Tassonomia: cos’è e cosa significa in informatica e per i siti

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Pensiamo alla disposizione degli scaffali e all’organizzazione dei corridoi in un supermercato: se ogni prodotto è collocato nel reparto giusto, con etichette chiare e percorsi logici, i clienti possono facilmente trovare quello che cercano tra gli innumerevoli articoli disponibili, dalla pasta al pane fresco. È un esempio banale di tassonomia, il processo di classificazione e ordinamento di cose o concetti che serve a noi esseri umani per comprendere meglio il mondo che ci circonda. Passando a temi a noi più affini, questo è anche ciò che in ambito informatico fa una tassonomia del sito, che rappresenta la struttura che funge da impalcatura che supporta le singole pagine di contenuto, il fulcro attorno al quale ruota l’esperienza dell’utente e, non meno importante, la capacità del sito di essere compreso e valorizzato dai motori di ricerca. Approfondiamo quindi il significato della tassonomia e il suo potenziale impatto per la SEO, provando a dare qualche consiglio non solo a chi sta studiando le soluzioni giuste per costruire un nuovo progetto, ma anche istruzioni per rendere più efficace un sito già avviato che stenta a decollare.

Che cos’è la tassonomia

Il termine tassonomia deriva dal greco e significa “regola di ordinamento”: è una vera e propria disciplina scientifica che analizza il criterio e l’ordine logico con cui si classificano e mettono in gerarchia determinati elementi.

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L’espressione affonda le sue radici nella biologia, dove indica il processo di classificazione delle specie viventi, ma il suo utilizzo si estende ben oltre, diventando un concetto chiave anche nel mondo digitale, in ambito informatico e nella SEO.

In sostanza, la tassonomia è l’arte e la scienza di classificare le cose o i concetti in gruppi basati su caratteristiche comuni. È un modo per imporre ordine e struttura, per rendere più accessibile e comprensibile la vastità di dati e informazioni che ci circondano.

Significato di tassonomia e a cosa serve

Secondo Wikipedia, “tutte le società umane possiedono un sistema tassonomico che nomina le specie e le raggruppa in categorie di ordine superiore” e “praticamente tutti i concetti, gli oggetti animati e non, i luoghi e gli eventi possono essere classificati seguendo uno schema tassonomico”.

Le origini della tassonomia e del processo di categorizzare gli elementi risalgono alle origini stesse del linguaggio e quindi agli albori del pensiero: in origine, gli uomini utilizzavano gli stessi nomi per definire organismi più o meno simili (pensiamo ad esempio ai “fiori” o agli alberi, cosiddetti “nomi volgari”) caratterizzati da tratti in comune. In alcuni campi come la biologia si iniziò a porre un problema, ovvero stabilire “un sistema più universale e rigoroso per poter definire gli organismi”, perché “ogni specie doveva essere denominata, possedere un unico nome ed essere descritta in forma univoca” per evitare incomprensioni e consentire una facile interpretazione in ogni parte del mondo.

Proprio per questo si rese necessaria la tassonomia biologica, ossia i criteri della classificazione gerarchica delle specie viventi per studiarne l’evoluzione: il primo schema è stato formalizzato da Carl Nilsson Linnaeus (Linneo) nel XVIII secolo, con l’introduzione del sistema binomiale di nomenclatura, che utilizza due nomi (genere e specie) per identificare ogni tipo di organismo, una convenzione che è ancora in uso oggi.

Con l’avvento della rivoluzione industriale e l’espansione delle biblioteche, la necessità di sistemi di catalogazione più sofisticati è diventata evidente: Melvil Dewey, nel 1876, ha introdotto il Dewey Decimal System, una tassonomia per organizzare i libri in base all’argomento, che ha rivoluzionato il modo in cui le biblioteche classificano le loro collezioni.

Che cosa vuol dire tassonomico e perché usiamo la tassonomia

Quando parliamo di qualcosa che è “tassonomico”, ci riferiamo quindi a qualsiasi sistema, principio o pratica che si occupa di categorizzazione. Un approccio tassonomico è sistematico e metodico, perché improntato appunto a un processo ragionato per identificare, organizzare e gestire le informazioni in modo che siano facilmente recuperabili e utilizzabili.

Sin dai tempi antichi, l’uomo ha cercato di dare un nome e una collocazione a ogni elemento della realtà, dalle stelle nel cielo agli animali nella foresta. Questo impulso non è solo una questione di curiosità o desiderio di conoscenza, ma una necessità pratica: senza la capacità di classificare e organizzare, saremmo sopraffatti dal caos.

Nel contesto moderno, la tassonomia ci aiuta a gestire la sovrabbondanza di informazioni. Viviamo nell’era dell’informazione, dove ogni giorno siamo bombardati da dati, notizie, immagini e contenuti di ogni tipo. Senza un sistema di classificazione, sarebbe impossibile trovare ciò che cerchiamo, sia che si tratti di un articolo online, un prodotto in un negozio o una particolare funzione in un’applicazione software.

Inoltre, la tassonomia è fondamentale per la comunicazione e la condivisione della conoscenza: quando classifichiamo concetti o oggetti in categorie, stiamo creando un linguaggio comune che tutti possono comprendere. Questo è particolarmente importante in campi come la scienza e la medicina, dove la precisione e la chiarezza sono essenziali per il progresso e la collaborazione.

