Comunicazione strategica per il fundraising: metodi e strumenti

Generare adesione autentica, trasmettere un senso di appartenenza e costruire relazioni durature: nel fundraising, la comunicazione è il ponte tra la missione dell’ente e chi sceglie di sostenerlo. Non si tratta solo di raccogliere fondi, ma di creare un dialogo continuo con donatori, volontari e aziende, trasformandoli in ambasciatori della causa. Ed è questo uno dei punti chiave emersi nel webinar di SEOZoom Academy con Aldo Lubrani, Digital Fundraiser Specialist, che ha condiviso strategie e strumenti per potenziare l’engagement nel Terzo Settore attraverso una comunicazione mirata. Se fino a qualche anno fa la raccolta fondi si basava su eventi fisici e campagne offline, oggi la digitalizzazione ha ridisegnato completamente le regole. L’espansione del fundraising online, la crescita del Personal Fundraising e l’utilizzo di AI e marketing automation hanno reso sempre più centrale il modo in cui un’organizzazione riesce a raccontare la propria missione e coinvolgere il pubblico – e l’80% degli utenti online italiani ha effettuato almeno una donazione nel 2023, con un incremento delle micro-donazioni e del ruolo delle community digitali. Ma come rendere efficace questa trasformazione? Quali leve comunicative favoriscono la fidelizzazione dei donatori? Grazie agli insight del webinar con Aldo Lubrani e ai dati più recenti sul fundraising digitale, vedremo come il Terzo Settore possa rafforzare il proprio legame con donatori e aziende, utilizzando un tono autentico e strumenti digitali per ottimizzare la raccolta e trasformare donazioni occasionali in supporto continuativo.

Che cos’è la comunicazione nel fundraising per il Terzo Settore

La comunicazione nel fundraising è un mezzo per informare il pubblico sulle attività di un’organizzazione non profit, ma rappresenta soprattutto il pilastro fondamentale per attivare, coinvolgere e fidelizzare i donatori. Chi sostiene una causa vuole conoscere la missione, capire l’impatto della propria donazione e sentire di far parte di un cambiamento concreto: per questo, le strategie comunicative devono essere progettate per instaurare una relazione di fiducia e mantenere vivo il legame nel tempo.

Dai più valore alla tua strategia di fundraising
Messaggi mirati e personalizzazione sono essenziali per il Terzo Settore. Aldo Lubrani ti spiega come ottimizzare le strategie di engagement e costruire messaggi coinvolgenti che trasformano i donatori in sostenitori fedeli.
Webinar

A differenza del settore Profit, che struttura la comunicazione con logiche orientate alla conversione immediata, il fundraising necessita di un approccio che metta al centro l’esperienza del donatore e la narrazione della missione. Un messaggio autentico, costruito con criteri di trasparenza e coerenza, genera maggiore empatia e stimola un senso di appartenenza più significativo rispetto a una richiesta generica di sostegno economico.

Il linguaggio utilizzato deve rispecchiare il tono e i valori dell’ente, ma anche adattarsi ai diversi destinatari: un messaggio rivolto a un donatore abituale avrà un’impostazione differente rispetto a uno destinato a un nuovo sostenitore o a un’azienda partner. Comprendere questi meccanismi aiuta a sviluppare strategie di comunicazione più efficaci e orientate alla costruzione di un rapporto duraturo con la propria community, come ha ben spiegato Lubrani nel webinar di SEOZoom Academy.

La trasformazione digitale del fundraising

L’adozione di strumenti tecnologici ha rivoluzionato le modalità con cui le organizzazioni non profit gestiscono la raccolta fondi, introducendo nuove dinamiche di interazione con i donatori e opportunità per ampliare il raggio d’azione delle campagne. Se in passato la raccolta fondi era legata quasi esclusivamente a contatti diretti, eventi fisici e mailing cartaceo, oggi le piattaforme digitali consentono una gestione più scalabile e accessibile, abbattendo molte delle barriere logistiche tradizionali.

Uno degli aspetti più significativi della digitalizzazione è l’introduzione di strategie data-driven, che permettono agli enti di analizzare il comportamento dei donatori e strutturare campagne sempre più efficaci. L’uso dei dati non si limita alla sola registrazione delle transazioni, ma consente di affinare le strategie di engagement, individuando i migliori momenti per lanciare campagne, personalizzare le richieste di donazione ed evitare dispersioni di budget su target poco reattivi.

Un altro impatto rilevante è la possibilità di automatizzare molti processi di fundraising, riducendo il carico operativo dell’ente e migliorando l’efficienza nella gestione delle risorse. Grazie all’Intelligenza Artificiale e ai software di CRM avanzati, oggi le organizzazioni possono ottimizzare il follow-up con i donatori, schedulare in modo intelligente le comunicazioni e impostare risposte dinamiche in base alle interazioni ricevute.

Infine, il fundraising digitale ha favorito la crescita delle donazioni ricorrenti attraverso modelli di subscription giving o membership program, in cui il donatore sostiene la causa con un contributo periodico. Questo approccio rappresenta un’evoluzione rispetto alle donazioni una tantum e consente agli enti di rendere più prevedibili e stabili le entrate.

Differenze tra comunicazione Profit e Non Profit

Le strategie di comunicazione nel Terzo Settore si distinguono nettamente da quelle del Profit, dove il focus principale è orientato alla conversione degli utenti in clienti: mentre le aziende strutturano le loro campagne per massimizzare le vendite di prodotti o servizi, le realtà Non Profit puntano a creare relazioni di lungo periodo con i sostenitori, stimolando la partecipazione e la consapevolezza attorno a una causa.

Un aspetto centrale di questa differenza è il tone of voice adottato nelle comunicazioni. Nel Profit, il linguaggio è spesso persuasivo e basato su trigger psicologici mutuati dal neuromarketing che spingono all’acquisto, enfatizzando vantaggi, urgenza e unicità dell’offerta. Nel Non Profit, invece, prevale un approccio più empatico e assertivo, che mira a generare un legame emotivo con il pubblico attraverso storie reali, testimonianze dirette e messaggi autentici. L’obiettivo non è convincere qualcuno a comprare, ma ispirarlo ad agire per un cambiamento concreto.

