Tasso di conversione: cos’è, come si calcola e come migliorarlo
Attirare un cliente in un negozio o portare visitatori su un sito è solo una parte del lavoro: ciò che conta davvero è cosa fanno questi utenti una volta arrivati – acquistano un prodotto, compilano un modulo, si iscrivono a una newsletter? Trasformare l’interesse in un’azione concreta è l’obiettivo di ogni attività, online e offline, e il vero successo si misura nella capacità di convertire le opportunità in risultati. Il tasso di conversione è la metrica che esprime questa efficacia, indicando quante persone compiono l’azione desiderata rispetto al totale dei potenziali clienti coinvolti. È un numero che fa la differenza in qualsiasi settore: per un eCommerce significa vendite generate, per un’azienda B2B può indicare i lead raccolti, per una campagna pubblicitaria segnala il ritorno sull’investimento. Ottimizzare il conversion rate permette di ottenere di più con le stesse risorse, migliorando i risultati senza dover necessariamente aumentare il budget e investire di più in pubblicità o strategie di acquisizione. In questo articolo analizzeremo cosa determina il tasso di conversione, come si calcola e quali strategie consentono di aumentarlo; vedremo dati di riferimento, strumenti utili e tecniche pratiche per migliorare le performance in diversi ambiti. Perché ogni visita, contatto o clic può trasformarsi in qualcosa di più, se viene gestito con la giusta strategia.
Che cos’è il tasso di conversione
Il tasso di conversione è una metrica che misura l’efficacia di un’attività nel trasformare i propri utenti o visitatori in clienti, iscritti o lead qualificati. Rappresenta la percentuale di persone che compiono un’azione desiderata rispetto al totale di coloro che sono esposti a un determinato messaggio, contenuto o offerta. Questa metrica è utilizzata in vari ambiti, dall’eCommerce alla lead generation, dal paid advertising alla user experience, per capire in che misura una campagna o una pagina web riescano a raggiungere gli obiettivi prefissati.
In ambito digital, indica quanto un sito web, una campagna pubblicitaria o una pagina di destinazione riescono a spingere i visitatori a compiere un’azione specifica, che definiamo conversioni.
Per fare un esempio chiarificatore, possiamo immaginare un sito web come un negozio fisico: ogni persona che entra nel negozio è un visitatore, ma non tutti i visitatori compreranno qualcosa. Chi effettivamente acquista un prodotto diventa un cliente “convertito“, e il tasso di conversione è essenzialmente la percentuale di visitatori ha eseguito la desiderata conversione.
Migliorare il tasso di conversione significa ottenere di più con le stesse risorse: un sito che trasforma il 5% dei visitatori in clienti è più efficace di uno che converte solo l’1%, indipendentemente dal numero di utenti totali. Comprendere come funziona questa metrica e quali fattori la influenzano permette di ottimizzare le strategie di acquisizione e massimizzare il valore del traffico del sito.
Definizione di conversione e tasso di conversione
Una conversione si verifica ogni volta che un utente compie un’azione utile per un’attività: può essere l’acquisto di un prodotto, l’iscrizione a una newsletter, la prenotazione di un appuntamento o il download di un contenuto. Il tipo di conversione varia in base agli obiettivi aziendali e al modello di business. Se gestiamo un negozio online, una conversione potrebbe essere l’acquisto di un prodotto; per un blog, potrebbe essere l’iscrizione alla newsletter; per un sito di servizi, la compilazione di un modulo di contatto. In sostanza, una conversione è qualsiasi azione che desideriamo che i visitatori compiano.
Il tasso di conversione viene quindi utilizzato per monitorare la quantità delle conversioni su una pagina web o su una campagna di marketing, a seconda di ciò che abbiamo deciso di monitorare.
Dal punto di vista “numerico”, rappresenta la percentuale di visitatori che completano un obiettivo, come impostato appunto dal proprietario del sito, ed è un valore che si può trovare anche Google Analytics.
In concreto, si calcola prendendo il numero totale di conversioni, diviso per il numero totale di persone che hanno visitato il sito web e moltiplicando questa cifra per 100 per generare una percentuale.
La formula per calcolare il tasso di conversione (o conversion rate) è quindi:
(Numero di conversioni / Numero di visitatori o interazioni) × 100
Un eCommerce, ad esempio, potrebbe registrare 200 vendite su 10.000 visitatori unici mensili, determinando un tasso di conversione del 2%. In un contesto di lead generation, l’azienda potrebbe ricevere 50 richieste di preventivo su 2.000 click generati dalla pubblicità, con un conversion rate del 2,5%.
Il tasso di conversione del sito è pertanto il numero di volte in cui un utente completa un obiettivo diviso per il traffico del sito stesso: se un utente può effettuare una conversione a ogni visita (ad esempio acquistando un prodotto), divideremo semplicemente il numero di conversioni per il numero di sessioni (il numero di volte uniche in cui un utente è arrivato al sito); se vendiamo un abbonamento, divideremo invece il numero di conversioni per il numero di utenti.
Calcolare il tasso di conversione ci consente di impostare un benchmark per il rendimento della pagina web o della campagna: in questo modo, tutte le modifiche apportate e i risultati corrispondenti generati possono essere misurati rispetto al tasso di conversione originale. Un tasso di conversione più alto significa che una percentuale maggiore dei visitatori sta compiendo l’azione desiderata, il che è un buon segno. D’altra parte, un tasso di conversione basso potrebbe indicare che c’è qualcosa che non va, come un design del sito web confuso, un messaggio di marketing poco chiaro o un’offerta non attraente.
Le metriche collegate al tasso di conversione
Il conversion rate è spesso associato ad altre metriche che permettono di avere un quadro più completo delle performance digitali. Tra queste, si distinguono le macro-conversioni e le micro-conversioni, oltre a KPI complementari come il CTR, il bounce rate e il retention rate.
Giusto per ricapitolare, il Click Through Rate rappresenta la percentuale di persone che cliccano su un annuncio o su una call-to-action rispetto al numero di visualizzazioni. Il bounce rate segnala la percentuale di utenti che abbandonano un sito dopo aver visitato una sola pagina – e un tasso di conversione basso combinato con un bounce rate elevato può indicare problemi nella user experience. Infine, il Retention rate indica la percentuale di utenti che ritornano a utilizzare un servizio o un sito dopo una prima conversione, ed è una metrica utile per valutare la fidelizzazione.
Tuttavia, non tutte le conversioni hanno lo stesso valore. Alcune azioni portano un beneficio diretto all’azienda, mentre altre aiutano a guidare l’utente verso un obiettivo finale. Possiamo quindi distinguere:
- Macro-conversioni: azioni che generano un impatto diretto sul fatturato o sugli obiettivi aziendali, come l’acquisto di un prodotto, la sottoscrizione di un abbonamento o la richiesta di preventivo.
- Micro-conversioni: azioni intermedie che preparano l’utente alla conversione principale, come la visualizzazione di una scheda prodotto, il download di una brochure o l’aggiunta di un articolo al carrello.
Analizzare il comportamento degli utenti attraverso queste due categorie permette di identificare i punti critici nel processo di conversione e di intervenire per migliorare il percorso d’acquisto o di iscrizione.
Perché la conversion rate è un KPI critico nel marketing digitale
Il tasso di conversione è una delle metriche più importanti per valutare l’efficacia di un’attività digitale. Aumentare il numero di visitatori su un sito non garantisce un incremento delle vendite o delle iscrizioni, mentre ottimizzare il conversion rate permette di ottenere di più dalle stesse risorse. Un sito con molte visite ma poche conversioni potrebbe avere problemi nell’esperienza utente, nei contenuti, nei prezzi o nelle call-to-action. Misurare e ottimizzare la conversion rate aiuta a identificare e risolvere questi ostacoli, migliorando le performance senza dover necessariamente aumentare il traffico.
Anche nelle campagne pubblicitarie a pagamento la conversion rate è un elemento essenziale. Se una campagna genera molti clic ma poche vendite, significa che il messaggio, la pagina di destinazione o l’offerta non sono abbastanza efficaci. Ridurre il costo per acquisizione cliente (Customer Acquisition Cost – CAC) e massimizzare il rendimento del budget investito è possibile solo con un tasso di conversione solido.
La relazione tra conversion rate e ROI
Il ritorno sull’investimento (ROI) è direttamente influenzato dal tasso di conversione. Se il conversion rate aumenta, il costo per acquisizione diminuisce e il margine di profitto migliora. Ad esempio, una campagna Google Ads che genera 10 vendite su 1.000 clic con un CTR dell’1% potrebbe sembrare poco profittevole, ma se l’ottimizzazione della conversion rate aumenta le vendite a 20 con lo stesso traffico, il ritorno sull’investimento cresce senza bisogno di incrementare il budget pubblicitario.
Ottimizzare il conversion rate è quindi un’operazione strategica che migliora la sostenibilità di qualsiasi attività digitale, rendendo più efficiente ogni euro speso in marketing e pubblicità.
Il tasso di conversione e la performance del sito
Oltre a rappresentare una metrica quantitativa, il conversion rate è un indicatore qualitativo della salute di un sito web. Se gli utenti arrivano ma non interagiscono, il problema potrebbe essere legato alla navigazione, alla chiarezza delle informazioni o alla credibilità del brand.
Un sito con un design poco intuitivo, tempi di caricamento lunghi o un checkout complesso avrà inevitabilmente un conversion rate inferiore. L’usabilità, quindi, gioca un ruolo determinante: rendere i processi più fluidi e immediati può rappresentare la leva principale per migliorare le performance complessive.
Macro e micro-conversioni
Le macro e micro-conversioni permettono di strutturare delle strategie più dettagliate e personalizzate.
Le macro-conversioni rappresentano sempre l’obiettivo principale: per un eCommerce si tratta della vendita, per un sito B2B della richiesta di un preventivo. Tuttavia, il percorso dell’utente non è sempre lineare, ed è qui che entrano in gioco le micro-conversioni, che concorrono alla costruzione della fiducia e all’avvicinamento all’obiettivo finale.
Ad esempio, in un sito di abbigliamento, una macro-conversione è il completamento di un ordine, mentre micro-conversioni possono essere l’iscrizione alla newsletter, l’aggiunta di un prodotto ai preferiti o la visualizzazione della pagina delle recensioni. Tracciarle e ottimizzarle consente di individuare i punti critici nel funnel e migliorare costantemente il tasso di conversione complessivo.
A cosa serve e perché è importante il tasso di conversione
Il tasso di conversione è uno degli indicatori più rilevanti per misurare l’efficacia di una strategia di business, perché fornisce una chiara indicazione dell’efficienza complessiva di un sistema di vendita o di acquisizione contatti. Quando il conversion rate è elevato, significa che il percorso dell’utente è ottimizzato, il valore percepito dell’offerta è chiaro e l’esperienza complessiva è soddisfacente.
