Saturazione dei motori di ricerca, cos’è e cosa significa per i brand

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Si chiama “saturazione dei motori di ricerca”, in inglese Search engine saturation, ed è in pratica la capacità di dominare completamente una SERP sia attraverso risultati organici che con risultati paid. Fino a qualche anno fa, questo era un segno netto della forza di un brand, ma un recente studio rivela che nel 2020 il mondo del marketing ha subito enormi cambiamenti anche in tal senso, e la saturazione dei motori di ricerca ha raggiunto il livello più basso degli ultimi 11 anni. Ecco cosa significa e quali sono le conseguenze per i marchi e le attività di e-Commerce.

La saturazione dei motori di ricerca e l’evoluzione continua delle SERP

Il 2020 è stato un anno diverso da tutti gli altri e strano, lo sappiamo, e il ritmo del cambiamento è stato più veloce e più stridente che mai: si apre così la riflessione di Jason Tabeling dalle pagine di Search Engine Watch con cui l’esperto fa il punto sull’evoluzione continua delle SERP e, in generale, sul search engine marketing.

È già dal 2010, racconta Tabeling, che “ho iniziato a cercare di capire come i brand gestivano le offerte per la ricerca a pagamento quando erano anche nella ricerca organica e di recente questa analisi ha compreso anche la frequenza con cui sono stati inclusi il pacchetto di mappe locali più i risultati shopping”.

A livello macro, “lo scorso anno ha causato enormi cambiamenti: ad esempio, i viaggi sono praticamente chiusi, curbside (ritiro al marciapiede) è ora una parola che tutti conosciamo e ci aspettiamo che i marchi usino questo sistema di consegna e l’e-Commerce ha registrato una crescita esplosiva”. Inoltre, in aggiunta a “questa folle pandemia anche l’evoluzione continua ha cambiato i risultati di ricerca più che mai, portando allo sviluppo di nuove funzionalità per approfondire in base al marchio, vedere notizie e recensioni”.

La search engine saturation raggiunge il minimo

E così, il dato che salta agli occhi è che la saturazione dei motori di ricerca ha raggiunto il livello più basso degli ultimi 11 anni: giusto per dare dei numeri al volo, i brand che compaiono sia nelle inserzioni a pagamento che in quelle organiche sono solo l’8%, mentre raggiunge il picco massimo il numero di risultati del local map pack di Google, visualizzati nel 47% delle SERP.

Dati saturazione SERP

Segno, secondo l’autore, che “queste modifiche macro hanno influito sul numero di brand che sono apparsi sia nella ricerca a pagamento che in quella organica”, facendolo schiantare.

Nel complesso, il dato della saturazione delle SERP è diminuito del 60% su base annua e del 78% rispetto al 2018, un calo “determinato da una riduzione complessiva dei risultati di ricerca a pagamento”. Il solo settore travel è sceso del 78% dal 2019, com’era facile prevedere “data la riduzione sia dei viaggi per i consumatori che dei viaggi d’affari”, e i brand del settore “stanno scegliendo di non investire nel traffico a pagamento a questo punto, data la bassa probabilità di conversione”.

L’analisi del settore retail

A sorprendere, piuttosto, è la riduzione “della sovrapposizione del settore retail”, crollata in un anno del 77%: il volume del comparto di vendita al dettaglio “non si è ridotto, ma semplicemente spostato su un modello DTC – direct to consumer – più avanzato dal punto di vista digitale”.

Al momento, “solo il 3% dei risultati di una pagina ha lo stesso brand sia nelle inserzioni organiche che nelle inserzioni di ricerca a pagamento o Shopping, una statistica è davvero incredibile” se pensiamo che, solo pochi anni fa, si registrava “un picco del 33% nel retail di marchi con risultati in entrambe le aree”.

Secondo Tabeling, la diminuzione si può attribuire direttamente a due fattori chiave:

  • L’ascesa dei marchi DTC

Nel 2020 abbiamo “assistito alla massiccia crescita di marchi diretti ai consumatori”, e lo screenshot qui sotto ce ne offre una dimostrazione.

Screenshot di una query transazionale

I risultati della ricerca “visualizzati senza scorrere sono tutti annunci e i primi due sono marchi DTC (Bombas e Mack Weldon)”, che aumentano “la concorrenza per i brand tradizionali che normalmente avrebbero gareggiato per questi elenchi”. Questa situazione rende più difficile posizionare un risultato sia nella ricerca a pagamento che in quella organica.

