non porta un vantaggio economico immediato, permette di mantenere il contatto con l’utente e alimentare progressivamente l’interesse.
  • Download di un contenuto gratuito, come un PDF, un whitepaper o un eBook: questi contenuti sono utili per ottenere lead qualificati (ad esempio B2B), ma non comportano una transazione diretta.
  • Interazione con contenuti multimediali: guardare un video promozionale, condividere un blog post o fare clic su una call-to-action specifica è un segnale di interesse che prepara l’utente all’acquisto.

Le micro-conversioni si comportano come indicatori del comportamento dell’utente, fornendo feedback preziosi su quali step del percorso di conversione funzionano efficacemente e quali invece possono presentare problemi. Immaginiamo, ad esempio, un sito e-commerce dove molti utenti aggiungono articoli al carrello ma pochissimi completano gli acquisti: questa micro-conversione ci segnala la possibilità di frizioni o ostacoli nella fase successiva del funnel di conversione. A quel punto, potremmo intervenire per capire cosa blocca l’utente, che sia un problema di pricing, di costi di spedizione non chiari o di user experience poco ottimale.

L’importanza di monitorare entrambe le categorie di conversione

Non si può pensare di concentrarsi solo sulle conversioni macro trascurando le micro. Anche se è vero che la vendita è ciò che conta alla fine del mese, le conversioni micro sono cruciali per costruire un rapporto di fiducia con il nostro target. Credere che ogni visitatore sia pronto a impegnare denaro fin dal primo contatto potrebbe portarci a trascurare il ruolo essenziale della conversione progressiva: la fiducia si costruisce a piccoli passi, e tracciare questi passi ci consente di ottimizzare costantemente sia i contenuti che l’interfaccia del sito.

Misurare le conversioni micro non solo fornisce insight utili su come gli utenti interagiscono con il nostro funnel di marketing, ma ci permette anche di fare previsioni più accurate su quante di queste interazioni possano effettivamente portare a conversioni macro. Questo approccio viene utilizzato soprattutto nel conversion marketing, dove il funnel di vendita è frazionato in diverse tappe e azioni, ognuna delle quali contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo finale.

Gli esempi di conversione nel digital marketing

Torniamo però alle tipologie di conversioni del panorama online. Ad esempio, un’azienda che vende prodotti online potrebbe avere come obiettivo aumentare le vendite, e in questo caso la conversione potrebbe essere la conclusione dell’acquisto di (almeno) un prodotto da parte di un utente, convertito in cliente. Un’altra azienda potrebbe avere come obiettivo aumentare il numero di iscritti alla newsletter: in questo caso, la conversione potrebbe essere l’iscrizione alla newsletter da parte di un utente, che si converte in lead.

Tra i più frequenti tipi di conversione online troviamo:

  • Acquisto di un prodotto o servizio. Questo è l’esempio più ovvio di conversione. Quando un visitatore del sito web o utente dell’app acquista un prodotto o un servizio, si è verificata una conversione.
  • Iscrizione a una newsletter. Se un visitatore del sito web si iscrive alla newsletter, questo è considerato una conversione: l’utente ha infatti espresso un interesse attivo nel brand e ha accettato di ricevere ulteriori comunicazioni.
  • Download di report, white paper o eBook. Se offriamo contenuti scaricabili come white paper o eBook, il download di questi materiali è una conversione. Questo perché l’utente ha dimostrato un interesse nei contenuti proposti e ha fornito i suoi dati di contatto per riceverli.
  • Compilazione di un modulo di contatto. Se un visitatore del sito compila un modulo di contatto, questo è considerato una conversione. Questo perché l’utente ha espresso un interesse nel brand e ha fornito i suoi dati di contatto per ulteriori comunicazioni.
  • Prenotazione di un appuntamento o di un evento. Se offriamo servizi di consulenza o eventi, la prenotazione di un appuntamento o di un evento è una conversione. Questo perché l’utente ha espresso un interesse nei servizi o eventi e ha preso un impegno per partecipare.
  • Registrazione di un account utente. Se un visitatore del sito o utente dell’app registra un account utente, è considerato una conversione. Questo perché l’utente ha espresso un interesse nel brand e ha accettato di creare un legame più stretto con noi.
  • Visualizzazione di una pagina chiave. In alcuni casi, semplicemente visualizzare una determinata pagina del sito può essere considerato una conversione. Ad esempio, se abbiamo una pagina che descrive in dettaglio i servizi, potremmo considerare una conversione il fatto che un visitatore visualizzi quella pagina.

Siti web e conversione: come raggiungere gli obiettivi di business

Estremizzando, possiamo dire quindi che ogni sito web ha le sue specifiche conversioni, adattate al tipo di audience e all’offerta proposta: che si tratti di un sito aziendale, un blog, un e-commerce o un hub di contenuti, ogni tipologia di pagina web dovrebbe avere obiettivi di conversione concreti attorno a cui costruire la struttura del sito stesso. In sostanza, quando un utente visita il nostro sito, abbiamo una finestra di tempo limitata per trasformare quell’interazione in qualcosa di utile, e la capacità di farlo è ciò che distingue una strategia di conversione web marketing ben pianificata da una generica presenza online.

Per rendere proficuo il lavoro non è sufficiente che un utente arrivi attraverso una ricerca su Google o facendo clic su un’inserzione: ciò che conta è quanto rapidamente riusciamo a farlo arrivare alla conversione che ci serve, che può essere un acquisto, una registrazione o qualsiasi altra azione rilevante per la nostra attività. Più l’audience che incontriamo è targettizzata correttamente, più sarà probabile che ci troviamo davanti a un’azione di conversione.

Un esempio cruciale nel contesto della conversione nel web marketing è quello degli e-commerce. Qui, ogni visitatore che entra nel sito rappresenta un’opportunità di vendita potenziale, ma non ogni visitatore completerà una transazione. Per questo è fondamentale dotarsi di una strategia chiara, che prenda in considerazione dati concreti relativi alle conversioni: quante persone aggiungono prodotti al carrello? Quante completano effettivamente il pagamento? Su quante pagine atterrano prima di effettuare la decisione finale? Ogni dato può fornire insight preziosi su come migliorare la performance complessiva del sito.

Ma non dobbiamo dimenticare altre forme di conversion web che non sono direttamente legate alle vendite. Un sito aziendale o un blog potrebbe puntare alla lead generation attraverso la compilazione di un form, alla crescita di una community con le iscrizioni a una newsletter o alla maggiore visibilità di contenuti proprietari attraverso il social sharing.

Web marketing e conversioni sono strettamente interconnessi, poiché ogni attività digitale punta a trasformare il comportamento degli utenti in iniziative misurabili, sia che si parli di lead, vendite o altri parametri rilevanti. La chiave sta nello studiare e ottimizzare ogni interazione per ottenere risultati concreti, massimizzando l’efficacia delle strategie messe in atto.

Tipi di siti: tipologie e strategie per le conversioni

In ciascun modello di business, le conversioni hanno un significato unico e devono essere progettate ad hoc per rispondere agli specifici obiettivi aziendali e ai diversi comportamenti degli utenti. Ottimizzare le conversioni significa comprendere esattamente come ciascun visitatore interagisce con il sito o la piattaforma e accompagnarlo attraverso un funnel di conversione progettato su misura, che permetta di ottenere il massimo valore da ogni singolo contatto.

Di base, nel web marketing ogni sito ben strutturato deve identificare e puntare a conversioni chiare e misurabili: un’ampia varietà di dati e i comportamenti degli utenti ci possono fornire preziose indicazioni su come affinare la nostra attività, portando ulteriori utenti a compiere al più presto l’azione desiderata.

