Web Almanac 2024: dati e insight su SEO, UX e performance

Risorse come il file robots.txt vengono configurate meglio, i Core Web Vitals mostrano una crescita costante e alcuni standard moderni, come gli attributi hreflang o i dati strutturati, stanno finalmente guadagnando terreno. A piccoli passi, insomma, il Web sta migliorando e “più siti hanno meno problemi”, anche se siamo ancora distanti dall’ideale e persistono sfide tecniche significative, come il divario tra mobile e desktop, contenuti duplicati mal gestiti o l’adozione limitata di configurazioni avanzate. È questa la fotografia scattata dal Web Almanac, che torna con un’analisi dettagliata dello stato di salute della Rete basata sull’osservazione concreta e imparziale di 16,9 milioni di siti web e sull’elaborazione di ben 83 terabyte di dati. Oltre ai numeri e ai dati statici, questo lavoro traccia un percorso chiaro tra i successi conquistati e le opportunità ancora da cogliere, sottolineando come un’ottimizzazione efficace si traduca in un web più veloce, accessibile e adatto ai bisogni di un’utenza sempre più esigente e mobile-first – mentre, al contrario, molti siti sono ancora rallentati da risorse mal ottimizzate e soluzioni inefficaci. Andiamo quindi a esplorare i principali temi e trend del Web Almanac 2024, cercando di ricavare un quadro operativo di consigli pratici e spunti per affrontare il web moderno in modo consapevole.

Che cos’è il Web Almanac

Il Web Almanac è un report annuale pubblicato dall’HTTP Archive, realizzato grazie al contributo di decine di esperti del settore, che analizzano lo stato del web attraverso dati raccolti da milioni di siti. Fornisce una panoramica approfondita su tecnologie, tendenze e migliori pratiche di sviluppo, SEO e design.

Dai il massimo alla tua strategia digitale
Dati, strumenti e insight: SEOZoom ti aiuta a sfruttare il meglio dell’analisi tecnica e creativa per il tuo sito web
Registrazione

Progetto unico nel suo genere, sin dalla prima edizione del 2019 rappresenta un punto di riferimento per comprendere come il web si trasforma, offrendo una combinazione di dati su larga scala e insight approfonditi dai principali professionisti del settore.

In particolare, il report 2024 si basa su un’analisi meticolosa di 83 terabyte di dati derivati da milioni di siti web, con l’obiettivo di tradurre informazioni complesse in indicazioni operative per sviluppatori, marketer, professionisti SEO e designer, aiutandoli a prendere decisioni informate per migliorare la qualità e la competitività delle loro attività online.

Una lente sullo stato della rete

Ciò che distingue il Web Almanac nel panorama degli studi digitali è la sua capacità di fornire una visione sistematica e articolata dello stato della rete, unendo dati dettagliati e un’analisi critica delle tendenze. Ogni anno, questo progetto coinvolge decine di professionisti – tra analisti, sviluppatori, esperti di SEO e autori – che contribuiscono alla pianificazione e alla stesura dei suoi capitoli fino alla realizzazione di un documento che possa servire sia come base di conoscenza universale sul web sia come strumento pratico per chi vive e lavora online.

Nel capitolo dedicato al SEO dell’edizione 2024, ad esempio, sono stati presi in esame aspetti chiave come la gestione del file robots.txt, l’importanza dei Core Web Vitals per l’esperienza utente e l’utilizzo strategico del tag canonical per risolvere i problemi di contenuti duplicati. Ciò che emerge è una rete sempre più complessa e sofisticata, in cui i professionisti digitali sono chiamati a misurarsi con continui cambiamenti tecnologici e comportamentali.

La peculiarità del progetto risiede nella sua capacità di trasformare numeri e tendenze in best practice applicabili, racchiudendo soluzioni e spunti concreti in un’unica piattaforma accessibile. Grazie al suo focus su discipline complementari come performance, accessibilità, progettazione e SEO, il Web Almanac contribuisce a delineare un approccio olistico al digitale: non si limita a migliorare una singola area ma punta a costruire un web più efficiente, inclusivo e sostenibile.

Come viene realizzato il Web Almanac

Il Web Almanac si basa su un approccio metodologico rigoroso e collaborativo, che combina l’elaborazione automatizzata di grandi dataset con l’intervento umano per garantire un’analisi contestualizzata e mirata. L’intero progetto è reso possibile grazie all’HTTP Archive, un enorme archivio di dati sul web che utilizza strumenti di misurazione avanzati come Lighthouse e WebPageTest. Per l’edizione 2024 sono stati analizzati più di 16,9 milioni di siti web, con dati raccolti sia dalle home page che dalle pagine interne.

La mole di informazioni elaborata, pari come detto a oltre 83 terabyte, è studiata per fornire un quadro dettagliato su aspetti come l’adozione di tecnologie moderne, il rispetto degli standard di performance tecnica e l’implementazione di strategie SEO e UX. Ma sono i contributi umani a fare la vera differenza: ogni capitolo è il risultato di una stretta collaborazione tra analisti, autori e revisori , che sintetizzano le metriche raccolte per costruire conclusioni significative.

Ad esempio, le metriche dei Core Web Vitals – come il Largest Contentful Paint (LCP) o l’Interaction to Next Paint (INP) – vengono analizzate sia da un punto di vista statistico sia in base all’impatto pratico sulle performance dei siti. Questo approccio misto, in cui la tecnologia si incontra con la competenza degli esperti, rende il Web Almanac una risorsa estremamente affidabile e adatta a interazioni reali.

L’importanza del Web Almanac per il web moderno

Documentare lo stato della rete è un passo necessario per mantenere il web all’avanguardia e rispondere alle sfide che emergono ogni anno; grazie al Web Almanac, sviluppatori e professionisti possono individuare tendenze promettenti, anticipare rischi e adottare strumenti allineati agli standard più avanzati.

Ad esempio, l’analisi della crescente diffusione di tecnologie come il formato immagine WebP e il markup VideoObject fornisce indicazioni cruciali per ottimizzare risorse visive e multimediali. Al tempo stesso, la rilevazione dei problemi legati alla performance mobile mette in luce la necessità di colmare il divario con il desktop, soprattutto considerando che oltre il 60% del traffico web globale ormai proviene da dispositivi mobili.

Allo stesso modo, il focus su tematiche inclusività e accessibilità contribuisce a creare un web realmente aperto a tutti, garantendo che ogni utente possa interagire senza ostacoli. Questo è particolarmente importante in un’era in cui la connessione a Internet sta diventando – secondo quanto sostenuto dalle Nazioni Unite – un diritto umano fondamentale.

Lo stato della SEO tecnica: scansionabilità e indicizzazione

La scansionabilità e l’indicizzazione rappresentano i due pilastri della SEO tecnica, determinando la capacità di un sito di essere rilevato e valorizzato dai motori di ricerca. Questi processi, un tempo considerati principalmente responsabilità tecnica, si configurano oggi come elementi strategici nelle dinamiche di ranking e accessibilità. Secondo i dati raccolti dal Web Almanac 2024, l’ottimizzazione di questi aspetti rimane una sfida per molti siti, ma emergono segnali di progresso nell’applicazione delle migliori pratiche.