E poi, la tassonomia è un pilastro del pensiero critico e dell’apprendimento, perché ci aiuta a riconoscere le relazioni tra diversi concetti, a identificare schemi e a costruire nuove conoscenze su basi solide e ben organizzate.

Ciò assume ancora più rilevanza nel mondo digitale odierno, dove il sovraccarico informativo è la norma: un approccio tassonomico diventa fondamentale per garantire che i contenuti non solo esistano, ma siano anche trovati e apprezzati dal pubblico giusto.

La tassonomia in informatica e applicata ai siti

Nel mondo dell’informatica, la tassonomia ha iniziato a guadagnare importanza con lo sviluppo dei primi database e sistemi di archiviazione digitale: con l’esplosione del web negli anni ’90, la necessità di organizzare grandi quantità di informazioni in modo intuitivo e accessibile è diventata ancora più critica. La tassonomia digitale si è evoluta per includere non solo la classificazione dei contenuti, ma anche la loro architettura, l’usabilità e l’ottimizzazione per i motori di ricerca.

Oggi, la tassonomia è un concetto chiave nel design dell’esperienza utente (UX), nella gestione dei contenuti, nel knowledge management e, naturalmente, nella SEO, dove una tassonomia ben progettata è fondamentale per aiutare sia gli utenti che i motori di ricerca a trovare e comprendere i contenuti.

Tornando alla definizione e ai temi di nostro interesse, infatti, quanto scritto prima si applica perfettamente ai siti: la tassonomia del sito fa riferimento al modo in cui le nostre pagine sono strutturate nei vari contenitori di categorie o tag seguendo l’organizzazione concettuale del sito, e serve a classificare in modo gerarchico tutti i documenti, le pagine Web e i rispettivi URL, attraverso principi e concetti di comunicazione, con l’obiettivo di chiarire e rendere univoca la loro interpretazione per motori di ricerca e utenti.

In sintesi, aiuta a migliorare l’usabilità del sito stesso: scoprendo e navigando le categorie, i visitatori hanno una più facile accessibilità ai contenuti e una più veloce capacità di identificare le pagine associate a ogni contenitore. Possono così muoversi all’interno del sito con maggiore chiarezza e senza confusione, fattori che possono facilitare la sua permanenza e ridurre il tasso di abbandono.

Allo stesso tempo, con una gestione efficiente si comunica in modo meglio e più direttamente a Googlebot e agli spider dei altri motori di ricerca di cosa si occupa il sito e quali sono i topic centrali del progetto, con potenziali benefici anche per il posizionamento. Questo sistema di classificazione controllerà tutto ciò che attiene alla struttura di un sito, dall’organizzazione alla classificazione, facendo riferimento alle caratteristiche semantiche e al modo in cui contenuti e pagine si relazionano tra loro.

Che cos’è la tassonomia del sito

La tassonomia del sito, a volte definita anche tassonomia degli URL e in inglese website taxonomy, è il modo in cui un sito web classifica il suo contenuto in raggruppamenti che condividono caratteristiche simili.

Prevede quindi di mettere insieme pagine e contenuti simili, la creazione di una gerarchia di collegamenti e l’utilizzo di testo di ancoraggio descrittivo per aiutare i crawler dei motori di ricerca nell’interpretazione del contenuto del sito web.

Grazie alla suddivisione delle pagine attraverso l’uso di categorie e tag, la tassonomia è un sistema di classificazione che organizza i contenuti in modo logico e intuitivo, contribuendo a rendere ottimale la struttura del sito e a facilitare la navigazione degli utenti. In tal senso, la tassonomia di un sito non solo influenza la sua struttura organizzativa complessiva, ma anche il modo in cui viene percepito su Google e viene indicizzato da Googlebot, nonché  il modo in cui gli utenti interagiscono col sito e con le sue pagine.

Quali sono le principali tipologie di tassonomia informatica

La strutturazione dei dati non è solo una questione di ordine estetico, perché una tassonomia ben progettata permette ai contenuti di essere scoperti, compresi e valutati positivamente dai motori di ricerca, facilitando così un miglior posizionamento nei risultati di ricerca e offrendo agli utenti un’esperienza più intuitiva e soddisfacente.

Ci sono vari tipi di tassonomie a cui far riferimento, ciascuno con le proprie peculiarità e ambiti di applicazione privilegiati.

  1. Tassonomie Gerarchiche. Queste tassonomie sono simili a un albero genealogico, dove ogni ramo rappresenta una categoria che si suddivide in sottocategorie più specifiche. Sono particolarmente utili quando si ha a che fare con argomenti e relazioni semantiche ben definite. Ad esempio, un sito di e-commerce potrebbe avere una categoria principale come “Abbigliamento”, che si divide in “Abbigliamento da uomo” e “Abbigliamento da donna”, e queste a loro volta in “Camicie”, “Pantaloni” e così via. Questo tipo di struttura non solo aiuta gli utenti a filtrare i prodotti secondo le loro esigenze, ma fornisce anche ai motori di ricerca una chiara comprensione della gerarchia e del contesto dei contenuti, favorendo una migliore indicizzazione.
  2. Tassonomie Faceted. Le tassonomie “a faccette” o “multiaspetto” permettono una navigazione multidimensionale, offrendo agli utenti la possibilità di filtrare i contenuti attraverso vari attributi o “faccette”, come taglia, colore, materiale e stile. Questo approccio è particolarmente efficace in siti con un ampio spettro di prodotti o informazioni, poiché non richiede una conoscenza a priori delle relazioni semantiche tra gli elementi. Gli utenti possono combinare diverse faccette per affinare la loro ricerca e trovare esattamente ciò che cercano, migliorando l’esperienza di navigazione e la ricercabilità dei contenuti.
  3. Tassonomie di network. Queste tassonomie si concentrano sulla classificazione di componenti e dispositivi di rete, organizzandoli in base alle loro caratteristiche e funzioni. Ad esempio, i dispositivi possono essere categorizzati come router, switch o hub, a seconda del loro ruolo all’interno della rete. Questa classificazione strutturata è essenziale per la progettazione, la gestione e la risoluzione dei problemi delle reti, permettendo una manutenzione più efficiente e migliorando la sicurezza complessiva attraverso l’identificazione di dispositivi con requisiti di sicurezza simili.