Anche le metriche di valutazione del successo riflettono questi approcci differenti. Nel Profit, il monitoraggio dell’efficacia si basa su KPI legati al ritorno economico, come tasso di conversione, lifetime value e customer acquisition cost. Nel Non Profit, oltre agli indicatori economici relativi alle donazioni, assume un ruolo chiave l’impatto sociale, misurato attraverso la partecipazione, l’interazione degli utenti e la diffusione della causa nella comunità.

Questa distinzione si riflette anche nelle modalità di engagement: mentre il Profit si affida a programmi di fidelizzazione e offerte esclusive per mantenere l’attenzione dei clienti, il Non Profit lavora sull’inclusione attiva dei donatori in iniziative di volontariato, eventi di sensibilizzazione e campagne di raccolta fondi partecipative. L’accento è posto sull’appartenenza a un movimento, piuttosto che su un vantaggio individuale.

Conoscere queste differenze è essenziale per costruire una strategia di fundraising efficace. Adottare un linguaggio adeguato, valorizzare il coinvolgimento e misurare il successo non solo in termini economici, ma anche di impatto relazionale e sociale, permette alle organizzazioni di creare una comunicazione realmente in grado di ispirare e fidelizzare i donatori.

Perché una comunicazione efficace è cruciale nel fundraising

Creare una connessione con i donatori non significa solo convincerli a fare una donazione, ma piuttosto instaurare un rapporto che li porti a sentire un coinvolgimento diretto e continuativo con la missione dell’organizzazione. La comunicazione nel fundraising ha dunque un ruolo strategico: è il tramite attraverso cui l’ente no-profit può trasmettere fiducia, costruire relazioni durature e rafforzare il senso di appartenenza alla causa.

Una comunicazione efficace parte spiegando perché una donazione è necessaria, e trasforma l’atto del donare in un’esperienza significativa, in cui il sostenitore si sente parte attiva del cambiamento. Le organizzazioni non profit che riescono a coinvolgere il pubblico con un linguaggio autentico e con contenuti narrativi ben strutturati hanno più possibilità di costruire una base solida di donatori ricorrenti, riducendo il rischio che il supporto si esaurisca dopo un singolo contributo.

In particolare, la crescita del Personal Fundraising e la trasformazione del donatore in ambasciatore della causa hanno modificato le modalità di interazione tra enti e sostenitori. Chi sceglie di donare oggi non vuole essere un semplice spettatore, ma aspira a un ruolo attivo: un cambiamento che si riflette sia nella costruzione delle campagne di raccolta fondi sia nella scelta del tono di voce e dei canali di comunicazione più efficaci.

L’integrazione tra storytelling, dati e strategie di engagement digitale rende possibile un’interazione più fluida tra organizzazioni e sostenitori, permettendo non solo di attrarre nuovi donatori, ma anche di fidelizzare quelli esistenti, trasformandoli progressivamente in promotori dell’iniziativa.

Il donatore non è più passivo: vuole essere ambasciatore

I donatori di oggi non vogliono più limitarsi a effettuare una donazione e restare spettatori: sempre più persone sentono la necessità di partecipare attivamente alla causa, diffondere il messaggio e coinvolgere la propria rete di contatti nel sostegno alla missione. Questo cambiamento sta ridefinendo le strategie di fundraising, spingendo le organizzazioni a costruire percorsi di engagement più dinamici e bidirezionali, come evidenziato dal webinar.

Le persone sono più propense a sostenere una causa quando vedono il proprio contributo associato a una storia concreta, e questa narrazione diventa ancora più efficace quando viene diffusa direttamente dagli stessi sostenitori, attraverso social media, eventi e attività personali.

Le community digitali e le piattaforme di micro-donazione hanno avuto un ruolo fondamentale in questo cambiamento. Grazie al crowdfunding e ai programmi di fundraising peer-to-peer, chi decide di sostenere un’iniziativa può promuoverla attraverso i propri canali di comunicazione, coinvolgendo amici, familiari e colleghi nella raccolta fondi. Questo meccanismo amplia esponenzialmente la portata di una campagna, perché trasforma ogni singolo donatore in un vero e proprio promotore della causa.

L’efficacia di questa dinamica è evidente nell’aumento delle micro-donazioni, che si stanno affermando come un modello sempre più diffuso nel fundraising digitale. Piuttosto che fare affidamento su pochi donatori con contributi elevati, molte organizzazioni riescono a sostenere le proprie attività grazie a tante piccole donazioni distribuite su un numero maggiore di sostenitori.

Coinvolgere il pubblico in iniziative esperienziali, eventi solidali e campagne interattive rafforza il senso di appartenenza e genera un impatto più duraturo rispetto alla semplice richiesta di contributi economici. Per rispondere a queste nuove esigenze, le strategie di fundraising devono essere ripensate in ottica di dialogo bidirezionale, in cui il donatore non è solo un destinatario di richieste, ma un interlocutore attivo con cui costruire una relazione continuativa e significativa.

Coinvolgimento e fidelizzazione: il connubio vincente

Creare coinvolgimento nel fundraising significa proprio trasformare un singolo atto di donazione in un rapporto duraturo tra il sostenitore e l’organizzazione. La capacità di mantenere viva l’interazione con il pubblico è ciò che distingue una raccolta fondi occasionale da una strategia di lungo termine.

Il senso di appartenenza del donatore si rafforza quando percepisce che il suo contributo ha un impatto concreto sulla causa. Per questo motivo, le organizzazioni devono lavorare alla costruzione di un dialogo continuativo, che vada oltre la sollecitazione alla donazione e offra costanti opportunità di partecipazione. Strumenti come webinar tematici, eventi dedicati e comunicazioni esclusive sono soluzioni efficaci per consolidare la relazione.

Un altro aspetto fondamentale della fidelizzazione è il riconoscimento del donatore, che non deve sentirsi trattato come un semplice finanziatore, ma piuttosto come un partner attivo nella missione dell’organizzazione. Coinvolgerlo in aggiornamenti progettuali personalizzati, condividere testimonianze dirette e integrare il suo contributo all’interno della narrazione dell’ente sono strategie che rafforzano il suo impegno nel tempo.