L’analisi mostra una crescente consapevolezza verso configurazioni migliorate, compreso l’uso più diffuso e accurato del file robots.txt, strumento chiave per ottimizzare la scansione da parte dei crawler. Tuttavia, permangono aree di miglioramento, come la gestione dei meta tag robots e la coerenza tra scansione e contenuti destinati all’indice. Nel 2024, le prestazioni dei motori di ricerca e l’avanzata di nuovi crawler, tra cui quelli legati all’intelligenza artificiale, stanno cambiando il modo in cui le regole vengono definite e applicate, creando opportunità ma anche nuove sfide.

Questi dati sottolineano la necessità di perfezionare l’infrastruttura tecnica dei siti per migliorare sia l’interazione con i bot sia l’esperienza degli utenti finali, in un panorama digitale sempre più competitivo e dinamico.

Il file robots.txt e la sua configurazione corretta

Tra gli strumenti più importanti per la gestione della scansionabilità, il file robots.txt ha registrato un incremento nella sua corretta applicazione: l’83,9% delle richieste ai siti analizzati ha prodotto risposte conformi agli standard, in aumento rispetto all’82,4% del 2022. Il miglioramento è attribuito all’adozione di pratiche più allineate con la formalizzazione del protocollo attraverso l’RFC 9390 del 2022, che ha garantito uniformità di interpretazione tra i principali bot.

Un aspetto interessante riguarda l’uso dell’agente catch-all user-agent ” * ” nel 76,9% dei file mobile e nel 76,6% desktop, che consente di definire regole generiche per tutti i crawler laddove non esistano istruzioni specifiche. Tuttavia, non tutti i crawler rispettano queste regole; ad esempio, Google Adsbot ignora catch-all, richiedendo configurazioni dedicate.

robots-directive-implementation

Oltre alle configurazioni di base, i file robots.txt stanno diventando uno strumento sempre più strategico per gestire risorse specifiche e bloccare l’accesso a crawler che non apportano valore. Dall’analisi del Web Almanac emerge un aumento del controllo su bot legati alle intelligenze artificiali, come il GPTBot di OpenAI, sempre più spesso menzionati e regolati nei file. Questa tendenza riflette non solo la necessità di preservare il crawl budget, ma anche l’attenzione a impedire lo sfruttamento di contenuti per finalità non desiderate.

La maggiore precisione nelle configurazioni è un segnale importante di evoluzione, ma permangono siti che non sfruttano appieno le potenzialità del robots.txt, limitando le loro performance SEO a causa di implementazioni assenti o errate.

L’evoluzione del file robots.txt: nuove sfide

Il ruolo del file robots.txt è cambiato nel tempo, evolvendo da semplice strumento non ufficiale a una componente standardizzata e riconosciuta a livello globale. Attraverso l’RFC 9390, il 2022 ha segnato una svolta che ha portato i crawler ad adottare un’interpretazione uniforme delle regole. Questo passaggio ha favorito una maggiore chiarezza nella gestione delle risorse scansionabili, ma le nuove sfide della SEO tecnica sono dettate da due grandi forze: l’evoluzione dei bot tradizionali e l’avvento dei nuovi crawler di intelligenza artificiale.

Dallo studio del Web Almanac emerge un dato significativo: alcuni siti stanno specificamente bloccando bot come AhrefsBot e MJ12Bot, strumenti di analisi comunemente utilizzati dai competitor. Questa personalizzazione delle regole riflette una chiara attenzione nel proteggere il crawl budget e minimizzare la dispersione delle risorse del server. Al tempo stesso, crescono i controlli sui bot legati all’AI generativa, come il già citato GPTBot, segnando un punto di rottura con il passato, quando i file robots.txt erano orientati quasi esclusivamente ai motori di ricerca tradizionali.

Le direttive dei meta tag robots: gestire i comportamenti dei crawler

Parallelamente al robots.txt, i meta tag robots giocano un ruolo cruciale nel controllo dell’indicizzazione dei contenuti. Questi strumenti, applicabili a livello di singola pagina HTML, offrono una personalizzazione più granulare rispetto al file generale. Tuttavia, l’analisi del Web Almanac 2024 evidenzia alcune problematiche importanti: tra le 24 direttive valide oggi, le più utilizzate – index e follow – risultano essere non supportate da Googlebot e quindi completamente ignorate. Questa errata applicazione, presente ancora in molte pagine, dimostra un gap di comprensione nelle configurazioni tecniche.

Un caso emblematico emerso dallo studio riguarda l’uso della direttiva noarchive, che sembra essere applicata in modo strategico quando mirata a specifici bot. Ad esempio, mentre solo l’1% delle pagine usa questa regola con il generico nome “robots”, la percentuale sale al 36% per Bingbot, un chiaro tentativo di evitare che i contenuti compaiano nei risultati del nuovo Bing Chat basato su intelligenza artificiale.

Questo approccio mirato indica che i webmaster stanno acquisendo maggiore consapevolezza dell’importanza di personalizzare le regole indicate nei meta tag assecondando i diversi comportamenti di motori di ricerca e piattaforme tecnologiche. Tuttavia, persistono errori e ambiguità, specialmente quando le direttive non sono congruenti con altri segnali, come i tag canonical o le impostazioni del robots.txt.

Per garantire una configurazione efficace, il report ribadisce l’importanza di monitorare l’applicazione delle regole attraverso strumenti come Google Search Console, evitando fraintendimenti che potrebbero penalizzare l’indicizzazione o la visibilità organica.

Gestire i contenuti duplicati con la canonicalizzazione

La gestione dei contenuti duplicati rimane tra le maggiori complessità della SEO tecnica. Quando più URL mostrano contenuti identici o molto simili, i motori di ricerca possono confondersi, con il rischio di distribuire segnali di ranking tra pagine diverse o, peggio, ignorare quelle più rilevanti per il posizionamento organico. Per consolidare questi segnali su un’unica risorsa e ridurre la confusione algoritmica, il tag canonical è lo strumento più efficace disponibile oggi per consolidare i segnali di ranking e guidare i crawler verso la versione preferita di una pagina.

Secondo i dati riportati nel Web Almanac 2024 l’utilizzo del tag canonical ha raggiunto un livello importante di maturità: il 65% dei siti analizzati implementa correttamente questa tecnica, confermando una leggera, ma costante, progressione rispetto alle rilevazioni degli anni precedenti. Inoltre, la crescita nell’adozione è accompagnata da una parziale maturazione nell’applicazione: il tag canonical viene oggi implementato in modo uniforme sia nelle versioni desktop che mobile, riducendo il disallineamento osservato negli anni passati.