Monitorare regolarmente questa metrica è essenziale per qualsiasi tipo di attività, poiché consente di comprendere se il pubblico sta rispondendo positivamente a un’offerta o se ci sono elementi da migliorare. Un tasso di conversione basso può indicare problemi nella user experience, nella qualità del traffico o nella proposta di valore. Al contrario, un aumento della conversion rate porta a una maggiore efficienza, massimizzando i risultati senza dover necessariamente incrementare la spesa pubblicitaria o il volume di traffico.
L’importanza del conversion rate si estende a diversi settori e modelli di business. Per un eCommerce, determinare quante visite si traducono in acquisti aiuta a ottimizzare prezzi, descrizioni di prodotto e il processo di checkout. Per il marketing B2B, migliorare la percentuale di lead che diventano clienti consente di affinare la strategia di lead nurturing. Nei contenuti digitali, studiare l’incidenza delle iscrizioni a una newsletter o dei download di una risorsa permette di valutare l’efficacia della comunicazione e delle call to action.
L’ottimizzazione del conversion rate non riguarda solo il miglioramento di una singola attività, ma influisce sulla sostenibilità economica di un progetto. Se ogni investimento pubblicitario porta a un numero maggiore di conversioni, il costo per acquisizione cliente si riduce e il margine di profitto aumenta. Capire come ottimizzarlo diventa quindi un vantaggio competitivo, specialmente in settori con elevata concorrenza.
Impatto sulle strategie di business e marketing
Un tasso di conversione elevato significa che un’azienda sta riuscendo a rendere efficace il proprio processo di interazione con il pubblico. Questo porta vantaggi diretti sia in termini di redditività che di sostenibilità delle attività di marketing. Quando un sito ha un conversion rate ottimale, ogni visita ottenuta genera un valore più alto. Questo riduce la necessità di investire in costosi aumenti di traffico, rendendo più efficiente il budget disponibile.
Uno degli effetti più evidenti di un buon tasso di conversione è la riduzione del costo di acquisizione cliente (CAC). Se una campagna pubblicitaria attira 10.000 visitatori su una landing page con un conversion rate del 2%, otterrà 200 conversioni. Aumentare il conversion rate al 4% significherebbe ottenere 400 conversioni senza incrementare la spesa pubblicitaria. Questo migliora il ritorno sull’investimento e garantisce una crescita più sostenibile.
L’impatto del tasso di conversione si estende oltre il marketing digitale, coinvolgendo anche le strategie aziendali più ampie. Un’azienda che migliora la propria capacità di convertire i contatti in clienti aumenterà la propria redditività senza dover ampliare costantemente la base di utenti. Questo approccio permette di scalare in modo più controllato, investendo risorse su strategie di fidelizzazione e sul miglioramento della customer experience.
Il tasso di conversione nelle diverse fasi del funnel
Ogni interazione con un potenziale cliente avviene in un contesto preciso, e il conversion rate cambia a seconda della fase in cui si trova l’utente. Il funnel di conversione è un modello che descrive il percorso compiuto dai visitatori, suddiviso in quattro fasi principali: awareness, considerazione, decisione e fidelizzazione.
Nella fase di awareness, la conversione consiste principalmente nell’ottenere un interesse iniziale. L’utente potrebbe visualizzare un post sui social, cliccare su un annuncio o visitare una pagina di un sito per la prima volta. In questo contesto, un buon tasso di conversione riguarda azioni come il tempo speso sulla pagina, l’interazione con i contenuti o l’iscrizione a una newsletter.
Durante la fase di considerazione, gli utenti valutano diverse opzioni prima di prendere una decisione. La conversion rate in questa fase può dipendere da azioni come il download di una guida, il confronto tra diversi prodotti o l’interazione con recensioni e testimonianze. Un sito che facilita il confronto e offre informazioni dettagliate può aumentare significativamente la probabilità di conversione.
Nella fase di decisione, il conversion rate misura direttamente quante persone completano l’azione principale desiderata. In un eCommerce, questo significa finalizzare l’acquisto, in un business B2B può essere la richiesta di un preventivo, mentre in una strategia di lead generation corrisponde alla registrazione a un servizio. Qui entrano in gioco elementi come la chiarezza dei vantaggi offerti, la fiducia nel brand e la semplicità del processo di acquisto.
Infine, la fase di fidelizzazione riguarda il mantenimento della relazione con il cliente. Anche in questo caso esistono metriche di conversione, come il tasso di riacquisto, la partecipazione a programmi fedeltà o l’interazione con contenuti esclusivi. Ottimizzare la conversione in questa fase non solo aumenta il valore di ogni cliente acquisito, ma riduce la dipendenza dalle attività di acquisizione di nuovi utenti, migliorando la stabilità del business nel lungo periodo.
Relazione tra conversion rate e profitti aziendali
Il tasso di conversione ha un impatto diretto sulla redditività di un’azienda. A parità di traffico, un piccolo miglioramento della conversion rate può portare a significativi aumenti di fatturato. Questo avviene perché ogni visita acquisita diventa più preziosa: se il costo per portare un utente su un sito resta invariato, ma la percentuale di chi compie l’azione desiderata aumenta, si ottiene un ritorno maggiore sugli investimenti già effettuati.
L’influenza del conversion rate è evidente anche nell’ottimizzazione del CAC, ossia il costo medio che un’azienda deve sostenere per ottenere un nuovo cliente. Migliorare la conversione significa ridurre il numero di interazioni necessarie affinché un utente completi il suo percorso, abbassando così i costi associati al processo di vendita. Questo concetto è fondamentale nelle campagne pubblicitarie, dove ogni punto percentuale in più nella conversion rate permette di ottimizzare ogni euro investito.
Allo stesso modo, un buon conversion rate aiuta a migliorare la previsione dei ricavi e la pianificazione delle risorse. Un’azienda che conosce con precisione il proprio tasso di conversione può stimare con maggiore accuratezza quanti nuovi clienti otterrà a fronte di un determinato volume di traffico o investimento pubblicitario, rendendo più efficiente il processo decisionale.
Tasso di conversione e strategie di marketing
Nel marketing digitale, il conversion rate è un parametro che determina il successo o il fallimento di una campagna. Ogni forma di promozione finalizzata a ottenere clic, visualizzazioni o engagement deve generare un’azione concreta per essere efficace.
Nel pay-per-click (PPC) il conversion rate determina l’efficacia di ogni euro speso in pubblicità. Se una campagna ha un CTR elevato, ma una conversione bassa, il problema potrebbe derivare dalla qualità della landing page o dal mancato allineamento tra l’annuncio e l’offerta.
Nel content marketing il conversion rate misura l’impatto che un determinato contenuto ha sulle azioni dell’utente. Ad esempio, un blog ottimizzato non si limita a generare traffico, ma guida il lettore verso una specifica azione, come l’iscrizione a una newsletter o il download di una risorsa.
Nell’email marketing la percentuale di conversione indica quanti destinatari compiono l’azione desiderata dopo aver aperto un’email. Ottimizzare la CTA, il copy e la segmentazione del pubblico permette di aumentare il ritorno di ogni campagna.
Chi usa il tasso di conversione e quali settori ne beneficiano
Il tasso di conversione è una metrica trasversale che trova applicazione in molteplici settori e modelli di business. Non riguarda esclusivamente l’eCommerce o la pubblicità online, ma interessa qualsiasi attività in cui sia necessario trasformare un interesse iniziale in un’azione concreta. Che si tratti di un’azienda che vende prodotti fisici, di un servizio in abbonamento o di un blog che mira a fidelizzare il proprio pubblico, il conversion rate rappresenta un indicatore chiave di performance.
Gli ambiti in cui questa metrica è ampiamente utilizzata sono molteplici e presentano obiettivi differenti. Nel settore del marketing digitale, il tasso di conversione viene impiegato per misurare l’efficacia delle campagne pubblicitarie e valutare il ritorno sugli investimenti pubblicitari. Nel commercio online, assume un ruolo determinante nella misurazione della percentuale di visitatori che acquistano un prodotto. Nei modelli di business basati su abbonamenti o SaaS, indica quanti utenti passano dalla fase di prova gratuita all’acquisto di un piano premium. Nei media e nei blog, il conversion rate aiuta a monitorare le iscrizioni, il coinvolgimento del pubblico e la monetizzazione attraverso gli annunci pubblicitari.
Comprendere come questa metrica viene utilizzata in diversi comparti consente di evidenziarne l’importanza strategica e di individuare metodologie efficaci per aumentarla. Il lavoro di analisi e ottimizzazione è spesso condiviso tra diverse figure professionali, ognuna delle quali contribuisce a migliorare specifici aspetti dell’esperienza utente e del funnel di conversione.
Ruolo della conversion rate nei vari settori
Il tasso di conversione è fondamentale in settori con obiettivi di business diversi, ma accomunati dalla necessità di incrementare l’efficacia delle attività di acquisizione e fidelizzazione.
Nel mondo dell’eCommerce il conversion rate è uno dei principali indicatori di successo. Permette di misurare quanti visitatori effettuano un acquisto rispetto al numero totale di accessi al sito. Un valore elevato indica che il processo di vendita è ottimizzato, mentre una conversion rate bassa suggerisce potenziali problemi legati alla user experience, ai prezzi, alla fiducia del cliente o alle modalità di pagamento disponibili. L’ottimizzazione passa attraverso strategie come la semplificazione del checkout, miglioramenti alle schede prodotto e l’impiego di tecniche di remarketing.
Nelle aziende che offrono Software as a Service (SaaS) o servizi digitali in abbonamento, il tasso di conversione aiuta a misurare l’efficacia del modello freemium nel convertire utenti gratuiti in clienti paganti. Un’azienda SaaS può, ad esempio, valutare quanti utenti attivano un account di prova e quanti successivamente sottoscrivono un abbonamento. Un conversion rate basso in questa fase può indicare problemi nella strategia di pricing, nell’interfaccia dell’applicazione o nel valore percepito del servizio.
Anche le piattaforme di contenuti, come blog e siti editoriali, utilizzano attivamente questa metrica. Nel settore dei media e dell’editoria digitale il conversion rate misura quanti lettori si iscrivono a una newsletter, quanti interagiscono con i contenuti o quanti ritornano periodicamente sul sito. Migliorare il tasso di conversione in questo contesto significa creare strategie efficaci per aumentare il tempo di permanenza degli utenti, potenziando l’engagement e la fidelizzazione attraverso contenuti personalizzati, pop-up di iscrizione non invasivi e percorsi di navigazione ottimizzati.
