Google My Business, uno studio svela il livello medio di ottimizzazione

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Ne parliamo spesso: essere presenti su Google My Business (GMB) è sempre più importante per i brand e soprattutto per le piccole imprese, perché il servizio di Google si conferma un valido gateway sia per le conversioni offline che per quelle online. Non a caso, è uno strumento decisivo per la local SEO, perché Ricerca Google e Maps sono spesso per milioni di consumatori i primi punti di contatto con attività commerciali e le loro sedi, fisiche o virtuali.

GMB, il livello medio di ottimizzazione dei profili

È quindi fondamentale lavorare per ottimizzare il profilo GMB, così offrire informazioni precise e aggiornate agli utenti, e una ricerca effettuata negli Stati Uniti da Places Scout – un software per la local SEO – ci dà interessanti insights sul livello medio di ottimizzazione delle schede, consentendoci quindi di scoprire quali sono i dati più frequentemente presenti e quali gli aspetti che i brand curano ancora troppo poco.

A offrire una panoramica su questo studio è un articolo su Search Engine Land in cui Greg Sterling riporta i dati principali dell’analisi, eseguita lungo tutto l’anno 2019 su 2,4 milioni di schede di attività commerciali in oltre 30 categorie. In linea di massima, emerge che il profilo medio di un’attività su Google My Business ha 73 recensioni, 45 foto, 5 post e una valutazione di 4,08 stelle.

Schede verificate su GMB

Tra gli elementi esaminati dal team di Places Scout c’è anche il numero dei profili verificati: stando ai risultati, circa il 62 per cento delle schede Google My Business oggetto di studio sono state rivendicate e verificate dalle attività commerciali. Un dato piuttosto alto, soprattutto se – come sottolinea Sterling – si compara a quello emerso da un altro studio realizzato da Whitespark nel 2020 su 800mila inserzioni, che riporta un numero inferiore di profili GMB verificati, pari al 49 per cento.

Il livello medio delle informazioni di base nei profili

La ricerca presenta una grande quantità di preziose informazioni di benchmarking su GMB: ad esempio, ci svela che in media i profili sono completi al 72 per cento, che nel 61 per cento mostrano gli orari di apertura e che nel 93 per cento riportano un numero di telefono aziendale. Molto più basso il dato sull’URL al sito – presente nel 73 per cento delle schede – mentre è desolante la cura della descrizione dell’attività: compare solo nel 29 per cento dei casi, con una lunghezza media di circa 230 parole.

Circa il 90 per cento dei profili GMB appartiene ad aziende con sede singola, e ciò significa piccole imprese. Tuttavia, molte delle carenze individuate nello studio probabilmente si applicano anche alle imprese con più sedi, nota l’autore.

Poca attenzione a immagini e link al sito

Sembra esserci poca attenzione anche alla gestione delle immagini, che sono cruciali anche in questo strumento, perché un numero alto di foto può tradursi in maggiore visibilità e coinvolgimento dei consumatori anche attraverso il motore di Google Immagini: il profilo medio ne contiene poco più di 45 ma, in generale, la foto più recente aggiunta dal titolare dell’attività risale a oltre 100 giorni prima.

Oltre a non indicare sempre l’URL alla home del sito, solo il 24 per cento dei profili presenta collegamenti ai social media; l’indagine riporta inoltre che solo il 4,4 per cento dei profili dispone di un link al menu e una percentuale simile offre un link per prenotare. Tuttavia, è importante sottolineare che lo studio è stato condotto prima del COVID-19 e quindi è plausibile ritenere che questi dati siano attualmente aumentati (anche per effetto delle novità e delle modifiche introdotte da Google in questo 2020).

La gestione di feedback e recensioni

Un altro focus trattato dal report riguarda la gestione dell’interazione con gli utenti, che è forse la nota più dolente.

Il profilo GMB medio ottiene 73 recensioni; la categoria che ne riceve meno (vendita all’ingrosso) presenta una media di 23 recensioni, mentre la sezione viaggi e ospitalità è quella dove gli utenti sono più propensi a condividere la propria esperienza e si contano in media ben 237 recensioni.

Il problema è che solo il 19 per cento dei proprietari dell’attività ha risposto alle recensioni, e con tempi lunghissimi: in media, ci vogliono più di 25 giorni per veder comparire una risposta ufficiale. Un altro aspetto critico riguarda il fatto che le risposte affrontano solo il 35 per cento di tutte recensioni, con un’attenzione leggermente maggiore alle opinioni negative.

L’uso degli altri strumenti

Places Scout ha anche scoperto che solo il 13,4 per cento dei profili utilizza Google Post: anche in questi casi, però, i profili hanno pubblicato poco più di 5 post per il periodo di tempo esaminato, con 3,2 post nell’ultimo mese.

In circa un terzo dei profili (32,2 per cento) ci sono domande associate dagli utenti: il numero medio di domande è di 3,1 per profilo, e quasi tutte (2,5) hanno ricevuto risposta. Le Local Guide hanno risposto in media a una domanda su 3; solo in rarissimi casi (0,17 per cento) il proprietario ha personalmente scritto sia la domanda che la risposta, una pratica spesso raccomandata.

È invece positivo il fatto che la maggior parte dei gestori delle schede abbia impiegato in media meno di un giorno per rispondere alle domande, soprattutto in relazione al dato delle recensioni.

Cosa ci dice lo studio in sintesi

I dati sopra riportati mostrano che ci sono alcune ottimizzazioni di base facili da apportare per migliorare il profilo Google My Business e ottenere risultati migliori:

  • Aggiungere una descrizione dell’attività.
  • Aggiungere regolarmente altre foto.
  • Aggiungere al profilo tutti i menu pertinenti, le prenotazioni, i collegamenti ai social media.
  • Sollecitare feedback e recensioni in modo etico, ma soprattutto, rispondere alle recensioni entro 24 ore.
  • Utilizzare regolarmente Google Post.
  • Sfruttare il servizio Google Q&A, le domande e risposte (ad esempio, pubblicando personalmente domande frequenti).

Queste sono solo alcune delle ottimizzazioni rivelate dallo studio di benchmarking di Places Scout: si tratta di elementi relativamente semplici che possono però portare a buoni risultati per le aziende, in termini di incremento a breve termine della visibilità e delle conversioni.

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