Tuttavia, permangono errori tecnici che minano l’efficacia dello strumento. Tra i problemi più comuni identificati ci sono catene canoniche, URL non raggiungibili o implementazioni errate in siti che utilizzano tecnologie di rendering dinamico, rendendo necessario un monitoraggio rigoroso per garantire risultati ottimali. Una corretta ottimizzazione non è più solo una questione tecnica, ma una componente strategica dell’intero ecosistema SEO, da cui dipende la capacità di un sito di competere per le query più importanti.

L’utilizzo del tag canonical nel 2024

L’implementazione del tag canonical è oggi più diffusa che mai e il Web Almanac evidenzia un importante traguardo: per la prima volta, vi è un equilibrio quasi perfetto tra l’adozione su desktop e dispositivi mobili. I dati mostrano che il 65% dei siti mobile e il 69% dei siti desktop utilizzano correttamente questa tecnica, eliminando una discrepanza storica che aveva penalizzato i siti in ottica mobile-first.

canonical-implementation

Il tag canonical viene applicato principalmente a livello di codice HTML e nella maggior parte dei casi (oltre il 97%) punta alla versione desiderata della pagina senza errori. Tuttavia, il report sottolinea che il 3% dei siti presenta gravi inefficienze, come URL non raggiungibili o mancanti. Un altro dato interessante riguarda l’adozione crescente del canonical autoreferenziale: questa configurazione, utilizzata per prevenire duplicazioni non intenzionali, è stata riscontrata nella maggioranza delle pagine analizzate. Questo dimostra una maggiore attenzione da parte dei webmaster, che preferiscono adottare un controllo preventivo anche in assenza di duplicati evidenti.

Un’innovazione adottata sempre più frequentemente nel 2024 è il tag indexifembedded, pensato per gestire correttamente i contenuti mostrati tramite iframe, widget o video incorporati. Circa il 7,6% delle pagine mobili analizzate include contenuti visualizzati tramite iframe, e la maggior parte di questi ha implementato tag canonical e meta tag specifici per ottimizzare l’indicazione di risorse incorporabili.

Un altro fattore da considerare è l’aumento delle implementazioni del tag canonical attraverso intestazioni HTTP, soprattutto per risorse non HTML, come immagini e file PDF. Sebbene questa pratica non abbia ancora superato l’implementazione tradizionale nel codice sorgente, rappresenta un segnale dell’evoluzione tecnologica e di una gestione più dinamica dei contenuti.

Errori da evitare nell’uso del canonical

Nonostante i progressi osservati, le configurazioni errate del tag canonical sono ancora un problema rilevante, spesso sottovalutato dai webmaster. Il Web Almanac 2024 identifica alcuni errori comuni che possono compromettere l’efficacia del tag e influire negativamente sull’indicizzazione e sul posizionamento delle pagine.

Uno degli errori più frequenti riguarda le catene canoniche: anziché puntare direttamente all’URL preferito, alcune configurazioni reindirizzano da una pagina all’altra creando percorsi intermedi inutili. Questa pratica non solo complica la scansione per i motori di ricerca, ma può anche disperdere i segnali di ranking. Allo stesso modo, vengono rilevati anche casi di loop canonici, in cui le pagine si riferiscono circolarmente tra loro senza mai indicare una versione definitiva.

Un altro aspetto problematico riguarda le incongruenze tra HTML grezzo e HTML renderizzato. Circa l’1% delle pagine analizzate presenta discrepanze tra i due livelli di implementazione, causando confusione per i crawler e rischiando di vanificare gli intenti del tag. Questo è particolarmente comune nei siti che utilizzano tecnologie di rendering dinamico o framework non ottimizzati.

Infine, un errore emblematico è il conflitto tra il tag canonical e altri segnali, come il file robots.txt o i meta tag robots. Ad esempio, alcune pagine con un canonical che punta a un URL principale risultano non scansionabili a causa di un blocco imposto nel file robots.txt, rendendo inefficace l’intera configurazione.

Evitare questi errori richiede un monitoraggio costante e un approccio strategico all’implementazione. Strumenti come Google Search Console e Screaming Frog sono insostituibili per analizzare i percorsi canonici e identificare eventuali incongruenze prima che diventino problemi strutturali per il sito. I dati dimostrano come una corretta applicazione del canonical non sia solo una buona pratica, ma un requisito essenziale per ottimizzare risorse e massimizzare l’impatto delle proprie pagine nei motori di ricerca.

Sguardo ai Core Web Vitals e alla loro reale applicazione

I Core Web Vitals (CWV) si sono ormai consolidati come uno standard centrale per valutare la qualità tecnica e l’esperienza utente di un sito web; queste metriche rappresentano un parametro chiave per i motori di ricerca, riflettendo l’effetto diretto delle performance su accessibilità, usabilità e posizionamenti organici. L’analisi del Web Almanac 2024 offre un quadro dettagliato sull’adozione e sull’efficacia delle metriche CWV – con un focus su come i siti stiano reagendo alla pressione per un web più reattivo, stabile e accessibile.

Mentre si registrano miglioramenti nei punteggi globali, l’adozione non è ancora uniforme. Solo il 54% dei siti desktop e il 48% dei siti mobili rispettano gli standard di prestazione minimi, con problematiche ancora evidenti nel miglioramento del Largest Contentful Paint (LCP) e una maggiore difficoltà nel garantire una stabilità visiva ottimale nei caricamenti. Questi dati rappresentano un richiamo immediato all’importanza dell’ottimizzazione continua per colmare le lacune presenti, specie in un contesto digitale che vede il mobile sempre più protagonista.

Panoramica tecnica: cosa ci dicono i dati del report

Dal lancio dei Core Web Vitals nel 2020, le tre metriche principali – LCP, Interaction to Next Paint (erede del First Input Delay) e Cumulative Layout Shift – sono diventate un punto di riferimento essenziale per le prestazioni UX, ma molte pagine web ancora faticano a ottimizzarsi sufficientemente per superare le soglie richieste, soprattutto su dispositivi mobili.

Secondo i dati del report, solo il 54% dei siti desktop soddisfa i criteri per i Core Web Vitals, mentre questa percentuale scende al 48% per i siti mobile. La transizione a metriche più precise, come l’INP, ha reso ancora più evidente il gap nella reattività delle interazioni: molti siti non sono in grado di garantire una risposta rapida ai comandi degli utenti. Il Largest Contentful Paint, che misura il tempo necessario affinché l’elemento di contenuto principale della pagina diventi visibile, è rimasto la metrica con le performance peggiori, penalizzata da tempi di caricamento elevati e un utilizzo inefficiente delle risorse.

Il Cumulative Layout Shift, che valuta la stabilità visiva durante il caricamento delle pagine, rappresenta un’ulteriore area critica, con il 40% dei siti che registra spostamenti significativi nei layout, un problema che influisce non solo sull’esperienza utente ma anche sui tassi di conversione. Tali risultati mettono in evidenza l’importanza di un focus continuo sull’ottimizzazione tecnica, combinando strategie come la compressione delle risorse, il precaricamento dei contenuti e la riduzione degli script inutili.

