Ricavi dei giornali in Europa: le cause della contrazione negli ultimi anni

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Le relazioni tra Google e testate editoriali sono state sempre piuttosto burrascose, soprattutto in Europa Occidentale, perché – tra le altre accuse e semplificando – i media ritengono che il motore di ricerca si appropri troppo liberamente dei loro contenuti da mostrare nelle SERP, provocando così una riduzione dei lettori, e che inoltre possa in qualche modo sistematicamente penalizzare i posizionamenti di alcuni contenuti per favorirne altri (come sostenuto qualche mese fa dal Daily Mail). La tesi di fondo è che Google sia responsabile del forte crollo delle entrate e dei ricavi dei giornali europei che è avvenuto negli ultimi anni, ma una ricerca di Accenture (commissionata da Google) cerca di chiarire le vere cause di questo fenomeno.

Le accuse a Google dall’industria delle news

La perdita di introiti pubblicitari nell’era digitale è un tema costante da oltre vent’anni in tutto il mondo e larga parte della cosiddetta industria delle notizie tende a incolpare aziende come Google e Facebook per questa contrazione.

Anche se “i ricavi da lettori digitali stanno crescendo a un ritmo promettente, non c’è dubbio che il modello di business degli editori sia stato messo in discussione negli ultimi decenni”, scrive Eero Korhonen, Head of News and Publisher Partnerships, Google in Europe, Middle East e Africa. Per questo, alcuni critici hanno sostenuto che “se Google e Facebook non fossero esistiti, gran parte delle entrate dei giornali stampati sarebbero rimaste agli editori di notizie”, accusando queste piattaforme tecnologiche di aver direttamente “infranto il modello di business dei giornali”.

Lo studio sulla contrazione dei ricavi dei giornali

Per “difendersi” dalle accuse, Google ha commissionato un report dettagliato ad Accenture, che sostanzialmente “esamina i fatti che smentiscono questa teoria”, analizzando esamina i ricavi dei giornali nell’Europa occidentale in quasi due decenni per rivelare esattamente cosa “ha rotto il vecchio modello di business per gli editori”.

I Paesi inclusi per l’analisi in questo rapporto sono Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito, scelti in base alla disponibilità di dati solidi.

I risultati del lavoro degli economisti di Accenture “parlano chiaro: quasi la metà del calo complessivo delle entrate dei giornali non è derivato dalla Ricerca Google o dalla pubblicità sui social, ma dalla perdita di annunci sui giornali a favore di operatori online specializzati”.

Internet e i cambiamenti nel consumo di news

Negli ultimi due decenni stiamo assistendo al forte impatto che Internet sta avendo sul modo in cui creiamo e consumiamo le notizie: le persone trascorrono più tempo online, e di conseguenza i giornalisti e gli editori di giornali si rivolgono sempre più alla tecnologia per trovare nuovi modi per raggiungere i lettori e aumentare gli abbonamenti.

Inevitabilmente, l’industria delle notizie si sta trasformando, proponendo soluzioni quali abbonamenti, data analytics, utilizzo di intelligenza artificiale o nuovi formati.

I lettori pagano sempre di più per le notizie digitali

In base a dati aggiornati, almeno quattro persone su cinque oggi accedono alle notizie online: anche se “molti lettori non hanno l’abitudine di pagare per accedere alle notizie, tra il 2013 e il 2018 i volumi di diffusione digitale sono aumentati del 307% fino a raggiungere i 31,5 milioni di abbonati paganti a livello globale, più che compensando il calo degli abbonamenti cartacei a pagamento”. Dal 2018, il ritmo con cui gli editori lanciano modelli di abbonamento digitale è ulteriormente accelerato, “il che è un segnale promettente”, dice Korhonen.

Dove nasce il problema dei ricavi dei giornali

Tuttavia, la sola crescita dei ricavi online non è stata sufficiente a compensare la perdita della pubblicità sulla carta stampata.

Man mano che le persone “si sono spostate online, la pubblicità display regolare sui giornali è diventata meno popolare, con entrate in questo segmento che sono diminuite da 13,8 miliardi di euro a 8 miliardi di euro tra il 2003 e il 2019 in Europa occidentale”.

Cause del crollo dei ricavi dei giornali

La maggior parte della pubblicità sui giornali era composta da annunci come la vendita di auto e case, o elenchi di lavori e avvisi di nascita e morte. Questi annunci pubblicitari o inserzioni – in inglese, classified – “hanno contribuito con 9,9 miliardi di euro – quasi un quarto – ai ricavi dei giornali, e i giornali hanno raccolto il 93% di tutta la pubblicità di questo tipo nel 2003”.

Grafici sul mercato dell'industria delle notizie

Tuttavia, arrivando al 2019, “solo il 32% di tali entrate è andato ai giornali, generando appena 2,8 miliardi di euro”: questo fatto ha rappresentato “il 44% del calo delle entrate totali dei giornali nel periodo”.

