A partire da oggi Google Shopping diventa gratuito, inizialmente solo negli Stati Uniti: è questa la grande novità annunciata da Bill Ready, presidente della divisione Commerce di Mountain View, che in un post sul blog ufficiale spiega e motiva cosa cambia nella strategia aziendale. Un cambio di rotta che era già nell’aria e che ha avuto un’accelerazione a causa della pandemia da Coronavirus, che ha convinto Google a tendere la mano agli esercenti di tutto il mondo.
La rivoluzione di Google Shopping
“Aiutare i commercianti a connettersi meglio con i consumatori, a prescindere dal fatto che facciano pubblicità su Google”: è con queste parole che Ready annuncia il cambio di rotta per Google Shopping, che diventa quindi uno strumento in più per fronteggiare la crisi del commercio causata dalle chiusure imposte dalla lotta alla diffusione del Covid-19.
“Il settore del commercio al dettaglio ha dovuto affrontare molte minacce nel corso degli anni, che si sono intensificate durante la pandemia di Coronavirus”, dice il numero uno della sezione Commerce, e “il commercio digitale è diventato un’ancora di salvezza per i rivenditori”. Per questo, Google ha deciso di rendere gratuita l’esposizione dei prodotti sulla sezione Shopping del motore di ricerca.
Una vetrina online fondamentale per la visibilità
Per i rivenditori, questa rivoluzione significa avere l’opportunità di “un’esposizione gratuita a milioni di persone che vengono ogni giorno a Google per le loro esigenze di acquisto” e compiono “centinaia di milioni di ricerche per comprare prodotti e beni”. Molti commercianti “hanno gli articoli di cui le persone hanno bisogno in magazzino e pronti per la spedizione, ma sono meno rilevabili online”, e Google Shopping potrebbe risolvere questo problema di visibilità, aumentando il bacino di potenziali visitatori e clienti.
Gli utenti, infatti, potranno scoprire più prodotti da più negozi, che emergono automaticamente nella scheda Google Shopping quando fanno le loro ricerche transazionali e quindi scoprire il rivenditore che propone il prezzo migliore o che fornisce la soluzione più conveniente.
La storia dello shopping Google
Ripercorriamo innanzitutto la storia del servizio di Google, che ha debuttato ufficialmente nel dicembre 2002 negli Stati Uniti per poi ampliarsi alle altre versioni del motore di ricerca in tutto il mondo (o quasi: è disponibile in 121 Stati e territori). L’idea si deve a un programmatore della compagnia, che la sviluppò durante il famoso 20 per cento di tempo libero che l’azienda offre ai suoi dipendenti per lavorare su progetti paralleli.
In origine, comparire nell’elenco dei prodotti acquistabili online raggruppati da Google era gratuito e questo motore di ricerca si chiamava Froogle (dall’aggettivo frugale); nel 2007 il nome cambiò in Google Product Search, rimasto fino al 2012, e si integra nel classico sistema di Google Search, sfruttando in pratica lo stesso sistema di database e sottoponendo i siti Web a scansione automatica. Lungo questo decennio, come detto, i prodotti erano mostrati in maniera automatica e gratuita da Google, ma i commercianti potevano anche pubblicare annunci a pagamento.
Nel 2008 la feature per lo Shopping integrata nella Ricerca viene estesa a Germania e Regno Unito e progressivamente ad altri Paesi europei; Google Shopping Italia debutta ad esempio nel maggio 2011.
Nel 2012 invece il servizio si trasforma in Google Shopping e assume la forma del modello “pay-to-play”: per comparire negli elenchi, i merchant devono pagare e il posizionamento è influenzato sia dalla rilevanza del brand che dalla sua spesa.
Cosa cambia ora in Google Shopping
La novità debutta da questa settimana negli Stati Uniti e sarà estesa in tutto il mondo, Italia inclusa, entro fine anno. Bill Ready spiega anche che non cambia nulla per gli inserzionisti e gli utenti esistenti di Merchant Center e annunci Shopping: gli annunci a pagamento, debitamente segnalati, figureranno sempre in cima ai risultati o sul fondo della pagina, in modo similare a quanto avviene nelle SERP organiche con i siti che usufruiscono di Google Ads.