Uno degli strumenti più potenti in questo processo è lo storytelling: le storie personali e le testimonianze autentiche hanno un impatto profondo sulle persone, permettendo loro di identificarsi nella causa e comprendere concretamente gli effetti del loro sostegno. Raccontare il percorso di chi beneficia delle donazioni aiuta a costruire una connessione emotiva, spingendo il donatore a rinnovare il suo impegno e a condividerlo con altri.

Parallelamente, un’efficace strategia di nurturing del donatore prevede l’utilizzo di diversi touchpoint per mantenere attiva l’interazione. Le email personalizzate, ad esempio, non devono limitarsi a semplici richieste di donazione, ma offrire aggiornamenti sullo stato delle campagne, raccontare i risultati raggiunti e coinvolgere il sostenitore in eventi digitali o webinar tematici. Questo approccio non solo migliora il tasso di retention, ma rafforza la fiducia nel progetto.

Strumenti digitali per una comunicazione di fundraising efficace

Le strategie digitali hanno trasformato il modo in cui le organizzazioni gestiscono la comunicazione con i donatori, introducendo strumenti che migliorano la segmentazione del pubblico, l’automazione delle interazioni e la personalizzazione delle campagne. L’adozione di piattaforme digitali ha reso le comunicazioni più dirette e mirate, consentendo di monitorare le metriche in tempo reale e ottimizzare le campagne sulla base dei risultati ottenuti.

Tra le risorse più utilizzate nel fundraising digitale troviamo:

  • CRM avanzati e database segmentati, che permettono di mantenere organizzate le informazioni sui donatori e personalizzare i messaggi in base alla loro storia di interazione con l’organizzazione. Non a caso, Lubrani ha definito i database un “tesoro della comunicazione”.
  • Email marketing automation, che consente di impostare sequenze di comunicazione adattive, in funzione delle azioni compiute dai sostenitori.
  • Social media e piattaforme di messaggistica, utilizzati per creare un contatto diretto e informale tra l’organizzazione e il donatore.

Oltre a questi strumenti, l’Intelligenza Artificiale generativa è attualmente impiegata in modo operativo, con funzionalità legate all’ottimizzazione della segmentazione, all’analisi dei risultati e alla gestione delle interazioni con i sostenitori attraverso chatbot e risposte automatizzate. Le tecnologie AI attuali aiutano le organizzazioni a gestire più efficacemente le campagne in corso, migliorando la precisione nel coinvolgimento dei donatori e nel monitoraggio delle performance.

Tecnologie e strategie digitali per massimizzare l’efficacia del fundraising

Approfondendo questi aspetti, l’uso mirato di strumenti digitali permette alle organizzazioni di ottimizzare ogni fase della comunicazione con i donatori, passando dalla gestione strutturata dei dati alla personalizzazione avanzata dei messaggi e bilanciando automazione e interazione diretta.

Una strategia efficace parte dalla segmentazione del database, che consente di profilare i donatori in base alla loro frequenza di donazione, al tipo di interazione con l’ente e agli interessi espressi. Questo approccio non si limita all’analisi delle transazioni, ma comprende anche il coinvolgimento con le email, l’interazione con i contenuti social e le preferenze espresse dai donatori stessi, e permette quindi di identificare i sostenitori più attivi e personalizzare l’invio di contenuti in base ai loro comportamenti. Automatizzare il processo di segmentazione aiuta a creare campagne più efficaci, evitando comunicazioni generiche e migliorando i tassi di conversione.

L’email marketing resta uno dei canali più utilizzati per il fundraising, ma è sempre più determinante l’uso di automazioni avanzate. Le organizzazioni possono impostare sequenze di messaggi che si adattano alle azioni dell’utente, come un follow-up personalizzato dopo una donazione o un reminder per chi in passato ha sostenuto una campagna ma non ha ancora rinnovato il contributo. Scrivere email coinvolgenti, basate su un tono di voce coerente con la missione, aumenta la probabilità di interazione e di conversione, migliorando il tasso di apertura delle email e il livello di coinvolgimento.

I social media e le piattaforme di messaggistica completano la strategia, offrendo un’interazione veloce e diretta con i donatori. Facebook, Instagram e LinkedIn permettono di amplificare il messaggio e creare una community intorno all’associazione, mentre strumenti come WhatsApp e Telegram vengono utilizzati per inviare aggiornamenti rapidi e coinvolgere il pubblico con chatbot automatizzati o messaggi personalizzati. L’uso di questi strumenti è particolarmente utile per stimolare conversazioni più immediate rispetto alle email, mantenendo collegate le persone alla causa anche fuori dalle campagne di raccolta fondi.

SEO e content marketing per il fundraising

Anche la SEO e il content marketing giocano un ruolo essenziale per intercettare nuovi sostenitori fin dalla fase iniziale del loro percorso. Creare contenuti ottimizzati per la ricerca permette di raggiungere persone interessate a una determinata causa, educandole e spingendole a entrare in contatto con l’organizzazione. Blog, video-testimonianze e podcast arricchiscono la narrazione del fundraising, trasformando la comunicazione dell’ente in un’esperienza più immersiva e coinvolgente.

L’ottimizzazione SEO parte dall’analisi delle query di ricerca legate al settore non profit, per comprendere su quali argomenti costruire contenuti che possano attrarre pubblico in target. Blog, landing page per le donazioni e pagine istituzionali devono essere costruite con un’intenzione informativa e coinvolgente, rispondendo alle domande di chi è alla ricerca di modi per supportare una causa.

Parallelamente, il content marketing non si limita ai soli articoli testuali, ma si estende ai video, ai podcast e alle testimonianze dirette che raccontano l’impatto delle donazioni. L’uso di queste risorse non solo migliora il posizionamento sui motori di ricerca, ma aumenta le probabilità di conversione, fornendo un contesto emotivo e narrativo ai potenziali sostenitori.

L’obiettivo della SEO per il fundraising non è misurare il comportamento dei donatori già acquisiti, ma intercettare chi ancora non conosce l’organizzazione, indirizzandolo verso il sito e facilitando il primo contatto.