Nel settore della lead generation il conversion rate è strettamente legato alla capacità di trasformare i visitatori in contatti utili per l’azienda. Società di consulenza, agenzie e business B2B dipendono dalla capacità di raccogliere richieste di preventivi e informazioni di contatto per avviare trattative commerciali. La misurazione di questo indicatore permette di identificare punti critici nel processo di acquisizione clienti, come pagine poco persuasive, form di contatto eccessivamente complessi o un’offerta non sufficientemente chiara.
Tutti questi settori condividono l’obiettivo di aumentare il valore generato dal traffico acquisito. Monitorare e ottimizzare il conversion rate consente di identificare le aree di miglioramento e adottare strategie mirate per massimizzare i risultati con le stesse risorse disponibili.
Chi analizza e ottimizza il tasso di conversione
L’ottimizzazione del tasso di conversione è un’attività multidisciplinare che coinvolge diverse figure professionali. Non esiste un’unica area di competenza a cui appartiene, poiché il lavoro di miglioramento passa attraverso l’analisi dei dati, le strategie di marketing, la progettazione dell’esperienza utente e la gestione dei contenuti.
I CRO specialist (Conversion Rate Optimization Specialist) si occupano specificamente di migliorare le conversioni attraverso test A/B, analisi del comportamento utente e ottimizzazione dei funnel di vendita. Il loro compito è quello di individuare i punti critici che ostacolano la conversione, elaborando strategie per rendere più efficace ogni fase del percorso dell’utente.
I data analyst giocano un ruolo chiave nell’interpretazione dei numeri. Attraverso strumenti di web analytics, come Google Analytics, tracciano il comportamento degli utenti e individuano trend utili a comprendere perché alcuni visitatori convertono e altri no. Analizzare dove gli utenti abbandonano il sito o quali pagine hanno un tasso di conversione più basso permette di identificare eventuali problemi e intervenire con ottimizzazioni mirate.
I SEO specialist e gli esperti di PPC contribuiscono all’ottimizzazione della conversion rate lavorando sulla qualità del traffico in entrata. Non si tratta solo di portare più utenti su una pagina, ma di intercettare il pubblico giusto, in target con l’offerta. Un traffico qualificato, proveniente da ricerche pertinenti o da annunci mirati, avrà una probabilità molto più alta di generare conversioni rispetto a utenti casuali attratti da promozioni poco profilate.
Gli UI/UX designer hanno il compito di migliorare l’esperienza dell’utente, creando interfacce intuitive e un flusso di navigazione che guidi naturalmente verso la conversione. Un processo d’acquisto fluido, una chiara disposizione degli elementi sulla pagina e la riduzione dei punti di frizione sono tutti aspetti che impattano direttamente sulla willingness to buy dell’utente. Anche l’ottimizzazione mobile è una parte fondamentale del loro lavoro, visto che una parte sempre più significativa della navigazione avviene da smartphone e tablet.
Infine, imprenditori, responsabili vendite e product manager sono direttamente interessati all’analisi del conversion rate perché questa metrica influenza la sostenibilità economica dell’attività. Un occhio attento ai dati aiuta a prendere decisioni strategiche su pricing, assortimento, priorità d’investimento e strategie di crescita.
L’ottimizzazione della conversion rate è quindi un processo che coinvolge più aree, dalla tecnologia al marketing, dalla progettazione all’analisi dei dati. Ogni azione messa in atto per migliorare l’efficacia di un sito o di una campagna incide sulla capacità complessiva di un’attività di generare valore dai contatti acquisiti, rendendola più competitiva e sostenibile nel lungo periodo.
Come si calcola il tasso di conversione
Il tasso di conversione è un indicatore quantitativo che misura la capacità di un’attività di trasformare il traffico o le interazioni in azioni concrete. Calcolarlo con precisione è essenziale per comprendere l’efficacia delle strategie messe in atto, individuare eventuali ostacoli nel percorso degli utenti e ottimizzare campagne e processi.
La formula standard del tasso di conversione può sembrare semplice, ma la sua applicazione varia a seconda del contesto in cui viene utilizzata. Esistono infatti diverse modalità di calcolo in base al tipo di conversione monitorata, al modello di attribuzione utilizzato e agli strumenti impiegati per l’analisi. Per questo motivo, è importante sapere quali varianti adottare a seconda dell’obiettivo da misurare.
Formula standard e varianti del calcolo
Come detto, classicamente il tasso di conversione viene calcolato con la formula:
(Numero di conversioni / Numero di visitatori) × 100
Ad esempio, se un eCommerce registra 500 vendite su 20.000 visite in un mese, il calcolo sarà:
(500/20.000)×100=2,5%
Questa è la formula più comune, utilizzata per misurare la capacità di un sito o di una pagina web di trasformare il traffico in azioni concrete. Tuttavia, il concetto di “visitatori” può variare a seconda del contesto di misurazione, ed è qui che entrano in gioco alcune differenze nel metodo di calcolo.
- Sessioni: il conversion rate può essere calcolato rispetto al numero di sessioni invece che ai visitatori unici. In questo caso, si misura quante volte un’azione desiderata è stata compiuta rispetto alle visite complessive al sito. Questo è utile per siti in cui un utente può tornare più volte prima di completare un’azione.
- Utenti unici: calcolare il tasso di conversione sui visitatori unici fornisce un’indicazione più precisa sulla capacità di un sito di trasformare nuovi utenti in clienti o lead, senza considerare visite ripetute della stessa persona.
- Impressioni pubblicitarie: nel digital advertising, il conversion rate può essere riferito al numero di volte in cui un annuncio è stato visualizzato invece che cliccato. In questo caso, il calcolo viene effettuato dividendo le conversioni per le impressioni e moltiplicando per 100. Questo metodo è utile per avere un’idea dell’efficacia complessiva di una campagna di branding.
A seconda del modello di business o della strategia utilizzata, scegliere la giusta formula di calcolo permette una valutazione più accurata dell’impatto delle conversioni.
Conversioni dirette vs. post-impression
Non tutte le conversioni avvengono nel momento esatto in cui un utente interagisce con un annuncio o una pagina. In molti casi, il percorso di conversione si sviluppa nel tempo e attraverso diversi touchpoint. Per questo motivo, è utile distinguere tra conversioni dirette e conversioni post-impression.
Una conversione è diretta quando l’utente compie l’azione desiderata immediatamente dopo un’interazione critica, come un clic su un annuncio o il raggiungimento di una landing page. Questo tipo di conversione è più comune nelle campagne search, dove il pubblico è già consapevole della necessità di un prodotto o servizio e agisce subito. Ad esempio, se un utente cerca “scarpe da running in offerta”, clicca su un annuncio Google Ads e acquista immediatamente, la conversione viene attribuita direttamente a quel clic.
Le conversioni post-impression – o view-through conversions – si verificano quando un utente viene esposto a un annuncio, ma non interagisce subito con esso. Tuttavia, nei giorni successivi, ritorna spontaneamente sul sito e completa l’azione desiderata.
Questa metrica è particolarmente rilevante nelle strategie di branding e remarketing, dove l’obiettivo è più orientato alla creazione di consapevolezza (awareness) piuttosto che a una conversione immediata.
Ad esempio, un utente potrebbe vedere un’inserzione su Instagram di un servizio in abbonamento, ma non cliccare subito. Dopo qualche giorno, ricordandosi del brand, visita il sito direttamente e attiva un account premium. In questo caso, la conversione viene misurata come post-impression.
Misurare le conversioni post-impression è cruciale per valutare il reale impatto delle campagne di advertising visive, come gli annunci display e i video ads. Senza questa metrica, si rischierebbe di sottostimare il contributo degli annunci che non generano clic immediati, ma che influenzano comunque il comportamento degli utenti nel tempo.
Strumenti per tracciare conversioni
Per misurare correttamente il tasso di conversione e distinguere tra conversioni dirette e post-impression è necessario utilizzare strumenti avanzati di tracking e analytics. Le piattaforme più affidabili offrono funzionalità dettagliate che consentono di segmentare il traffico, analizzare il comportamento degli utenti e attribuire correttamente le conversioni a ciascuna fonte.
Google Analytics è lo strumento più utilizzato per monitorare il comportamento degli utenti su un sito web. Permette di impostare goal personalizzati, tracciare eventi di conversione e analizzare il funnel di vendita. Grazie alla funzione di attribuzione, è possibile capire quali canali hanno contribuito maggiormente alla conversione finale, aiutando a ottimizzare le strategie di marketing.
Con Google Analytics 4 (GA4), l’attribuzione basata sui dati (data-driven attribution) consente di verificare il peso di ciascun touchpoint nel percorso di conversione, abbandonando il classico modello last-click in favore di una visione più ampia del comportamento dell’utente.
Meta Ads Manager, la piattaforma pubblicitaria di Facebook e Instagram, consente di monitorare le conversioni sia dirette sia post-impression. Grazie all’integrazione con il Pixel di Meta, gli inserzionisti possono tracciare le azioni che gli utenti compiono dopo aver visto un annuncio, anche se non cliccano immediatamente. Questo permette di misurare il reale impatto delle campagne di remarketing e di social advertising.
L’utilizzo delle conversioni post-impression è particolarmente efficace nelle pubblicità display e nei video, dove il coinvolgimento iniziale potrebbe non tradursi subito in un’azione diretta. Meta Ads Manager offre anche modelli di attribuzione personalizzati, che aiutano gli inserzionisti a capire quali annunci contribuiscono maggiormente a una conversione, indipendentemente dal tempo trascorso tra la visualizzazione e l’azione dell’utente.
Per chi gestisce un eCommerce, Shopify Analytics è uno strumento completo che permette di monitorare vendite, abbandono del carrello e performance dei prodotti. Oltre a fornire dati sul tasso di conversione globale del sito, consente di dettagliarlo in base a diversi segmenti di pubblico, fonti di traffico e dispositivi utilizzati. Uno degli aspetti più preziosi di Shopify Analytics è la possibilità di analizzare il comportamento degli utenti in ogni fase del funnel di vendita, individuando eventuali punti critici dove il percorso si interrompe. Con questi dati, i merchant possono implementare strategie mirate per ridurre gli abbandoni e migliorare il conversion rate complessivo.
Conversion rate optimization (CRO): che cos’è, strategie e tecniche
L’ottimizzazione del tasso di conversione (Conversion Rate Optimization – CRO) è il processo di analisi e miglioramento delle esperienze utente con l’obiettivo di aumentare la percentuale di visitatori che completano un’azione desiderata.
Più precisamente, la CRO è un processo sistematico che serve ad aumentare la percentuale di visitatori che intraprendono un’azione specifica o un obiettivo su pagine del sito, canali social, app mobile o altre campagne di marketing online. Tali azioni desiderate possono essere di vario tipo, a seconda della tipologia del sito, e includono ad esempio l’acquisto di un prodotto, un clic su “aggiungi al carrello”, l’iscrizione a un servizio, la registrazione per una newsletter, il download di un white paper, la compilazione di un modulo o un clic su un link.
