Cache Google: cos’è, come funziona, alternative dopo dismissione

Provaci
Mettici alla prova
Analizza il tuo sito
Seleziona la lingua del database:

Addio alla cache di Google. Fa strano parlarne al passato, ma dopo mesi di indiscrezioni ora è arrivata la notizia ufficiale: Google Search non mostra più i link alle pagine web che ha memorizzato e ha rimosso completamente la funzionalità della cache, pur introducendo una collaborazione più stretta con Internet Archive e con la sua Wayback Machine. Un cambiamento che segna la fine di una funzionalità che per anni è stata parte integrante dell’esperienza di ricerca degli utenti e che è stata spesso utile anche per il debugging di problemi SEO e per il controllo delle pagine. Ma niente paura: ci sono ancora metodi alternativi per visualizzare le copie memorizzate delle pagine web, e c’entra anche SEOZoom!

Che cos’è la cache di Google

La cache di Google è uno strumento che offre agli utenti la possibilità di visualizzare una versione archiviata di una pagina web. Questa copia della pagina viene salvata nel momento in cui il crawler di Google visita il sito per indicizzarlo.

Scopri un’alternativa alla cache di Google
Con le Pagine Monitorate puoi salvare le copie HTML delle tue pagine web che aggiungi all’elenco
Academy
Webinar
Tools
Registrazione

Questi backup, o snapshot, sono disponibili tramite un link specifico posizionato accanto all’URL del risultato di ricerca nei classici snippet di anteprima delle SERP, tradizionalmente disponibile sotto un piccolo triangolo o in un menu a tendina. Cliccando su questo link, si apre nel browser la versione della pagina versione memorizzata della pagina, così com’era al momento dell’ultima scansione.

Mentre i crawler di Google esplorano e indicizzano il web, crea e aggiorna regolarmente questi archivi, fornendo così una risorsa preziosa per accedere a contenuti che potrebbero non essere più disponibili sul sito originario.

In pratica, è una sorta di macchina del tempo digitale per consentire agli utenti di accedere a versioni precedenti di una pagina web. Anzi, lo era: come detto, la funzione è stata ritirata nel corso del 2024, perché Google ha scelto di affrontare l’archiviazione delle versioni storiche delle pagine web in modo diverso, allineando (nelle intenzioni) il suo servizio con le aspettative di un web sempre più stabile e agile.

Come funziona la cache Google

Scegliamo di parlare del tema ancora al presente per mantenere la “memoria storica” di questa funzionalità.

Il funzionamento della cache di Google è il risultato di un processo tecnico complesso orchestrato da Googlebot, il crawler di Google progettato per esplorare e catalogare il web.

Ogni volta che Googlebot visita una pagina web durante il processo di crawling, ne analizza il contenuto e la struttura, e al tempo stesso crea anche una copia visiva, o Snapshot, di quella pagina esattamente com’è in quel momento.

Questa fotografia viene poi memorizzata nei server di Google e diventa accessibile come copia cache, disponibile al clic all’interno della SERP, accanto al risultato di ricerca.

Un esempio dell'istantanea della cache di Google

È importante comprendere che il crawler effettua questa operazione in modo autonomo, seguendo un proprio piano di scansione basato sulla frequenza con cui Google ritiene opportuno visitare una pagina. La frequenza con cui una pagina viene aggiornata dal crawler, e quindi viene creata una nuova versione della cache, dipende da più fattori, tra cui l’importanza del sito, la frequenza degli aggiornamenti e la struttura del dominio.

Nel caso di pagine dinamiche, Google può scegliere di aggiornare la cache più frequentemente, mentre per i contenuti statici potrebbe passare più tempo tra una visita e l’altra. Non tutte le pagine finiscono nella Google cache: alcune possono essere specificamente escluse tramite il file robots.txt, che fornisce indicazioni precise ai crawler su dove possono o non possono accedere, oppure tramite il metatag noarchive, che indica espressamente a Google di non salvare copie di quella pagina.