Strategie di personalizzazione della comunicazione per donatori e aziende

Personalizzare i messaggi di fundraising significa creare un dialogo su misura con ciascun interlocutore, strutturando una comunicazione che tenga conto degli interessi, delle motivazioni e del livello di coinvolgimento del destinatario. Un approccio efficace deve differenziare le modalità di interazione a seconda che si parli con donatori, volontari o aziende partner, adottando toni, contenuti e strategie adeguati al target specifico.

Nel fundraising, il successo di una campagna non dipende solo dalla capacità di diffondere il messaggio, ma dalla sua rilevanza per chi lo riceve. I donatori individuali necessitano di un linguaggio emotivo e coinvolgente, i volontari devono sentirsi parte integrante della missione e le aziende devono percepire un valore concreto nel loro impegno. Ogni segmento richiede dunque un diverso livello di personalizzazione, sfruttando strumenti digitali e tecniche di comunicazione che rendano ogni interazione significativa.

Creare un messaggio efficace per il singolo donatore

I donatori non rispondono in modo uniforme alle richieste di contributo: ciò che li motiva è spesso un insieme di fattori personali, emotivi e valoriali. Per questo motivo, il messaggio rivolto a loro deve essere calibrato sulla base di ciò che li spinge a donare, creando una connessione individuale e aumentando le probabilità di una relazione continuativa.

Il tone of voice personalizzato è un elemento decisivo nella comunicazione con i donatori. Mentre alcune persone rispondono meglio a un messaggio emotivamente coinvolgente, altre potrebbero preferire un approccio più razionale e informativo. Utilizzare un linguaggio chiaro, accessibile e adattato al contesto è essenziale per massimizzare l’efficacia del messaggio. Evitare genericità e rendere ogni comunicazione diretta e significativa rafforza il legame tra donatore e organizzazione.

Anche le tecniche di copywriting giocano un ruolo chiave nel fundraising. Un messaggio efficace deve avere una struttura che catturi l’attenzione fin dalle prime righe, evidenziando in modo concreto perché la donazione è importante e quale impatto genererà. Creare un senso di urgenza senza risultare forzati, usare narrazioni autentiche e concludere sempre con una call to action chiara sono elementi indispensabili per stimolare l’azione da parte del donatore.

Comunicare con i volontari per renderli parte attiva

I volontari sono una componente fondamentale per il successo delle organizzazioni non profit, non solo per il supporto operativo che forniscono, ma anche perché sono tra i primi ambasciatori della missione. Coinvolgere attivamente i volontari significa rendere il loro contributo più significativo e rafforzare il loro legame con la causa, aumentando la possibilità che diventino promotori delle iniziative di fundraising.

Il ruolo dei volontari nella diffusione della missione non si limita alla partecipazione attiva nelle attività dell’ente. Molti volontari scelgono di supportare l’organizzazione anche oltre il loro tempo operativo, condividendo le campagne sui social, invitando amici e familiari a donare o partecipando personalmente alla raccolta fondi tramite iniziative di Personal Fundraising. Creare messaggi specifici per loro, spiegando come possono amplificare la portata della causa, li rende più inclini a diventare parte attiva della strategia di comunicazione.

Una comunicazione efficace con i volontari deve valorizzarne il contributo, mostrando i risultati tangibili del loro impegno. Aggiornamenti regolari sulle iniziative dell’ente, email personalizzate con storie di successo e inviti a eventi speciali sono strumenti utili per rafforzarne il senso di appartenenza e motivarli a un coinvolgimento più profondo.

Coinvolgere le aziende: fundraising e Corporate Social Responsibility (CSR)

Le aziende rappresentano un partner strategico per le organizzazioni del Terzo Settore, sia in termini di donazioni dirette che di collaborazione su iniziative di CSR. Tuttavia, per attirare l’attenzione del mondo corporate, è necessario adottare un linguaggio e una modalità di contatto specifici, che vadano oltre la semplice richiesta economica e mettano in evidenza i benefici reciproci della collaborazione.

La comunicazione con le aziende deve essere strutturata secondo una logica di valore, dimostrando come il sostegno alla causa possa rafforzare anche l’identità aziendale. Elementi come l’impatto sociale positivo, il miglioramento della brand reputation e il coinvolgimento dei dipendenti in attività solidali devono essere messi in evidenza per incentivare l’azienda a supportare un progetto di fundraising.

Le realtà che adottano modelli di CSR spesso cercano opportunità di partnership strategiche che vadano oltre la semplice erogazione di fondi. Organizzare eventi con il coinvolgimento attivo dei dipendenti, creare campagne di matching gift e sviluppare progetti di volontariato aziendale sono esempi di iniziative che possono favorire collaborazioni più solide e durature. Anche la comunicazione post-donazione riveste un ruolo cruciale: aggiornamenti periodici sulle attività sostenute e report dettagliati sull’impatto generato aiutano le aziende a percepire un ritorno concreto del loro investimento sociale e a rafforzare la continuità del supporto.

Personal Fundraising: trasformare i donatori in ambasciatori della causa

Il fundraising ha subito un’evoluzione significativa con l’avvento del digitale, passando da un modello centralizzato, in cui le organizzazioni erano l’unico punto di riferimento per le donazioni, a un approccio più diffuso e partecipativo. Il Personal Fundraising, noto anche come fundraising peer-to-peer, rappresenta un cambio di paradigma: i donatori non si limitano più a sostenere economicamente un progetto, ma diventano veri e propri ambasciatori della causa, attivandosi in prima persona per raccogliere fondi e sensibilizzare la propria rete.

Questo modello si basa su un principio chiave: le persone sono più inclini a donare quando la richiesta arriva da qualcuno che conoscono e di cui si fidano. Il donatore diventa parte attiva della raccolta, coinvolgendo amici, colleghi e familiari in maniera diretta, amplificando così la portata di una campagna e creando un effetto moltiplicatore.

Attraverso il Personal Fundraising, le organizzazioni possono costruire una community solida e attiva, nella quale il supporto alla causa diventa non solo un gesto economico, ma un’esperienza condivisa. Incentivare questo tipo di partecipazione non solo rafforza il legame con i donatori, ma permette di attrarre nuove risorse in modo più spontaneo e capillare rispetto alle campagne tradizionali.