A differenza dell’aumento del traffico, che si basa su una maggiore esposizione dei contenuti, la CRO lavora sulla qualità delle visite esistenti, migliorando la loro probabilità di tradursi in azioni concrete. Un’efficace strategia di ottimizzazione delle conversioni permette di ottenere un maggior numero di risultati senza dover necessariamente incrementare il budget pubblicitario o il volume di utenti che entrano nel funnel.
Le tecniche per migliorare la conversione spaziano dall’ottimizzazione delle pagine web ai test A/B per verificare quali elementi influenzano le decisioni degli utenti, fino a strategie più avanzate come la personalizzazione dei contenuti o l’uso dell’intelligenza artificiale per prevedere e adattare dinamicamente le offerte. Ogni modifica apportata deve essere basata su dati reali e sull’analisi del comportamento degli utenti, evitando scelte arbitrarie o ipotesi soggettive.
Una CRO ben implementata porta benefici tangibili: riduce il tasso di abbandono, migliora l’esperienza di navigazione, incrementa la fiducia del pubblico e aumenta il ritorno sugli investimenti di qualsiasi attività digitale.
Ottimizzazione delle pagine web per aumentare le conversioni
Il modo in cui una pagina è progettata incide direttamente sulla probabilità che un visitatore compia l’azione desiderata. Un’esperienza intuitiva e fluida aiuta a ridurre le frizioni nel processo decisionale, mentre un layout confuso, tempi di caricamento lenti o elementi non ottimizzati possono spingere l’utente ad abbandonare il sito prima di convertire.
Il primo aspetto da considerare è la landing page, ovvero la pagina di destinazione su cui atterra un utente dopo aver cliccato su un annuncio o su un link promozionale. Una landing page efficace è focalizzata su un unico obiettivo, con un design chiaro e una call-to-action (CTA) ben visibile. I contenuti devono essere persuasivi, strutturati per evidenziare i benefici della proposta senza creare distrazioni inutili.
La velocità del sito è un altro fattore critico. Un ritardo anche minimo nel caricamento della pagina può ridurre sensibilmente il tasso di conversione. Ottimizzare le immagini, ridurre il peso della pagina e utilizzare un Content Delivery Network aiuta a migliorare le prestazioni.
La navigazione intuitiva agevola il percorso dell’utente verso l’azione desiderata. Menù ben organizzati, breadcrumb chiari e percorsi di acquisto lineari semplificano l’esperienza d’uso, incrementando la probabilità di conversione. Inoltre, una struttura logica e prevedibile favorisce la fiducia dell’utente, evitando frustrazioni che potrebbero tradursi in un abbandono anticipato.
Infine, l’ottimizzazione mobile-first è ormai indispensabile. Con una quota crescente di traffico che proviene da dispositivi mobili, assicurarsi che il sito sia perfettamente navigabile da smartphone permette di massimizzare le opportunità di conversione. Pulsanti ben dimensionati, testi leggibili senza zoom e un checkout rapido aiutano a trattenere gli utenti e a ridurre le interruzioni nel processo di conversione.
L’importanza dei test A/B e heatmap
L’ottimizzazione delle conversioni non si basa su ipotesi, ma su dati concreti. I test A/B e le heatmap sono due strumenti fondamentali per comprendere il comportamento degli utenti e prendere decisioni basate su evidenze reali.
Gli A/B test, noti anche come split test, consistono nel confrontare due varianti dello stesso elemento per capire quale ottiene migliori risultati. Ad esempio, una CTA rossa può essere più efficace di una blu, un titolo più diretto può generare più clic rispetto a un testo generico, e un’immagine diversa può influenzare la percezione del prodotto da parte dell’utente. Ogni test viene eseguito su un campione rappresentativo di utenti, permettendo di identificare la versione più performante.
Per eseguire test A/B efficaci, è necessario:
- Modificare un solo elemento alla volta per evitare risultati ambigui.
- Raccogliere dati sufficienti prima di trarre conclusioni.
- Testare sulle pagine strategiche, come le landing page, le schede prodotto o il modulo di checkout.
Le heatmap, invece, forniscono una rappresentazione visiva dell’interazione degli utenti con una pagina. Attraverso strumenti come Hotjar o Crazy Egg, è possibile capire quali elementi attraggono maggiormente l’attenzione, quali vengono ignorati e dove gli utenti interrompono la navigazione. Ad esempio, se una CTA viene posizionata in un’area che riceve pochi clic, il tasso di conversione potrebbe migliorare spostandola in una zona più visibile. Se gli utenti abbandonano frequentemente una pagina senza scorrere fino alla fine, potrebbe essere necessario ripensare il modo in cui vengono distribuite le informazioni o rendere più incisivi i primi contenuti visualizzati.
Utilizzare A/B test e heatmap insieme permette di ottenere dati quantitativi e qualitativi da combinare per migliorare le performance delle pagine web.
Strategie e tecniche avanzate di CRO
Oltre alle pratiche base, esistono strategie avanzate di ottimizzazione delle conversioni che permettono di massimizzare i risultati. Alcune delle tecniche più efficaci includono la personalizzazione dei contenuti, il remarketing mirato, l’ottimizzazione del processo di checkout e l’uso dell’intelligenza artificiale per prevedere il comportamento degli utenti.
La personalizzazione aiuta a offrire un’esperienza su misura per ogni utente. Le piattaforme eCommerce e SaaS più avanzate utilizzano dati comportamentali per mostrare contenuti, offerte o suggerimenti personalizzati, aumentando la probabilità di conversione. Un visitatore che ha visualizzato determinati prodotti potrebbe ricevere raccomandazioni mirate in base alle sue preferenze o ai suoi acquisti precedenti.
Il remarketing mirato consente di recuperare utenti che hanno mostrato interesse ma non hanno ancora completato la conversione. Attraverso campagne pubblicitarie su Google Ads o Meta Ads Manager, è possibile mostrare annunci specifici a chi ha visitato un sito senza effettuare un acquisto, ricordandogli il prodotto visto o proponendo uno sconto esclusivo. Questo approccio permette di ridurre il tasso di abbandono e di aumentare il tasso di conversione nel tempo.
La semplificazione del processo di checkout è essenziale per chi opera nell’eCommerce. Se un utente giunge fino alla fase di pagamento ma abbandona il carrello, significa che ci sono ostacoli che interferiscono con la decisione finale. Ridurre il numero di passaggi necessari, offrire più metodi di pagamento e rendere il checkout più fluido aiuta a incrementare le conversioni. Anche l’introduzione di opzioni come il pagamento con un clic (one-click checkout), che evita all’utente di dover inserire ripetutamente i propri dati, può fare una grande differenza.
Infine, l’intelligenza artificiale e il machine learning stanno rivoluzionando la CRO. Algoritmi avanzati analizzano il comportamento degli utenti e prevedono le azioni più probabili, permettendo di adattare dinamicamente i contenuti o proporre incentivi personalizzati nel momento più opportuno. Sistemi di chatbot intelligenti possono guidare gli utenti verso l’azione desiderata, migliorando l’engagement e riducendo il rischio di abbandono.
La CRO oggi: focus (anche) sulla user experience
La CRO è il processo sistemico di ottimizzazione di questo tasso di conversione, ciò che proviamo a fare per aumentare il numero di persone che effettivamente completano l’azione.
L’ottimizzazione del tasso di conversione avviene quindi dopo che la visita è arrivata al sito e deve necessariamente prestare attenzione alla soddisfazione dell’utente nella sua relazione col contenuto.
Negli ultimi anni, infatti, si è superata la definizione standard di CRO, incentrata su un approccio “numerico” basato su percentuali di conversione, medie e benchmark, e si è allargato il lavoro alla comprensione delle persone che stanno dietro a questi dati.
In tal senso, allora, la CRO è stata reinterpretata come il processo che fa focus sulla comprensione di ciò che guida, ferma e persuade gli utenti, in modo da poter offrire loro la migliore user experience possibile, che rappresenta il motivo li fa convertire e che, in definitiva, migliora il tasso di conversione di un sito web.
Come spiegano da Hotjar (da cui abbiamo tratto l’immagine sotto), in particolare, prima di quell’agognata azione finale accadono molte cose che dobbiamo conoscere e valutare, come in particolare:
- I Driver specifici che portano le persone al sito web
- Le Barriere specifiche che li allontano
- Degli Ami specifici che convincono alla conversione
I marketer hanno quindi iniziato a rendersi conto che la CRO non riguarda solo i numeri, ma anche (o soprattutto) le persone che stanno dietro a quei dati, puntando quindi al processo di comprensione dei visitatori del sito web: chi sono, cosa vogliono e come possiamo rendere la loro esperienza sul sito il più semplice e gratificante possibile. Questo significa che, invece di concentrarci esclusivamente sui numeri, dobbiamo fare uno step in più per cercare di capire il comportamento degli utenti, le loro motivazioni e i loro bisogni.
Questo cambiamento ha portato a un approccio più olistico alla CRO: anziché apportare modifiche basate solo su medie e benchmark, dobbiamo capire il contesto dietro i dati, utilizzando strumenti come i test utente, le interviste e i sondaggi per ottenere una visione più profonda dei nostri utenti, per poi usare queste informazioni per eseguire le modifiche che non solo aumenteranno il tasso di conversione, ma miglioreranno anche l’esperienza complessiva dell’utente.
I vantaggi della CRO e il suo rapporto con la SEO
Volendo sintetizzare, quindi, la CRO mira a massimizzare le conversioni dei nostri visitatori, sfruttando quanto più possibile il traffico entrante sulle pagine del sito per ottenere risultati concreti. Non è quindi direttamente correlata all’attrazione di traffico organico sul sito web o al posizionamento della pagina dei risultati di un motore di ricerca, e quindi apparentemente sembra “lontana” dal lavoro SEO, ma in realtà anche un’attività di CRO efficace può portare vantaggi unici in termini di SEO, sperimentati sia dai professionisti che dalle aziende con cui lavorano.
Tra questi ci sono:
- Maggiore engagement degli utenti
L’ottimizzazione del tasso di conversione serve anche a ottimizzare il sito web e le campagne per un migliore coinvolgimento e, in definitiva, conversioni. Un aumento delle metriche di engagement può fornire preziose informazioni sul rendimento delle campagne e su cosa induce gli utenti a interagire con i contenuti.
- ROI migliore
La CRO porta a tassi di conversione più elevati, il che significa che possiamo sfruttare di più le risorse di cui disponiamo e migliorare il ROI, ottenendo più guadagni dal marketing: possiamo cioè acquisire più clienti senza necessariamente generare più traffico o aumentare il budget di marketing.
