“A mio avviso, i motori di ricerca come Google o Bing, per come li conosciamo adesso, sono già morti e vengono ancora utilizzati solo perché non esiste ancora un’alternativa consumer di grande impatto, che permetta a chiunque di avere accesso alle funzionalità delle AI”. È uno dei passaggi introduttivi, e più forti, di “SEO FOR AI. Inventiamo la SEO del futuro”, il nuovo libro di Ivano Di Biasi, appena pubblicato con Palladino Editore, con prefazione di Alessio Pomaro.
Pubblichiamo qui un breve estratto del volume, in cui il nostro CEO spiega appunto la sua visione sul futuro dei motori di ricerca, e quindi della SEO, in seguito alle accelerazioni imposte dai sistemi di Intelligenza Artificiale Generativa.
SEO for AI: come cambia la SEO e come adattare le strategie
“Già oggi, con i nuovi modelli come GPT-4o, le AI navigano il web in cerca di documenti da analizzare in tempo reale per fornire le risposte che non conoscevano.
I modelli attuali di AI usano i risultati dei motori di ricerca (Bing, in particolare) per reperire le informazioni di cui hanno bisogno ed esiste già una funzionalità interna che interpreta le nostre domande, le traduce in keyword da ricercare sui motori di ricerca, effettua la ricerca ed elabora i risultati in tempo reale per fornirci una risposta attuale e veritiera.
[…]
In questo rapidissimo processo di cambiamento ci sono molti attori e ognuno ha i propri interessi da tutelare.
L’utente che effettua le ricerche non avrà dubbi: utilizzerà sicuramente un assistente vocale o testuale per ricercare soluzioni ad ogni suo problema. Molte persone già lo fanno, e per loro ci saranno solo vantaggi dalla nuova tecnologia.
Più del 90% delle ricerche avviene su Smartphone: perché aprire il browser, andare su Google, digitare parole chiave, scegliere un risultato e leggerlo senza sapere se avremo la risposta che cerchiamo quando invece potremmo semplicemente chiederlo a voce al nostro smartphone e avere una risposta immediata?
Oltretutto senza dover navigare siti web sovraffollati da pubblicità invasive ovunque.
I provider di servizi AI dovranno sicuramente scontrarsi con problematiche legali, e credo che ogni sito web disporrà di un metodo per negare ai modelli AI di apprendere dai propri contenuti, proprio come avviene per Google o Perplexity con l’utilizzo del disallow nel file robots.txt, anche se questa la vedo una scelta controproducente.
I vari chatbot AI stanno ora iniziando a citare le fonti che hanno utilizzato per darci la risposta, fornendo un link verso l’articolo originale. Questo è a tutti gli effetti un comportamento da motore di ricerca, ma più moderno di Google. Al momento questi link non vengono generati se l’AI non hanno necessità di navigare pagine web, ma sicuramente, sempre per implicazioni legali, in futuro saranno ben più frequenti. È proprio in questo contesto che credo si sposterà la disciplina della SEO, che non dovrebbe prendere un altro nome come ad esempio AIO (Artificial Intelligence Optimization) perché troppo generico e non specifico al ranking nelle risposte”.
Che cosa significa SEO for AI
“Il senso quindi non sarà più ottimizzare pagine web per uscire più in alto su Google, ma ottimizzare le pagine per fare in modo che un modello AI possa scegliere il nostro testo e linkare il nostro sito web e portarci traffico.
Da questa considerazione, molto in controtendenza, nasce la mia idea che tutti stiano andando nella direzione sbagliata, ovvero di provare a utilizzare l’AI per fare SEO e posizionarsi su Google, invece di accettare che i motori di ricerca probabilmente scompariranno insieme alla SEO che conosciamo oggi e che andrebbe fatta una SEO for AI.
Per garantirci un traffico accettabile verso i nostri siti web dovremo cioè essere in grado di far piacere i nostri contenuti ai modelli LLM delle AI e non più a Google, e tutto sarà legato ai contenuti che scriveremo. Si dice che il lavoro del copywriter sarà tra i primi a scomparire – forse è quello che stiamo vivendo in questa fase transitoria – ma sono sicuro che invece quello del copywriter sarà un ruolo fondamentale nelle strategie di visibilità di ogni azienda.
Anche i siti web, a mio avviso, gioveranno del cambiamento non appena la maggior parte delle visite arriveranno dalle AI, e vi spiego il motivo.