Cos’è il Personal Fundraising

Il Personal Fundraising o fundraising peer-to-peer è un modello che permette ai sostenitori di una causa di trasformarsi in promotori diretti della raccolta fondi, attivando campagne indipendenti per coinvolgere la propria rete di contatti personali. Questa modalità di partecipazione consente di amplificare il raggio d’azione di un’iniziativa, sfruttando il potere del passaparola e della fiducia tra pari.

Le piattaforme digitali hanno reso questo processo più accessibile, offrendo strumenti intuitivi per creare pagine personalizzate di raccolta fondi, gestire donazioni in autonomia e condividere facilmente la campagna attraverso social media e sistemi di messaggistica. La chiave del successo di questo modello è il coinvolgimento emotivo, in quanto i donatori tendono a rispondere più positivamente a richieste che provengono da persone vicine, piuttosto che a messaggi istituzionali.

Le campagne di Personal Fundraising possono essere attivate in diverse occasioni, come eventi sportivi, celebrazioni personali (compleanni, matrimoni, anniversari solidali) o sfide collettive, in cui i partecipanti si impegnano a raccogliere un determinato importo per supportare un progetto specifico. Questa dinamica non solo aumenta il volume delle donazioni, ma rafforza anche la connessione tra il sostenitore e l’organizzazione, migliorando le possibilità di fidelizzazione nel lungo termine.

Come attivare una campagna di Personal Fundraising

Perché il Personal Fundraising funzioni, è necessario che la campagna sia strutturata in modo da incentivare la partecipazione dei sostenitori e fornirgli gli strumenti adeguati per diffondere il messaggio alla propria rete. Il fattore chiave è la motivazione personale: chi decide di lanciare una raccolta fondi lo fa perché crede profondamente nella causa, ma deve avere modo di trasmettere questa convinzione con un messaggio chiaro e coinvolgente.

Una delle leve motivazionali più forti è legare la raccolta a un evento significativo, come una sfida personale, una ricorrenza o un’iniziativa collettiva che abbia valore per il fundraiser e per il suo pubblico. Le persone si attivano più facilmente quando vedono un nesso tra il gesto del fundraiser e l’impatto che la donazione può avere. Questo vale per iniziative spontanee, come un compleanno solidale, ma anche per campagne strutturate, come quelle abbinate a eventi sportivi o aziendali.

Per garantire il successo di una campagna di Personal Fundraising, è fondamentale scegliere i canali giusti per la promozione. Le piattaforme di crowdfunding, come Rete del Dono, GoFundMe o JustGiving, offrono strumenti intuitivi per creare pagine personalizzate, impostare obiettivi chiari e monitorare i progressi della raccolta in tempo reale. Tuttavia, la promozione non può limitarsi alla piattaforma: il fundraiser deve utilizzare i propri canali personali, come social media, email e gruppi WhatsApp, per diffondere il messaggio in modo efficace e coinvolgente.

Coinvolgere il pubblico significa anche rendere tangibile l’impatto della donazione attraverso aggiornamenti continui: chi dona vuole sapere come il proprio contributo sta facendo la differenza. Per questo, inviare messaggi di ringraziamento personalizzati, condividere video-testimonianze e raccontare i risultati ottenuti aiuta non solo a mantenere alto l’engagement, ma anche a incentivare una maggiore partecipazione alla campagna.

Creare una guida per i fundraiser, con materiali preconfezionati (come testi personalizzabili, immagini e suggerimenti per la promozione), può facilitare il processo per chi desidera attivarsi, riducendo le barriere alla partecipazione e aumentando l’efficacia complessiva della raccolta fondi.

Errori da evitare nella comunicazione per il fundraising

Una strategia di fundraising efficace non si basa solo su una narrazione coinvolgente o sull’uso di strumenti digitali avanzati: deve anche evitare una serie di errori ricorrenti che possono compromettere il coinvolgimento dei donatori e la sostenibilità del progetto nel tempo. La fase di comunicazione gioca un ruolo determinante nel successo della raccolta fondi, perché determina il modo in cui il pubblico percepisce la causa e stabilisce un legame con l’organizzazione.

Molte campagne di fundraising falliscono perché si concentrano esclusivamente sul momento della donazione, trascurando il processo complessivo di coinvolgimento e fidelizzazione. I donatori, infatti, non vogliono sentirsi destinatari passivi di richieste economiche, ma parte di un progetto più grande, con cui possono interagire nel tempo e vedere risultati concreti.

Evitare errori nella comunicazione significa valorizzare il rapporto con i sostenitori, fornire loro motivazioni reali per contribuire e trasformare la donazione in un’esperienza continua, anziché in un gesto isolato. Analizziamo alcuni degli sbagli più comuni che possono ridurre l’efficacia di una campagna di fundraising.

  1. Standardizzare i messaggi senza personalizzazione

Un errore diffuso nelle campagne di fundraising è l’invio di comunicazioni generiche, che non tengono conto del profilo e della storia del donatore. Quando un messaggio appare impersonale o poco mirato, il rischio è che venga ignorato o percepito come una richiesta indistinta, priva di reale coinvolgimento. I donatori si aspettano un trattamento personalizzato, che rifletta il loro contributo alla causa e valorizzi il loro ruolo nel progetto. La personalizzazione non riguarda solo l’uso del nome nel testo dell’email, ma l’intera strategia comunicativa: inviare contenuti pertinenti, basati sulle preferenze e sulle interazioni precedenti, aumenta il tasso di risposta e rafforza il legame tra donatore e organizzazione.

Per evitare questa standardizzazione, le organizzazioni devono investire nella segmentazione del pubblico, adattando i messaggi a seconda che si tratti di nuovi sostenitori, donatori abituali o grandi finanziatori. Ogni categoria ha motivazioni diverse, e una comunicazione efficace deve rispondere alle loro specifiche esigenze e desideri di coinvolgimento.