Ogni contesto digitale può beneficiare dell’applicazione di una specifica tassonomia e della loro capacità di organizzare e presentare le informazioni. Ad esempio:

  • e-Commerce e Biblioteche Online. Nel mondo dell’e-commerce, le tassonomie consentono ai clienti di navigare attraverso migliaia di prodotti, filtrando e affinando la loro ricerca per trovare esattamente ciò che desiderano. Una tassonomia ben strutturata può trasformare un’esperienza di shopping caotica in un percorso piacevole e senza intoppi. Analogamente, le biblioteche online utilizzano tassonomie per aiutare i visitatori a scoprire libri e risorse, organizzando il materiale in categorie logiche e sottocategorie, come genere letterario, autore o argomento, rendendo la ricerca di informazioni specifiche molto più intuitiva.
  • Gestione dei Contenuti. Le tassonomie giocano un ruolo cruciale nella gestione dei contenuti, facilitando l’aggiunta, la rimozione e l’aggiornamento di contenuti. Una tassonomia chiara aiuta gli amministratori del sito a mantenere l’ordine e a garantire che ogni nuovo pezzo di contenuto sia facilmente accessibile e correttamente classificato, evitando così la sovrapposizione di informazioni e la confusione per l’utente finale.
  • Progettazione e gestione di reti. Le tassonomie di rete permettono di categorizzare dispositivi e componenti in base a funzione e posizione, semplificando la gestione e la manutenzione delle reti. Questa organizzazione strutturata è fondamentale per identificare rapidamente problemi, ottimizzare le prestazioni e rafforzare la sicurezza, raggruppando dispositivi con requisiti di sicurezza simili e facilitando l’implementazione di misure protettive.

Tassonomie e SEO, un rapporto da analizzare

L’abbiamo detto già varie volte: una tassonomia ben pianificata migliora significativamente l’indicizzazione di un sito web, ma non solo. I motori di ricerca, come Google, prediligono siti con una struttura chiara che facilita la scansione dei contenuti e la comprensione della loro rilevanza e relazione, e questo porta a una migliore visibilità nei risultati di ricerca, aumentando le possibilità che gli utenti clicchino sul sito.

Se un sito non ha una struttura specifica, sarà molto difficile per gli utenti comprendere e consumare i contenuti; di più, molti utenti abbandoneranno un sito mal organizzato, e in generale il nostro compito è  gli utenti abbiano un’esperienza più semplice possibile quando provano a navigare nel sito.

Questo è fondamentale anche per la SEO, perché offre a Google una migliore comprensione dell’architettura del sito e fornisce una scansione e un’indicizzazione più semplici per i bot. Creare le corrette relazioni tra le definizioni semantiche che si applicano al knowledge graph di Google favorisce anche il modo Google comprende il sito, dice Brian Harnish, che poi sintetizza: “Quanto più semplice sarà l’analisi e la comprensione della tassonomia generale del sito da parte di Google, tanto migliori saranno le prestazioni del sito nei motori di ricerca e per gli utenti”.

Di conseguenza, peggiore e disarticolata è la struttura del sito, tanto più difficile sarà per Google scansionarlo e indicizzarlo, e più tempo impiegherà, e gli stessi utenti potrebbero impiegare secoli per trovare ciò che stanno cercando.

Come creare una tassonomia efficace: best practice e vantaggi

Una tassonomia ideale del sito è facilmente navigabile, focalizzata sugli argomenti e sufficientemente semplice per gli utenti.

Sebbene sia possibile elaborare una tale struttura tassonomica indipendentemente dalla nicchia, la realtà è che agire in questo modo aggiunge solo attrito tra ciò che vogliono gli utenti e ciò che Google vuole vedere.

Uno dei maggiori vantaggi delle tassonomie sta infatti nella loro flessibilità: possono essere personalizzate per adattarsi alle esigenze specifiche di qualsiasi settore o applicazione, dal commercio al dettaglio all’istruzione, dalla sanità all’industria dei media. Questa adattabilità permette alle organizzazioni di creare esperienze utente che riflettono la complessità e la specificità dei loro contenuti, migliorando l’interazione con il pubblico e l’efficacia comunicativa del sito, rendendo l’interazione con il pubblico non solo più gratificante ma anche più efficace dal punto di vista dell’acquisizione e della fidelizzazione dei clienti.

In generale, comunque, l’adozione di tassonomie efficaci trasforma l’esperienza utente, rendendola più intuitiva e soddisfacente, poiché consente di trovare informazioni con rapidità e precisione. Inoltre, queste strutture organizzative migliorano la visibilità sui motori di ricerca, poiché i contenuti ben catalogati sono più facilmente indicizzabili e pertanto più propensi a comparire in posizioni elevate nei risultati di ricerca. La chiarezza e la coerenza delle tassonomie aiutano anche a definire l’autorità di un sito in specifici ambiti tematici, contribuendo a stabilire la fiducia sia con gli utenti che con i motori di ricerca.