  • Conversioni e-commerce

Nel mondo degli e-commerce, le conversioni sono il parametro centrale attorno al quale ruota tutto. A differenza di altri siti web che possono puntare a diverse tipologie di traguardo, gli e-commerce hanno un obiettivo ben preciso e sempre quantificabile: migliorare il tasso di conversione legato alle vendite. Tuttavia, ridurre il concetto di conversioni e-commerce solo alle vendite sarebbe limitante: infatti, ogni azione che avvicina l’utente alla vendita – come l’inserimento di un prodotto nel carrello, la creazione di un account o l’aggiunta di un articolo ai preferiti – contribuisce indirettamente a queste conversioni finali.

Un e-commerce davvero performante è capace di ottimizzare ogni interazione che l’utente ha con il sito, trasformando visite generiche in potenziali vendite e, nel migliore dei casi, in clienti fidelizzati. Da questo punto di vista, la user experience gioca un ruolo chiave. Un processo di acquisto semplice e fluido, una navigazione intuitiva e carrelli dinamici facilmente accessibili contribuiscono ampiamente a migliorare il tasso di conversione. Al contrario, difetti nella UX possono facilmente sabotare i nostri risultati di vendita: un checkout non ottimizzato, tempi di caricamento delle pagine lenti o una ricerca interna poco efficace portano spesso al “carrello abbandonato” – il nemico invisibile di ogni sito che vende online perché significa perdere opportunità di vendita.

Implementare miglioramenti come processi di acquisto semplificati, carrelli dinamici sempre visibili e strumenti per il recupero dei carrelli abbandonati (come l’invio di email di remind) è essenziale per massimizzare le conversioni di vendita.

  • Conversioni nei negozi fisici e online

Sebbene spesso ci si concentri sulle conversioni online, i negozi fisici affrontano la stessa sfida: convertire visitatori in clienti paganti. Anche nei negozi fisici il tasso di conversione viene calcolato confrontando il numero di persone che entrano nel punto vendita con il numero di coloro che completano un acquisto. Le strategie per migliorare le conversioni nei negozi fisici si basano su elementi come la qualità dell’esperienza in-store, la disposizione dei prodotti o la preparazione del personale che può fornire consigli rapidi e qualificati.

Inoltre, l’integrazione tra offline e online, nota come omnicanalità, ha dimostrato di essere una tattica efficace per migliorare le conversioni su entrambi i fronti. Le opzioni come Click & Collect – dove l’utente ordina online e ritira in negozio – aumentano non solo le vendite, ma anche la soddisfazione del cliente, favorendo ulteriori acquisizioni.

Implementare strumenti di tracking per comprendere il flusso dei clienti all’interno del negozio fisico, oppure offrire sistemi di loyalty personalizzati sia per il negozio fisico che per l’online, è una strategia che consente di trattenere il cliente nella fase decisionale o incentivare un successivo ritorno.

  • Conversioni nei siti di lead generation

Per le aziende che operano su modelli di lead generation, le conversioni non riguardano direttamente la vendita di prodotti, quanto piuttosto l’acquisizione di dati degli utenti per finalità commerciali future. Una conversione in un sito di lead generation potrebbe quindi essere misurata quando un utente compila un form, richiede un preventivo o si iscrive per partecipare a un webinar o ottenere un contenuto scaricabile (come whitepaper o eBook).

L’obiettivo è costruire una base di lead qualificati, utilizzabili per azioni di nurturing future, che potrebbero poi portare a vendite o contratti. Le logiche di conversione per i siti di lead generation si concentrano molto su call-to-action efficaci, moduli brevi e chiari e un follow-up automatico per mantenere viva l’interazione con l’utente dopo che ha completato il primo step.

Monitorare micro-conversioni precoci, come il download di un eBook, risulta cruciale per capire quali passaggi successivi implementare per trasformare un semplice lead in cliente effettivo. Una landing page ottimizzata per la lead generation deve puntare a ridurre le frizioni dell’utente e massimizzare i dati raccolti.

  • Conversioni nelle piattaforme di contenuti e media online

Le piattaforme che si concentrano sulla distribuzione di contenuti digitali, come giornali online, blog e piattaforme di streaming o news, hanno logiche di conversione molto diverse rispetto alla vendita diretta di prodotti. In questo caso, la conversione può essere la registrazione a una newsletter o la sottoscrizione di un abbonamento, ad esempio per accedere a contenuti esclusivi dietro paywall (modello freemium).

Per tali piattaforme, migliorare le conversioni significa comprendere cosa attrae di più il pubblico e come mantenerlo coinvolto nel tempo. I modelli di paywall sono particolarmente rilevanti per i quotidiani e le piattaforme editoriali, che possono offrire ai visitatori un’esperienza “freemium”, permettendo di accedere solo a una parte dei contenuti gratuitamente, mentre i contenuti premium sono riservati agli utenti paganti. Monitorare il comportamento degli utenti, cioè quanti articoli leggono prima di convertirsi in abbonati, è essenziale per ottimizzare la strategia di monetizzazione.

  • Conversioni nei servizi SaaS e applicazioni digitali

Le piattaforme SaaS (Software as a Service) e le applicazioni digitali hanno conversioni a più livelli. Nella maggior parte dei casi, le persone iniziano con la creazione di un account gratuito o provano il servizio per un periodo di tempo limitato grazie a una free trial. La vera conversione avviene, però, quando decidono di passare a piani a pagamento, come nella fase di upgrade a una versione premium o pro.

Questo tipo di conversione è fondamentale in modelli di business freemium, dove stabilire una relazione a lungo termine con l’utente e alimentare la sua soddisfazione iniziale diventa la chiave per la riuscita di una strategia di crescita. Incentivare l’utente con funzioni premium e add-on a pagamento risulta essenziale per fidelizzarlo nel tempo.

Ottimizzare la trial significa monitorare quali funzionalità del software l’utente sfrutta di più e intervenire per ottimizzare messaggi mirati che evidenziano i benefici aggiuntivi di passare all’abbonamento completo a pagamento.

  • Conversioni sui social media e campagne pubblicitarie

Le conversioni sui social media non si limitano solo all’acquisto diretto di un prodotto. Le azioni che consideriamo come micro-conversioni includono mi piace, condivisioni e commenti su post promozionali, tutte attività che alimentano il funnel di acquisizione.

Un’altra tipica conversione sui social potrebbe essere il clic su una CTA diretta all’interno di una campagna pubblicitaria, che porta l’utente su una landing page dedicata. Le iscrizioni a eventi o webinar tramite i social media rappresentano un’altra forma di conversione che non va sottovalutata, poiché permettono di raggiungere utenti in contesti in cui sono più recettivi.

Monitorare interazioni e clic generati dai post pubblicitari permette ai marketer di stabilire il guadagno di engagement e alimentare il funnel in modo più efficace, ottimizzando la spesa pubblicitaria per CANALI e TARGET che portano le migliori performance.

  • Conversioni nel mondo del gaming e delle app

È interessante parlare anche del settore delle app e dei giochi digitali, dove le conversioni avvengono spesso attraverso modelli freemium e acquisti in-app. Molte di queste app offrono infatti download gratuiti ma monetizzano attraverso sottoscrizioni aggiuntive, acquisti di oggetti digitali o accesso a contenuti esclusivi.

Il successo di queste conversioni si basa sull’abilità nel coinvolgere e fidelizzare l’utente, sfruttando tecniche di gamification per rendere l’interazione più coinvolgente e remunerativa. In molti casi, il vero guadagno per gli sviluppatori di app proviene da trasformazioni successive: l’utente incomincia con funzioni gratuite, ma viene progressivamente incoraggiato a sbloccare caratteristiche premium aggiuntive con pagamenti ricorrenti.

Monitorare le interazioni nel gioco e incentivare i punti di conversione, ad esempio tramite messaggi di upgrade o offerte in tempo reale, consente di mantenere un flusso costante di entrate digitali.

Perché le conversioni sono centrali in qualsiasi strategia di marketing

In tutte le iniziative di marketing, sia che parliamo di SEO, SEA PPC, email marketing o campagne social, le conversioni rappresentano il criterio con cui misuriamo il successo o il fallimento di una strategia.