  1. Ignorare il database e la segmentazione

Un database ben gestito è uno degli strumenti più preziosi nel fundraising digitale, eppure molte realtà non profit lo utilizzano in modo superficiale, senza sfruttarne il potenziale per creare un dialogo più efficace con i donatori. La segmentazione dei contatti consente di inviare messaggi mirati, evitando di adottare strategie “one-size-fits-all” che risultano poco incisive. Ignorare la segmentazione significa non distinguere tra un donatore che ha contribuito una sola volta, uno che dona regolarmente e uno che potrebbe potenzialmente diventare un grande sostenitore. Ognuno di questi profili necessita di un approccio diverso: mentre un nuovo donatore può necessitare di contenuti educativi che spiegano la missione dell’ente, un sostenitore abituale può essere coinvolto in modo più diretto, con aggiornamenti sui progetti che ha già supportato.

Ottimizzare l’uso del database significa anche raccogliere informazioni utili, come preferenze di comunicazione, interessi specifici e disponibilità di partecipazione a eventi. Utilizzare questi dati consente di creare campagne più efficaci, riducendo il distacco tra l’organizzazione e la sua base di sostenitori.

  1. Non creare continuità di comunicazione post-donazione

Uno degli errori più comuni nel fundraising è considerare la donazione come il momento conclusivo del rapporto con il sostenitore. Spesso, dopo aver ricevuto il contributo, le organizzazioni cessano la comunicazione attiva o inviano solo aggiornamenti sporadici, facendo percepire al donatore una mancanza di coinvolgimento. Un’efficace strategia post-donazione prevede azioni concrete per mantenere aperto il dialogo, come l’invio tempestivo di email di ringraziamento immediatamente successive alla transazione, seguite da aggiornamenti periodici che mostrino gli effetti tangibili del sostegno ricevuto. La chiave è creare un flusso di comunicazione regolare, che tenga informato il donatore e lo incentivi a rimanere connesso con la missione dell’ente.

Le email di follow-up devono essere concepite non solo per informare, ma anche per stimolare una nuova interazione, che può avvenire attraverso la condivisione di contenuti speciali, inviti a eventi digitali o il coinvolgimento in attività di volontariato. Se il donatore non riceve un riscontro dopo il suo contributo, sarà meno propenso a effettuare una seconda donazione o a promuovere l’iniziativa nella sua rete personale.

  1. Non coinvolgere attivamente il donatore oltre la transazione

Il coinvolgimento dei donatori non si esaurisce con il semplice versamento di una somma di denaro. Chi sceglie di supportare una causa generalmente ha un interesse più profondo per la missione dell’organizzazione, ma spesso non viene stimolato a partecipare in altri modi. Uno dei principali errori è trattare il donatore come un semplice “finanziatore” e non come un potenziale ambasciatore della causa. Molti sostenitori sarebbero disposti a fare di più se solo ricevessero stimoli concreti per partecipare in altri modi, come organizzare una raccolta fondi personale, partecipare a eventi solidali o promuovere il progetto attraverso i propri canali social.

Fornire opportunità di engagement al di fuori della semplice donazione può fare la differenza tra un donatore occasionale e un sostenitore attivo. Coinvolgere chi ha già dimostrato interesse significa costruire rapporti più duraturi e aumentare il valore complessivo del fundraising, non solo in termini economici, ma anche in termini di impatto e diffusione della missione.

Come misurare il successo della comunicazione nel fundraising

Senza un sistema di misurazione chiaro, è impossibile capire quali azioni funzionano, quali necessitano di ottimizzazione e come migliorare l’engagement con i donatori: ciò vale anche per le organizzazioni non profit, che devono quindi basare la propria strategia su dati concreti, adottando strumenti di analisi che permettano di valutare l’impatto delle campagne e affinare progressivamente i messaggi inviati.

La digitalizzazione del fundraising ha permesso di raccogliere un’enorme quantità di informazioni sul comportamento dei donatori. Tuttavia, la raccolta di dati ha valore solo se viene trasformata in insight utili per ottimizzare le interazioni e rendere più efficace la narrazione della causa. Monitorare le performance della comunicazione consente anche di dimostrare ai sostenitori l’efficacia del loro contributo e rafforzare il legame tra l’organizzazione e la propria base di donatori.

I principali KPI e metriche di riferimento

Per ottenere una misurazione efficace del successo nel fundraising è fondamentale concentrarsi su KPI chiave che riflettano il livello di coinvolgimento dei donatori, l’impatto delle campagne di comunicazione e la capacità dell’organizzazione di mantenere il rapporto con il pubblico nel tempo.

La misurazione delle performance serve a capire quale strategia ha funzionato meglio, quali canali hanno portato il maggior numero di donazioni e dove è necessario ottimizzare le attività future .

Le email restano uno degli strumenti principali del fundraising digitale, come detto, ed è quindi essenziale valutare tassi di apertura e click-through rate per misurarne l’efficacia. Un basso open rate può indicare problemi nell’oggetto dell’email o nella segmentazione del pubblico, mentre un CTR insufficiente suggerisce che la call to action o il contenuto della mail non sono abbastanza persuasivi.

Nei social media, l’engagement rate è un parametro chiave per valutare quanto i contenuti riescano a coinvolgere il pubblico. Like, commenti e condivisioni sono indicatori di attenzione da parte della community e segnalano l’efficacia del messaggio. Maggiore è l’interazione, più alte sono le possibilità di diffusione organica della campagna.

Un altro KPI fondamentale è il tasso di conversione delle campagne di Personal Fundraising, che misura la percentuale di visitatori che, dopo aver visualizzato una pagina di raccolta fondi, hanno effettivamente effettuato una donazione. Questo valore indica la capacità di una campagna di trasformare l’interesse iniziale in un’azione concreta.

Oltre a questi KPI quantitativi è utile monitorare dati qualitativi, come i feedback ricevuti dagli utenti tramite survey, commenti o messaggi diretti. Interpretare il sentiment dei sostenitori aiuta a comprendere meglio il loro livello di coinvolgimento e il grado di fiducia nei confronti dell’organizzazione.

L’obiettivo della misurazione dei KPI non è generare traffico generico, ma verificare quante delle interazioni ottenute si siano trasformate in donazioni effettive, permettendo così di ottimizzare continuamente la strategia.