I siti web guadagnano dalle pubblicità o dalle vendite che concretizzano, poco importa da dove arrivi l’utente. Se però la persona arriva da un chatbot AI, probabilmente quella visita non l’avremo mai ottenuta da Google.
Cosa intendo? Faccio un esempio.
Se ora cerchiamo su Google ‘Risotto alla zucca gialla’, in Top 10 non troviamo un solo risultato che parli di zucca gialla. Tutti i risultati sono incentrati sul risotto alla zucca: Google si semplifica la vita, rispondendo sempre con i soliti siti noti/autorevoli senza dare conto all’esigenza dell’utente e bistrattando i siti più piccoli, che però spesso hanno la risposta esatta alla nostra esigenza.
I modelli AI non hanno pregiudizi, sono statistica e matematica pura, e darebbero visibilità in maniera più democratica scegliendo la risposta migliore alla nostra domanda.
Il punto è proprio questo: le AI comprendono meglio le nostre domande e rispondono esattamente con quello di cui avevamo bisogno, senza soffermarsi solo su quale sia la fonte.
Se un piccolo blog affronta un aspetto particolare di un qualsiasi argomento che è stato trascurato dai big avrà una chance di essere utilizzato come risultato di ricerca delle AI. Cosa che non accade negli attuali motori di ricerca, che prediligono sempre i domini con maggiore autorità, anche se la pagina specifica non risponde alla nostra esigenza, affidandosi ciecamente all’autorevolezza del sito per evitare di fare brutte figure in SERP.
Tutti avranno spazio per fare parte delle risposte e in questo breve libro proverò a inventare, magari commettendo qualche errore vista la velocità con cui tutto si evolve, questa nuova disciplina: la SEO for AI.
Da parte degli advertiser non cambierebbe nulla: invece di investire in Google Ads dovranno farlo in una ipotetica AIAds. Devono solo aspettare la nascita dei modelli di business pubblicitari direttamente nelle risposte generate dalle AI, e anche in questo caso credo che non ci vorrà troppo tempo.
Il cerchio si sta chiudendo intorno ai motori di ricerca, o almeno per quelli che non stringeranno accordi con i provider di AI.
Quando le AI saranno fruibili dagli assistenti degli smartphone e ci sarà un modello di business per far guadagnare publisher e advertiser nelle risposte di ricerca, allora il mondo della SEO attuale sarà completamente rivoluzionato e si farà solo SEO per posizionarsi nelle risposte dell’intelligenza artificiale”.
Come fare SEO for AI: gli aspetti da ottimizzare sul sito
Il volume di Ivano parte quindi da una serie di considerazioni molto attuali e cerca di prevedere una possibile (inevitabile?) evoluzione dei modelli LLM in veri e propri motori di risposta.
Alla luce di questo, dice Ivano, “sarà assolutamente necessario fare una SEO differente, orientata a far piacere i nostri siti web e i nostri contenuti a un’intelligenza artificiale e non più agli algoritmi di un motore di ricerca tradizionale, oltre che agli utenti”.
Tali nuovi motori di ricerca richiederanno infatti contenuti facilmente comprensibili per se stessi – modelli di linguaggio dell’AI – ma anche utili e rilevanti per gli utenti, a prescindere dal modo in cui fanno e faranno la ricerca.
In concreto, ciò significa che se sui nostri siti web avremo contenuti dettagliati, che rispondono alle varie esigenze degli utenti, abbiamo buone possibilità di essere scelti dalle AI come fonte di informazione. Questo non toglierà nulla all’ottimizzazione SEO classica per i motori di ricerca, se non una maggiore attenzione alla trasformazione di dati e insights sulle intenzioni del pubblico in informazioni.
La SEO del futuro: addio alle keyword?
“Se abbiamo una certezza, è che la ricerca per keyword sia una pratica che scomparirà”, scrive Ivano nel suo libro, portando avanti un’intuizione che avevamo già affrontato anche su queste pagine, sintetizzata nella provocazione “la keyword non esiste“.
Già dieci anni fa l’aggiornamento Hummingbird di Google tentava di avviare un allontanamento definitivo dalla tradizionale ricerca per keyword: gli utenti stavano iniziando a utilizzare frasi sempre più precise nelle loro query, sperando di ottenere risposte dettagliate su specifici argomenti. Era un primo punto di svolta, in quanto mirava a comprendere e rispondere meglio a query complesse e conversazionali, riducendo l’enfasi sulle parole chiave esatte.