Tecniche di ottimizzazione per migliorare i CWV

Le evidenti difficoltà nel soddisfare i requisiti delle metriche CWV evidenziano la necessità di un approccio più sistematico e mirato per ottimizzare le prestazioni dei siti web. Il Web Almanac 2024 mette in risalto diverse tecniche efficaci adottate dai siti che riescono a superare le soglie ottimali.

Per migliorare il Largest Contentful Paint – che dovrebbe essere inferiore ai 2,5 secondi – le strategie più rilevanti includono:

  • Ottimizzazione delle immagini: convertire le risorse visive in formati leggeri come WebP e specificare dimensioni statiche per evitare ritardi nel rendering.
  • Caching e uso di CDN: ridurre i tempi di risposta servendo risorse statiche attraverso reti di distribuzione dei contenuti più vicine agli utenti.
  • Caricamento critico dei CSS: minimizzare o incorporare CSS essenziali direttamente nel markup iniziale per velocizzare la visualizzazione degli elementi chiave.

Nel contesto della reattività, INP – che misura la velocità con cui le pagine rispondono alle interazioni – richiede un’attenzione particolare alla gestione ottimizzata di JavaScript. Le tecniche includono:

  • Eliminazione di script non essenziali tramite lazy loading e deferimento del caricamento.
  • Riduzione del lavoro nel thread principale attraverso processi asincroni, suddivisione del carico e utilizzo di framework più leggeri.

Quanto alla stabilità visiva valutata attraverso il CLS, il report suggerisce interventi che prevengano spostamenti indesiderati durante il caricamento, come:

  • Specificare le dimensioni per immagini, video e iframe per riservare uno spazio predefinito prima del loro caricamento.
  • Precaricare i font per evitare rimpiazzamenti improvvisi di testo.
  • Evitare contenuti dinamici che si inseriscono nel layout senza prenotare il loro spazio.

I siti che implementano queste pratiche registrano non solo miglioramenti nei punteggi CWV, ma anche un impatto positivo sui KPI di business, come l’aumento del tasso di conversione e la riduzione dei tassi di abbandono.

Perché il mobile soffre ancora rispetto al desktop

Nonostante l’ormai consolidata priorità al mobile-first indexing, il divario tra le performance desktop e mobile continua a rappresentare uno degli ostacoli principali per molti siti web. La percentuale di siti che soddisfano i Core Web Vitals su dispositivi mobili è inferiore del 12% rispetto a quella dei siti desktop (48% contro 54%), un dato che amplia ulteriormente la differenza rilevata negli anni precedenti. Il Web Almanac identifica le principali ragioni di questo fenomeno.

percent-of-good-cwv-experiences-on-desktop

Innanzitutto, molti siti non riescono a ottimizzarsi per le limitazioni hardware dei dispositivi mobili, che dispongono spesso di processori meno potenti e memorie meno performanti rispetto ai computer desktop. A ciò si aggiungono le sfide legate alle connessioni mobili, che risultano generalmente più lente e meno stabili rispetto alle connessioni cablate o Wi-Fi.

D’altro canto, molti framework di sviluppo adottati non sono stati progettati per garantire esperienze responsive fluide, con risorse inutili che appesantiscono le pagine e rallentano i tempi di caricamento su schermi ridotti. La mancata ottimizzazione degli elementi interattivi o delle interfacce stesse contribuisce inoltre a peggiorare l’esperienza degli utenti mobili.

L’introduzione di INP come metrica per misurare l’interattività ha messo in evidenza un ulteriore divario tra le performance su desktop e mobile: nel 2024, solo il 48% delle pagine mobili soddisfa le soglie minime dei Core Web Vitals, contro il 54% delle versioni desktop, con un differenziale di +11%, quasi il doppio rispetto al divario registrato nel 2022 (+5%)

percent-of-good-cwv-experiences-on-mobile

Per colmare questo divario, il report sottolinea l’importanza di adottare strategie come il lazy loading per le risorse non essenziali, il design responsive che elimina gli elementi superflui per il mobile e l’implementazione di sistemi di cache lato server. Strumenti come Lighthouse e PageSpeed Insights restano fondamentali per diagnosticare i problemi specifici del mobile e agire in tempo.

Ridurre il divario tra mobile e desktop deve diventare una priorità per i brand, soprattutto considerando che oltre il 65% del traffico web globale ora proviene da dispositivi mobili. Solo garantendo esperienze di navigazione fluide e prestazioni ottimali sarà possibile ottenere risultati significativi, non solo dal punto di vista del ranking ma anche sotto il profilo dell’engagement e delle conversioni.

Esperienza utente e SEO: un binomio sempre più forte

L’evoluzione dei motori di ricerca ha portato a un cambiamento profondo nel valore attribuito all’esperienza utente (UX) come fattore determinante per il posizionamento organico. Oggi, la SEO non si limita più alla semplice ottimizzazione dei contenuti, ma include metriche e tecnologie che misurano la facilità d’uso, la rapidità di caricamento e la stabilità delle pagine. Grazie a strumenti come i Core Web Vitals e all’adozione generalizzata del mobile-first indexing è ormai evidente che prestazioni eccellenti sono fondamentali non solo per conquistare i motori di ricerca, ma anche per soddisfare le aspettative sempre più elevate degli utenti.

Il Web Almanac 2024 sottolinea come la relazione tra SEO e UX sia ormai inscindibile: i siti che offrono un’esperienza intuitiva, veloce e accessibile tendono a ottenere risultati migliori tanto in termini di ranking quanto di engagement degli utenti. Tuttavia, nonostante i miglioramenti osservati negli ultimi anni, molte pagine mostrano ancora lacune significative, soprattutto su dispositivi mobili. Questo evidenzia la necessità di perfezionare strategie mirate, che uniscano ottimizzazione tecnica e design centrato sull’utente.

L’importanza di un’esperienza mobile-first

Con la transizione al mobile-first indexing, attuata pienamente da Google, il panorama digitale è cambiato radicalmente. Oggi la versione mobile di un sito è il punto di riferimento principale per i crawler durante la scansione e l’indicizzazione. Questo approccio, nato dal fatto che oltre il 65% del traffico globale proviene ormai da dispositivi mobili, impone uno standard più alto nella costruzione di un’esperienza utente progettata specificamente per smartphone e tablet.

I dati forniti dal Web Almanac 2024 mostrano progressi nella capacità delle pagine di adattarsi alle esigenze mobile, ma mettono in luce anche problematiche ricorrenti. Tra i 17 milioni di siti analizzati, solo il 48% delle versioni mobili soddisfa gli standard dei Core Web Vitals, contro il 54% delle versioni desktop. Il divario tra le prestazioni su mobile e su desktop, invece di ridursi, si è addirittura ampliato rispetto agli anni precedenti, indicando che molti siti non sono pronti per fornire un’esperienza ottimizzata sui dispositivi mobili.