Dal punto di vista della gestione dei contenuti, una tassonomia efficace semplifica la manutenzione e l’aggiornamento del sito, permettendo di aggiungere o modificare informazioni in modo organizzato. Questo si traduce in un risparmio di tempo e risorse, oltre a mantenere un alto livello di coerenza e qualità dei contenuti.

Per quanto riguarda le best practice nell’impostazione di tassonomie, è fondamentale partire da una comprensione approfondita degli utenti e di come cercano le informazioni. La tassonomia dovrebbe rispecchiare il linguaggio e le aspettative del pubblico di riferimento. È importante anche mantenere una struttura flessibile, che possa evolvere insieme al sito e ai suoi contenuti. La semplicità e la prevedibilità sono chiavi per una navigazione efficace, quindi è meglio evitare categorie e tag eccessivamente complessi o ambigui. Infine, è essenziale monitorare e adattare la tassonomia in base al feedback degli utenti e alle prestazioni del sito, assicurando che la struttura rimanga ottimale nel tempo e risponda dinamicamente alle mutevoli esigenze e comportamenti del pubblico.

Come ottimizzare la tassonomia del sito per la SEO e per Google

La tassonomia del sito non è un elemento statico, ma richiede un’attenta pianificazione e una costante revisione: è un processo dinamico che deve adattarsi all’evoluzione dei contenuti e alle mutevoli esigenze degli utenti e dei motori di ricerca.

Come possiamo quindi ottimizzare la tassonomia per la SEO? Innanzitutto, è essenziale comprendere che ogni categoria deve riflettere un’intenzione di ricerca specifica, un bisogno o un interesse del nostro pubblico. Questo non solo migliora l’usabilità del sito, ma aumenta anche la probabilità che le pagine siano valutate positivamente dai motori di ricerca per quelle intenzioni di ricerca.

Inoltre, la gerarchia delle informazioni deve essere chiara e coerente. I motori di ricerca amano la logica e la prevedibilità: se un utente può navigare facilmente tra le pagine, lo stesso vale per i crawler dei motori di ricerca. Questo significa che ogni livello della tassonomia deve essere ben definito e ogni salto da una categoria all’altra deve essere logico e naturale. In particolare, Google storicamente invita all’adozione di una struttura tassonomica concettuale chiara, che includa categorie di primo livello in base al tipo di contenuto di un sito, con argomenti correlati organizzati al suo interno.

Non dimentichiamo poi l’importanza dei tag: se le categorie sono le grandi arterie della tassonomia, i tag sono i vasi capillari che trasportano gli utenti verso contenuti sempre più specifici e pertinenti; utilizzati con saggezza, i tag possono migliorare significativamente la reperibilità dei contenuti all’interno del sito.

Ma attenzione: un eccesso di ottimizzazione nella creazione di categorie e tag può portare alla keyword cannibalization o cannibalizzazione, ovvero la competizione tra pagine dello stesso sito per le stesse parole chiave. Questo fenomeno può confondere i motori di ricerca e diluire l’autorità del sito, con effetti controproducenti sul posizionamento.

Ci sono quindi molteplici consigli e best practices da seguire per rendere efficace la gestione della tassonomia degli URL e per evitare quella che viene definita “hot garbage”, letteralmente spazzatura calda, vale a dire quei lunghi filamenti di nodi presenti negli URL che servono a poco e complicano solo le cose.

Un esempio di questa garbage è la presenza della data nel percorso, che non è considerata ottimale perché non raggruppa i contenuti in una sezione del sito Web secondo un’affinità di topic, ma solo per fattore temporale.

Al contrario, una tassonomia ottimizzata e pulita riunisce URL (e contenuti) che appartengono allo stesso argomento e hanno una chiara relazione reciproca. Questa strada può aiutare Google in vari modi, perché rende più esplicite le relazioni dei contenuti all’interno di una categoria e facilita la comprensione da parte dei sistemi del motore di ricerca.

Anche i link interni sono un potente strumento quando si parla di tassonomia dei siti Web, perché agevolano motori di ricerca e utenti a scoprire la relazione tra argomenti e a determinarne la pertinenza. Il consiglio è di sfruttare i collegamenti interni in modo naturale nel testo, fornendo rilevanza contestuale attraverso il testo di supporto in prossimità del link.

I quattro cardini per ottimizzare la tassonomia

La tassonomia non è solo una questione di ordine e precisione, perché non dobbiamo dimenticare l’obiettivo di fondo, ovvero garantire che l’esperienza sul sito sia positiva per gli utenti e i motori di ricerca. Ciò significa anche trovare il giusto equilibrio tra facilità d’uso e facilità di navigazione, ma soprattutto lavorare su quattro aspetti cruciali per una buona tassonomia, anche in ottica SEO.