È facile capire perché questo concetto è così centrale: la conversione è l’unico modo per collegare direttamente l’attività di marketing all’impatto reale sul business. Senza un obiettivo di conversione chiaro, le nostre azioni rischierebbero di disperdere risorse e non produrre risultati concreti. Sia che puntiamo a vendere un prodotto, acquisire nuovi lead o semplicemente far conoscere un brand, ogni tattica messa in campo dovrebbe mirare a incrementare questi risultati misurabili.

Per comprendere fino in fondo l’importanza delle conversioni nel marketing di conversione , dobbiamo pensare al marketing come a un processo basato sul coinvolgimento dell’utente. Generare traffico non è sufficiente nel contesto competitivo: ciò che davvero conta è convertire i visitatori in utenti che interagiscono attivamente con i nostri contenuti, che fidandosi di noi decidono di acquistare o di intraprendere azioni che porteranno, nel tempo, a una relazione continuativa con il nostro brand.

Il significato della conversione nel marketing va anche oltre, perché ci permette di guidare e predire il comportamento del nostro pubblico: ogni mossa è studiata per spingere l’utente verso una decisione, sia tramite il potere persuasivo dei contenuti, la chiarezza della UX o la personalizzazione di una campagna pubblicitaria basata su dati e comportamenti precedenti.

Diventa qui cruciale introdurre il concetto di funnel di conversione, che come sappiamo rappresenta il percorso ideale che ogni utente intraprende prima di giungere alla conversione finale – che può essere una vendita, un lead o una sottoscrizione. L’arte della conversion funnel optimization consiste nel garantire che lungo le varie fasi del funnel (la consapevolezza iniziale, l’interesse crescente e la decisione finale) il numero di utenti che abbandona sia ridotto al minimo. Questo si traduce in una maggiore efficienza delle nostre campagne: ogni singola azione è ottimizzata non solo per attrarre l’attenzione, ma per guidare passo dopo passo l’utente verso quella conversione finale che genera valore reale per il business.

Questa logica del marketing come connessione tra traffico e conversioni si estende in ogni ambito, dalla publicità Facebook Ads a Google Ads, fino alle strategie di SEO più strutturate. In ogni caso, quello che alla fine conta davvero è quante persone passano dallo stadio di passivo utente a quello attivo, pronto ad agire.

L’importanza delle conversioni nel business digitale

Immaginiamo di avere un negozio fisico e di vedere un flusso costante di persone che entrano, guardano in giro, ma poi se ne vanno senza acquistare nulla: questo scenario, che sarebbe un incubo per qualsiasi commerciante, è quello che molti siti web vivono ogni giorno, perché non riescono a convertire gli utenti.

Le conversioni sono quindi fondamentali per il successo di qualsiasi business digitale, perché danno valore al traffico che ottengono le nostre pagine: come detto, identificano il momento in cui trasformiamo i visitatori del sito web in clienti e generiamo entrate per il nostro business.

Inoltre, queste azioni hanno significato e valore anche per gli stessi clienti: quando una persona compie una conversione su di un sito, sta dicendo che trova valore in quello che gli viene offerto, sta scegliendo di impegnarsi con il brand in un modo significativo. E questo è un segnale potente che stiamo effettivamente facendo qualcosa di giusto.

Tutto parte però dai dati. Misurare e ottimizzare le conversioni è un processo che richiede un’analisi continua, con A/B test, miglioramento della UX e monitoraggio dei dati per cercare di perfezionare il percorso dell’utente online, sfruttando tutte le opportunità create dalle varie micro-conversioni per raggiungere il successo finale.

In molti casi, l’analisi delle conversioni del sito web può indicare esattamente dove si trovano i possibili ostacoli nel funnel. Perché, ad esempio, dovremmo avere un alto numero di utenti che visualizzano le schede prodotto ma un tasso basso di completamento dell’acquisto? Potrebbe trattarsi di un problema di navigazione, della qualità delle immagini o della mancanza di fiducia – fattori che, con i giusti interventi, possono essere risolti per migliorare le conversioni.

Come misurare le conversioni: mix di arte e scienza

Ora che conosciamo almeno a livello generale cosa sono e quali sono le conversioni più comuni, è il momento di lanciarci nella parte pratica di analisi.

Misurare le conversioni non è solo possibile, infatti, ma è un aspetto fondamentale per qualsiasi strategia di marketing digitale, perché ci permette di possibile ottenere informazioni di valore sul comportamento degli utenti e sull’efficacia delle campagne su cui stiamo investendo, fornendoci dati concreti per comprendere quali sono le attività che funzionano meglio e quali, invece, non stanno portando i risultati desiderati.

Grazie a vari strumenti, a cominciare da Google Analytics, è possibile tracciare le conversioni e capire da dove provengono, quali pagine del sito sono più efficaci nel generare conversioni e quali canali di marketing stanno portando i migliori risultati.

Le informazioni così ricavate ci serviranno difatti per migliorare l’esperienza degli utenti e per raggiungere gli obiettivi di business: ad esempio, se notiamo che una particolare pagina web genera molte conversioni, potremmo decidere di investire di più in annunci che portano a quella pagina, per rafforzarla ulteriormente, eventualmente riallocando delle risorse in precedenza destinate ad altre pagine che invece non hanno ottenuto riscontri positivi.

Ma la misurazione delle conversioni non è solo una questione di numeri, perché si basa anche su una certa capacità di interpretazione e sull’arte di applicare le intuizioni in modo strategico: se ad esempio notiamo che le conversioni provengono principalmente da un canale di marketing, potrebbe essere allettante l’idea di concentrare tutte le risorse su quel canale ma questa potrebbe non essere la scelta migliore, perché in realtà gli altri canali potrebbero comunque portare visitatori di alta qualità al sito che però non si convertono immediatamente, ma che potrebbero farlo in futuro – perché magari sono in un’altra fase del funnel.

Il calcolo del tasso di conversione

Il tasso di conversione è la misura diretta della nostra capacità di trasformare il traffico in azioni utili per il nostro business, ed è un parametro su cui basare le decisioni strategiche per ottimizzare le nostre campagne.

Capire come si calcola il tasso di conversione è una delle competenze più importanti per chiunque si occupi di marketing digitale, e definire il conversion rate in maniera corretta ci permette di riconoscere punti di forza e debolezza, e di migliorare la nostra offerta in modo sistematico.

Il significato del tasso di conversione si può riassumere in una formula molto semplice, ma estremamente indicativa:

Tasso di Conversione = Numero Totale di Visitatori/Numero di Conversioni​ × 100

In pratica, il tasso di conversione è la percentuale dei visitatori che compie l’azione desiderata (come acquistare un prodotto, iscriversi a una newsletter o compilare un form di contatto) rispetto al totale delle persone che accedono al sito o alla landing page in questione. Questo dato diventa la metrica fondamentale per valutare il successo di qualsiasi strategia di conversion marketing.

Esempi di calcolo del tasso di conversione

Capire come si calcola il tasso di conversione offre insight preziosi su cosa funziona o meno all’interno del percorso di acquisto o interazione. Monitorando correttamente questo indicatore, le aziend possono prendere decisioni su quali fasi del funnel ottimizzare, fornendo così esperienze più efficienti agli utenti.