Il processo tecnico dell’archiviazione nella cache di Google

La cache di Google era quindi il risultato di un processo tecnico complesso che coinvolgeva Googlebot e gli altri crawler di Google, i programmi automatizzati che esplorano il web per scoprire e analizzare le pagine da aggiungere all’indice di Google, che come sappiamo è il database a cui gli algoritmi attingono per fornire i risultati delle ricerche.

Quando un crawler di Google visitava una pagina web, non solo ne analizzava il contenuto e la struttura per comprendere di cosa trattava la pagina, ma ne creava anche una copia, che veniva poi memorizzata nei server di Google, diventando una sorta di “istantanea” della pagina nel momento in cui era stata visitata dal crawler.

Questa istantanea è ciò che veniva chiamato “cache” di Google.

La cache era disponibile principalmente per le pagine che erano state indicizzate da Google, il che significa come detto che non tutte le pagine web finivano nella cache: solo quelle pagine che i crawler avevano visitato e ritenuto degne di essere incluse nell’indice di Google potevano avere una versione memorizzata nella cache. Inoltre, alcune pagine potevano essere escluse dalla cache per vari motivi, come ad esempio

  • Direttive Robots.txt. Il file fornisce istruzioni ai crawler su quali pagine dovrebbero o non dovrebbero essere indicizzate o memorizzate nella cache.
  • Metatag Noarchive. Un meta tag robots specifico nelle pagine web che dice ai crawler di non memorizzare quella pagina nella cache.
  • Problemi tecnici. A volte, problemi tecnici o errori potrebbero impedire ai crawler di accedere o memorizzare correttamente una pagina nella cache.
  • Contenuto dinamico. Le pagine con contenuto altamente dinamico o che cambiano frequentemente potrebbero non essere sempre catturate correttamente nella cache.
  • Questioni legali. In alcuni casi, Google potrebbe rimuovere la versione cache di una pagina a seguito di questioni legali o richieste di rimozione.

A cosa serve la Google cache

La cache di Google ha diversi usi pratici, che la rendevano uno strumento prezioso sia per gli utenti comuni che per i professionisti SEO.

Per chi navigava normalmente sul web, la cache permetteva di accedere a pagine archiviate in momenti in cui quelle pagine non erano temporaneamente disponibili. Quando un sito risultava offline a causa di un problema tecnico o la pagina era stata rimossa o modificata, il link alla cache permetteva di visualizzare una copia salvata, offrendo così una sorta di finestra sullo stato del sito in una versione passata. Era particolarmente utile in contesti di sovraccarico dei server o interruzioni momentanee del servizio, quando i contenuti erano temporaneamente irraggiungibili.

Per i professionisti SEO, la cache assumeva un ruolo più strategico. Una delle funzionalità principali era quella di consentire una verifica della versione di una pagina memorizzata da Google, contribuendo a monitorare lo stato corrente dell’indicizzazione. In questo caso, si trattava di uno strumento essenziale per compiti specifici come il debug SEO con la cache, che comportava il controllo delle modifiche apportate a una pagina rispetto alla versione registrata da Google e la possibilità di individuare eventuali incongruenze tra il contenuto previsto e quello archiviato dal motore di ricerca. In certe situazioni, la cache era anche utile per verificare se le modifiche a una pagina fossero state effettivamente registrate da Google e a che punto fosse arrivato il processo di crawling e indicizzazione.

Questa capacità di offrire una finestra temporale sulle pagine web la rendeva quindi preziosa su due livelli: prima di tutto per consentire un accesso di backup temporaneo ai contenuti, e in secondo luogo per fornire un’analisi tecnica più approfondita riguardo al modo in cui Google aveva processato ogni sito web. Anche se oggi la rimozione del link alla cache nelle SERP ha modificato il modo in cui si svolgono determinate operazioni, la utilità della cache di Google rimane un elemento che ha fatto la storia della SEO e delle ottimizzazioni, ricordato specialmente da chi ne ha sfruttato il potenziale per scopi tecnici e professionali.