  • Trasformazione di Google Shopping gratuito

Un altro elemento di impatto è stata la decisione di rendere Google Shopping gratuito, che ha “reso più democratica la possibilità di apparire nei risultati di shopping anche per brand più piccoli”. Il passaggio da strumento a pagamento a gratuito “non ha solo rimosso qualsiasi barriera finanziaria, consentendo a più marchi di entrare, ma anche di inviare l’intero feed di prodotto anziché solo parti”.

Le SERP feature compaiono nel 40% dei casi

Sono lontani i giorni dei 10 link blu, dice l’autore, e ora “i risultati della ricerca sono pieni di un assortimento di varie feature come local map pack, risultati di shopping, notizie, immagini, brand refinement e recensioni, per citarne alcuni, che complicano le cose per i brand” e, come sappiamo, tolgono anche spazio e visibilità ai risultati organici.

Risultati Shopping nelle SERP di Google

Non è facile comprendere come tutti questi elementi si incastrano e influiscono su customer journey e customer experience, e Tabeling si concentra “solo sulla frequenza con cui vengono visualizzati questi vari tipi di elenchi”.

Le inserzioni di Shopping sono presenti in SERP con una frequenza abbastanza costante intorno al 40%, un dato che smentisce “la teoria secondo cui il passaggio da inserzioni a pagamento a gratuite avrebbe ridotto il numero di annunci di acquisto mostrati da Google per massimizzare le entrate”. Al contrario, “i risultati sono coerenti con la strategia generale di Google di continuare a fornire ai consumatori la scelta e combattere Amazon come prima fonte per le ricerche retail”.

Grafico degli shopping ads per settore

Diversa la situazione per il local map pack, che continua a crescere anno dopo anno e che ha raggiunto nel 2020 il 47% di apparizioni, “il livello più alto da quando ho iniziato a tracciarlo 4 anni fa”. Questa scoperta “è stata affascinante dato il contesto economico in cui ci troviamo, ma Google continua a voler offrire scelte ai consumatori e supportare le attività commerciali locali”. Negli ultimi anni, ricorda l’articolo, “sono stati apportati molti aggiornamenti al prodotto Google My Business e l’effetto di questi investimenti è nella maggiore presenza di tali risultati nelle SERP”.

Grafico della presenza di local map pack per verticale

Come massimizzare una SERP per i propri clienti

Oltre all’analisi dello scenario, Tabeling offre anche tre consigli ottimizzare la strategia per i motori di ricerca.

  1. Capire la user experience

Il punto principale è cercare sempre di “vivere l’esperienza che i tuoi clienti avrebbero sul tuo sito”, per comprendere “cosa potrebbero vedere e sperimentare”. Questo consente di avere risposte a domande del tipo “Le landing pages e il testo dell’annuncio sono allineati? Un altro brand fornisce uno schema più ottimizzato che fornisce risposte dirette a una domanda chiave del consumatore?”, con l’obiettivo di capire “cosa stanno vivendo gli utenti per essere in grado di creare una forte strategia di search engine marketing”.

  1. Capire i propri KPI

Non tutti “possono permettersi di spendere 60 dollari per un paid search click di assicurazione auto”, e quindi “è fondamentale comprendere cosa ti puoi permettere e quali sono i tuoi fattori chiave di business”.

Secondo Tabeling, “la tua strategia e la tua capacità di essere aggressivo potrebbero essere diverse per differenti target, parole chiave e così via. Questo è un ottimo posto per capire i tuoi diversi clienti, sapendo che alcuni sono più preziosi di altri, e possono influire sui tuoi modificatori di offerta, e che non puoi gestire ciò che non puoi misurare. Questa è la chiave di questo importante pilastro”.

  1. Mettersi sempre alla prova

Ciò che emerge da questa analisi è che “le cose sono cambiate molto nel corso degli anni e continueranno a farlo: la personalizzazione continuerà a guidare questi risultati in base all’individuo specifico, rendendo ancora più difficile capire cosa sta determinando l’impatto”.

In definitiva, l’unica chiave per competere è “accettare il cambiamento e costruire un piano che consenta il test e l’ottimizzazione, perché questo ti aiuterà a garantire che il sito sia sempre fresco, che la strategia di base resti agile e che l’architettura tecnica possa guidare i risultati SEO”.

Tali elementi “ti aiuteranno a stare al passo con la concorrenza che potrebbe essere distratta da altri fattori o fare affidamento sul successo precedente”, restando indietro rispetto all’evoluzione continua di SERP e motori di ricerca.

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