- Insights preziosi sugli utenti
Il processo di CRO richiede una migliore comprensione del pubblico, che migliorerà gli sforzi di marketing e i contenuti in generale, individuando quale linguaggio o messaggio si adatta meglio alle loro esigenze e supportando l’individuazione dei clienti giusti per la nostra attività. Saremo più attrezzati a raggiungere i clienti giusti con i messaggi giusti al momento giusto.
- Migliore esperienza utente
Il sito web è primo “venditore” del nostro brand e proprio come i team “umani” deve essere professionale, cortese e pronto a rispondere a tutte le domande dei clienti. Quando gli utenti si sentono completamente a proprio agio su un sito web, tendono a restarci: la CRO studia cosa funziona sul sito e partendo da questi aspetti positivi possiamo lavorare per espanderli e migliorare l’esperienza utente.
- Maggiore fiducia dei clienti
Molte azioni richiedono agli utenti di fornire le proprie informazioni di contatto (indirizzo e-mail, nome, numero di telefono, ecc.) o direttamente la carta di credito in cambio di contenuti, prodotti o informazioni sui servizi. Ciò significa che gli utenti devono necessariamente fidarsi del nostro sito prima di rilasciare le loro informazioni: la CRO ci aiuta a costruire e rafforzare la fiducia dei clienti e a lasciare un’impressione positiva sui potenziali clienti.
- Scalabilità
Anche se abbiamo un pool limitato di potenziali clienti a cui attingere, la CRO consente di ottenere il massimo dal pubblico esistente per attirare nuovi clienti. Il pubblico non è infinito: trasformando più visitatori in acquirenti, saremo in grado di far crescere la nostra attività senza prosciugare il bacino di potenziali interessati né esaurire le nostre risorse.
Come fare CRO: il processo per ottimizzare la conversion rate
L’ottimizzazione del tasso di conversione si realizza attraverso un processo di ottimizzazione del sito, della landing page o della campagna di marketing per aumentare la probabilità che un utente intraprenda l’azione desiderata. Questo lavoro di ottimizzazione raccoglie gli insights relativi al comportamento degli utenti passati, alle informazioni sui clienti e alle best practices CRO, e in genere il processo di base della CRO si declina nei seguenti punti.
- Audience research
Esaminare il pubblico e approfondire l’analisi del comportamento dei clienti passati serve a capire a cosa sono interessati gli utenti, con cosa hanno difficoltà e come interagiscono con il nostro brand.
- Ottimizzazione
Utilizzo degli insights raccolti durante la audience research per ottimizzare le campagne o le pagine per le conversioni. Questo lavoro potrebbe includere la scrittura di testi più convincenti, l’aggiunta di call to action allettanti, la riprogettazione del sito per una migliore esperienza utente o la rimozione in altro modo dei colli di bottiglia dal funnel di vendita.
- Test A/B
La maggior parte dei cambiamenti CRO non si completano in una sola occasione: è necessario misurare gli interventi di regolazione rispetto a diversi componenti per vedere quali spostano davvero l’asticella. In tal senso, il classico test A/B è utile per verificare gli effetti delle correzioni: ad esempio, possiamo sperimentare due tipi di call to action per vedere quale ha un rendimento migliore, ovvero ha un tasso di conversione più elevato, oppure verificare se una modifica ai colori dei pulsanti produce effetti differenti e così via.
- Misurazione
Anche la raccolta dei dati è decisiva, e si consiglia quindi di utilizzare un software di analisi (come Google Analytics) per misurare il successo delle campagne. In particolare, gli esperti suggeriscono di creare obiettivi per monitorare le conversioni e quindi calcolare il tasso di conversione confrontandolo con i numeri di traffico totali.
- Correzioni in corso
Il lavoro di ottimizzazione procede nel tempo e dobbiamo sfruttare gli analytics per monitorare il successo (o il fallimento) delle campagne o pagine, apportando le modifiche necessarie per migliorare il tasso di conversione in corso d’opera.
Come fare Conversion Rate Optimization: le tre strade possibili
Lavorare alla CRO richiede una combinazione di analisi dei dati, test e ottimizzazione: dovremmo iniziare esaminando i nostri dati per capire dove stiamo perdendo i visitatori nel funnel di conversione, per poi testare diverse modifiche per vedere quali hanno l’effetto più positivo sul tasso di conversione. Infine, dovremmo implementare queste modifiche e continuare a monitorare i nostri dati per vedere come stanno influenzando le nostre conversioni.
Il concetto di base è che per ottimizzare i tassi di conversione dobbiamo sapere dove, cosa e per chi ottimizzare: queste informazioni sono la pietra angolare delle strategie CRO di successo.
C’è poi da sfatare un mito comune sulla CRO, ovvero che possa servire solo per i siti di e-commerce: in realtà, qualsiasi sito web che presenta un’azione desiderata per i visitatori può beneficiare della CRO, che si tratti di un blog che vuole più iscrizioni alla newsletter, o di un sito di servizi che vuole più richieste di preventivo.
Prima di descrivere i metodi per fare Conversion Rate Optimization, però, dobbiamo parlare dei possibili approcci a questa attività, che Moz distingue in metodo “analitico, basato sulle persone e sbagliato” (in inglese, analytics, people, bad).
- L’approccio analitico
Chiamato anche esame quantitativo dei dati (quantitative data analysis), questo metodo fornisce dati tangibili sul comportamento degli utenti sul sito web. Tutto parte dall’utilizzo di un solido strumento di analisi web, come Google Analytics, a cui aggiungere il tracciamento delle conversioni. L’adozione di una strategia di CRO basata sulle analitiche può fornire risposte a domande cruciali riguardo all’interazione degli utenti con il sito, e in particolare l’esame quantitativo offre dettagli come:
- Dove le persone accedono al sito, ovvero la prima pagina web che visitano (o le prime).
- Con quali funzionalità interagiscono, ad esempio dove trascorrono il loro tempo in una pagina o all’interno del sito.
- Quale canale e referrer li ha indirizzati, ovvero dove hanno trovato e cliccato su un link al sito.
- Quali dispositivi e browser
- Chi sono i clienti (età, dati demografici e interessi).
- Dove gli utenti abbandonano il funnel, ovvero in quale punto o durante quale step gli utenti lasciano il sito.
Questi dati ci permetteranno di identificare le aree su cui concentrare gli sforzi e, lavorando sulle pagine più coinvolgenti e preziose per gli utenti, potremmo ottenere il massimo impatto.
- L’approccio incentrato sulle persone
Iniziare con l’analisi quantitativa è particolarmente vantaggioso se gestiamo un sito web di ampie dimensioni con contenuti vari, perché fornisce una visione numerica sulle aree e sui punti verso cui focalizzare gli sforzi. Tuttavia, una volta compreso come gli utenti interagiscono con il sito, è possibile (e utile) indagare il “perché” dietro il loro comportamento.
Questo tipo di approccio, centrato sull’utente e noto come analisi qualitativa dei dati, è più interpretativo: partiamo sempre dai dati quantitativi, che ci serviranno per identificare a chi rivolgerci. Non possiamo ottimizzare per tutti gli utenti, quindi miriamo al prototipo di utente ideale (un po’ come la buyer persona), cioè l’utente che riteniamo più prezioso catturare come cliente.
Per ottenere questi dati possiamo usare varie strade, come sondaggi sul sito, test su campioni di utenti o indagini sulla soddisfazione del cliente.
L’analisi qualitativa aiuta a ottimizzare le conversioni fornendo informazioni sugli utenti e, in particolare:
- Perché si sono impegnati? Perché hanno deciso di visitare il sito o di accedere a una pagina specifica? Che cosa li ha attratti della pagina o del prodotto?
- Cosa ritengono unico del sito rispetto ai concorrenti? Esiste una funzionalità o un servizio offerto dall’azienda che rende l’acquisto un’esperienza migliore?
- Quali parole usano per descrivere prodotti, servizi e punti critici che affrontano? Come descriverebbero il prodotto o servizio a un amico? In sostanza, come parlano di quello che facciamo e offriamo?
Ci sono alcune informazioni che i dati grezzi e puramente numerici non possono fornire riguardo a cosa ha portato un utente sul sito o come migliorare la sua esperienza; tuttavia, combinando queste informazioni con i dati analitici possiamo ottenere una comprensione molto più approfondita delle pagine del sito che presentano le migliori opportunità per ottimizzare e coinvolgere il pubblico che desideriamo raggiungere.
- L’approccio sbagliato
Ci sono alcune forme di CRO che non sono efficaci sin dall’origine a causa di errori di fondo; ad esempio lavorare su:
- Ipotesi, intuizioni e sensazioni viscerali
- Strategie di imitazione (fare CRO perché lo fa il concorrente)
- Eseguire modifiche in base all’opinione della persona “più pagata” o con il ruolo maggiore
hanno qualcosa in comune. Non sono metodi basati su dati e potrebbero anche essere scatti casuali nel buio. È meglio dedicare il tempo alla raccolta e all’analisi dei dati in modo da poter creare test significativi basati su informazioni chiare, anche perché a nessuno piace eseguire test che falliscono.
Le best practices della CRO
Abbiamo descritto il processo di lavoro migliore per intervenire sull’ottimizzazione del tasso di conversione, ma nel mondo del marketing digitale ci sono alcune convinzioni diffuse sulle best practices della CRO – e, in particolare, che eseguire particolari azioni può garantire un miglioramento del tasso, come ad esempio:
- Usare un colore forte per tutti i pulsanti CTA (call-to-action).
- Posizionare le call to action in posizione above the fold.
- Usare l’urgenza (ad esempio, offerte limitate nel tempo) per incentivare le vendite, sfruttando i principi del neuromarketing per stimolare l’azione.
- Mostrare sempre testimonianze di clienti.
- Usare meno campi possibile nei form.
L’uso di best practices CRO servirebbe a migliorare ogni tasso di conversione, una convinzione quanto meno discutibile per una serie di fattori; prima di tutto, per definizione, queste pratiche sono vecchie, ovvero qualcosa che ha funzionato in passato per qualcun altro e che non è garantito che funzionino ancora oggi. Inoltre, e più importante, solo perché una tecnica ha portato frutti a qualcun altro non significa che funzionerà per noi.
E quindi, la vera miglior pratica consiste nell’investire tempo per comprendere i nostri utenti e clienti, costruendo una cultura customer-centric, perché sono le persone che contano per la nostra attività e hanno le risposte di cui abbiamo bisogno per migliorare i risultati.
Le componenti di una CRO efficace di successo
La CRO è quindi un processo completo, che coinvolge una varietà di componenti, dal design della landing page ai moduli di contatto che utilizziamo; una campagna CRO di successo richiede un’analisi approfondita del pubblico di destinazione, più test per misurare le prestazioni e un’ottimizzazione continua per garantire i massimi risultati.