Le criticità principali osservate riguardano tre fattori fondamentali:

  1. Performance di caricamento insufficienti: tempi più lunghi sui dispositivi mobili a causa di connessioni lente, hardware limitato e risorse web poco ottimizzate.
  2. Design non completamente responsive: layout non adattati al viewport mobile, con problemi evidenti come font troppo piccoli, pulsanti difficili da cliccare e spaziature non ideali.
  3. Mancanza di ottimizzazioni tecniche specifiche: troppe pagine mobili non sfruttano appieno tecniche come il lazy loading, la compressione delle immagini o la riduzione degli JavaScript non essenziali.

Questi problemi non solo penalizzano la soddisfazione degli utenti, ma influiscono negativamente anche sul posizionamento SEO, poiché i crawler di Google danno priorità alle esperienze fluide e performanti sui dispositivi mobili.

Quello che manca nei siti meno ottimizzati è una visione integrata che combini obiettivi di performance tecnica con un approccio realmente orientato alle esigenze degli utenti. Affinché un sito possa migliorare il proprio impatto, è necessario implementare alcune best practice:

  • Ridurre i tempi di caricamento tramite l’ottimizzazione delle immagini (ad esempio, utilizzando il formato WebP) e il caricamento differito (lazy loading) delle risorse non essenziali.
  • Progettare interfacce completamente responsive che mettano al centro la leggibilità e la facilità di interazione. Ad esempio, pulsanti ben distanziati, cura della formattazione del testo ed elementi touch-friendly sono oggi requisiti indispensabili.
  • Testare regolarmente le performance mobili con strumenti come Google Search Console e Lighthouse , per identificare e correggere eventuali lacune.

Le esigenze degli utenti mobili pongono interrogativi urgenti per chi sviluppa e ottimizza i siti web. Non adattarsi rapidamente a questo contesto significa non solo perdere opportunità di crescita, ma rischiare di essere esclusi dalle dinamiche del mercato digitale. Nell’era del mobile-first, offrire un’esperienza altamente performante non è più una possibilità: è il punto di partenza per rimanere competitivi.

Lo stato della SEO on-page: ottimizzazione degli elementi strutturali

Nel complesso panorama della SEO on-page, l’ottimizzazione degli elementi strutturali continua a giocare un ruolo cruciale nel posizionamento e nella fruibilità delle pagine web. Strumenti come i titoli (H1-H6), i tag title, le meta description e i tag heading non solo aiutano i motori di ricerca a comprendere meglio i contenuti, ma influenzano anche direttamente l’esperienza e il coinvolgimento degli utenti. Secondo i dati del Web Almanac 2024, se da una parte è aumentata l’attenzione verso l’uso corretto di questi elementi, dall’altra persistono errori e mancanze che limitano l’impatto di molte pagine.

Gli elementi strutturali, infatti, non si limitano a facilitare i crawler, ma rappresentano un ponte tra i contenuti e gli utenti. Una corretta gerarchia semantica può migliorare la scansione e l’indicizzazione, mentre meta description e titoli ben scritti contribuiscono direttamente all’aumento del CTR (Click-Through Rate). Tuttavia, il report evidenzia come molte pagine ignorino buone pratiche di ottimizzazione, risultando in contenuti meno visibili e performanti.

Struttura dei contenuti e gerarchia semantica

La gerarchia semantica rappresenta la base su cui costruire contenuti efficaci dal punto di vista della SEO on-page: titoli, heading e meta tag non sono semplici dettagli tecnici, ma strumenti chiave per comunicare sia agli utenti sia ai motori di ricerca ciò che una pagina offre, organizzandone le informazioni in modo chiaro e logico.

Dati del Web Almanac mostrano che circa il 68% delle pagine analizzate utilizza una gerarchia di heading semantica coerente, un progresso rispetto ai dati delle precedenti edizioni, ma ancora insufficiente in un web sempre più competitivo. Errori comuni, come duplicazioni di H1 o l’assenza di livelli intermedi (ad esempio, il salto diretto da un H1 a un H3), sono ancora diffusi, specialmente tra siti costruiti con CMS meno ottimizzati.

Soffermandoci sui numeri “puri”, le home page mobili mostrano in media 364 parole visibili contro le 400 delle versioni desktop, mentre le pagine interne registrano numeri leggermente inferiori (317 parole su mobile e 333 su desktop). Il contenuto “grezzo”, invece, aumenta significativamente dopo il rendering, con un incremento del 13,6% su mobile e del 17,5% su desktop , dato che dimostra una maggiore attenzione al caricamento diretto delle informazioni nell’HTML iniziale.

home-page-visible-words-rendered-by-percentile

Dal lato degli strumenti, i tag title e le meta description rimangono gli elementi strutturali più influenti sulle SERP. Il 98% delle pagine include un tag title, ma quasi il 30% di questi titoli è risultato generico, ridondante o non ottimizzato per query specifiche. Questa mancanza influisce sia sul ranking che sulla visibilità complessiva. Quanto alle meta description, solo il 66% delle pagine analizzate ne include una, e di queste oltre il 70% viene riscritto da Google per adattarsi meglio alle intenzioni di ricerca degli utenti, spesso a causa di formulazioni poco efficaci o fuori contesto.

Come gestire tag title e descrizione meta

I tag title rappresentano il titolo principale di una pagina per i motori di ricerca e sono una delle variabili principali che influenzano la visibilità nei risultati di ricerca. Oltre alla loro centralità per il ranking, svolgono un ruolo fondamentale nel convincere l’utente a cliccare su una determinata pagina. Tuttavia, il Web Almanac 2024 sottolinea come troppi titoli trascurino elementi critici di ottimizzazione, come l’enfasi su parole chiave strategiche o una struttura chiara.

Secondo il report, i titoli ottimizzati che rispettano la lunghezza consigliata (tra 50 e 60 caratteri) ottengono CTR superiori del 15% rispetto a quelli troppo brevi o troppo lunghi. Le meta description, benché non influenzino direttamente il ranking, sono persino più critiche per aumentare il tasso di clic: una descrizione ben scritta fornisce una panoramica rapida del contenuto della pagina, allineandosi alle esigenze e alle aspettative dell’utente.

Inoltre, dal report emerge che l’uso del tag title è lievemente calato tra il 2022 e il 2024: il 98,8% delle pagine nel 2022 lo utilizzava, mentre oggi si registra un 98,0% su desktop e 98,2% su mobile. Anche l’adozione delle meta description è diminuita, scendendo dal 71% al 66,7% per desktop e al 66,4% per mobile, segnalando una minore attenzione a queste importanti componenti on-page. 

Il problema principale evidenziato dal report riguarda però la riscrittura automatica da parte di Google, che interessa oltre il 70% delle meta description esaminate. Questo accade frequentemente nei casi in cui le descrizioni sono generiche, non correlate ai contenuti della pagina o più lunghe del range ottimale (150-160 caratteri). Evitare queste problematiche richiede un focus su descrizioni specifiche e orientate all’intento di ricerca, capaci di rispondere direttamente alle domande o ai bisogni degli utenti.

meta-description-characters-by-percentile

Gestire al meglio questi elementi significa anche testare continuamente la loro efficacia: strumenti come Google Search Console possono offrire insight utili per identificare pagine con titoli riscritti o descrizioni che non convertono, consentendo di intervenire tempestivamente.