L’importanza della rendicontazione ai donatori

Uno degli aspetti più rilevanti nella comunicazione nel fundraising è la trasparenza nella gestione delle donazioni: i sostenitori vogliono sapere in che modo il loro contributo è stato utilizzato e quale impatto ha generato; per questo, fornire una rendicontazione chiara e regolare è essenziale per costruire fiducia e incentivare future donazioni.

Non comunicare adeguatamente i risultati di una raccolta fondi può compromettere il rapporto con i donatori, facendo percepire la donazione come un gesto isolato piuttosto che come parte di un processo più ampio di cambiamento. Aggiornamenti regolari sui progetti finanziati, testimonianze dirette di beneficiari e report dettagliati sulle attività svolte non solo dimostrano l’efficacia dell’iniziativa, ma rafforzano il legame tra chi dona e l’organizzazione.

Uno strumento particolarmente utile per la rendicontazione è la creazione di newsletter dedicate ai donatori, che riportino i progressi delle campagne e gli obiettivi raggiunti. Anche l’uso di video e contenuti visivi per raccontare l’impatto di una donazione può rendere il messaggio più immediato ed emozionale, aiutando i sostenitori a sentirsi ancora più coinvolti.

I trend futuri nel fundraising digitale e comunicazione

L’evoluzione delle tecnologie digitali sta portando a un’integrazione sempre più profonda dell’Intelligenza Artificiale e dell’automazione predittiva nelle strategie di fundraising. Se oggi gli strumenti AI vengono principalmente usati per segmentare e monitorare i donatori, le prospettive future vedono lo sviluppo di soluzioni più sofisticate, capaci di anticipare i comportamenti dei donatori e personalizzare le interazioni in modo dinamico .

Nel prossimo futuro, potremo assistere a un’implementazione più avanzata di:

  • AI predittiva per il fundraising, con l’utilizzo di modelli avanzati capaci di calcolare le probabilità di donazione ricorrente, ottimizzando la gestione dei contatti con segmentazioni ancora più dettagliate.
  • Automazione conversazionale evoluta, con chatbot in grado di riconoscere il tono comunicativo del donatore e adattare le risposte per rendere l’interazione più empatica e coinvolgente.
  • Sentiment analysis applicata al fundraising, per comprendere in tempo reale il livello di coinvolgimento emotivo dei donatori e modulare i contenuti delle comunicazioni di conseguenza.

Un altro grande cambiamento atteso riguarda l’integrazione dell’AI con i sistemi di pagamento, rendendo le donazioni sempre più immediate e prive di attriti: dalle transazioni vocali ai pagamenti automatizzati legati alla rilevazione dell’engagement dell’utente (come ad esempio suggerimenti di donazione basati sulle abitudini di navigazione o sul livello d’interazione con contenuti digitali).

Le organizzazioni che sapranno cogliere queste opportunità avranno la possibilità di rendere il fundraising più efficiente, personalizzato e predittivo, migliorando l’esperienza del donatore e aumentando il tasso di conversione grazie a un adattamento continuo delle strategie di contatto.

L’uso dell’Intelligenza Artificiale per personalizzazione e analisi

Scendendo in maggiori dettagli, l’Intelligenza Artificiale sta offrendo strumenti avanzati per analizzare i comportamenti dei donatori e ottimizzare le interazioni. L’integrazione di AI e CRM consente di tracciare il journey del donatore, anticipare i suoi interessi e proporre comunicazioni più mirate, aumentando il livello di coinvolgimento.

Grazie agli algoritmi predittivi, i sistemi di AI possono segmentare automaticamente la base di sostenitori in base ai loro comportamenti di donazione, preferenze e frequenza di interazione. Questo permette di strutturare messaggi altamente personalizzati, offrendo a ciascun donatore contenuti più pertinenti in base al suo interesse specifico.

Un’area in forte sviluppo è l’uso dei chatbot intelligenti, che facilitano la comunicazione in tempo reale con i donatori, rispondendo a domande frequenti, facilitando le donazioni e incentivando l’interazione con l’ente. Questo approccio migliora l’esperienza utente e consente di mantenere un filo diretto con i sostenitori anche al di fuori delle tradizionali campagne di email marketing.

Oltre alla gestione delle donazioni, l’Intelligenza Artificiale sta trovando applicazioni nel monitoraggio dei dati, permettendo agli enti di misurare con precisione quali strategie stanno funzionando, quali formati di contenuto generano più interazioni e come ottimizzare l’allocazione delle risorse nelle prossime campagne. L’analisi avanzata dei dati diventerà sempre più essenziale per organizzare iniziative di fundraising sostenibili, capaci di adattarsi alle esigenze dinamiche dei donatori e del mercato digitale.

Il crowdfunding e le micro-donazioni digitali

Il crowdfunding continua a rappresentare una delle strategie più efficaci nel fundraising digitale, evolvendo verso modelli sempre più partecipativi e integrati nei comportamenti di donazione quotidiana. La diffusione delle micro-donazioni – piccole somme erogate da un numero elevato di persone – sta modificando l’approccio alla raccolta fondi, dimostrando che la sostenibilità economica di una causa può dipendere anche da contributi frequenti, seppur di importo ridotto.

Piattaforme come Rete del Dono e GoFundMe hanno favorito questa espansione, fornendo strumenti intuitivi per la creazione di campagne e facilitando il passaparola tra le community digitali. Questo modello si lega sempre più all’uso dei social network, dove la condivisione spontanea da parte dei sostenitori amplifica la portata delle iniziative, senza necessità di grandi investimenti pubblicitari.

Gli strumenti di pagamento digitale stanno accelerando ulteriormente la crescita delle micro-donazioni. L’integrazione di wallet digitali come PayPal, Apple Pay e Satispay semplifica il processo di transazione, riducendo le barriere all’ingresso per chi desidera sostenere una causa in modo rapido e sicuro. Inoltre, il modello delle donazioni ricorrenti, che permette di impostare contributi automatici con cadenza mensile o annuale, sta diventando sempre più diffuso, garantendo alle organizzazioni una maggiore prevedibilità nella raccolta fondi.