  1. Fare ricerche e analisi di parole chiave e topic.

Una strategia SEO di successo si basa (ancora) su una keyword research efficace, o per meglio dire sull’individuazione dei temi chiave per approfondire gli argomenti che interessano e risuonano col pubblico a cui vogliamo rivolgerci. Per impostare una tassonomia efficace, quindi, dobbiamo comprendere cosa sta cercando online il pubblico target, quali sono i suoi interessi e come si traducono in termini strategici: la ricerca e l’analisi delle keyword ci permette non solo di rivelare le tendenze di ricerca degli utenti, ma fornisce anche spunti preziosi per organizzare i contenuti in categorie pertinenti. La creazione di cluster tematici attorno a un argomento principale per ogni categoria tassonomica consente di costruire una struttura solida che rafforza la rilevanza del sito su determinati temi, migliorando così la sua autorità tematica.

Nella SEO moderna non è più necessario ripetere ossessivamente la parola chiave target in ogni parte del testo, né scrivere contenuti incentrati su una sola keyword: lo ripetiamo spesso, Google e altri motori di ricerca sono diventati abili nell’estrarre il significato e la comprensione dei contenuti attraverso la loro scansione, grazie a sofisticati algoritmi che analizzano il contesto e l’intento dell’utente dietro ogni query. Certo, l’inclusione strategica di parole chiave rimane importante, e l’ottimizzazione deve essere guidata da strumenti analitici avanzati, senza però cadere nell’eccesso di keyword stuffing.

È altresì utile integrare la ricerca delle parole chiave con l’analisi delle entità, che aiuta a mappare le relazioni semantiche e a informare la strutturazione dei contenuti: questo approccio segna una netta evoluzione rispetto al passato, quando la SEO voleva dire (anche) creare pagine multiple per ogni variante di una parola chiave. Oggi, l’attenzione si è spostata verso la soddisfazione dell’intento di ricerca dell’utente, piuttosto che sulla semplice corrispondenza delle parole chiave.

Nonostante questi progressi, molte tassonomie di siti web rimangono ancorate a pratiche obsolete, spesso a causa di una gestione inadeguata o di contenuti datati, e ciò può portare a un accumulo di pagine di basso valore che, come sottolineato da John Mueller di Google, possono influenzare negativamente la valutazione della qualità complessiva del sito da parte degli algoritmi di ricerca. Un eccesso di pagine indicizzate di scarso valore, nascoste nelle profondità del sito, può causare un rigonfiamento dell’indice e ridurre la capacità di classificare efficacemente le pagine. Di conseguenza, è essenziale non solo pubblicare nuovi contenuti ma anche avere il coraggio di rimuovere o aggiornare le pagine obsolete per mantenere una tassonomia chiara, attuale e ottimizzata per la SEO, garantendo così che ogni pagina contribuisca positivamente alla reputazione e all’autorità del dominio nel suo complesso, evitando di appesantire l’indice con contenuti che non apportano valore e che potrebbero compromettere la visibilità del sito nei risultati di ricerca.

  1. Organizzare opportunamente i contenuti del sito web.

Dopo aver identificato le parole chiave pertinenti, è possibile strutturare i contenuti del sito in categorie e sottocategorie che rispecchiano queste keyword.

Organizzare la tassonomia di un sito web in modo semplice e ordinato è essenziale per garantire una navigazione fluida e un’efficace ottimizzazione SEO: questo significa avere un numero limitato di categorie principali, ognuna delle quali può essere ulteriormente suddivisa in sottocategorie specifiche. Ad esempio, una categoria di livello superiore potrebbe essere dedicata esclusivamente alla SEO on-page, e tutti i contenuti pubblicati in quella sezione sarebbero strettamente correlati a tale argomento.

La struttura della tassonomia può variare: si può optare per una struttura di categorie pura, che si concentra unicamente sull’organizzazione delle pagine al suo interno, oppure scegliere un approccio più granulare, che prevede un’organizzazione dettagliata dei contenuti all’interno di un vero e proprio silo fisico. Nonostante le numerose opzioni disponibili, le tassonomie più semplici tendono a essere più efficaci e meno problematiche rispetto a quelle che risultano eccessivamente complicate a causa di un numero troppo elevato di categorie.

Impostare una tassonomia ben pianificata, chiara e coerente non solo rende il sito più accessibile e navigabile, ma può anche migliorare l’esperienza dell’utente e incrementare il traffico verso il sito; inoltre, rappresenta uno strumento prezioso per identificare eventuali lacune nei contenuti e per scoprire opportunità per la creazione di nuove pagine o articoli di blog, contribuendo così a una strategia di contenuto dinamica e ben sviluppata, che possa fornire un valore aggiunto agli utenti.

  1. Assicurare dinamismo e scalabità.

Progettare una tassonomia efficace per il proprio sito web significa accettare che sarà un’opera sempre in divenire, mai definitivamente conclusa o perfetta, poiché il contenuto è soggetto a un costante cambiamento. Le categorie possono diventare obsolete, nuovi prodotti possono essere introdotti, le condizioni di mercato e il posizionamento del marchio possono variare, e nuovi dati sugli utenti possono rivelare opportunità inaspettate. È quindi cruciale avere un piano per ottimizzare regolarmente la tassonomia del sito, che spesso si avvale di un vocabolario controllato per classificare i contenuti e migliorarne la reperibilità.

La governance della tassonomia è altrettanto importante: bisogna progettare pensando sia ai contenuti attuali che a quelli futuri, stabilendo direttive chiare su quando e come aggiungere, modificare o rimuovere termini per riflettere le mutevoli esigenze degli utenti. Tuttavia, i piani migliori possono fallire nel lungo termine a causa di cambiamenti nel personale o nei processi decisionali, e la documentazione può essere dimenticata.