Per fornire alcuni esempi molto generici:

  • E-commerce. Immaginiamo un negozio online che attiri 000 visitatori al mese e generi 200 acquisti. Il calcolo del tasso di conversione e-commerce sarebbe: 10.000/200​×100=2% Questo significa che il 2% dei visitatori del sito ha effettuato un acquisto. Un risultato del genere potrebbe essere considerato buono nella maggior parte dei settori, ma il successo dipende molto anche dal tipo di merce venduta e dalle aspettative di conversione tarate su benchmark del settore specifico.
  • Sito di news/media. Un sito di informazione con 000 visitatori mensili che riesce a raccogliere 500 iscritti alla sua newsletter attraverso una CTA ben visibile su ogni articolo avrebbe un tasso di conversione del 20.000/500​×100=2,5%. Un risultato del genere indicherebbe che il sito sta svolgendo un buon lavoro nell’incoraggiare i lettori a iscriversi per ricevere aggiornamenti.
  • SaaS (Software as a Service). Se una piattaforma SaaS attrae 000 visitatori mensili e ottiene 250 sottoscrizioni al piano mensile gratuito per testare il servizio, il tasso di conversione si calcola 5.000/250​×100=5% Un buon tasso di conversione iniziale per un SaaS, ma quello che conta veramente sarà il tasso di conversione relativo a chi passerà dallo strumento gratuito al piano a pagamento, rendendo il monitoraggio delle varie fasi del funnel essenziale.

La misurazione del tasso di conversione rappresenta dunque una leva fondamentale per le ottimizzazioni future: testare diversi messaggi, layout o approcci alle CTA può letteralmente migliorare il bilancio aziendale, portando conversioni a costi minori e ROI più elevati.

Che cos’è il tasso di conversione relativo e perché è importante

Lo abbiamo appena citato come elemento rilevante per capire davvero se una campagna sta portando risultati: il concetto di tasso di conversione relativo entra in gioco per aiutarci a contestualizzare i risultati rispetto a intenti specifici e confrontare i dati tra diverse iniziative, perché solitamente nelle campagne di marketing non basta voler migliorare il tasso di conversione in generale.

Il tasso di conversione relativo è una metrica che viene utilizzata per confrontare le performance di conversione tra diverse campagne, canali di acquisizione o gruppi target. Invece di considerare solo il numero totale di conversioni generate, questo valore si focalizza su come e dove stiamo convertendo meglio, determinando quali variabili impattano maggiormente i risultati.

Ad esempio, supponiamo che stiamo gestendo due campagne pubblicitarie: una su Google Ads e una su Facebook Ads. Entrambe le campagne attirano 10.000 visitatori ciascuna sullo stesso sito. Se la campagna su Google Ads genera 300 conversioni, mentre quella su Facebook Ads ne genera 150:

  • Il tasso assoluto di conversione su Google Ads è: 10.000/300​×100=3%
  • Mentre su Facebook Ads è: 10.000/150​×100=1,5%

Questo confronto ci dimostra subito che la campagna su Google Ads performa il doppio rispetto a quella di Facebook Ads in termini di tasso di conversione. Analizzando questi tassi di conversione relativi possiamo decidere di allocare una parte maggiore del nostro budget pubblicitario su Google Ads, o possiamo esplorare le ragioni per cui la campagna su Facebook non stia convertendo altrettanto bene: è una questione legata alla creatività dei contenuti? Il pubblico non è targettizzato correttamente? Il percorso di conversione non è fluido?

Il tasso di conversione relativo è un potente strumento all’interno del discorso di conversion funnel optimization, perché ci offre una visione più precisa su quali segmenti o canali stiano rendendo meglio nel guidare gli utenti verso le conversioni. Questo ci permette di ottimizzare i nostri sforzi, sia a livello di budget che di messaggio, concentrandoci sui canali e target che dimostrano di essere più efficaci.

È importante anche monitorare i tassi di conversione relativi durante diverse fasi del funnel. Per esempio, possiamo avere un’eccellente conversione nella parte più alta del funnel (awareness o acquisizione), ma un crollo nella parte inferiore (decisione o acquisto). Capire queste differenze ci permette di intervenire su specifici punti critici del percorso di acquisto, migliorando l’esperienza utente e assicurandoci che un maggior numero di persone arrivi alla conversione finale.

Gli strumenti per tracciare e analizzare le conversioni

Per migliorare le performance di conversione del nostro sito web e delle nostre campagne, è essenziale utilizzare strumenti avanzati che ci aiutino a monitorare i dati e a ottimizzare il percorso degli utenti.

La comprensione precisa del tasso di conversione passa attraverso l’uso di tali strumenti per ottimizzare le conversioni, in grado di fornire informazioni dettagliate sul comportamento dell’utente, dalle prime interazioni fino alla conversione finale.

Il metodo più semplice è utilizzare uno strumento di analisi web, che servono proprio a tracciare il traffico sul sito web e di identificare le pagine che generano più conversioni.

Il riferimento immediato è sicuramente Google Analytics, che esegue appunto queste operazioni ed è uno dei migliori (di sicuro il più usato) tool del segmento. Soprattutto negli ultimi tempi, però, sono emerse varie criticità legate all’uso di questo strumento, quali ad esempio le difficoltà di approccio con la nuova versione standard (GA4), l’impossibilità di analizzare i siti web che sono privati o che sono accessibili solo a un gruppo selezionato di utenti o il tracciamento limitato solo ai siti web che utilizzano i tag di Google Analytics (e quindi l’incompatibilità con altri tag di analisi web).

Si stanno facendo perciò largo varie alternative per monitorare e analizzare le conversioni, il traffico e il comportamento del pubblico online, quali:

  • Matomo

Precedentemente noto come Piwik, è una piattaforma gratuita e open source di analisi web open source che offre un’alternativa completa a Google Analytics, adatta a professionisti e organizzazioni di tutte le dimensioni. Matomo può essere ospitato sul proprio server o su un server di terze parti. Tra le sue funzionalità e caratteristiche ci sono analisi del traffico web, tracciamento delle conversioni, rapporti sulle prestazioni, analisi del comportamento degli utenti, A/B testing, anonimizzazione dei dati (attraverso il tracciamento senza cookie e il rispetto delle impostazioni Do Not Track degli utenti).

Di base, Matomo è considerata un’ottima scelta per le aziende che vogliono un’alternativa a Google Analytics che sia più rispettosa della privacy degli utenti, oltre che essere una soluzione ideale per le aziende che vogliono ospitare il proprio strumento di analisi web. Uno dei principali punti di forza di Matomo è la sua flessibilità: essendo open source, può essere personalizzato per soddisfare esigenze specifiche e può essere auto-ospitato, consentendo quindi il pieno controllo dei dati.

Tra le criticità più frequenti, però, c’è una certa difficoltà nell’approccio allo strumento, soprattutto per i principianti.

  • Adobe Analytics

Adobe Analytics è una soluzione di analisi web di livello enterprise che offre una profonda analisi dei dati, sviluppato dal colosso Adobe. Noto per le sue potenti funzionalità di segmentazione, è più flessibile rispetto a Google Analytics, permette di dividere i dati in gruppi specifici per un’analisi più dettagliata e offre anche funzionalità di previsione e modellazione dei dati, che possono aiutare a lavorare sulle tendenze future. Oltre a essere utilizzabile a pagamento, questo tool è però anche più complesso da usare rispetto a quelli competitor, e quindi è ostico soprattutto per principianti o professionisti con competenze ridotte.

  • Kissmetrics

Kissmetrics è uno strumento di analisi, a pagamento, che si concentra sul tracciamento dei comportamenti individuali degli utenti: in questo modo, permette di vedere esattamente come gli utenti interagiscono con il sito e quali percorsi seguono verso la conversione. Kissmetrics offre anche funzionalità di email marketing e di automazione, che possono aiutare a coinvolgere e convertire gli utenti. Anche in questo caso, il limite sta nella complessità di utilizzo.

  • Mixpanel

Mixpanel è uno strumento di analisi, a pagamento, che si concentra sul tracciamento degli eventi, e non sulle pagine viste: pertanto, traccia le azioni che gli utenti compiono sul sito web, come cliccare su un pulsante o compilare un modulo, e questo può fornire una visione più dettagliata del comportamento degli utenti e delle conversioni. Ad esempio, consente di vedere non solo quante persone visitano una determinata pagina, ma anche cosa fanno quando arrivano lì. Inoltre, Mixpanel offre anche funzionalità di segmentazione, dividendo gli utenti in gruppi specifici per un’analisi più dettagliata, e funzionalità di notifica e di messaggistica in-app, che possono aiutare a coinvolgere e convertire gli utenti.