Il futuro del crowdfunding potrebbe vedere un’integrazione ancora più stretta con strumenti di gamification, premiando il coinvolgimento dei donatori con badge, livelli di riconoscimento o accesso a contenuti esclusivi. Questo approccio, già adottato con successo in alcune campagne internazionali, punta a trasformare il gesto della donazione in un’esperienza partecipativa e motivante, aumentando l’engagement della community.

Le organizzazioni che sapranno sfruttare al meglio il potenziale del crowdfunding e delle micro-donazioni potranno costruire una rete di sostenitori sempre più attiva, incentivando un modello di fundraising decentralizzato in cui ogni donatore ha un ruolo diretto nella promozione della causa.

Il ruolo della comunicazione nel fundraising: l’approfondimento con Aldo Lubrani

L’evoluzione del fundraising digitale e l’importanza di una comunicazione mirata sono stati al centro della lezione di Aldo Lubrani, Digital Fundraiser Specialist ed esperto di raccolta fondi online, che ha portato nel webinar la sua lunga esperienza a supporto di numerose organizzazioni non profit nell’ottimizzazione delle strategie digitali, aiutate a costruire un rapporto più efficace con donatori, volontari e aziende.

Webinar
Rivedi il webinar
Dal Personal Fundraising agli strumenti di engagement, Aldo Lubrani ti mostra le migliori tecniche per rafforzare la relazione con i sostenitori

La sua carriera spazia tra consulenza e formazione: come Project Manager di Rete del Dono, una delle principali piattaforme italiane di crowdfunding solidale, ha approfondito le dinamiche del Personal Fundraising, contribuendo a diffondere la cultura del dono digitale. La sua attività non si limita alla teoria, ma si traduce in azioni concrete che permettono al Terzo Settore di sfruttare appieno il potenziale degli strumenti digitali.

Intervista ad Aldo Lubrani

Nel corso del webinar, Lubrani ha condiviso insight preziosi sul ruolo dell’engagement personalizzato, dell’Intelligenza Artificiale e delle nuove strategie di comunicazione nel fundraising, evidenziando come il donatore moderno non sia più un semplice contribuente, ma un vero e proprio ambasciatore della causa. Per approfondire ulteriormente questi spunti, gli abbiamo rivolto alcune domande specifiche su errori comuni, strategie digitali e modalità innovative per coinvolgere i sostenitori. Ecco cosa ci ha raccontato.

  • Nel fundraising digitale, il donatore è sempre più protagonista e vuole sentirsi ambasciatore della causa. Quali errori vedi più spesso nella comunicazione che ostacolano questo coinvolgimento?

L’errore più comune è “standardizzare”. Comunicare per coinvolgere vuol dire aprire una relazione con il donatore. E puoi farlo solamente con un linguaggio personalizzato in base al destinatario. 

  • Hai sottolineato l’importanza del database come “tesoro” della comunicazione. Secondo te, qual è l’informazione che viene sottovalutata ma che potrebbe fare la differenza nella profilazione dei contatti?

Ce ne sono due: l’area geografica e la professione. 

L’area geografica ti consente di coinvolgere meglio la community facendo leva, per esempio, su eventi e manifestazioni locali. 

La professione, invece, ti consente di mappare meglio la community generando comunicazioni con differenti linguaggi che verranno inoltrate a differenti orari. 

  • Molti si affidano a campagne e-mail e social media, ma hai parlato anche della messaggistica istantanea (WhatsApp, Telegram). Hai visto esempi di successo in cui questi strumenti hanno fatto la differenza?

Assolutamente. La messaggistica è il canale per eccellenza nel fundraising: agile, diretto e immediato. Negli ultimi anni su Rete del Dono ho visto circa l’80% dei personal fundraiser arrivare, e superare, l’obiettivo di raccolta fondi solo ed esclusivamente con WhatsApp, attraverso messaggi personali e gruppi.

  • La comunicazione con le aziende nel Terzo Settore è spesso formale e standardizzata. Qual è il segreto per rendere una campagna davvero coinvolgente?

I dipendenti delle aziende aspirano ad essere coinvolti su iniziative solidali. L’azienda deve quindi puntare a essere di ispirazione creando occasioni di team building e raccolta fondi solidali. Un esempio? Far partecipare i propri dipendenti alla Milano Marathon. L’azienda sceglie la Non Profit da sostenere che dona i pettorali ai dipendenti. I dipendenti si impegnano a raccogliere fondi per partecipare all’evento. L’azienda poi fa un matching gift sulla campagna. Semplice, divertente e soprattutto coinvolgente!

  • Il fundraising oggi non si limita alla richiesta di donazioni, ma punta a fidelizzare nel lungo periodo. Qual è una strategia poco sfruttata che potrebbe aiutare le organizzazioni a mantenere alta l’attenzione dei donatori?

Sicuramente coinvolgere i donatori in riunioni e/o webinar operativi. Il donatore per sentirsi parte attiva del cambiamento generato dal dono, deve conoscerne i dettagli. La newsletter è essenziale, ma non basta. 

  • Hai menzionato il “personal fundraising” come leva potente di coinvolgimento. Ma cosa spinge davvero una persona a trasformarsi in fundraiser attivo per una causa?

Sicuramente la motivazione, che nasce molto spesso da cause personali accadute a te o alle persone che ami. La motivazione è sorretta, infatti, dal desiderio di essere portavoce concreto di un cambiamento. Ambasciatore di una buona causa. Sulla leva della motivazione e dell’appagamento deve essere poi bravo l’Ente del Terzo Settore a valorizzare la persona che sceglie di condividere tempo, risorse e relazioni pur di diffondere la buona. Ricordo che ognuno di noi può essere un potenziale personal fundraiser. 

  • Se dovessi dare un solo consiglio pratico a chi vuole migliorare l’efficacia della propria comunicazione nel Terzo Settore, quale sarebbe?

 “Personalizzazione=perfezione”. Consiglio sempre a Enti del Terzo Settore, consulenti, amici di strutturare una comunicazione personalizzata e che sia soprattutto coerente e coinvolgente. E di metterci la faccia, sempre!

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