Durante questo processo, è probabile ritrovare alcuni elementi fondamentali che possono essere ottimizzati per portare tassi di conversione più elevati:
- Design
L’aspetto del sito Web e delle pagine di destinazione gioca un ruolo importante per la CRO: è probabile che un design esteticamente gradevole e facile da navigare migliori l’usabilità e faciliti la conversione da parte degli utenti.
Nella progettazione delle landing page può essere utile lavorare con un web designer che capisca la CRO e come gli utenti generalmente navigano in un sito web.
Di base, il sito dovrebbe essere accessibile su dispositivi mobili, includere caratteri leggibili e menu interattivi e consentire ai visitatori di trovare facilmente ciò che stanno cercando.
- Velocità del sito
La rapida velocità di caricamento del sito Web è una parte essenziale di qualsiasi sito Web ottimizzato per i motori di ricerca ed è anche un componente della CRO. Più tempo è necessario per il caricamento di una pagina, maggiori saranno le probabilità che gli utenti la abbandonino la pagina e visitino il sito di un competitor.
A livello ideale, un sito web dovrebbe caricarsi in meno di 3 secondi sia sul desktop che sui dispositivi mobili; per raggiungere questo standard e garantire tempi di caricamento rapidi possiamo ridurre le dimensioni del file immagine e rimuovere gli elementi del sito a caricamento lento, ad esempio: già solo questo può aumentare le conversioni sul sito.
- Copy
Il copy si riferisce alle parole che gli utenti leggono sul sito web e sulle pagine di destinazione: i copywriter esperti sono in grado di creare testi che rispondano alle esigenze specifiche del pubblico di destinazione individuato, e non è sufficiente scrivere semplicemente “a braccio” e sperare per il meglio.
Entra in gioco – di nuovo e con forza – la audience research: se sappiamo quali sono le criticità con cui si confronta il nostro pubblico e le soluzioni che sta cercando, saremo in grado di comunicare il valore della nostra offerta, le sue caratteristiche, i vantaggi e altro ancora.
In definitiva, possiamo cercare di convincere gli utenti che il nostro servizio o prodotto è la soluzione migliore per le loro esigenze.
- Call to action
Come sappiamo, la call to action è un appello spesso breve e conciso agli utenti affinché intraprendano un’azione sul sito. Le frasi più comunemente viste sono “Contattaci”, “Acquista ora” e “Lavora con noi”, ma ovviamente possiamo diventare molto più creativi.
Ad esempio, se sappiamo che il nostro pubblico è interessato a una particolare offerta, l’invito all’azione può essere più diretto, come “Acquista X qui” o “Scarica Y ora”.
Una buona pratica è rendere evidente ciò che gli utenti riceveranno dopo aver fatto clic su un collegamento o aver inviato le proprie informazioni.
- Navigazione
La struttura del sito dovrebbe essere costruita con l’obiettivo principale di rendere l’intero sito facile da navigare per gli utenti; in genere, consiste in un layout di dove esistono le pagine sul sito e come interagiscono tra loro.
La maggior parte dei siti adotta una struttura del sito gerarchica, con le pagine più importanti nel menu principale e le sottopagine nel menu a discesa. Come consiglio di massima, le pagine non dovrebbero essere “seppellite” a più di 3 clic di distanza dalla home page.
Per ottimizzare questo aspetto possiamo immedesimarci nel percorso di navigazione di un utente tipico, studiando i contenuti per vedere come gli utenti passano da una pagina all’altra.
Questo percorso potrebbe assomigliare a:
- Home
- Pagina dei servizi
- Pagina di servizio individuale
- Pagina dei contatti
- Completamento obiettivo (compilazione form)
Oppure, per un sito di e-Commerce:
- Home page
- Pagina dei prodotti
- Pagina della categoria del prodotto
- Pagina del prodotto individuale
- Aggiungi al carrello
- Checkout del carrello
- Pagina di ringraziamento
Nel complesso, la creazione di un sito di facile navigazione è la chiave per aumentare le conversioni, costruire la fiducia dei clienti e migliorare la fedeltà dei clienti nel tempo.
- Moduli
I moduli di contatto sono lo strumento più popolare utilizzato dai proprietari di siti per raccogliere informazioni sugli utenti, in particolare per i siti di servizi e di agenzie. I siti di e-commerce, d’altra parte, potrebbero avere pagine di prodotti individuali e una tipica funzione di carrello degli acquisti.
I form di contatto dovrebbero essere facili da usare e funzionali: ovvero, gli utenti dovrebbero essere facilmente in grado di inviare le loro informazioni e questi moduli dovrebbero essere raccolti all’interno del sito web per garantire un rapido follow-up.
Ci sono anche alcune best practice CRO per l’utilizzo dei form di contatto:
- Meno sono i campi, meglio è (in genere, come già detto): conviene raccogliere informazioni che ci consentano di seguire i lead in modo tempestivo; se desideriamo qualificare meglio tali lead, possiamo prevedere campi aggiuntivi, come Settore o Budget.
- Il design. I moduli di bell’aspetto in genere equivalgono a una migliore esperienza utente. Bisogna rendere il testo facile da leggere, usare uno stile coerente e assicurarci che il pulsante di invio sia cliccabile.
- Considerare la privacy dei clienti. Con l’introduzione del GDPR e di altre leggi sulla privacy dei consumatori, è diventato sempre più importante che indicare agli utenti come verranno raccolte e utilizzate le loro informazioni. Dovremmo sempre includere un disclaimer che indichi a cosa si stanno iscrivendo gli utenti, come saremo in contatto con loro e se possono annullare l’iscrizione in qualsiasi momento.
Come misurare il tasso di conversione
Esistono numerosi strumenti quantitativi che ci consentono di raccogliere dati per monitorare le conversioni sul sito: tool di analisi generale come Google Analytics, di heatmap del sito, di canalizzazione di vendita, di analisi dei moduli di contatto e altro ancora.
Fondamentalmente, possiamo usare per calcolare i tassi di conversione qualsiasi strumento che ci consenta di monitorare le conversioni o il completamento degli obiettivi e di vedere i dati sul traffico del sito. Ottenuto il tasso di conversione, avremo dati sul rendimento del sito in passato e sul rendimento attuale: a questo punto, possiamo utilizzare una varietà di tattiche CRO per generare ancora più lead, clienti e ricavi per la nostra attività.
Come migliorare il tasso di conversione
La chiave per migliorare il tasso di conversione nel tempo è tenere d’occhio i dati sul comportamento dei clienti e monitorare il modo in cui gli utenti interagiscono con il nostro sito.
In questo senso, possiamo iniziare da una analisi euristica delle performance del sito web o e-Commerce con strumenti come Google Analytics, che possiamo usare per misurare i completamenti degli obiettivi, i numeri di traffico, il coinvolgimento degli utenti e altro ancora, ma – come detto anche per le best practices – non esiste una strategia valida per tutti per avere un’ottima CRO.
Ciò che funziona per la nostra attività dipenderà in larga misura dagli interessi e dai comportamenti del nostro pubblico di destinazione, dalle offerte che stiamo promuovendo, dal layout del sito e molto altro ancora.
Avendo questo bene in mente, possiamo comunque esaminare alcuni suggerimenti per l’ottimizzazione del tasso di conversione per migliorare il sito nel tempo: ad esempio, includere l’implementazione di best practice UX, aggiustamenti CRO con test A/B, realizzazione di testi di vendita migliori o miglioramenti delle CTA per conversioni più elevate.
Strumenti gratuiti per comprendere il pubblico e migliorare le conversioni
Ci sono poi degli strumenti gratuiti che sono fondamentali per la CRO: il nostro cervello, le orecchie, gli occhi e la bocca, che dobbiamo usare per comprendere i nostri clienti, entrare in empatia con la loro esperienza, trarre conclusioni sulla base dei dati e, infine, apportare le modifiche che migliorano i nostri tassi di conversione.
In termini pratici, possiamo (e dobbiamo, se vogliamo incrementare le conversioni) ascoltare ciò che gli utenti hanno da dire sul sito, guarda come le persone usano il sito, fare immersioni nel mercato studiando i competitor, lavorare a stretto contatto con chi progetta e costruisce il sito il prodotto o servizio (o che lo ha fatto in passato), parlare con il personale che vende e supporta il prodotto / servizio e, non ultimo, tracciare connessioni tra diverse fonti di feedback.
In definitiva, quindi, l’approccio vincente si basa sull’investire nella comprensione e nell’apprendimento dei nostri utenti e nell’utilizzo degli insights per costruire una strategia di ottimizzazione che migliori le conversioni e, più in generale, consenta alla nostra attività di crescere in maniera continuativa.
Qual è un buon tasso di conversione: i valori di riferimento e come riconoscerlo
Premettiamo subito: non esiste una cifra unica e universale che si qualifichi come un tasso di conversione “buono” e, in realtà, anche quello che viene considerato come un tasso di conversione “medio” varia a seconda dei settori, delle nicchie, delle campagne, degli obiettivi di conversione specifici e oltre.
Determinare cosa sia un “buon” tasso di conversione non è semplice, poiché il valore ottimale dipende da una serie di variabili, tra cui il settore di riferimento, il pubblico target, il dispositivo utilizzato e la specifica azione misurata. Se una pagina di destinazione ha una conversion rate del 5%, si può considerare un successo o un problema? Per rispondere a questa domanda, è necessario confrontare il dato con i benchmark di settore e valutare il contesto in cui viene misurato.
Di solito, comunque, si legge che tasso di conversione medio è compreso tra l’1% e il 4%, ma questa cifra è in qualche modo priva di significato, poiché la conversion rate varia notevolmente a seconda dell’obiettivo di conversione e, inoltre, ogni sito Web, pagina e pubblico sono diversi.
Pertanto, la misura migliore di ciò che è considerato “medio” è calcolare i tassi di conversione passati e attuali e confrontarli con i risultati futuri per la nostra attività specifica: anziché concentrarsi sul raggiungere un valore che reputiamo ottimale, è più utile indagare su ciò che motiva il nostro pubblico target e quindi fornire il valore che stanno cercando, di modo che poi le conversioni seguiranno naturalmente.
Un conversion rate considerato elevato in un settore potrebbe risultare mediocre in un altro. Ad esempio, gli eCommerce registrano generalmente percentuali di conversione più basse rispetto ai siti di lead generation B2B, dove il pubblico è più qualificato e intenzionato a completare un’azione. Anche la piattaforma su cui avviene l’interazione gioca un ruolo centrale: gli utenti desktop tendono a convertire con maggiore frequenza rispetto a quelli mobile, per ragioni legate alla facilità di utilizzo e alla navigazione più comoda.
Misurare e confrontare il proprio tasso di conversione con i valori medi del settore è un punto di partenza, ma un’analisi più approfondita deve tenere conto anche di altri fattori, come l’esperienza utente, la qualità del traffico, la fiducia trasmessa dal brand (trust signals) e la strategia di pricing. Un conversion rate bassa non sempre indica un problema: potrebbe essere il risultato di una strategia che punta sul valore medio degli ordini (average order value – AOV ) piuttosto che sulla quantità di conversioni.
