È una delle domande che più frequentemente rimbalzano nella comunità SEO internazionale, destinata a diventare un tormentone per tutto quest’anno e forse anche oltre: “Come ottimizzare il sito per Google BERT“? Comprendere i motivi di queste preoccupazioni è facile per tutto l’hype generato dal nuovo sistema algoritmico del motore di ricerca, e da Google arrivano anche dei consigli da mettere in pratica per i propri contenuti.
È possibile ottimizzare un sito per Google BERT?
Già in occasione della presentazione ufficiale di Google BERT, Danny Sullivan mise le mani avanti e specificò che “non ci sono interventi di ottimizzazione da fare sui siti” né “strategie da ripensare”, perché il nuovo algoritmo interviene solo sulla comprensione del linguaggio. Parole che servivano a sgomberare il campo da teorie improvvisate e azzardate, ma che non concludono il tema.
Si possono ottimizzare i contenuti
C’è infatti del lavoro del fare per ottimizzare i contenuti, anche se non espressamente incentrati su BERT: ovvero, bisogna continuare a scrivere pensando agli utenti, fornire informazioni utili e pertinenti, curare l’esperienza di chi legge le pagine del nostro sito, fare attenzione a tutti gli aspetti di SEO on page. Quindi, nulla di speciale, ma pubblicare i famosi “contenuti di qualità” secondo l’espressione di Google che ormai conosciamo benissimo.
Nei giorni passati è stato John Mueller a tornare sull’argomento, in un hangout su YouTube, con una spiegazione un po’ più articolata e sfumata su come ottimizzare il sito per Google BERT, dando qualche informazioni aggiuntiva a chi gestisce i siti. Innanzitutto, bisogna chiarire a cosa serve il nuovo algoritmo e perché è in funzione, per poi comprendere cosa fare in concreto per i nostri contenuti.
Google BERT migliora la comprensione del linguaggio nella Ricerca
E dunque, Google BERT serve a capire meglio il linguaggio nel sistema di ricerca, in quasi tutte le lingue del mondo, Italia compresa: raggiungere una “migliore comprensione delle domande o delle query eseguite dalle persone”, da un lato, e “comprendere meglio il testo su una pagina” dall’altro, per offrire le risposte più pertinenti.
Lavorare per offrire contenuti validi per le query
Le query “non sono davvero qualcosa che puoi influenzare tanto con un lavoro SEO“, dice Mueller, ma comunque un lavoro di miglioramento dei contenuti è possibile, perché “il testo sulla pagina è qualcosa che puoi influenzare” e su cui si può intervenire.
Scrivere in modo naturale
Secondo Mueller, la raccomandazione è essenzialmente “di scrivere in modo naturale“: una frase che può sembrare ovvia e scontata, ma “molti di questi algoritmi cercano di capire il testo naturale e di capire meglio quali argomenti tratta una pagina”, per abbinare in modo migliore la query lanciata da un utente con un risultato specifico.
Non fare keyword stuffing, ma pensare ai lettori
Quindi, ancora una volta Google ribadisce che il SEO copywriting deve essere scrivere testi che non cerchino di accontentare i robots, ma di realizzare contenuti che un “uomo normale è capace di comprendere”. Un esempio su tutti, “anziché fare keyword stuffing a manetta, scrivi in modo più vicino al linguaggio normale”.
Valutare la pertinenza del contenuto rispetto alle query
Secondo gli osservatori, come Roger Montti su Search Engine Journal, bisogna sempre più concentrarsi sulla pertinenza di un contenuto rispetto alla query, perché è su questo aspetta che ruotano i più recenti cambiamenti, come Google BERT, il neural matching e già RankBrain, che lavorano tutti per ottimizzare la comprensione del significato del testo.
La pertinenza è diventata un problema perché tanti editori tendono a trascurare il topic – potremmo dire, dimenticano di assecondare il search intent – per concentrarsi soltanto sulle parole chiave, e per questo è interessante che John Mueller abbia citato come errore critico il keyword stuffing, una tecnica che va esattamente in senso opposto a quello della scrittura naturale.