  • Amplitude

Amplitude è una piattaforma di analisi del prodotto, a pagamento, che aiuta le aziende a capire il comportamento degli utenti, indicata soprattutto per le aziende che si basano su prodotti digitali, come le app mobili o i software come servizio (SaaS). Offre una serie di funzionalità che permettono di tracciare gli utenti attraverso il loro intero percorso, da quando diventano clienti fino a quando diventano utenti attivi, mostrando quali funzionalità usano, come interagiscono con il prodotto e quali azioni portano alla ritenzione degli utenti. Inoltre, dispone di funzionalità di segmentazione avanzate, che permettono di dividere gli utenti in gruppi specifici per un’analisi più dettagliata.

  • Hotjar

Hotjar è una piattaforma, a pagamento, che offre sia analisi web tradizionali che feedback degli utenti e che può servire a  tracciare il comportamento degli utenti e identificare le aree di miglioramento del sito web. In particolare, Hotjar permette di vedere come gli utenti interagiscono con un sito e le sue pagine attraverso heatmap, mappe di clic, registrazioni di sessioni e sondaggi, che possono aiutare a comprendere perché gli utenti si comportano in un certo modo e come migliorare l’esperienza utente per aumentare le conversioni.

  • Crazy Egg

Crazy Egg è uno strumento di analisi web, a pagamento, che offre heatmap, scroll map e altre visualizzazioni per aiutare a capire come gli utenti interagiscono con il sito web; inoltre, offre anche un editor A/B testing, che permette di testare diverse versioni di una pagina per vedere quale genera più conversioni.

Come si può notare, ognuno di questi strumenti ha i suoi punti di forza e le sue parziali criticità: alcuni sono più adatti per analizzare il traffico del sito, mentre altri sono più adatti per analizzare le conversioni o il comportamento delle persone; alcuni sono più adatti per aziende di piccole dimensioni, mentre altri sono più adatti per aziende di grandi dimensioni.

La scelta del miglior strumento per analizzare le conversioni e il traffico del sito dipende quindi dalle esigenze specifiche dell’azienda, e la chiave è scegliere lo strumento (o gli strumenti) che meglio si adattano ai nostri obiettivi, alle nostre competenze e alla nostra strategia di marketing digitale, valutando attentamente le caratteristiche, le funzionalità e i punti di forza/debolezza di ciascun strumento prima di prendere una decisione.

  • SEO tool

Anche gli strumenti SEO possono giocare un ruolo chiave nell’ottimizzazione delle conversioni, considerando che una parte significativa del traffico potrebbe provenire dai motori di ricerca. SEOZoom ci aiuta ad esempio monitorare le performance delle parole chiave e capire come il traffico organico stia contribuendo alle conversioni. Se individuiamo che determinate parole chiave performano meglio in termini di conversioni rispetto ad altre, possiamo ottimizzare il contenuto per quelle keyword specifiche, indirizzando il traffico più qualificato verso le pagine principali del sito.

Questo tipo di ottimizzazione non si limita solo alla generazione di traffico, ma si spinge oltre: monitorare come il traffico organico incide sulle micro-conversioni (ad esempio la lettura di contenuti o l’iscrizione a newsletter) ci permette di perfezionare ulteriormente la nostra strategia SEO per massimizzare il ROI.

Tag di conversione: l’importanza di un tracciamento accurato

Un elemento fondamentale per monitorare correttamente le conversioni sito web è l’implementazione accurata dei tag di conversione.

Se infatti i tool di analytics possono servire a misurare una varietà di attività, tra cui traffico web, comportamento degli utenti e sorgenti di traffico, c’è un altro modo più specifico per studiare le conversioni, ovvero utilizzare i cosiddetti tag di conversione o pixel di conversione.

Si tratta di piccoli snippet di codice che vengono aggiunti al sito web o all’applicazione mobile per tracciare una serie di attività che gli utenti compiono, tra cui acquisti, iscrizioni alla newsletter, download di file e visualizzazioni di pagine. Quando un utente compie un’azione specifica, come completare un acquisto o compilare un modulo, il tag di conversione invia un segnale a una piattaforma di analisi o di pubblicità per registrare l’evento.

I tag di conversione possono essere aggiunti a qualsiasi pagina del sito web ed è importante posizionare precisamente questi pixel nelle pagine chiave per la nostra strategia, quelle di cui vogliamo misurare le conversioni. Ad esempio, se vogliamo conteggiare precisamene il numero di acquisti che si verificano sul sito, possiamo aggiungere i tag di conversione alla pagina di checkout.

Questi piccoli snippet sono però più ampiamente utilizzati nel marketing digitale per misurare l’efficacia delle campagne pubblicitarie: ad esempio, se stiamo eseguendo una campagna di annunci su Google Ads, possiamo utilizzare un tag di conversione per tracciare quante persone cliccano sugli annunci e poi completano effettivamente un acquisto sul sito.

Ci sono diversi tipi di tag di conversione (e in pratica ogni social media ha il suo specifico pixel), che possono essere letti dagli strumenti di analisi prima citati o attraverso i corrispondenti software; tra i più comuni e utilizzati citiamo:

  • Google Tag: Il tag Google (gtag.js) è un singolo tag che possiamo aggiungere al sito web per utilizzare una varietà di prodotti e servizi Google: invece di gestire più tag per account di prodotti Google diversi, ora possiamo utilizzare il tag Google in tutto il sito web e collegare il tag a più destinazioni, che mostreranno dati utili per misurare l’efficacia del sito web e degli annunci. Il tag Google è attualmente accessibile e configurabile solo da Google Ads e Google Analytics 4.
  • Meta Pixel. Questo frammento di codice va inserito sul sito web per valutare meglio l’efficacia della pubblicità sulle piattaforme Meta – ovvero Facebook e Instagram – e comprendere le azioni che le persone eseguono sul sito, come visitare una pagina o aggiungere un articolo al carrello. Più specificamente, permette di tracciare i clienti che hanno eseguito un’azione dopo aver visto una inserzione su Facebook e Instagram, e questo può aiutarci anche con il retargeting.
  • LinkedIn Insight Tag. Questo tag permette di tracciare le conversioni che si verificano dopo che qualcuno ha visto o cliccato su un annuncio su LinkedIn.
  • X Pixel. Il pixel di X (ovvero, l’ex Twitter) consente agli inserzionisti di inserire un pezzo di codice sul sito Web per inviare dati di conversione a X e ricavare così dati per misurare il ritorno sulla spesa pubblicitaria grazie al monitoraggio delle azioni che le persone intraprendono dopo aver visualizzato o interagito con le inserzioni su X.

Il tracciamento preciso delle conversioni tramite tag è fondamentale per impostare delle campagne basate sui dati. Se, ad esempio, notiamo che una campagna su Google Ads spinge molti utenti a completare un processo di registrazione, potremmo decidere di replicare quel tipo di campagna in futuro, magari allocando un budget maggiore in base al costo per conversione.

La versatilità dei tag di conversione non si limita alla tracciabilità delle conversioni macro (es. acquisti), ma si estende anche alle micro-conversioni importanti per il percorso dell’utente, come la visita di una certa pagina, l’aggiunta di un articolo al carrello o il clic su un CTA specifico. In questo modo possiamo ottenere informazioni su ogni fase del funnel, migliorando sia la fase di awareness che quella di decisione.

Un ulteriore vantaggio derivante dall’utilizzo dei tag di conversione è la possibilità di utilizzare queste informazioni per le campagne di remarketing. Con i dati che raccogliamo, possiamo segmentare in modo puntuale il pubblico e mostrare annunci mirati a utenti che hanno compiuto una determinata azione (ma che non hanno completato l’acquisto, ad esempio). Questo tipo di targeting avanzato permette di ottimizzare ulteriormente il budget pubblicitario, massimizzando il ritorno delle nostre attività digitali.