Per interpretare correttamente questa metrica, analizziamo le soglie di conversione più diffuse nei vari settori e i principali elementi che ne influenzano l’andamento.
Benchmark settoriali e dati statistici
I tassi di conversione variano in modo significativo a seconda del settore di appartenenza, del modello di business e del tipo di pubblico raggiunto. Ecco alcuni dati di riferimento basati su studi recenti:
- eCommerce: il tasso di conversione medio per un negozio online si aggira tra l’1,5% e il 3%. Alcuni settori, come la moda e la tecnologia, registrano percentuali più basse, mentre il settore beauty e benessere tende ad avere conversioni più alte, spesso superiori al 4%. La fiducia nel brand e la complessità del checkout influiscono notevolmente sulle conversioni nei negozi online.
- SaaS e software in abbonamento: le aziende che offrono prodotti basati su sottoscrizioni hanno tassi di conversione molto variabili, in genere tra il 3% e il 7%, a seconda della facilità di accesso al servizio e della qualità della prova gratuita. I modelli freemium tendono ad avere percentuali di conversione più basse rispetto a quelli a pagamento diretto, ma generano volumi più elevati di utenti.
- Lead generation B2B: nei settori che richiedono la raccolta di contatti qualificati per l’attività commerciale, le conversioni possono superare il 10%, soprattutto quando il traffico è altamente targetizzato. Pagine di destinazione ottimizzate per la raccolta di lead spesso registrano tassi tra il 5% e il 15%, a seconda dell’offerta e del valore percepito dall’utente.
- Industria finanziaria e assicurativa: i siti che offrono servizi finanziari tendono a convertire tra il 4% e il 10%, grazie a un pubblico che generalmente ha già un’intenzione d’acquisto chiara nel momento in cui inizia la ricerca di soluzioni.
- Settore immobiliare: qui le conversioni variano molto in base alla tipologia di richiesta (acquisto o affitto), ma possono oscillare tra il 2% e il 7%, con migliori risultati per le richieste di contatto per agenti immobiliari rispetto alle conversioni dirette sugli annunci delle proprietà.
Differenze tra mobile e desktop
Le conversioni sono profondamente influenzate dal dispositivo utilizzato. I dati mostrano chiaramente che il comportamento degli utenti cambia tra mobile e desktop.
Su desktop, i tassi di conversione sono più alti, in genere del 30-50% superiori rispetto a quelli su dispositivo mobile. Questo avviene perché gli utenti tendono a completare acquisti o registrazioni più facilmente da un computer, dove il processo è spesso più intuitivo e senza limitazioni di navigazione.
Su mobile, il conversion rate è generalmente più basso per via delle difficoltà di digitazione, della minore comodità nella compilazione dei form e della tendenza degli utenti a effettuare ricerche rapide senza completare subito l’azione. Tuttavia, una strategia mobile-first ben ottimizzata può colmare il divario, ad esempio con pagamenti semplificati e design adattivi.
Queste differenze evidenziano l’importanza di ottimizzare le esperienze utente in base al tipo di dispositivo, evitando di perdere opportunità di conversione su mobile per problemi di usabilità o frizioni nel processo di acquisto.
Fattori che influenzano il conversion rate
Un buon tasso di conversione non dipende solo dal numero di visitatori o dalla qualità del traffico, ma è il risultato di una combinazione di elementi che incidono sulla percezione dell’utente e sulla sua decisione finale.
L’usabilità di un sito gioca un ruolo determinante nella conversione degli utenti. Se una pagina è difficile da navigare, ha tempi di caricamento lenti o richiede troppi passaggi per completare un’azione, il tasso di conversione ne risentirà. Un’interfaccia chiara, pulsanti di call-to-action ben visibili e un processo di checkout semplificato riducono le barriere e aumentano le probabilità di finalizzare una conversione.
Non tutto il traffico ha lo stesso valore. Attirare utenti che non rientrano nel pubblico ideale di un brand può abbassare artificialmente il conversion rate. Le campagne pubblicitarie devono essere segmentate in modo efficace per raggiungere gli utenti con la maggiore probabilità di convertire, evitando sprechi di budget su target generici o poco qualificati.
Un elemento spesso sottovalutato nella CRO è la fiducia dell’utente. La presenza di recensioni autentiche, certificazioni di sicurezza, testimonianze e badge di garanzia può fare la differenza nel momento in cui un utente sta decidendo se completare una conversione. Anche piccoli dettagli, come l’inserimento di loghi di partner affidabili o una pagina “Chi siamo” trasparente, possono influenzare positivamente la percezione del brand e aumentare le conversioni.
Le opinioni di altri clienti – la social proof – influenzano in modo significativo il comportamento d’acquisto. Un prodotto o servizio che presenta recensioni positive ha maggiori probabilità di convertire rispetto a una pagina senza feedback reali. I sistemi di valutazione basati su stelle, le testimonianze e i case study contribuiscono a creare fiducia e ridurre le indecisioni nel processo decisionale.
Il prezzo percepito di un prodotto o servizio influisce direttamente sul conversion rate. Strategie come sconti a tempo limitato, offerte bundle e spedizione gratuita possono incentivare gli utenti a completare un’azione senza procrastinare. Anche la chiarezza nella comunicazione dei prezzi e l’assenza di costi nascosti evitano che gli utenti abbandonino il processo di conversione a causa di sorprese inaspettate al checkout.
Storia ed evoluzione della conversion rate optimization
La CRO non è un concetto nato con il marketing digitale, ma affonda le sue radici in strategie di vendita e pubblicità tradizionali. La necessità di capire cosa spinga un potenziale cliente a compiere un’azione specifica e come migliorare questo processo ha sempre accompagnato le strategie commerciali, dall’epoca del direct marketing fino all’attuale era dei dati e dell’intelligenza artificiale.
Questa tecnica si è evoluta in parallelo con l’avanzamento dei canali di comunicazione e degli strumenti di analisi disponibili: se in passato il miglioramento delle conversioni era affidato a test manuali e ipotesi basate su intuizioni di marketing, oggi il processo è scientifico, basato su esperimenti controllati e dati analizzati in tempo reale. Oltre ai classici A/B test, il progresso tecnologico ha introdotto nuove possibilità, come l’integrazione del machine learning e l’automazione dell’ottimizzazione dei contenuti, aprendo scenari impensabili fino a pochi anni fa.
Come è cambiata la CRO nel tempo
Prima dell’avvento del web e del digital marketing, il concetto di ottimizzazione delle conversioni esisteva già nel direct marketing. Le campagne pubblicitarie via posta e gli annunci su riviste venivano affinati attraverso test su diversi formati e messaggi, cercando di massimizzare la risposta degli utenti. Le aziende selezionavano target specifici basandosi su demografie e segmentazioni di mercato rudimentali, applicando tecniche che oggi vediamo replicate nel targeting online.
Con la diffusione di Internet e dell’eCommerce negli anni ‘90 è nata l’esigenza di misurare con maggiore precisione il comportamento dei visitatori e capire perché alcuni completavano un acquisto mentre altri abbandonavano il sito. In questa fase iniziale, l’analisi si basava su metriche basilari come il numero di visualizzazioni delle pagine e i tassi di click, senza strumenti avanzati per testare varianti o personalizzare l’esperienza utente.
L’introduzione degli A/B test segna uno dei punti di svolta fondamentali nella CRO. Questa metodologia, mutuata dagli esperimenti utilizzati nelle scienze sociali e nel mondo farmaceutico, ha permesso per la prima volta ai marketer digitali di confrontare due versioni di una stessa pagina o di un’email per determinare quale avesse un impatto maggiore sulle conversioni. Parallelamente, l’uso di heatmap e session recording ha consentito di vedere esattamente dove gli utenti cliccavano e quali aree della pagina attiravano maggiormente l’attenzione, fornendo dati preziosi per ottimizzare layout e percorsi di navigazione.
È più o meno in questo periodo che, in particolare in seguito alla cosiddetta “bolla delle dot-com”, le aziende tecnologiche hanno iniziato a essere più consapevoli delle proprie spese, investendo di più in analisi del sito web e in processi di miglioramento delle prestazioni del sito. Sulla scia della diffusione di Internet e della possibilità di creare facilmente siti Web, infatti, a fine anni Novanta esistevano tonnellate di pagine con un’esperienza utente negativa; già nei primi anni Duemila, però, l’aumentata concorrenza e la disponibilità di strumenti di analisi del sito Web avevano portato alla crescita della consapevolezza del valore dell’usabilità del sito, spingendo gli operatori di marketing online a misurare le loro tattiche e migliorare l’esperienza utente fornita dal sito.
Nel corso degli anni 2010, l’aumento della concorrenza nel settore digitale ha spinto molte aziende a investire in strategie basate sui dati, rendendo la CRO un processo sempre più strutturato. Il focus si è spostato dall’ottimizzazione di singole pagine alla creazione di interi funnel di conversione, analizzando ogni fase dell’interazione dell’utente. L’integrazione di strumenti avanzati, come Google Optimize e Optimizely, ha reso i test sui contenuti e il monitoraggio dell’user journey più accessibili a un numero sempre maggiore di aziende.
I successivi strumenti hanno permesso di iniziare a sperimentare sulla progettazione di siti e sulle variazioni dei contenuti per determinare quali layout, testo copy, offerte e immagini funzionano meglio, e oggi l’ottimizzazione e la conversione sono aspetti chiave di molte campagne di marketing digitale: uno studio di ricerca condotto tra gli Internet marketer nel 2017, ad esempio, evidenziava che il 50% degli intervistati ritiene che il CRO fosse “cruciale per la propria strategia di marketing digitale globale”.
Oggi, le tecniche di CRO non si limitano più all’analisi del comportamento passato, ma sfruttano modelli predittivi e intelligenza artificiale per anticipare le decisioni degli utenti e offrire esperienze personalizzate in tempo reale. L’ottimizzazione non è più un processo manuale basato su ipotesi, ma un meccanismo automatizzato che si adatta dinamicamente alle esigenze degli utenti.
Il ruolo dell’intelligenza artificiale e dell’automazione nella CRO
L’avvento dell’intelligenza artificiale generativa e del machine learning ha segnato una nuova fase nell’evoluzione della CRO, spostando il focus dall’analisi statistica dei dati alla previsione del comportamento degli utenti e alla personalizzazione avanzata. Le aziende non si limitano più a testare ipotesi, ma utilizzano algoritmi capaci di apprendere in tempo reale e ottimizzare autonomamente l’esperienza dell’utente per massimizzare la probabilità di conversione.