Per questo motivo, è essenziale assicurarsi che la tassonomia del sito lasci spazio sufficiente per la crescita, che sia quindi “scalabile”. Non si tratta solo di avere abbastanza argomenti da trattare, ma anche di essere pronti ad accogliere nuovi tipi di contenuti e a ristrutturare le categorie esistenti per mantenere tutto correlato e pertinente. Ad esempio, l’espansione del team potrebbe portare nuove competenze che richiedono l’aggiunta di nuove categorie nel blog; oppure, è possibile che si cambi idea su alcune categorie che non si rivelano così rilevanti come si pensava inizialmente.

Essere aperti al cambiamento e pronti ad adattarsi è fondamentale, ma è altrettanto importante non modificare la tassonomia troppo frequentemente, per non perdere stabilità nei risultati di ricerca; è quindi essenziale trovare un equilibrio che funzioni sia per gli utenti che per la crescita dell’azienda.

  1. Gestire le relazioni tra i contenuti.

Gestire le relazioni tra i contenuti attraverso la tassonomia del sito, in particolare utilizzando link e strutture a silos, è una strategia che può migliorare significativamente la comprensione e la scoperta dei contenuti da parte dei motori di ricerca come Google. Organizzare le pagine in silos tematici consente di creare una base tassonomica solida e di raggruppare i contenuti correlati, facilitando la loro individuazione; questa organizzazione gerarchica comunica a Google la correlazione tra i contenuti all’interno di un determinato silo, migliorando la capacità dei motori di ricerca di interpretare la struttura e il contesto del sito.

I collegamenti interni giocano un ruolo fondamentale in questa architettura, collegando tra loro i diversi silos di contenuti e fornendo ulteriore contesto sulle relazioni tra i vari argomenti trattati. L’uso di collegamenti contestuali, circondati da contenuti pertinenti, aumenta la rilevanza contestuale di tali link, aiutando sia gli utenti che i motori di ricerca a navigare e a comprendere meglio le connessioni tra gli argomenti del sito.

Le sfide e le opportunità della tassonomia per la SEO

Le categorie, i tag e le sfaccettature (o filtri) sono gli strumenti principali attraverso i quali organizziamo i contenuti, e ciascuno di questi elementi ha caratteristiche distinte che influenzano la loro gestione SEO.

  • Le categorie, di natura gerarchica e generale, fungono da grandi contenitori che raggruppano argomenti correlati, fornendo una struttura ad albero che aiuta gli utenti a navigare attraverso i livelli di informazione.
  • I tag, invece, sono specifici e non gerarchici, utilizzati per descrivere i contenuti in modo più granulare e per collegare tra loro argomenti che possono attraversare diverse categorie.
  • Le sfaccettature, o filtri, permettono una classificazione multivalore e non gerarchica, offrendo agli utenti la possibilità di affinare la ricerca attraverso attributi specifici come colore, taglia o prezzo.

Ogni volta che creiamo una nuova categoria, tag o sfaccettatura, stiamo aggiungendo un termine alla nostra tassonomia e, di conseguenza, generando una nuova pagina sul sito. Queste pagine, spesso create automaticamente in base alla struttura dell’URL, possono diventare problematiche per la SEO se non gestite correttamente. Il rischio è di produrre contenuti duplicati, di diluire la rilevanza tematica o di creare pagine con poco o nessun contenuto unico, tutte situazioni che possono confondere i motori di ricerca e ridurre l’efficacia del sito nel ranking.

Per ottimizzare e gestire efficacemente le tassonomie dal punto di vista SEO, è quindi essenziale adottare una strategia che preveda la creazione di termini tassonomici pensati e pertinenti, assicurandoci che ogni pagina generata abbia contenuti unici e di valore ed evitando la sovrapposizione e la competizione tra termini simili. Inoltre, l’implementazione di tag canonical, la gestione attenta dei meta tag e la creazione di una sitemap XML ben strutturata sono pratiche fondamentali per guidare i motori di ricerca verso le pagine più importanti e per evitare problemi di contenuto duplicato.

Categorie e tag: differenze e modalità di gestione

Nel discorso relativo alla tassonomia possiamo aprire anche una veloce parentesi per definire meglio le categorie e i tag di un sito, e per fornire qualche suggerimento per gestire in modo SEO questi elementi.

La categoria è un raggruppamento per topic e rientra in quella che viene definita tassonomia verticale, perché la selezione dei documenti segue uno sviluppo gerarchico e si possono creare ulteriori sottocategorie. Si tratta di un sistema di classificazione che mette insieme risorse pertinenti accomunate da una relazione di specificità, che in genere sono vicine tra loro e fanno riferimento allo stesso macro-argomento centrale del sito.

Le categorie dovrebbero essere create rispettando due proprietà particolari, ovvero la specificità e la vicinanza. La specificità è ciò che distingue ogni categoria da un’altra, ovvero la proprietà di avere contenuti specializzati su un tema determinato, diverso da quelli delle altre; vicinanza invece è la caratteristica due categorie di avere contenuti su topic simili, che si possono legare in un filo logico utilizzando i termini comuni.

Di massima, un articolo dovrebbe rientrare in una sola categoria e in una sola sottocategoria, ma in realtà non è una regola ferrea (anche se è bene non inserire un contenuto in più di due categorie per non disorientare gli utenti).

I tag sono sostanzialmente delle keyword specifiche che possono riunire più contenuti differenti, non necessariamente legati alla stessa categoria. Sono una regola di classificazione e di ordinamento alternativa alle sottocategorie, in cui la selezione dei documenti si sviluppa in orizzontale (tassonomia orizzontale) e senza gerarchia.