L’utilizzo strategico della copia cache di Google

Quando era attiva e funzionava, la cache di Google era quindi uno strumento estremamente utile perché permetteva di vedere il contenuto di una pagina anche se il sito originale non era più disponibile o se la pagina stessa era stata modificata o rimossa dal web. Questo aveva un valore inestimabile sia per gli utenti che cercavano informazioni, sia per i professionisti SEO che desideravano analizzare le pagine dal punto di vista dell’indicizzazione e del posizionamento nei risultati.

Non era solo un semplice archivio di pagine web, ma una vera e propria risorsa strategica sia per gli utenti comuni che per i professionisti del web. Per gli utenti, la cache era uno strumento di accesso immediato a contenuti che, per vari motivi, potevano non essere temporaneamente disponibili online, come nei periodi di down per manutenzione o a causa di un sovraccarico di traffico.

Per i proprietari di siti web, poi, la cache funge da salvagente in situazioni di downtime, permettendo ai visitatori di accedere comunque ai contenuti e aiutando a mantenere una certa continuità nell’esperienza dell’utente, riducendo almeno parzialmente l’impatto negativo di eventuali interruzioni del servizio.

Inoltre, la cache di Google è stata uno strumento diagnostico utile anche dal punto di vista SEO e analisi digitale, permettendo di vedere l’ultima versione di una pagina che Google ha indicizzato e di comprendere quali elementi sono stati presi in considerazione dal motore di ricerca, ma anche di assicurarsi che le modifiche apportate fossero state riconosciute e indicizzate correttamente.

L’evoluzione della cache e il perché del suo abbandono

L’evoluzione della cache di Google ha seguito da vicino lo sviluppo del web e delle tecnologie di rete.

La funzionalità è stata introdotta già nei primi anni dopo il debutto del 1998 ed è stata una delle tante innovazioni che hanno fatto la differenza tra Search e gli altri motori di ricerca, mettendo in risalto l’attenzione di Google verso l’esperienza degli utenti e la qualità dei suoi servizi di ricerca. Di sicuro, la cache di Google è diventata rapidamente uno strumento apprezzato sia dagli utenti che dai professionisti del web, grazie alla sua capacità di fornire accesso a informazioni che altrimenti sarebbero potute essere temporaneamente o permanentemente inaccessibili.

Tuttavia, negli anni è cambiato rapidamente il contesto del Web. Ad esempio, nei primi anni Duemila l’infrastruttura internet era ancora relativamente instabile: i siti web spesso diventavano inaccessibili per problemi tecnici o sovraccarichi dei server, rendendo la funzione di caching estremamente preziosa per consentire agli utenti di accedere comunque a versioni precedenti delle pagine, anche quando i siti originari risultavano offline.

Negli anni successivi, però, la stabilità delle connessioni e l’affidabilità dei server sono migliorate sensibilmente. Oggi, i siti web professionali riescono a garantire una disponibilità costante dei contenuti, con tempi di inattività ridotti al minimo. Con la rete divenuta significativamente più robusta, l’importanza di avere una copia memorizzata delle pagine web si è gradualmente ridimensionata. In parallelo, sono stati introdotti strumenti SEO più complessi e affidabili, come quelli offerti da Google Search Console, in grado di fornire informazioni dettagliate sui dati di indicizzazione senza aver bisogno di accedere alle copie archiviate.

L'annuncio di Danny Sullivan sull'addio alla cache di Google

La decisione di abbandonare la cache è quindi arrivata dopo una valutazione approfondita. Danny Sullivan, Search Liaison di Google, ha spiegato che la necessità della cache è diminuita grazie alla maggiore affidabilità della rete globale. Al contempo, il mantenimento della funzione comportava costi tecnici non trascurabili per Google, che ha preferito reindirizzare le proprie risorse verso altre necessità. La cache di Google è stata quindi messa da parte in favore di nuovi strumenti, ma non è completamente scomparsa, vista la decisione di prevedere un’integrazione di Internet Archive tramite il tool Wayback Machine.