Quindi, le query di Google Shopping avranno in evidenza prodotti legati ad advertising a pagamento e sponsorizzati, e poi offriranno un elenco dei prodotti inseriti nel catalogo senza alcuna spesa per i venditori. La pagina principale di Ricerca Google non cambierà e i caroselli degli annunci con schede di prodotto continueranno a essere costituiti solo da annunci.
Come entrare in Google Shopping
I risultati gratuiti saranno alimentati dai feed di dati dei prodotti caricati su Google Merchant Center, aperto all’incirca lo scorso anno come primo step per dare visibilità organica ai prodotti nelle aree dei risultati di ricerca, inclusa la ricerca immagini o nella nuova feature “Prodotti popolari“.
Per poter entrare in Google Shopping, quindi, è necessario aprire un account Google Merchant Center e caricare un feed di prodotti, utilizzando anche gli specifici markup di dati strutturati per mostrare i prodotti sulle piattaforme Google.
Nel pannello di controllo del proprio account Merchant Center sarà presente un nuovo report sulle performance che consente di visualizzare il rendimento dei clic “non pagati” (quelli ottenuti senza sponsorizzazione) su tutte le piattaforme Google, così come avviene attualmente per le campagne sponsorizzate.
Google diventa un eCommerce?
È comunque importante ricordare che Google Shopping non è un classico eCommerce, ma solo canale intermedio che può indirizzare gli utenti interessati sui portali dei rivenditori, dove completare la transazione.
C’è però una novità anche in questa direzione: è sempre Bill Ready ad anticipare che Google ha siglato una partnership con PayPal, dando possibilità ai commercianti di collegare i propri account e di concludere gli acquisti senza passare dai siti dei negozi online. Inoltre, il colosso americano sta lavorando a stretto contatto “con molti dei nostri partner che aiutano i commercianti a gestire i loro prodotti e inventario, tra cui Shopify, WooCommerce e BigCommerce, per rendere il commercio digitale più accessibile per le aziende di tutte le dimensioni”.
La strategia di Google nello shopping online
Se l’obiettivo primario del nuovo Google Shopping è offrire un supporto al commercio in un momento delicato come quello attuale, ci sono ovviamente anche motivi pratici ed economici che hanno convinto Google ad accelerare questa rivoluzione.
Il più evidente è quello di contrastare il dominio di Amazon nel campo dell’eCommerce: l’azienda di Jeff Bezos in questi anni ha continuato a guadagnare quote nella ricerca di prodotti e nella pubblicità online, e rendere gratuita l’esposizione di prodotti in Google Shopping è una mossa che potrebbe riportare Google in vantaggio.
Google ha accesso a più siti Web rispetto a qualsiasi altra piattaforma, e ora molti più rivenditori saranno interessati ad aggiungere schede di prodotti specifiche e gratuite. L’altro punto di forza di Google Shopping è la mole di utenti che utilizzano il motore di ricerca (Google è IL motore di ricerca per il 92% degli utenti a livello mondiale e per il 96% degli italiani), che quindi è il punto di partenza del search journey di milioni di persone.
La rincorsa ad Amazon
Siamo quindi a un nuovo passaggio decisivo nella strategia di Google per dominare anche il segmento dello shopping online.
I punti di forza di Amazon restano la vasta gamma di prodotti disponibili e processi di spedizione evoluti, ma Google può tentare di minare il suo predominio andando a colmare il divario tra consumatori e prodotti e dando visibilità (praticamente) a tutti i siti eCommerce all’interno della stessa piattaforma, e fornendo inoltre più opzioni di acquisto in-stream e sistemi per monitorare l’andamento dei prezzi e acquistare i prodotti quando sono più convenienti.
Se Google Shopping riuscirà a imporsi come destinazione più inclusiva e completa, la battaglia diventerà davvero interessante: l’apertura a tutti i commercianti migliorerà l’offerta di Google e il suo fascino sia per i venditori che per i consumatori. Inoltre – proprio come avviene su Amazon – i rivenditori che vogliono assicurarsi una visibilità di rilievo nei risultati di ricerca potranno continuare a investire negli annunci, emergendo tra milioni di alternative organiche e gratuite.