Usando i tag, si aggregano tutti i documenti così etichettati indipendentemente dalla loro categoria di appartenenza (anzi, sono utilizzabili sotto diverse categorie) e non ci sono limiti quantitativi: è possibile creare infiniti tag ed etichettare un contenuto con un numero infinito di tag, ma questo significa creare ridondanza e esporre il sito a rischi (ogni tag crea una nuova pagina contenitore, quindi se non ottimizzati e se non significativi rischiano solo di far espandere il sito e sprecare crawl budget).

La gestione di tassonomia e struttura URL

Impostare una tassonomia del sito web ben ottimizzata, che includa l’intera relazione semantica tra le entità topiche, è importante per avere una strategia SEO scalabile, e l’efficacia è strettamente collegata anche al modo in cui gestiamo la struttura URL e, in particolare, le sottocartelle o subfolder.

Ogni volta che creiamo una nuova pagina, il suo nome specifico si definisce slug, che (in genere) è la parte terminale dell’indirizzo; per i siti che scelgono di mostrare un percorso URL con categoria visibile, la nuova pagina diventa figlia della sezione madre, che compare come subfolder nel percorso.

Si apre a questo punto un vecchio dibattito della comunità SEO: è meglio pensare a una struttura di URL con tassonomia o senza? E quindi, la categoria deve rientrare nel percorso o possiamo anche evitare di inserirle senza timori?

In realtà non esiste una risposta unica e definitiva, ma – come spesso succede nel nostro mondo – molto dipende dal tipo di sito, dal contesto e (perché no?) dall’analisi dei competitor per vedere come si sono organizzati i nostri avversari diretti (e se le loro strategie piacciono a Google). In genere, si ritiene che la creazione di URL puliti, che seguono una struttura scalabile, consente di avere un’architettura del sito più facilmente scansionabile dai crawler.

Come spiega Emanuele Vaccari dal suo blog, la struttura con la stringa di tassonomia in URL permette la segmentazione delle pagine del sito in diversi momenti e per diversi scopi, sia in fase d’analisi che in fase di elaborazione dati, ma non bisogna sopravvalutare il peso degli URL nella SEO.

Ormai infatti è assodato che un URL infarcito di keyword non è un fattore di ranking rilevante, e sappiamo anche che la lunghezza degli URL influisce poco sul rendimento e può – al massimo – provocare problemi tecnici lato server e client, come ricordava John Mueller tempo fa.

Ben più rilevante è la struttura del sito, che invece è uno degli elementi centrali per migliorare le chance di avere buone performance in SERP: se gli URL sono dei semplici punti di riferimento per richiamare le risorse del server quando necessario, la struttura del sito è invece composta dai percorsi di navigazione che noi tracciamo attraverso i link interni in tutte le loro accezioni.

Come comunicare i percorsi a Google

Ripensando al dubbio amletico prima esposto, c’è poi un’altra questione da non trascurare: esiste un modo preciso per comunicare a Google in maniera univoca la struttura di sito e URL e per indicare la gerarchia che abbiamo pensato, ovvero i dati strutturati.

Implementare i markup appropriati per mostrare i breadcrumb nei Risultati ci permette di dare un segnale evidente di struttura e gerarchia attraverso un linguaggio comprensibile al motore di ricerca, rendendo di fatto superfluo l’uso di URL con subfolder con solo questo obiettivo (e permettendo a siti senza stringa di tassonomia negli indirizzi di funzionare senza problemi).

In linea di massima, per un progetto ex novo potrebbe essere preferibile impostare l’inserimento delle tassonomie negli URL per facilitare la manutenzione e l’analisi delle pagine: gli URL parlanti sono più leggibili e comprensibili anche agli esseri umani e possono aiutare a individuare eventuali problemi che si ripetono meccanicamente in specifiche sezioni (ad esempio, canonical sbagliati, paginazione che non viene stampata, eccessiva pesantezza delle pagine, tempi di risposta anomali e tanto altro).

Più semplice anche gestire redirect e iniezioni di codice, senza dover ritrovare le classi del body che WordPress applica per le tassonomie URL, così come diventa comoda la gestione/generazione di sitemap e il filtraggio dei dati delle analisi eseguite in Google Search Console.

Ad ogni modo, ciò che conta è fare una scelta di base e cercare di rispettarla il più possibile, perché andare a toccare e cambiare la struttura degli URL non è (quasi mai) un’opzione consigliata e, soprattutto, non ha praticamente senso se l’unica speranza è ottenere un presunto miglioramento nel ranking. Anzi, in genere sono più i rischi che i vantaggi, e quindi è un’opzione da valutare solo in situazioni estreme e inevitabili.

Consigli per migliorare la tassonomia degli URL

Secondo John McAlpin su SearchEngineLand, il processo di ottimizzazione della tassonomia del sito deve basarsi su tre principi:

  • Essere scalabile.
  • Essere facile da seguiresia per gli utenti che per i motori di ricerca.
  • Indirizzare il funnel di marketing.

Nell’ambito della ingegneria del software, e più in generale dell’informatica, si definisce scalabile un sistema capace di aumentare (o diminuire) di scala a seconda delle necessità e disponibilità. Quando creiamo una tassonomia degli URL, dobbiamo quindi assicurarci che successivamente sia possibile aggiungere nuove pagine che si adattino facilmente al contesto impostato.