I tag di conversione hanno però diversi limiti e criticità. Ad esempio, essere bloccati da alcuni browser o firewall, e a volte possono essere soggetti a errori tecnici e difficili da implementare (soprattutto quando cerchiamo di tracciare eventi specifici o personalizzati). Fattore da non sottovalutare, possono rallentare il tempo di caricamento delle pagine se non vengono implementati correttamente.

Un’altra sfida è la privacy dei dati: con l’aumento delle preoccupazioni sulla privacy dei dati e l’introduzione di regolamenti come il GDPR, è importante assicurarci che i tag di conversione siano conformi alle leggi sulla privacy.

Infine, i tag di conversione possono a volte fornire dati imprecisi. Ad esempio, se un utente clicca su un annuncio ma poi completa un acquisto su un dispositivo diverso, il tag di conversione potrebbe non essere in grado di tracciare correttamente l’evento. Questo è noto come problema dell’attribuzione cross-device.

Consigli rapidi per misurare le conversioni

Riuscire a gestire correttamente le impostazioni per il monitoraggio delle azioni degli utenti e padroneggiare un software per l’analisi dei dati non è quindi un’operazione “basic”, ma è comunque un’attività strategica se vogliamo puntare al successo online e a offrire un’esperienza soddisfacente per i nostri visitatori.

In particolare, misurare le conversioni è un processo continuo che permette alle aziende di migliorare le proprie performance e di raggiungere i propri obiettivi di marketing, e ci sono almeno quattro consigli generali e generici a cui possiamo attenerci:

  1. Definire gli obiettivi da raggiungere con le campagne marketing.
  2. Scegliere gli strumenti giusti per misurare le conversioni.
  3. Analizzare i dati e identificare le pagine che portano a conversioni più elevate.
  4. Ottimizzare le campagne marketing in base ai risultati ottenuti.

Conversioni e SEO: come aumentare vendite e lead

Oltre a essere un elemento decisivo per comprendere e valutare il ROI delle attività di marketing, le conversioni sono strettamente legate alla SEO, che d’altra parte ha tra i suoi obiettivi basilari l’incremento del traffico di qualità verso il sito web, che a sua volta dovrebbe portare a un aumento delle conversioni.

Se ci limitiamo esclusivamente a portare utenti sulle nostre pagine senza concentrarci su come farli arrivare a una conversione, il traffico perde gran parte del suo valore.

E quindi, ottimizzare la SEO per le conversioni non si riduce alla mera visibilità sui motori di ricerca, ma include una serie di tattiche studiate per aumentare le azioni e le vendite sfruttando al massimo il potenziale dei miglioramenti di posizionamento organico, per portare l’utente lungo il funnel verso la conversione finale

In tal senso, la SEO può aiutare a migliorare le conversioni in diversi modi: se una pagina appare nelle prime posizioni nei risultati di ricerca, otterrà con maggiore probabilità il clic degli utenti interessati, e ciò farà aumentare il traffico organico. Più specificamente, però, se lavoriamo in modo strategico sull’ottimizzazione dei contenuti in relazione e risposta al search intent possiamo intercettare gli utenti giusti al momento giusto, cioè migliorare la qualità del traffico e attrarre visitatori già realmente interessati ai prodotti o ai servizi offerti, pronti quindi all’azione e alla conversione.

Invertendo la prospettiva, le conversioni – e il lavoro di analisi delle attività degli utenti – possono rafforzare e influenzare la SEO in modi meno diretti. Innanzitutto, ci permette di concentrarci sul miglioramento della user experience, che è un elemento che può influenzare il ranking; inoltre, il completamento di una conversione che parte da un clic in SERP può inviare a Google un segnale che il sito web è di alta qualità e pertinente per quella ricerca.

Misurare e ottimizzare: l’approccio data-driven alla SEO

Ottimizzare le conversioni tramite SEO non significa solamente far atterrare gli utenti sul sito, ma accompagnarli in un percorso studiato che li porti ad agire, sfruttando al meglio ogni opportunità di ottimizzazione per generare vendite e lead.

Il primo passo per ottimizzare la SEO a favore delle conversioni è comprendere bene il search intent degli utenti. Non tutte le parole chiave generano lo stesso tipo di traffico: alcune attirano visitatori che si trovano nella fase iniziale del funnel di conversione (ovvero, awareness), mentre altre sono più legate alla fase di decision making (ovvero, bottom of the funnel). Capire il ruolo delle parole chiave lungo queste fasi ci permette di puntare su query funzionali a concludere la conversione.

Per aumentare le conversioni tramite SEO, può essere opportuno quindi concentrare gli sforzi su long-tail keyword e query transazionali, che indicano una chiara intenzione di compiere un’azione , come fare un acquisto o compilare un form. Ad esempio, se gestiamo un e-commerce di scarpe, una keyword a coda lunga come “scarpe da corsa Nike per uomo in vendita” sarà molto più propensa a convertire rispetto a una generica come “scarpe da corsa”. Le prime indicano un utente che ha chiaramente l’intento di comprare, mentre le seconde raccolgono un pubblico ancora indeciso.

Un fattore determinante per il successo delle conversioni tramite SEO è l’ottimizzazione on-page. Non basta posizionarsi tra i primi risultati di ricerca, ma è essenziale che l’esperienza dell’utente una volta entrato nel sito sia fluida, veloce e intuitiva. Un’ottimizzazione SEO vincente si preoccupa non solo di attirare il traffico tramite le giuste parole chiave, ma si concentra anche su elementi essenziali per la conversion rate optimization, come:

  • Velocità della pagina. Un sito che impiega troppo tempo a caricarsi porta ad alti tassi di abbandono, vanificando gli sforzi SEO. Migliorando le performance del sito attraverso strumenti come Google PageSpeed Insights o ottimizzando i Core Web Vitals possiamo portare più utenti fino alla fase di conversione.
  • Mobile-first UX. Nel panorama attuale, gran parte del traffico derivante dai motori di ricerca arriva da dispositivi mobili. Un sito ottimamente ottimizzato per il mobile, con CTA chiare e link facili da cliccare, migliora nettamente il tasso di conversione.
  • Struttura dei contenuti con CTA efficaci: I contenuti ottimizzati SEO non devono puntare solo alla visibilità organica, ma dovrebbero contenere call-to-action ben definite che guidano l’utente nel loro percorso. Avere moduli di registrazione, pulsanti per l’acquisto o sezioni FAQ visibili e attrattivi contribuisce a ridurre le ambiguità e facilita le interazioni, ottimizzando le probabilità di conversione.

Content marketing e conversion funnel: catturare l’intento in ogni fase

Un aspetto cruciale della SEO per conversioni è la capacità di creare contenuti che rispondano all’esigenza dell’utente in ogni fase del funnel di conversione; creare una strategia di contenuto che allinei articoli, guide e risorse ai diversi stadi del customer journey è fondamentale per aumentare vendite e lead.

In un processo ideale, nelle fasi iniziali del loro viaggio gli utenti sono alla ricerca di informazioni generali o risposte alle loro domande. In questo contesto, il nostro contenuto ottimizzato SEO dovrebbe puntare su blog post, guide e articoli di approfondimento che rispondano a queste query e posti in alto nel funnel. L’obiettivo qui non è immediatamente vendere, ma educare l’utente e posizionarci come voce autorevole nel nostro settore.

Più il lead si avvicina alla conversione, più si focalizza sulla ricerca di soluzioni. Questa è la fase in cui landing page, case studies, comparazioni, recensioni e testimonial assumono un valore determinante nel far decidere l’utente. Ottimizzare questo tipo di contenuti per i motori di ricerca porta maggior traffico qualificato, riducendo i passaggi verso la decisione finale.