Google rimuove i link alle versioni cache delle pagine

Come detto, agli inizi del 2024 prende forma un cambiamento significativo, perché Google annuncia ufficialmente la rimozione del link alla cache dai risultati di ricerca, sia su desktop che su dispositivi mobili. Dopo settimane di indiscrezioni e segnalazioni da parte di utenti e professionisti SEO, la decisione diventa definitiva nelle settimane successive, anche se l’effettiva eliminazione è più progressiva.

In termini pratici, l’eliminazione del link alla cache non significa che Google abbia cessato immediatamente di creare copie di pagina per scopi tecnici: il processo di caching è strettamente legato al funzionamento interno dei crawler, ma la funzione di accesso pubblico alle copie della cache attraverso la SERP è stata definitivamente dismessa. Per i più attenti osservatori, la rimozione non è risultata una sorpresa: già nel dicembre 2023 alcuni segnali avevano mostrato che Google stava sperimentando l’eliminazione del link alla cache in test limitati.

Approfondendo le motivazioni alla base di questa scelta, dal punto di vista di Google la necessità di visualizzare una copia archiviata di una pagina era sempre meno rilevante in un web che si è evoluto verso maggiore affidabilità, stabilità e trasparenza. Memorizzare pagine nei server per un accesso pubblico diventava, nel contesto moderno, un processo oneroso, che drenava risorse tecnologiche e di elaborazione dati. A ciò si deve aggiungere l’intenzione strategica di Google di incentivare l’uso di strumenti più specifici e performanti, come lo sono Google Search Console e altre piattaforme diagnostiche avanzate disponibili per webmaster e professionisti SEO.

Nonostante questo cambiamento, e sulla scia delle numerosi proteste e lamentele della community, Google ha dimostrato attenzione a non lasciare un vuoto per quanto riguarda l’accesso alle pagine archiviate. Ed è qui che entra in gioco la collaborazione con Internet Archive, che ha sostituito, in parte, questa funzione storica. La rimozione del link alla cache è dunque l’inizio di un nuovo approccio per garantire trasparenza e accesso a contenuti storici, ma senza i costi diretti che Google avrebbe dovuto continuare a sopportare.

Copia cache Google: come funziona oggi con Internet Archive e Wayback Machine

Con la rimozione della cache di Google, l’attenzione si sposta su Internet Archive e sulla sua famosa Wayback Machine, come alternativa per accedere a versioni precedenti delle pagine web.

A settembre 2024, Google ha infatti iniziato a integrare attivamente link a questa risorsa storica attraverso la funzionalità “Informazioni su questo risultato” nelle sue SERP, offrendo così agli utenti una nuova modalità per consultare le versioni archiviate di un sito.

Fondata nel 1996, Internet Archive si è affermata come uno strumento indispensabile per conservare la storia del web, permettendo di esplorare l’evoluzione di milioni di pagine online. La Wayback Machine, parte integrante di questo progetto, consente di visualizzare copie di siti web fatte in momenti specifici nel tempo. Per gli utenti, questo significa avere accesso a versioni passate della stessa pagina, anche dopo che i contenuti sono stati modificati o rimossi dal sito originale. Il ruolo della Wayback Machine è dunque funzionale a progetti di ricerca, studio e monitoraggio, ma si dimostra altrettanto utile per chiunque abbia bisogno di verificare eventuali modifiche alle pagine nel corso del tempo.

Il collegamento che Google fornisce all’interno della funzione “Informazioni su questo risultato” rappresenta un passo avanti per garantire persistenza e trasparenza nell’accesso alle informazioni online. Cliccando sui tre puntini accanto a un risultato di ricerca, gli utenti potranno navigare nelle versioni precedenti della pagina che sono state archiviate da Internet Archive. Anche se questa operazione richiede alcuni passaggi in più rispetto al vecchio sistema della cache, Google ha reso questo strumento accessibile proprio per compensare la perdita della propria cache interna.