Per comprendere meglio la questione, l’articolo porta l’esempio di un sito Web per un’azienda con più sedi locali, e in particolare con negozi che coprono più Stati (americani), più città all’interno di quello Stato e più codici ZIP postali all’interno di quelle città. Ci sono vari metodi per creare URL parlanti con la categoria:

  1. Categoria unica. Nell’esempio è locations, in cui far rientrare tutte le pagine differentemente localizzate:
  • https://www.examplehealthsite.com/locations/north-dallas-office
  • https://www.examplehealthsite.com/locations/south-dallas-office

 

  1. Raggruppamento per Stato. Un successivo subfolder che specifica lo Stato e raccoglie le pagine relative:
  • https://www.examplehealthsite.com/locations/texas/north-dallas-office
  • https://www.examplehealthsite.com/locations/texas/south-dallas-office

 

  1. Raggruppamento per città. Ulteriore sottocartella che specifica la città:
  • https://www.examplehealthsite.com/locations/texas/dallas/north-dallas-office
  • https://www.examplehealthsite.com/locations/texas/dallas/south-dallas-office

 

  1. Raggruppamento per Zip Code, usando solo il codice postale:
  • https://www.examplehealthsite.com/locations/75001/north-dallas-office

 

  1. Raggruppamento per Zip Code e Stato:
  • https://www.examplehealthsite.com/locations/texas/75001/north-dallas-office

È davvero importante studiare con cura la strutturazione degli URL perché si nota immediatamente quanto sia semplice ritrovarsi poi con URL lunghi e complessi che possono “sfuggire di mano”. Usare percorsi troppo organizzati può essere un difetto, anche perché blocca il sistema e lo rende non scalabile.

La chiave per decidere quale sia l’opzione migliore è conoscere il proprio business e anticipare lo sviluppo: ad esempio, se si prevede una crescita all’interno delle singole città e Stati può aver senso impostare quei subfolder, ma potrebbe essere sufficiente anche una directory più semplice (mentre quella per Zip Code è quella da scartare quasi sempre a priori). Ciò che conta è capire cosa ha più senso per le proprie strategie e cosa può servire ai propri utenti, e assicurarsi di riflettere questi aspetti nella tassonomia.

Creare strutture user friendly

Una tassonomia pulita degli URL è importante anche per gli utenti, appunto, perché può migliorare l’user experience e semplificare il loro viaggio tra le pagine del sito alla ricerca di ciò a cui sono interessati.

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In qualche modo, bisogna anticipare i possibili percorsi dei visitatori, intuire le aree di maggior interesse (da individuare anche con una efficace keyword research a monte) e riflettere queste valutazioni negli URL.

Non meno strategico è cercare di offrire ai consumatori una tassonomia allineata al modo in cui sono strutturate le pagine e i contenuti del sito Web, per agevolare il funnel del marketing.

Potrebbe essere utile ad esempio raggruppare le diverse sezioni che affrontano diverse fasi del processo decisionale, rispettando sempre la struttura dei breadcrumb di quelle pagine anche nella tassonomia dell’URL.

Esempi di tassonomia degli URL

La tassonomia degli URL è quindi un aspetto cruciale per rendere un sito web facilmente navigabile, sia per gli spider dei motori di ricerca che per gli utenti: se ben progettata, in grado di riflettere la gerarchia e la relazione semantica tra i contenuti, invierà segnali chiari a Google e faciliterà l’indicizzazione e la comprensione del sito, dice ancora Harnish. Al contrario, URL troppo complessi o mal strutturati possono confondere i motori di ricerca e svalutare il sito, rendendo difficile per gli utenti ricordare e ritrovare le informazioni.

Ad esempio, URL che includono date e nomi di blog casuali, poco correlati all’argomento o troppo lunghi e dettagliati, come https://example.com/2023/12/31/ random-blog-name-loosely-related-to-topic/, sono esempi di cattive tassonomie che non raggruppano i contenuti in modo efficace e non presentano chiaramente i contenuti pertinenti attraverso la loro struttura.

Al contrario, una buona tassonomia degli URL si caratterizza per essere intuitiva, facile da scansionare e leggibile. URL come https://example.com/seo/differences-between-crawling-indexing/ indicano chiaramente il contenuto della pagina e sono brevi e memorabili, il che aiuta gli utenti a identificare il contenuto desiderato nei risultati di ricerca e consente agli spider di utilizzare meno risorse di elaborazione durante la scansione.

Mantenere una tassonomia degli URL semplice e coerente è quindi fondamentale per soddisfare le esigenze sia degli utenti che dei motori di ricerca, garantendo che il sito sia organizzato in modo logico e che i contenuti siano facilmente accessibili e indicizzabili.

Gli obiettivi della tassonomia del sito

In conclusione, ripetiamo a cosa serve una tassonomia ben organizzata per ricordarlo più a lungo:

  • Raggruppare gli URL del sito in base a un argomento.
  • Individuare il search topic del sito web
  • Comunicare più correttamente ai crawler dei motori di ricerca i topic trattati, per migliorare eventualmente l’indicizzazione dei contenuti (e potenzialmente avere una possibile spinta per il ranking).
  • Migliorare l’usabilità e facilitare la fruizione delle informazioni da parte dei visitatori, che possono identificare il sito come tematico e verticale su un argomento, ritenendolo quindi più affidabile rispetto a un portale generalista a parità di altre condizioni.

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