Infine, la SEO gioca un ruolo fondamentale anche nell’ultima fase del funnel, dove l’utente decide di compiere l’azione finale. Pagine di prodotto ottimizzate e un checkout snello sono elementi essenziali per ridurre i tassi di abbandono e migliorare le micro-conversioni (come l’aggiunta di un prodotto al carrello).

Il ciclo di ottimizzazione SEO non finisce però con l’implementazione delle tattiche; occorre monitorare regolarmente i dati di traffico organico e, cosa più importante, collegarli alle conversioni effettive. Utilizzare strumenti come Google Analytics o Search Console ci permette di vedere quali parole chiave e pagine stanno generando le migliori performance di conversione. Potremmo scoprire, per esempio, che una pagina con molto traffico non converte perché manca una call to action chiara, o perché il suo layout rende il processo di iscrizione o acquisto complesso.

Il segreto per aumentare vendite e lead attraverso la SEO non sta solo nel portare migliaia di visitatori al sito. Sta, piuttosto, nello saper individuare e monitorare il loro comportamento, correggere i punti di frizione e affinare costantemente il contenuto e la UX. Solo così possiamo ottenere un ROI concreto dai nostri sforzi SEO.

Come migliorare le conversioni: il peso delle prestazioni del sito

Considerando la SEO una materia olistica che riguarda il generale miglioramento complessivo del sito, poi, ci sono anche gli aspetti tecnici da curare che possono avere effetto concreto e sensibile sulle conversioni.

In particolare, un valido e interessante approfondimento di Lina Hansson si concentra sul valore della velocità, dimostrando come gli interventi di ottimizzazione delle prestazioni delle pagine possano trasformarsi in un incremento delle conversioni.

Nella bio su X, la Hansson si definisce “Conversion Specialist at Google, focused on mobile CRO and site speed”, ovvero “specialista di conversioni per Google, con focus su mobile CRO e velocità dei siti”: le competenze ideali per lanciarsi in una spiegazione pratica del motivo per cui i siti e i professionisti SEO dovrebbero fare attenzione ai parametri della velocità, con una serie di esempi che calcolano il relative mobile conversion rate, tasso di conversione relativo al mobile.

Come detto prima, il tasso di conversione relativo è una metrica utile, e nel nostro caso specifico quantifica gli effetti degli interventi di ottimizzazione del sito web escludendo fattori esterni come le campagne di marketing, che possono falsare i risultati. Questo parametro può essere influenzato da alcune caratteristiche proprie del sito, come velocità e usabilità, ma anche da fattori esterni come le citate campagne di marketing, eventi stagionali e il mix di canali e strumenti di marketing.

Il rapporto tra velocità del sito e conversioni

Secondo la Googler, la velocità del sito influisce sulle conversioni e questo fattore è più evidente per la navigazione da dispositivi mobile: il consiglio di Hansson è di non guardare solo il tasso di conversione da mobile, ma di analizzare il tasso di conversione relativo per dispositivi mobile (Rel mCvr), calcolato dividendo il tasso di conversione da dispositivo mobile per il tasso di conversione desktop.
Google spiega come misurare il tasso di conversione

Un approccio di questo tipo riduce il disturbo proveniente da fattori esterni, che tendono a influenzare sia il desktop che il mobile, e rende più facile vedere se eventuali aumenti dell’efficacia del sito mobile derivino effettivamente dai miglioramenti della velocità.

Come fare l’analisi del tasso di conversione

L’esperta descrive anche un processo standard per analizzare il tasso di conversione utilizzando Google Analytics e strumenti di calcolo di Excel (o Google Sheets), importando sui fogli di lavoro i valori di Ecommerce Conversion Rate da mobile e da desktop, dividendo i risultati per ottenere, come dicevamo prima, il Relative Mobile Conversion Rate. Inserendo un grafico, inoltre, è possibile studiare visivamente gli andamenti dei fattori degli interventi di ottimizzazione della velocità, il tempo medio di caricamento delle pagine e i rendimenti economici generati dagli utenti mobile durante il periodo preso in esame.

Il passaggio successivo è decisivo: Hansson spiega come calcolare i rendimenti che il sito avrebbe ottenuto senza miglioramenti. Bisogna suddividere il rendimento effettivo per l’attuale Rel mCvR, e poi moltiplicare per il valore del Rel mCvR nel periodo precedente all’ottimizzazione della velocità. Sottraendo le entrate che l’azienda ha guadagnato da ciò che avrebbe guadagnato senza miglioramenti del Rel mCvR si ottiene il peso degli interventi sulla velocità, ovvero il rendimento superiore generato da un sito diventato più veloce e mobile friendly.

In definitiva, la guida di Lina Hansson offre una serie di indicazioni utili per chi cerca di migliorare le conversioni del suo sito, partendo da interventi tecnici per ottimizzare le prestazioni e la velocità. Il Relative Mobile Conversion Rate è un modo valido ed economico per stimare l’impatto concreto dell’ottimizzazione della velocità e gli effetti sulle entrate, senza dover eseguire, ad esempio, test lato server o slow-down. Quantificare la relazione tra performance e ricavi può aiutare a documentare il valore dei progetti di sviluppo, i cui benefici potrebbero non essere immediatamente chiari agli stakeholder non tecnici.

Conversioni e funnel: come stilare e ottimizzare un conversion funnel

Il funnel di conversione è un modello strategico fondamentale per guidare gli utenti attraverso un percorso che parte dalla scoperta del brand fino alla decisione finale di convertirsi in clienti. Ogni fase di questo funnel ha un impatto diretto non solo sull’acquisizione di potenziali clienti, ma soprattutto sulla capacità di aumentare le conversioni in modo costante e misurabile.

Sul sito web.dev è presente anche un’altra utile risorsa dedicata al rapporto tra prestazioni e conversioni del sito, che ci permette di andare oltre la determinazione del reale impatto della velocità sulle azioni degli utenti: il contributo di Martin Schierle va infatti sul tecnico e chiarisce in che modo le prestazioni del sito possono avere effetto e migliorare le conversioni delle persone, presentando in modo specifico il funnel della conversione, che qui mostriamo anche in forma grafica.

Il funnel delle conversioni online

In breve, il processo parte dalla scoperta (discover), passa per l’engage, raggiunge la conversione e infine procede con il re-engage: la guida di Schierle (che è Mobile Solutions Consultant presso Google) affronta i diversi modi in cui un sito web deve ottimizzare le performance per ottenere le massime conversioni alla fine dell’imbuto.

  • La fase di scoperta – Discover

In genere, i nuovi utenti scoprono un sito Web attraverso la ricerca organica (e quindi torna centrale il posizionamento su Google), la condivisione tramite social, i link da altri siti o campagne a pagamento. Alcuni importanti meccanismi di scoperta sono direttamente influenzati dalle prestazioni del sito web. I crawler dei siti web potrebbero avere difficoltà nell’indicizzare i siti che sono lenti a caricare o che hanno un lungo rendering lato client e usano Javascript.

Il Googler ricorda che la velocità può essere un fattore di ranking diretto, ad esempio sulla ricerca web, sulle campagne pubblicitarie o sui social network, e invita a non trascurare il fatto che i nuovi utenti che scoprono il sito web per la prima volta ricevono un primo caricamento senza cache (uncached first load), che è in pratica la peggiore esperienza possibile! Questo può essere particolarmente frustrante se si spendono soldi per portare l’utente al sito Web e il processo si interrompe a causa di un lungo first load.

Schierle offre un suggerimento per evitare questo inconveniente e rendere più efficace il first load: innanzitutto, bisogna usare gli strumenti per verificare questi parametri messi a disposizione (anche) da Google come PageSpeed, perché le performance sono un fattore SEO e, dal punto di vista umano, se già il primo caricamento è lento, l’utente potrebbe non aspettare mai il successivo loading né restare sul sito a guardare i prodotti che proponiamo.