Heading tag: leggibilità e gerarchia

Gli heading tag (H1-H6) sono fondamentali per organizzare i contenuti web in modo leggibile sia per gli utenti che per i crawler. Una struttura ben pianificata non solo migliora l’esperienza di navigazione, facilitando gli utenti nella comprensione dei punti principali del contenuto, ma consente anche ai motori di ricerca di comprendere meglio la gerarchia delle informazioni.

Secondo i dati del Web Almanac 2024, il 70% delle pagine desktop include almeno un H1, ma solo il 55% utilizza una gerarchia semantica corretta, evidenziando numerose inefficienze. Errori comuni includono l’utilizzo di più H1 sulla stessa pagina, la confusione nei livelli (ad esempio, l’inserimento di un H3 senza passare per l’H2) e l’assenza di heading che rappresentino chiaramente il contenuto.

Questi errori non solo disorientano i crawler, causando una scansione più complessa e potenzialmente incompleta, ma incidono anche negativamente sull’esperienza degli utenti, che possono percepire i contenuti come disorganizzati o di scarso valore.

Un altro problema segnalato riguarda la mancanza di leggibilità per gli heading: utilizzando formulazioni troppo brevi o generiche, molti tag non riescono a comunicare efficacemente i temi trattati. Al contrario, i migliori risultati si ottengono con heading che siano descrittivi e che, allo stesso tempo, includano parole chiave pertinenti, mantenendo un legame stretto con l’intento di ricerca.

Correggere questi problemi richiede una maggiore attenzione alla pianificazione e uno studio approfondito delle query. Creare una struttura semantica coerente, con un solo H1 e un uso progressivo degli heading, offre non solo benefici tecnici ma anche un’esperienza più fluida e coinvolgente per gli utenti.

Errori HTML nel tag <head>: quali sono e come impattano sulla SEO

La sezione <head> del codice HTML è la zona che fornisce ai motori di ricerca informazioni essenziali su una pagina web: dal suo titolo al file CSS per il design, fino ai metadati utili per la SEO. Quando questa sezione include elementi non validi si possono verificare problemi come l’interruzione dell’elaborazione da parte dei crawler o la mancata lettura dei tag strategici (ad esempio, canonical o hreflang). Questo, secondo i dati del Web Almanac 2024, continua a rappresentare una sfida per molti siti.

pages-with-invalid-HTML-in-head

Tra gli errori principali rilevati nel 2024, il tag <img> (usato per immagini) rappresenta il 29% degli errori nelle pagine desktop e il 22% su mobile, numeri in netto aumento rispetto al 10% riscontrato nel 2022. L’utilizzo di tag non validi come <div>, progettati per il body della pagina e non per il <head>, è anch’esso cresciuto, raggiungendo il 10% delle pagine mobili e l’11% delle pagine desktop , i valori più alti degli ultimi anni.

Al contrario, gli elementi considerati validi nel tag <head> sono i seguenti:

  1. <title>: titolo della pagina, essenziale per le SERP.
  2. <meta>: metadati per descrizioni, lingua e direttive per crawler.
  3. <link>: collegamenti a risorse esterne, come CSS o sitemap RSS.
  4. <script>: file JavaScript per funzionalità avanzate.
  5. <style>: stili CSS per il design della pagina.
  6. <base>: URL base della pagina.
  7. <noscript>: fallback per browser che non supportano JavaScript.
  8. <template>: modelli predefiniti per contenuti riutilizzabili.

Qualsiasi tag non compreso in questa lista può essere considerato non valido, comportando una serie di effetti negativi:

  • Interruzione della scansione: i crawler potrebbero bloccarsi di fronte a elementi non standard, ignorando parte dei metadati inclusi nella sezione <head>.
  • Problemi di indicizzazione: l’inclusione di errori potrebbe compromettere la lettura dei canonical tag, hreflang o meta description, riducendo l’efficacia SEO della pagina.

Media, risorse visive e interattività

Immagini che catturano l’attenzione a prima vista, video che intrattengono e informano, contenuti interattivi che trasformano una semplice visita in un’esperienza immersiva: il web moderno vive di media, che non sono semplici elementi estetici, ma strumenti fondamentali per catturare l’attenzione, comunicare in modo efficace e migliorare la UX complessiva. Tuttavia, sono anche tra le risorse più problematiche da gestire: se non ottimizzati correttamente, penalizzano le prestazioni del sito e, di conseguenza, l’esperienza dell’utente e il ranking nei motori di ricerca.

Il Web Almanac 2024 evidenzia che quasi il 96% delle pagine analizzate utilizza almeno un’immagine, confermando l’importanza crescente dei contenuti visivi. I video sono leggermente meno diffusi ma in forte aumento, grazie anche al loro impatto su dwell time ed engagement. Nonostante questi numeri, emerge chiaramente come una percentuale significativa di risorse visive non sia ancora ottimizzata per le performance tecniche e il caricamento rapido, causando rallentamenti significativi, soprattutto su dispositivi mobili.

L’adozione di formati moderni e soluzioni avanzate, come il WebP per le immagini e il markup VideoObject per i video, sta crescendo, ma molte opportunità rimangono ancora inesplorate. Gli errori più comuni, come dimensioni non dichiarate o il mancato utilizzo di lazy loading, evidenziano che c’è ancora strada da fare per un’ottimizzazione diffusa ed efficace.

Lo stato dell’ottimizzazione dei media nelle pagine web

Le immagini e i contenuti video rappresentano la colonna portante della comunicazione multimediale sul web. Tuttavia, l’analisi del Web Almanac 2024 rivela che non tutti i siti web stanno sfruttando appieno i vantaggi delle moderne tecnologie di ottimizzazione. Dati cruciali emersi dal rapporto mostrano diverse tendenze e problematiche da considerare.

Il formato WebP, progettato per ridurre la dimensione dei file immagine senza sacrificare la qualità visiva, è oggi implementato nel 56% delle pagine web analizzate, un notevole incremento rispetto al 40% registrato nel 2022. Il passaggio a immagini più leggere consente di migliorare notevolmente i tempi di caricamento, soprattutto su connessioni mobili. Tuttavia, il report evidenzia che molti siti non forniscono fallback adeguati per browser meno recenti, creando potenziali problemi di compatibilità per una parte degli utenti.

Sul fronte dei video, il markup VideoObject, essenziale per migliorare la visibilità dei contenuti video nei rich results, è stato adottato solo dall’1% circa delle pagine esaminate – per la precisione, ora ha raggiunto lo 0.9% delle pagine esaminate, praticamente il doppio rispetto allo 0.4 dell’analisi del 2022. Questo dato delude le aspettative, poiché i siti che utilizzano correttamente i metadati per i video ottengono benefici significativi in termini di discoverability e engagement nelle SERP. L’adozione limitata indica una sottovalutazione delle potenzialità offerte dai dati strutturati per i media.

percentage-of-pages-with-video

Questi numeri mostrano un divario crescente tra i siti che investono nell’ottimizzazione avanzata delle risorse visive e quelli che ignorano tali opportunità, con ripercussioni dirette sia sulle performance tecniche che sull’esperienza degli utenti.