Questa collaborazione tra Google e Internet Archive riflette un cambiamento nelle priorità del motore di ricerca: mantenere la continuità nell’accesso alle versioni passate delle pagine — un’esigenza vissuta da utenti e professionisti SEO — ma trasferendo questo onere a una solida alternativa esterna. Wayback Machine si conferma in tal senso uno degli strumenti più importanti per chiunque abbia bisogno di consultare l’archivio storico del web e di ottenere un contesto più ampio sulla persistenza delle informazioni online.

Le alternative alla cache di Google: come salvare e vedere le pagine memorizzate

Con l’addio alla cache di Google, utenti e SEO non potranno più fare affidamento su questa funzionalità per accedere a contenuti non più disponibili o per visualizzare versioni precedenti di una pagina web.

Per fortuna, ci sono dei sistemi alternativi che consentono di recuperare le pagine web offline, cancellate o in versione precedente.

Non possiamo più fare riferimento a uno dei più noti comandi di ricerca avanzata, ovvero cache: seguito dall’URL della pagina che si desidera cercare. Con l’abbandono della cache di Google, anche questa funzione è stata deprecata e ora la ricerca restituisce un messaggio di errore 404, come nell’immagine. Fino a poco tempo fa, invece, inserendo questo comando direttamente nella barra di ricerca di Google si poteva tentare di accedere alla versione più recente della pagina memorizzata da Google, se disponibile. Inoltre, era possibile anche usare un altro percorso, ovvero aggiungendo l’URL di un sito web a “https://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:”

Il messaggio di errore attuale per la ricerca nella cache di google

Serve quindi iniziare a rivolgersi ad altri strumenti per l’archiviazione delle pagine web, come il citato Internet Archive e Wayback Machine, che conservano snapshot storici delle pagine web e offrono anche la possibilità di aggiungere manualmente indirizzi web da memorizzare. Oltre a quanto già descritto, la “Wayback Machine” permette agli utenti di navigare nella storia di quasi qualsiasi pagina web e di visualizzare come apparivano in date passate, in modo completamente gratuito, oltre che di ripristinare pagine mancanti, leggere libri digitalizzati, condividere collegamenti archiviati sui social media e altro ancora (con account registrato o anche senza).

È stato Sullivan stesso a definire questo sistema come “la migliore alternativa alla cache di Google”, caldeggiandone l’utilizzo.

Tornando alle alternative alla cache di Google, è bene sapere che ci sono vari plugin e servizi di terze parti che consentono di creare archivi personali delle pagine web, garantendo che i contenuti possano essere salvati e consultati anche in futuro.

Limitandoci poi alla verifica delle scansioni di Google, è chiaro che tutti gli utenti con una proprietà verificata possono usare lo strumento Controllo URL della Search Console per vedere cosa vedono i crawler di Google quando visionano le pagine dei loro siti. Anche in questo caso, ciò è solo una parte delle opzioni originariamente consentite dalla copia cache, ma ormai il dado è tratto e non resta che adattarci.

Come usare le Pagine Monitorate di SEOZoom come copia cache

E poi c’è SEOZoom! Non dobbiamo dimenticare, infatti, che il nostro software mette a disposizione degli utenti la sezione “Pagine Monitorate” che permette di aggiungere manualmente specifiche pagine o percorsi del sito a progetto da tenere sotto controllo approfondito.

Oltre alla funzionalità base – analizzare in dettaglio il rendimento della pagina e verificare nel tempo i dati più importanti per le proprie strategie – all’interno di questo tool è possibile impostare il salvataggio della pagina allo “stato attuale in cui si presenta” al momento dell’inserimento e scaricare anche la versione HTML di questo salvataggio. In pratica, è possibile usare SEOZoom per fare una sorta di copia cache della pagina, aggiungendo anche delle note per segnalare le modifiche apportate e scoprire successivamente gli esiti e i risultati concreti di questi interventi. Un’opportunità interessante per superare il problema della decisione di Google, sicuramente più orientato all’aspetto SEO della memorizzazione delle pagine e chiaramente legato al numero di progetti e pagine che sono effettivamente a disposizione del proprio account.