In generale, i tempi di caricamento del sito web sono associati a un bounce rate positivo, che a sua volta è spesso correlato a buone conversioni, motivo per cui bisogna intervenire su questi aspetti di SEO on page.

  • La fase di coinvolgimento – Engagement

Ci siamo riusciti, il primo passo è compiuto: gli utenti hanno scoperto il sito e hanno raggiunto le nostre pagine. Ora inizia la seconda fase, l’engagement: bisogna coinvolgerli con contenuti di qualità on page, verificando tutti i parametri di durata della sessione, tempo sulla pagina, pagine per sessione e flussi di utenti, usando quindi gli strumenti della Google Search Console per avere questi dati sotto mano.

Le principali metriche di engagement

In aggiunta alle varie pratiche di ottimizzazione dell’user experience, la chiave del successo del coinvolgimento è fornire un’esperienza fluida, veloce e responsive: se ottimizzare un sito per il discovery significa lavorare per il first loading, nell’engagement è decisivo offrire navigazione veloce e fast repeat loads, caricamenti ripetitivi veloci. In concreto, si deve controllare a quale step si interrompe il flow users, correlando questo parametro alle metriche di velocità per queste navigazioni.

  • La fase delle conversioni

Arriviamo così alla fase cruciale del funnel, quella che può determinare il successo e la sopravvivenza di un sito web, soprattutto se eCommerce: la conversione. In genere, le conversioni del sito sono la conseguenza di un buon lavoro in fase di scoperta e di un ottimo engagement, ma serve comunque puntualizzare alcuni aspetti.

Nelle aspettative standard degli utenti, le hero images si caricano velocemente, i pulsanti call-to-action sono renderizzati ed etichettati rapidamente, la pagina è responsive e non ci sono layout jumps. Un utente non comprerà nulla se non può fare clic sul pulsante “Acquista ora” a causa di una CPU occupata o di un pulsante che salta o senza etichetta. Schierle consiglia di misurare e tracciare il tempo di azione verso una conversione o un sotto-obiettivo, ad esempio il tempo medio che gli acquirenti impiegano dall’atterraggio sul tuo sito, alla visualizzazione di un prodotto, al completamento del pagamento.

  • La fase di re-coinvolgimento – Re-engagement

In base ad alcuni studi, solo il 2 per cento degli utenti effettua la conversione alla prima visita: è fondamentale che l’altro 98 per cento torni indietro e sia nuovamente coinvolto attraverso i contenuti.

I siti Web moderni hanno diversi modi per compiere queste operazioni di re-engagement, ad esempio attraverso messaggi email, annunci display personalizzati nel remarketing o notifiche. Per il Googler, il processo funziona meglio se il flusso dal re-engagement al sito Web è il più fluido possibile; purtroppo non sempre si riesce, perché ad esempio le app di posta spesso aprono i link nella loro in-app webview, rallentando il caricamento della pagina e rendendo più complessi i login attraverso cache differenti e memorizzazione di cookie.

Quindi, il consiglio è di ottimizzare il sito per carichi di ripetizione veloci e di rendere più naturali i flussi UX per aumentare le possibilità di re-coinvolgimento.

I consigli per lavorare sul funnel della conversione

L’articolo di Martin Schierle ci è utile per fissare alcuni concetti chiave per massimizzare le possibilità di conversione sul sito e di completare in modo positivo il funnel dell’acquisto.

Ogni passaggio di questo imbuto deve essere ottimizzato in funzione della velocità del sito web per ridurre al minimo la frequenza di rimbalzo e gli abbandoni, e per ogni passaggio ci sono diverse cose da ottimizzare, diversi insidie e colpevoli.

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Ottimizza le conversioni
Gli strumenti di SEOZoom ti aiutano a rendere perfette le tue pagine

Analizzando ancora in dettaglio le fasi – rifacendoci però alle denominazioni Awareness, Engagement (o Consideration) e Decision – dobbiamo essere consapevoli che ognuno di questi passaggi all’interno dell’imbuto può richiedere strategie diverse, anche l’obiettivo finale rimane lo stesso: accompagnare l’utente verso l’azione desiderata, che potrebbe essere l’acquisto di un prodotto, l’iscrizione a una newsletter o il download di un contenuto di valore. Ogni fase del funnel supporta l’utente nella sua progressiva volontà di interagire con il brand, e ogni step deve essere attentamente pianificato e ottimizzato per migliorare il passaggio da uno stadio all’altro.

Durante la fase di Awareness, il pubblico sta iniziando a scoprire il nostro brand e i nostri prodotti o servizi. Questa è la fase iniziale del processo di conversione e lo scopo principale è catturare l’attenzione dell’utente affrontando argomenti che rispondano alle sue domande o stimolino il suo interesse. In questo contesto, SEO e content marketing rivestono un ruolo chiave. Grazie alla ricerca di parole chiave strategiche che rispondano ai bisogni informativi dell’utente, possiamo posizionare i nostri contenuti in modo da attrarre traffico di qualità.

Migliorare la fase di consapevolezza richiede l’adozione di contenuti che informano e educano l’utente, come blog post, guide e video utili, fornendo le prime risposte a domande rilevanti. In questa fase, non dobbiamo aspettarci conversioni immediate; il nostro obiettivo è piuttosto stabilire una prima connessione significativa che l’utente sarà più incline a ricordare nelle fasi successive.

Quando l’utente passa alla fase di Engagement (o Consideration), è in una posizione diversa: sta confrontando opzioni e valutando quale offerta si adatta meglio alle proprie esigenze. Il suo interesse verso il brand è maturato, ma ci sono ancora ostacoli o dubbi da risolvere. È qui che entra in gioco una comunicazione più focalizzata e persuasiva, con contenuti che approfondiscono il valore differenziale del nostro prodotto o servizio rispetto alla concorrenza.

In questo contesto, strumenti come landing page mirate o email marketing giocano un ruolo critico. Più siamo in grado di fornire all’utente informazioni utili e tangibili – come case study, comparazioni o demo gratuite – più sarà facile spingerlo verso una decisione.

Ottimizzare questa fase significa capitalizzare su una personalizzazione mirata e sull’automazione avanzata delle comunicazioni che dialoghino con l’interesse crescente dell’utente, riducendo il suo bisogno di esplorare altre alternative.

A questo punto, l’utente è pronto a compiere l’azione decisiva. La fase di Decision ha come obiettivo ultimo trasformare l’intenzione in una conversione, che può essere un acquisto, una registrazione o l’invio di una richiesta di contatto. Questo è il momento in cui il cliente valuta tutti gli elementi esposti nelle fasi precedenti e decide se il nostro prodotto o servizio sia la scelta giusta.

In questa parte del funnel , ogni frizione deve essere minimizzata. Tutti i passaggi che potrebbero rallentare l’utente, come una procedura di checkout complessa o informazioni poco chiare, devono essere risolti. Incentivi mirati come offerte temporanee, sconti speciali o la possibilità di dover pagare in più rate possono incrementare il tasso di conversione e spingere l’utente a prendere una decisione più rapidamente.

L’importanza dell’ottimizzazione del funnel

L’arte della conversion funnel optimization non finisce mai perché un funnel non è uno strumento statico: l’ottimizzazione richiede non solo una progettazione accurata di ogni fase, ma anche un monitoraggio costante e l’abilità di apportare modifiche rapide e mirate laddove necessario. Testare diverse proposte di valore, migliorare la chiarezza delle CTA e adattare rapidamente i contenuti per rispondere ai comportamenti osservati nel tempo permette di massimizzare i risultati a lungo termine.

Ogni piccolo aggiustamento incrementale lungo il funnel può infatti avere un impatto significativo sul tasso di conversione globale. È attraverso l’analisi costante dei dati che possiamo iterare e migliorare ogni elemento del funnel, rendendo il percorso utente sempre più breve, diretto ed efficace.

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