Migliorare l’impatto delle risorse visive

Ottimizzare immagini e video significa non solo migliorare le performance del sito, ma anche offrire agli utenti contenuti più fruibili e interattivi. Il Web Almanac 2024 sottolinea alcune pratiche chiave per garantire che le risorse visive non ostacolino la velocità di caricamento, un elemento cruciale per i Core Web Vitals.

Tra le tecniche più efficaci per le immagini, emerge il sempre più diffuso utilizzo del formato WebP, che offre compressioni 30% più efficienti rispetto ai formati tradizionali come JPEG o PNG; tuttavia, molte pagine continuano a ignorare l’importanza di dichiarare le dimensioni statiche delle immagini (width e height), causando spostamenti di layout indesiderati che penalizzano il CLS.

Per i video, il report suggerisce l’adozione del caricamento differito, che carica il contenuto solo quando effettivamente necessario. Questa strategia è particolarmente utile per evitare che i file video, spesso pesanti, rallentino il caricamento iniziale della pagina. L’utilizzo del markup VideoObject per fornire ai motori di ricerca dettagli utili, come durata o descrizioni, rappresenta un ulteriore passo verso un’ottimizzazione avanzata.

Gli errori più comuni legati alla gestione delle risorse visive includono:

  • Mancata compressione: immagini o video troppo pesanti che influiscono negativamente sui tempi di caricamento.
  • Assenza di lazy loading: caricamento immediato di tutte le risorse, indipendentemente dalla loro effettiva visibilità nella viewport.
  • Alt text mancanti o poco descrittivi: il 42% delle immagini analizzate non include testo alternativo corretto, riducendo sia l’accessibilità che l’ottimizzazione SEO.

Per migliorare l’impatto delle risorse visive, il report raccomanda di adottare un approccio integrato alla loro gestione: compressione avanzata per immagini e video, precaricamento intelligente per risorse prioritarie, e utilizzo strategico di markup strutturati per migliorare la visibilità e la qualità dei contenuti.

Il report indica in particolare che solo il 58% delle immagini nelle pagine mobili dispone di alt text, un miglioramento rispetto al 54% del 2022. Tuttavia, una percentuale significativa (14% delle immagini alt-text incluse) presenta descrizioni vuote o generiche, compromettendo accessibilità e ottimizzazione SEO.

percentage-of-img-missing-alt

Investire nell’ottimizzazione visiva non è solo una questione tecnica: significa anche costruire un’esperienza coinvolgente ed efficiente per gli utenti, proteggendo al contempo il posizionamento nelle SERP e aumentando le probabilità di conversione.

Link e relazioni nell’ecosistema web

I link rappresentano l’ossatura dell’ecosistema digitale: collegano pagine, contenuti e utenti, facilitando la navigazione e aiutando i motori di ricerca a comprendere la struttura e la rilevanza di un sito. Nell’ambito della SEO, la gestione dei collegamenti interni ed esterni è da sempre una componente strategica: se ben pianificati, possono rafforzare l’autorità di un sito, migliorare l’esperienza degli utenti e ottimizzare la scansionabilità da parte dei bot.

Il Web Almanac 2024 mette in evidenza progressi significativi nell’uso dei link interni, in particolare nei siti che aderiscono a strategie strutturate per guidare i visitatori e migliorare il posizionamento organico. Tuttavia, permangono lacune in aspetti complementari come l’adozione di attributi specifici (nofollow, sponsored o UGC) nei collegamenti esterni e la gestione strategica dei link outbound. Tali carenze possono limitare la capacità di un sito di massimizzare i benefici derivanti dal linking, portando a dispersione di valore o inefficienze nell’indicizzazione.

Investire in un sistema di link ben strutturato significa costruire ponti: tra le diverse sezioni di un sito, tra utenti e contenuti rilevanti, e tra il proprio dominio e il resto dell’ecosistema web.

Panoramica sui collegamenti interni ed esterni

La gestione dei collegamenti interni è uno degli strumenti più potenti per migliorare l’architettura informativa di un sito e distribuire in modo strategico il valore delle pagine. Secondo i dati del Web Almanac 2024, i siti stanno mostrando un maggiore impegno nell’ottimizzazione del linking interno: 129 collegamenti per pagina in media nei primi 1.000 siti analizzati, in aumento rispetto ai 106 del 2022. Questo sottolinea la crescente attenzione verso un’organizzazione più efficace del flusso di navigazione, in particolare per portali complessi come gli e-commerce e i siti editoriali.

Un altro dato positivo è quello dell’utilizzo di anchor text descrittivi: nel 91% delle pagine mobili e nell’84% desktop i link includono infatti descrizioni utili, migliorando sia l’esperienza utente che la comprensione semantica da parte dei crawler.

La linking interna ben progettata offre numerosi benefici:

  • Migliora la scansione e l’indicizzazione: aiuta i crawler a navigare facilmente attraverso il sito, garantendo che le pagine più importanti ricevano la giusta attenzione.
  • Distribuisce l’autorità interna: consente di “spingere” pagine strategiche aumentando la rilevanza delle sezioni prioritarie.
  • Guida gli utenti: semplifica l’esperienza di navigazione, riducendo la frequenza di rimbalzo e aumentando il tempo medio di permanenza sul sito.

Sul lato dei collegamenti esterni, invece, emergono ancora alcune problematiche. Il report segnala che solo il 32,7% delle pagine utilizza l’attributo nofollow per gestire link di natura sponsorizzata o di dubbia affidabilità, mentre il ricorso agli attributi dei link sponsored e UGC rimane sotto l’1%. Questi dati indicano una scarsa attenzione alla categorizzazione corretta dei collegamenti esterni, uno strumento che aiuta i motori di ricerca a identificare il tipo di relazione tra risorse e a interpretare correttamente il contributo del sito.

anchor-rel-attribute-usage

Errore comune è anche la mancanza di una strategia per evitare link outbound interrotti o verso contenuti non più esistenti, una pratica che non solo influisce negativamente sull’esperienza utente ma può penalizzare anche tecnicamente il dominio.

Best practices di linking interna ed esterna

Per garantire che i link siano efficaci sia dal punto di vista dell’utente sia per l’indicizzazione è necessario adottare una pianificazione strutturata e coerente. Il Web Almanac 2024 evidenzia come i migliori risultati si ottengano seguendo alcune best practices mirate.