Questo cambiamento è stato guidato dall’emergere di un gran numero di siti solo digitali, come Scout24 e Rightmove per il settore immobiliare; Totaljobs per Jobs e Mobile.de, Automobile.it, Bilbasen e Motors.co.uk per le auto. Molti di questi erano precedentemente di proprietà di editori di giornali o gruppi di media (e quindi, alcune delle testate giornalistiche che si lamentano della perdita di entrate da annunci pubblicitari stanno ancora guadagnando o hanno venduto la loro attività di annunci).

Impatto dei siti verticali online sulle entrate pubblicitarie

In pratica, secondo lo studio le testate giornalistiche dell’Europa occidentale hanno perso le entrate degli annunci a favore di siti classified di nicchia, che hanno preso di mira verticali specifici. Essendo spesso di proprietà delle stesse testate editoriali, quindi, implicitamente lo studio suggerisce che alcune delle colpe per la perdita di entrate di annunci siano imputabili alle azioni di questi stessi gruppi editoriali.

L’impatto dell’online advertising

Questa non è l’unica cosa che è cambiata, ovviamente: nello stesso periodo, abbiamo assistito “allo sviluppo trasformativo delle piattaforme di ricerca e dei social media”. A sua volta, il valore della pubblicità online è cresciuto in modo significativo da 2,2 miliardi di euro nel 2003 a 50,5 miliardi di euro nel 2019, insieme alla crescita in tutti i settori pubblicitari.

Lo studio di Accenture (e di Google) sottolinea però che tutto questo “non è avvenuto a scapito delle entrate dei giornali”.

In effetti, la ricerca “mostra che la pubblicità su Internet nel suo insieme si è sviluppata principalmente con nuove opportunità”. La pubblicità online rappresenta un modo “completamente nuovo per gli inserzionisti di connettersi con i propri clienti: tra le altre cose, ha creato un’opportunità scalabile ed economica per le piccole e medie imprese di raggiungere i consumatori in un modo che prima non potevano permettersi e, naturalmente, per i giornali di inserire annunci online insieme ai loro contenuti”.

Le implicazioni per i giornali

Ciò che la ricerca dimostra è anche che Internet non ha provocato (solo) danni a queste aziende, ma anzi ha portato benefici.

Oggi passiamo più tempo che mai a consumare notizie, e “ci sono molti nuovi editori innovativi che avrebbero faticato a prendere piede ai tempi della stampa”; non solo, ci sono “germogli verdi di crescita anche tra i giornali tradizionali”.

Korhonen cita due casi in particolare: in Italia, GEDI (il colosso editoriale che pubblica, tra l’altro, la Repubblica, L’Espresso, La Stampa, Il Secolo XIX, diversi quotidiani locali, e poi anche periodici, giornali online e siti di informazione, tra cui HuffPost Italia) ha “implementato una strategia di dati per migliorare il coinvolgimento dei lettori, aumentare gli abbonamenti e generare entrate dagli inserzionisti”; in Svezia, “Dagens Nyheter utilizza tre diverse strategie di paywall per convertire i lettori in abbonati a pagamento, e ciò ha ridotto il numero di persone che hanno annullato l’abbonamento dal 15% al 8% in soli due anni”.

In conclusione, quindi, Google non solo non è responsabile – dati alla mano – del crollo dei ricavi delle testate editoriali, ma “sta contribuendo in modo significativo” alla crescita di lettori e ricavi. Negli ultimi 20 anni, l’azienda americana “ha collaborato a stretto contatto con l’industria delle notizie ed è uno dei maggiori sostenitori finanziari del giornalismo al mondo” fornendo miliardi di dollari per sostenere la creazione di giornalismo di qualità nell’era digitale”, come dimostra anche il recente sviluppo di Google News Showcase.

Qual è il vero ruolo di Google nella crisi dei giornali?

Come notato da alcuni commentatori, ad esempio Roger Montti, in realtà questo studio di Accenture affronta il problema del calo delle entrate dei giornali da una posizione di partenza piuttosto evidente (vista anche la commissione di Google), e in particolare non fa luce su alcuni aspetti critici legati proprio al ruolo del motore di ricerca o del suo sistema Google Ads per gli annunci online – che, come sappiamo, prevede commissioni per gli annunci variabili  (e criticate).

Inoltre, il rapporto non fa menzione di quanto sarebbe diverse, e probabilmente superiori, le entrate e i ricavi dei media dell’Europa occidentale se Google non godesse di una posizione dominante nella pubblicità online, né fa luce su quantità di entrate trattenute da Google.

In tal senso, come emerso nelle varie controversie legali che vedono imputato Google per la gestione del suo sistema pubblicitario o per il copyright, possiamo citare un dato rivelato dalla Australian Competition and Consumer Commission (ACCC, un ente regolatore del mercato in Australia) che ha definito Google e Facebook monopoli tecnologici che lasciano poco potere negoziale agli editori: nel 2018, per ogni 100 dollari australiani spesi dagli inserzionisti australiani, una quota di 49 dollari è andata a Google e di 24 dollari a Facebook.

Come in ogni caso che vede contrapposte due fazioni, in definitiva, anche questa storia ha più lati e aspetti da approfondire: vedremo se il mondo dell’industria delle notizie replicherà a Google fornendo le proprie stime sui cali delle entrate.

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