Mentre strumenti come Internet Archive sono utili per accedere a versioni archiviate di siti web di interesse generale, gli utenti che desiderano salvare e analizzare le proprie pagine personali o aziendali nel contesto di una strategia SEO possono fare affidamento sulla piattaforma di SEOZoom . La funzionalità di Pagine Monitorate rappresenta un’opzione avanzata per chi ha la necessità non solo di tenere traccia delle modifiche nel tempo, ma anche di salvare una copia esatta delle proprie pagine web e verificare lo stato di ottimizzazione.

Questa soluzione è ideale per chi gestisce siti che subiscono modifiche frequenti o per chi partecipa attivamente a test A/B e altre operazioni di ottimizzazione continua. Il controllo manuale e l’archiviazione delle versioni tramite SEOZoom si sta rivelando particolarmente rilevante dopo la dismissione della cache di Google, in quanto Pagine Monitorate funge da strumento di memorizzazione pratico e immediato. Essere in grado di tracciare variazioni e stabilire correlazioni tra interventi e risultati è essenziale per chiunque prenda sul serio la propria strategia SEO a lungo termine.

Dismissione della cache di Google, le implicazioni SEO e digital marketing

Insomma, la rimozione della cache di Google dalle SERP ha un impatto che si riflette chiaramente nelle strategie SEO e digital marketing.

Non potendo più accedere alle versioni archiviate delle pagine attraverso Google, come professionisti dobbiamo adattarci a nuovi metodi di lavoro per monitorare le performance delle pagine e tenere traccia delle modifiche apportate nel tempo.

Academy
Webinar
Tools
Registrazione
Prova le Pagine Monitorate
Aggiungi le URL che vuoi tenere sotto controllo e salva le loro istantanee

Per anni, la cache ha offerto un’opportunità immediata per verificare come Google “vedeva” una pagina, fornendo dati preziosi sul processo di indicizzazione prima che eventuali aggiornamenti venissero registrati dal crawler. Con la sua eliminazione, è necessario ridefinire il modo in cui accediamo alle informazioni passate sui contenuti, adottando metodi più strutturati e avanzati .

Dal punto di vista del digital marketing, le ricadute possono essere altrettanto significative. La cache costituiva un’ancora di salvezza per garantire che i contenuti fossero accessibili anche quando un sito risultava offline o in fase di manutenzione. Ora, senza la possibilità di offrire alternative come le versioni archiviate di una pagina tramite le SERP, diventa essenziale predisporre backup più proattivi, assicurandosi che eventuali down dei server non compromettano l’operatività della comunicazione digitale. Professionisti e aziende devono ripensare le proprie strategie di continuità operativa, rafforzando la salvaguardia dei contenuti e migliorando la capacità di recuperare informazioni fondamentali nel caso di errori tecnici o downtime inaspettati.

Questo cambiamento impone anche una rafforzata attenzione alla gestione delle versioni dei contenuti. L’individuazione tempestiva delle modifiche, l’utilizzo di strumenti più avanzati per il controllo delle performance SEO e, soprattutto, la pianificazione anticipata di eventuali problemi sono oggi requisiti non negoziabili. Gli operatori devono necessariamente rivedere le proprie abitudini consolidate per evitare di perdere il polso della situazione sui siti in maniera costante. In funzione di ciò, diventa cruciale adottare strumenti come Internet Archive, piattaforme di monitoraggio SEO dedicate (come SEOZoom) e l’utilizzo massiccio di Google Search Console per analizzare le scansioni e le performance in modo dettagliato.

In sostanza, la rimozione della cache non rappresenta solo la perdita di un tool storico del panorama SEO di Google, ma segna l’inizio di un periodo in cui potrà emergere un approccio più scientifico e sistematizzato al monitoraggio, all’ottimizzazione e alla prevenzione dei problemi legati all’indicizzazione e alla visibilità dei contenuti.

Prova SEOZoom

7 giorni di Prova Gratuita

Inizia ad aumentare il tuo traffico con SEOZoom!
TOP