Sul fronte dei collegamenti interni, i siti più performanti adottano strategie come:

  • Utilizzo equilibrato di anchor text rilevanti: scegliere ancore descrittive e pertinenti per migliorare sia la user experience che la comprensione da parte dei crawler.
  • Categorizzazione gerarchica: collegare pagine strategiche (ad esempio, sezioni di prodotto, categorie principali o articoli approfonditi) per distribuire l’autorità interna in modo mirato.
  • Monitoraggio continuo: controllare regolarmente collegamenti rotti o non più funzionanti con strumenti come Screaming Frog o Google Search Console per evitare dispersioni di valore.

In termini di link esterni, la chiave è bilanciare l’autorevolezza con la rilevanza:

  • Etichettarli correttamente: utilizzare attributi come nofollow, sponsored o UGC per indicare il tipo di relazione con il sito di destinazione. Ad esempio, i link verso articoli sponsorizzati o contributi generati dagli utenti non dovrebbero trasmettere valore di ranking ma rispettare le linee guida dei motori di ricerca.
  • Validare i collegamenti regolarmente: utilizzare strumenti per monitorare i link outbound ed evitare redirect eccessivi o errori 404, che possono compromettere tanto l’usabilità quanto il ranking.

Infine, è fondamentale percepire i link esterni come un’opportunità per costruire relazioni nel più ampio ecosistema web. Collegare risorse di alta qualità, pertinenti per il target, offre valore reale sia ai motori di ricerca che agli utenti, migliorando la credibilità del sito come punto di riferimento per informazioni specifiche.

Dati strutturati e internazionalizzazione SEO

I dati strutturati e la corretta implementazione delle tecniche di internazionalizzazione, come il tag hreflang, rappresentano leve fondamentali per migliorare la visibilità organica e ottimizzare l’esperienza dell’utente su scala globale. Attraverso questi strumenti, i motori di ricerca possono interpretare più facilmente i contenuti di una pagina, potenziandone la rilevanza nei risultati di ricerca e favorendo una maggiore personalizzazione geografica o linguistica.

Registrazione
Vinci la sfida della visibilità!
Individua i punti deboli della tua SEO tecnica e migliora performance, visibilità e UX del tuo sito

Il Web Almanac 2024 evidenzia come l’adozione dei dati strutturati stia diventando sempre più comune nei siti web, con il 53% dei siti mobili che utilizza almeno un tipo di markup strutturato. Tuttavia, rimangono larghe aree di inefficienza, specialmente quando si entra nel dettaglio di markup avanzati, come quelli per recensioni, eventi o prodotti, che hanno ancora una diffusione limitata. Allo stesso tempo, meno del 10% dei siti globali implementa correttamente il tag hreflang per gestire contenuti regionalizzati o multilingua, segnale di uno scarso investimento SEO nell’internazionalizzazione nonostante il suo potenziale.

Panoramica sull’adozione dei dati strutturati e hreflang

I dati strutturati si basano su standard come Schema.org e vengono interpretati dai motori di ricerca per mostrare contenuti migliorati attraverso i rich snippet, come stelline di valutazione o dettagli sui prezzi di prodotti. Secondo l’analisi del Web Almanac 2024, i dati strutturati stanno diventando sempre più diffusi nei principali settori digitali, in particolare nell’e-commerce e nei portali editoriali, dove aiutano a migliorare la visibilità diretta delle pagine nei risultati di ricerca.

L’implementazione dei dati strutturati è stabile, con il 53% delle pagine mobili e il 51% desktop che integrano markup strutturati direttamente nell’HTML grezzo. Solo il 2% utilizza JavaScript per introdurli, scelta non raccomandata dai motori di ricerca perché meno affidabile.

most-popular-home-page-schema-types

Nonostante questa diffusione, molti siti non sfruttano appieno le potenzialità del markup strutturato, limitandosi a implementare formati basilari senza approfondire categorie più sofisticate. Ad esempio, il markup VideoObject, che arricchisce i risultati di ricerca con informazioni legate al contenuto video, viene adottato solo da un’esigua percentuale delle pagine analizzate.

Per quanto riguarda il tag hreflang, usato per segnalare ai motori di ricerca la lingua e la posizione geografica di una pagina specifica, l’analisi svela una scarsa diffusione e frequenti errori nell’implementazione. Meno del 10% dei siti globali lo utilizza correttamente e, tra quelli che lo implementano, non è raro riscontrare conflitti con i canonical tag o sintassi errate che ne compromettono l’efficacia. Queste lacune, in un mondo sempre più interconnesso, penalizzano la capacità dei siti di raggiungere efficacemente utenti che navigano in lingue diverse o da regioni differenti.

Best practices, criticità e suggerimenti

Per ottimizzare l’uso di dati strutturati e gestire correttamente l’internazionalizzazione è fondamentale adottare un approccio consapevole e metodico, evitando configurazioni improvvisate che possono portare a errori tecnici e inefficienze.

In particolare, per i dati strutturati è opportuno:

  • Scegliere i formati corretti: non limitarsi a markup di base come Article o Organization, ma integrare categorie specifiche come Product, FAQ o Review, che migliorano sensibilmente la presentazione nelle SERP.
  • Validare i markup con regolarità: strumenti come il Rich Results Test di Google permettono di verificare la correttezza della configurazione ed evitare errori di sintassi che potrebbero rendere il markup non leggibile dai motori di ricerca.
  • Integrare i dati strutturati nelle sitemap: il report sottolinea come collegare i markup anche nelle sitemap XML aiuti i crawler a comprendere meglio la struttura dei contenuti e a identificare le pagine chiave.

Per quanto riguarda la gestione delle pagine internazionali con hreflang, invece:

  • Evitare conflitti con i tag canonical: implementare hreflang e canonical in modo coerente, assicurandosi che i segnali indirizzino chiaramente i motori di ricerca verso la versione giusta della pagina. In realtà, si notano ancora frequentemente dei conflitti, quando i siti cercano di indirizzare pagine con contenuti duplicati verso un’unica versione preferita mentre le varianti linguistiche non vengono tenute in considerazione. La soluzione ottimale consiste nell’implementare istanze hreflang coerenti con i canonical tag e garantire che i motori di ricerca possano distinguere correttamente le versioni regionali come risorse uniche.
  • Inserire tutte le combinazioni di lingua e regione: un’implementazione efficace del tag hreflang richiede che ciascuna versione di una pagina rimandi anche a tutte le altre varianti, incluse se stesse. Omettere combinazioni o creare errori di circolarità (loop) può penalizzare l’intera struttura.
  • Utilizzare strumenti di validazione: piattaforme come Google Search Console aiutano a monitorare l’accuratezza dell’implementazione hreflang e a correggere rapidamente eventuali problemi.

Il Web Almanac 2024 evidenzia che l’uso adeguato di dati strutturati e hreflang non è solo una best practice tecnica, ma un vero e proprio vantaggio competitivo per i siti web che vogliono emergere in mercati complessi e competitivi. Investire in queste tecnologie significa non solo migliorare la visibilità organica, ma anche offrire agli utenti un’esperienza altamente personalizzata e rilevante, in qualsiasi parte del mondo si trovino.

7 giorni di Prova Gratuita

Aumenta la tua visibilità online con SEOZoom!
TOP