In particolare, l’uso del machine learning consente di elaborare grandi quantità di dati in tempo reale, individuando pattern e correlazioni che sarebbero impossibili da rilevare manualmente. Grazie a questa tecnologia, i siti web possono adattare dinamicamente i contenuti mostrati a ciascun utente in base al suo comportamento passato, alle preferenze espresse e persino al dispositivo utilizzato.
Ad esempio, un eCommerce può utilizzare algoritmi di machine learning per:
- Mostrare automaticamente prodotti consigliati basati sulle preferenze dell’utente.
- Regolare dinamicamente il prezzo o le offerte in base al comportamento precedente del visitatore.
- Personalizzare l’home page in base agli interessi degli utenti abituali, aumentando le probabilità che completino un acquisto.
L’automazione delle decisioni riduce i tempi di ottimizzazione e rende l’intero sistema più efficiente, consentendo di prendere decisioni basate sui dati senza necessità di intervento umano diretto.
L’AI sta cambiando (anche!) l’ottimizzazione delle interfacce web: grazie a strumenti di design adattivo, le pagine possono modificarsi in tempo reale per migliorare l’esperienza utente e aumentare il tasso di conversione.
Tra le applicazioni più diffuse dell’intelligenza artificiale in questo contesto troviamo:
- Dynamic Content Personalization: sistemi che modificano automaticamente headline, immagini o CTA in base al profilo dell’utente. Un visitatore abituale può vedere offerte speciali diverse rispetto a un nuovo utente.
- Chatbot e assistenti virtuali: l’integrazione di chatbot potenziati dall’AI riduce la frizione nel processo di conversione. Un utente incerto può ricevere in tempo reale suggerimenti o risposte precise per superare eventuali dubbi, migliorando le probabilità di finalizzare un acquisto.
- Analisi predittiva per il recupero dei carrelli abbandonati: algoritmi avanzati analizzano il comportamento dell’utente e inviano notifiche personalizzate o email automatiche con offerte speciali per convincere chi ha lasciato prodotti nel carrello a completare l’acquisto.
- Automated A/B Testing: i sistemi AI non solo eseguono test A/B, ma analizzano molteplici variabili contemporaneamente , adattando le pagine in base ai risultati in tempo reale per ottimizzare le conversioni in modo automatico.
L’integrazione dell’automazione nella CRO sta cambiando il paradigma tradizionale: non è più necessario attendere i risultati di lunghi test prima di prendere decisioni, perché le regolazioni avvengono in tempo reale, rendendo il processo di ottimizzazione più rapido ed efficiente.
Grazie alla crescente adozione dell’intelligenza artificiale, il futuro della CRO sarà sempre più basato sull’adattabilità in tempo reale e sulla capacità di personalizzare l’esperienza utente in modo altamente mirato. Gli algoritmi continueranno a raffinare il modo in cui i siti web e le piattaforme digitali rispondono agli utenti, eliminando punti di frizione e rendendo il processo di conversione sempre più fluido e intuitivo.
Tasso di conversione, le FAQ principali
Il tasso di conversione è una metrica fondamentale per valutare l’efficacia di una strategia di marketing, ma interpretarlo correttamente può non essere immediato. Aziende di settori diversi si pongono molte domande su come ottimizzarlo, quali valori considerare accettabili e quali strumenti utilizzare per misurarlo.
Di seguito rispondiamo alle domande più frequenti per chiarire ogni aspetto della conversion rate optimization (CRO) e offrire soluzioni concrete per migliorare i risultati ottenuti.
- Come si calcola il conversion rate in un eCommerce?
Il tasso di conversione in un eCommerce si calcola dividendo il numero di acquisti per il numero totale di visitatori del sito web in un determinato periodo, quindi moltiplicando il risultato per 100. La formula è:
(Numero di ordini completati / Numero di visitatori unici) × 100
Ad esempio, se un negozio online ha 50.000 visitatori mensili e genera 1.250 ordini, il suo conversion rate sarà:
(1.250 / 50.000) × 100 = 2,5%
- Qual è un buon tasso di conversione per un sito B2B?
I siti web B2B hanno generalmente un conversion rate più alto rispetto agli eCommerce, poiché il pubblico target cerca soluzioni specifiche ed è più propenso a interagire con l’azienda. Un buon tasso di conversione per un sito B2B che raccoglie lead si aggira tra il 2% e il 10%, a seconda del settore, della complessità del prodotto/servizio e dell’efficacia della strategia di lead nurturing.
- Come posso migliorare il tasso di conversione senza aumentare il traffico?
L’ottimizzazione della conversion rate passa per interventi mirati sulle pagine web e sulle strategie di marketing. Alcuni metodi efficaci includono:
- Migliorare la qualità delle pagine di destinazione (landing page), con CTA più efficaci e contenuti persuasivi.
- Ridurre il numero di passaggi necessari per completare un’azione (es. checkout semplificato).
- A/B test su titoli, immagini e pulsanti per identificare le versioni più performanti.
- Personalizzazione dei contenuti in base al comportamento dell’utente.
- Che relazione c’è tra CPA (Costo per Acquisizione) e conversion rate?
Il costo per acquisizione (CPA) indica quanto costa ottenere un cliente o una conversione grazie a una specifica campagna pubblicitaria. Il conversion rate incide direttamente sul CPA: se il tasso di conversione aumenta, il costo per acquisizione diminuisce perché lo stesso budget pubblicitario porta a più risultati.
- Quali errori portano a un basso conversion rate?
Tra i principali fattori che riducono la conversion rate ci sono:
- Un percorso utente poco intuitivo o con troppe frizioni.
- Processi di registrazione o checkout troppo lunghi o complessi.
- Pagine di destinazione non ottimizzate, con testi poco chiari o call-to-action poco visibili.
- Tempi di caricamento elevati, che aumentano il tasso di abbandono.
- Scarsa fiducia nel brand, dovuta all’assenza di recensioni, certificazioni o garanzie.
- Il CRO ha un impatto sulla SEO?
Sì, esiste una relazione tra CRO e SEO. Google valuta il comportamento degli utenti sulle pagine, quindi un layout ottimizzato che riduce il bounce rate e aumenta il tempo di permanenza può migliorare il ranking nelle SERP. Inoltre, pagine con una buona conversion rate tendono a offrire un’esperienza utente migliore, influenzando indirettamente la SEO.
- Quanto converte in media Google Ads?
Il conversion rate medio di una campagna Google Ads dipende dal settore, dalla qualità della landing page e dal pubblico target. In generale, i tassi di conversione variano tra l’1% e il 5%, con alcune nicchie che registrano percentuali più alte. Le campagne ben ottimizzate con annunci in linea con l’intento di ricerca dell’utente tendono a ottenere risultati migliori.
- Qual è il rapporto tra user experience e conversion rate?
L’esperienza utente (UX) è uno dei principali fattori che influenzano la conversione. Un’interfaccia chiara, intuitiva e veloce migliora la probabilità che l’utente completi l’azione desiderata. Questo include:
- Navigazione fluida e mobile-friendly.
- Struttura della pagina chiara, senza elementi che distraggono.
- Pagine di caricamento rapide.
- Pulsanti e CTA ben visibili e persuasivi.
- Come capire se il nostro conversion rate è troppo basso?
Per determinare se il conversion rate è inferiore alla media, bisogna confrontarlo con i benchmark di settore . Se è significativamente al di sotto delle percentuali registrate dai competitor, potrebbe essere necessario rivedere le strategie di ottimizzazione, migliorare la UX o identificare eventuali ostacoli nel funnel.
- Quali sono i migliori tool per la CRO?
Esistono diversi strumenti per analizzare e migliorare il conversion rate, tra cui:
- Google Analytics: traccia il comportamento degli utenti e le conversioni.
- Hotjar e Crazy Egg: analizzano le heatmap e le registrazioni delle sessioni.
- Google Optimize e Optimizely: permettono di eseguire test A/B.
- Meta Pixel: utile per monitorare le conversioni sui social media.
- Qual è un buon tasso di conversione per un eCommerce?
Il conversion rate medio per un eCommerce si aggira tra l’1,5% e il 3%, ma i valori possono variare in base al settore e alla tipologia di prodotto. Miglioramenti si ottengono riducendo il numero di passaggi nel processo di acquisto e migliorando l’esperienza di navigazione.
- Qual è il rapporto tra CPC (Costo per Clic) e conversion rate?
Il Costo per Clic (CPC) misura quanto si paga per ogni clic su una pubblicità, mentre il conversion rate indica la percentuale di utenti che completano un’azione successivamente al clic. Se il CPC è alto ma la conversione è bassa, significa che qualcosa non funziona nell’esperienza post-clic, come la qualità della landing page o la segmentazione del pubblico.
- Come si misura il conversion rate per i social media e Google Ads?
Per le campagne social e Google Ads, la conversione viene misurata attraverso strumenti di tracking come Meta Pixel e Google Ads Conversion Tracking, che permettono di analizzare le azioni compiute dagli utenti dopo aver cliccato su un annuncio.
- Il conversion rate è rilevante anche per siti non commerciali?
Sì, anche siti non strettamente commerciali monitorano il conversion rate per valutare l’efficacia delle loro strategie digitali. Ad esempio, blog e testate giornalistiche possono misurare la percentuale di utenti che si iscrivono a una newsletter o che cliccano su un articolo dall’homepage.
- Come fare se il mio sito ha un alto traffico ma poche conversioni?
Se un sito riceve molto traffico ma ha poche conversioni, i problemi potrebbero derivare da:
- Target errato: gli utenti che arrivano non sono in linea con l’offerta.
- Scarsa chiarezza delle CTA o layout confuso.
- Tempi di caricamento lunghi che scoraggiano l’utente.
- Mancanza di fiducia nel brand (assenza di recensioni, customer support poco visibile).
Per migliorare, è necessario rivedere il funnel, identificare gli ostacoli tramite test A/B o heatmap e ottimizzare l’esperienza dell’utente.
- Quanto tempo serve per vedere miglioramenti nella conversion rate?
Dipende dalla strategia applicata. Test A/B e ottimizzazioni delle landing page possono dare risultati nel giro di pochi giorni o settimane, mentre la personalizzazione avanzata e la fidelizzazione del cliente richiedono interventi a lungo termine.
- Test A/B e heatmap sono davvero necessari per migliorare la conversione?
Sì, testare le varianti di una pagina e analizzare il comportamento utente attraverso heatmap aiuta ad evitare interventi basati su supposizioni. I dati raccolti permettono di prendere decisioni informate, aumentando l’efficacia delle ottimizzazioni.
- I prezzi dinamici possono influenzare il conversion rate?
Sì, l’utilizzo di prezzi variabili in base alla domanda o al comportamento dell’utente può migliorare la conversion rate, offrendo agli utenti incentivi per acquistare nel momento giusto. Strategie come gli sconti temporizzati sono spesso utilizzate per massimizzare le conversioni.