La tendenza verso ricerche più complesse è stata alimentata dall’aumento delle ricerche vocali e da una sempre crescente esigenza di ottenere risposte precise. I motori di ricerca dovevano evolversi per interpretare correttamente il contesto e l’intento delle query, utilizzando tecnologie come il Natural Language Processing (NLP) e l’indicizzazione semantica (LSI) per comprendere sinonimi e termini correlati.
Oggi, le domande e le FAQ stanno diventando le nuove unità fondamentali con cui si effettuano le ricerche, sia sui motori di ricerca che su piattaforme AI come ChatGPT. Questo significa che, nel fare SEO per AI, il concetto di keyword deve essere sostituito da quello delle FAQ. Occorrerà misurare il volume di ricerca delle domande legate a un argomento piuttosto che delle singole parole chiave, riconoscendo che ognuno di noi formula domande e ricerche in modo diverso.
L’uso delle AI nella SEO promette di risolvere molte delle difficoltà di interpretazione delle query variegate, garantendo risposte precise anche quando la domanda proviene da una persona inesperta. Tuttavia, sembra che Google abbia ridotto l’efficacia di tecnologie come Hummingbird, con risultati di ricerca meno precisi. Pertanto, in termini SEO, il focus dovrebbe spostarsi dal posizionamento per long-tail keyword alla costruzione dell’autorevolezza del brand o del sito web attraverso strategie di link building – anche perché, come visto con il recente studio sul comportamento di Google, la long tail sta per sparire appannaggio dei grandi siti che monopolizzano le SERP, conquistando il famoso 45,46% su tutte le parole chiave dell’intento di ricerca.
Quali strumenti utilizzare per fare SEO for AI
Torniamo ancora agli aspetti pratici e concreti: per adattarci alla SEO del futuro, basata su intelligenza artificiale, è essenziale utilizzare strumenti che ci permettano di comprendere meglio l’intento di ricerca degli utenti. Già prima dell’annuncio dell’AI di Google, Gemini, era evidente che le FAQ stavano diventando un elemento cruciale nelle SERP grazie al box “Le persone hanno chiesto anche“. Questo indicava che per ogni keyword esiste una miriade di domande correlate, ognuna con un intento di ricerca diverso. Google, infatti, sembra anticipare le esigenze degli utenti proponendo domande correlate, poiché comprendere esattamente l’intento dietro una singola keyword può essere complesso.
Per affrontare questa sfida, SEOZoom ha introdotto uno strumento indispensabile: il Question Explorer per fare ricerca per domande. Questo tool, infatti, è stato sviluppato con l’obiettivo specifico di raccogliere e analizzare appunto tutte le domande che emergono dalle query degli utenti, e rappresenta un ulteriore passo avanti nella keyword research. Il Question Explorer permette infatti di costruire un database quasi infinito di FAQ, correlate a una vasta gamma di keyword, rivelando il volume di ricerca delle domande stesse e il potenziale traffico che possono generare.
Grazie a questo strumento, possiamo condurre una keyword research non più basata unicamente sulle parole chiave, ma sulle reali esigenze degli utenti. Inoltre, ci consente di identificare le domande più frequenti nel nostro settore, prefigurando scenari futuri in cui potremmo interagire con motori di ricerca AI tramite comandi vocali dallo smartphone.
In sintesi, il Question Explorer di SEOZoom è attualmente l’unico strumento al mondo che permette di fare keyword research basandosi sulle domande degli utenti, rendendolo indispensabile tanto per la SEO tradizionale quanto per la futura SEO centrata sull’intelligenza artificiale. Utilizzare questo strumento consente di comprendere meglio le reali intenzioni degli utenti, adattando la strategia SEO alle esigenze in continua evoluzione del panorama digitale e aumentando le possibilità di avere visibilità: non più su un motore di ricerca, ma tra le risposte scelte e fornite dall’AI.
Insomma: anche stavolta la SEO non è morta, ma ha bisogno di un defibrillatore. E SEO for AI offre spunti, test ed esperimenti fondamentali per chi lavora online e desidera anticipare i cambiamenti necessari per il domani.
Estratto tratto da “SEO for AI. Inventiamo la SEO del futuro” di Ivano Di Biasi, edizioni Palladino ©2024, riprodotto col permesso dell’autore. Per informazioni: SEO for AI.